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NOTIZIE EST #293 - KOSOVO
22 dicembre 1999


GLI USA DANNO IL VIA ALL'OPERAZIONE "FUTURO PER LA JUGOSLAVIA"
("Monitor" [Sofia], 17 dicembre 1999)


[Nei giorni scorsi, il quotidiano bulgaro "Monitor" è tornato a occuparsi con un nuovo articolo dell'incontro tra serbi ed esponenti a USA tenutosi a Sofia, di cui avevamo già riferito in breve in "Notizie Est" # 291 del 15 dicembre 1999]

Con l'organizzazione dell'incontro con i serbi del Kosovo Washington si è assunta il ruolo di "buon poliziotto" per assicurarsi un altro fronte di azione nei Balcani. Per questo l'ambasciata USA a Sofia ha tenuto accuratamente nascoste le informazioni sulla partecipazione di rappresentanti del Dipartimento di Stato alle trattative [...]. Il fatto è che tale incontro si è tenuto realmente e che esso potrebbe rivelarsi molto importante per il futuro del Kosovo, della Jugoslavia e dei Balcani. Le informazioni di "Monitor" sui tre giorni di incontri presso l'albergo Princes sono state confermate in maniera univoca dai membri della delegazione serba. L'ambasciata USA ha anch'essa ammesso che tali incontri si sono svolti, anche se a suo parere essi sono stati organizzati da organizzazioni non governative e non sono stati segreti. Ma l'opinione pubblica bulgara sarebbe rimasta completamente all'oscuro rispetto agli incontri di Sofia, se non fosse stato per le informazioni pubblicate da "Monitor". [...] La missione USA è stata costretta ad ammettere che anche l'ambasciatore Richard Miles ha avuto un "breve colloquio non ufficiale" con parte della delegazione serba. L'ambasciata USA tiene però nascosto il fatto che il funzionario del Dipartimento di Stato John Menzes ha partecipato a tutti e tre i giorni degli incontri. Dall'ambasciata fanno sapere che John Menzes, ex ambasciatore degli USA in Bosnia-Erzegovina, non si trovava in Bulgaria al momento delle consultazioni. Fonti di "Monitor", tuttavia, hanno affermato categoricamente che il signor Menzes, era presente all'incontro [lo testimoniano numerose altre fonti, come le agenzie SRNA e AIM, e il quotidiano "Danas" - N.d.T.]. Gli osservatori di Belgrado valutano molto positivamente l'incontro di Sofia, ritenendolo "l'inizio di un atteggiamento più serio da parte della comunità internazionale nei confronti della risoluzione del problema serbo in Kosovo", come scrive Rade Maroevic della AIM. "La serietà con la quale l'amministrazione americana sta affrontando la soluzione del problema è testimoniata anche dalla composizione della delegazione USA a Sofia. Di essa, oltre all'esponente del Peace Institute di Washington [organizzazione creata e finanziata dal Congresso USA - N.d.T.] Daniel Server, erano presenti anche il funzionario del Dipartimento di Stato John Menzes, nonché Landrum Boiling e David Steele", precisa Maroevic. Rada Trajkovic [ministro del governo serbo e membro del Partito Radicale di Seselj fino al novembre 1998 - N.d.T.], che nella sua qualità di membro del Consiglio nazionale serbo del Kosovo ha preso parte agli incontri di Sofia, ha dichiarato che la sua impressione personale dei colloqui è che gli americani ora intendono aiutare i serbi. Lo stesso capo della delegazione americana - il rappresentante del Peace Institute di Washington, Daniel Server - ha affermato che gli USA hanno aiutato gli albanesi quando erano minacciati, e ora vogliono aiutare i serbi, che sono esposti al terrore e al genocidio. "Non bisogna affrettarsi a rallegrarsene, ma io, che ho sempre vissuto nell'isteria antiamericana, sono rimasta con l'impressione che vogliano aiutarci. Per tre interi giorni abbiamo parlato della situazione nel Kosovo e Metohija, della situazione in Serbia e abbiamo acconsentito a rinunciare all'impiego del termine 'cantonizzazione', ma abbiamo chiesto che vengano aperti corridoi tra le enclave serbe, la Serbia centrale e il Montenegro, e che vengano create le condizioni per una vita sicura dei serbi rimasti in Kosovo, nonché per il ritorno di quelli scacciati", ha detto Rada Trajkovic. I tre giorni di colloqui a Sofia dovranno sfociare nella redazione di un documento per la creazione di istituzioni multietniche e democratiche in Kosovo, che verrà esaminato all'inizio della primavera a New York e a Washington [secondo la AIM, a febbraio - N.d.T.], affermano i membri della delegazione serba. Anche gli esperti belgradesi vicini all'opposizione, in pratica tutti politologi, Dusan Batakovic, Zoran Lutovac e Predrag Simic, hanno valutato positivamente i colloqui. Gli USA stanno cercando di applicare le proprie esperienze con i serbi di Bosnia anche in Kosovo, affermano esponenti dei servizi segreti bulgari. Washington prometterà importanti aiuti finanziari e la difesa della sicurezza della minoranza serba nella regione, in cambio della fedeltà dei serbi ne confronti dell'Occidente e di una loro evoluzione autonoma e indipendente da Belgrado. In questo modo verranno a crearsi le condizioni per una naturale e pacifica separazione della regione dalla Jugoslavia e per una sua facile manipolazione per i più svariati obiettivi politici in futuro. Di fronte a ciò, lascia meravigliati che i media filogovernativi di Belgrado non abbiano reagito con le usuali accuse contro i rappresentanti serbi che hanno parlato con gli "aggressori", un fatto che lascia pensare come i risultati in qualche modo siano incoraggianti anche per il governo della Serbia. In questo momento l'Occidente sta facendo non poco per la ricostruzione economica della Serbia, ma senza dare pubblicità alle proprie mosse, per non contraddirsi pubblicamente con l'obiettivo politico dichiarato a gran voce: quello di un cambiamento di regime a Belgrado. Questo spiega anche gli aiuti segreti (per la ricostruzione dei ponti, delle strade) giunti da parte di miliardari filantropi anonimi o passati sotto silenzio. Le potenze occidentali non possono permettersi il lusso di tagliare fuori la Serbia nella creazione delle basi per un'Europa veramente unita. D'altronde, non sono pochi gli investimenti in infrastrutture già effettuati, come per esempio la costruzione della via ferrata per un treno ad alta velocità Budapest-Belgrado-Bar. Così, un vuoto di potere a Belgrado, o una guerra civile, o semplicemente dei disordini politici, sarebbero catastrofici. Inoltre, se si tiene conto dell'instabilità in atto in Macedonia e in Albania, il tragitto più attraente per i gasdotti dall'Est passa attraverso la Bulgaria e la Serbia. Non vanno sottovalutate nemmeno le vociferanti proteste sollevate in Occidente per la situazione di caos nel Kosovo. Ora le potenze occidentali potrebbero elegantemente tirarsi fuori dal garbuglio, che hanno intessuto, raggiungendo un'intesa per compensare i serbi, assegnando loro la responsabilità di qualche forma di controllo sulla provincia ecc. L'incontro di Sofia è stato organizzato qualche giorno prima della decisione dell'amministrazione ONU in Kosovo - guidata dal francese Bernard Kouchner, di annunciare la formazione di un Consiglio amministrativo temporaneo. I partiti di opposizione serbi, così come i serbi del Kosovo, si sono aspramente opposti a tale mossa, perché essa "significa la legittimizzazione della separazione del Kosovo". Quello che sta accadendo, è che i serbi del Kosovo e l'opposizione valutano positivamente il nuovo approccio di Washington e non se la prendono più di tanto con Kouchner. Così gli USA si trovano nella posizione già sperimentata del "buon poliziotto", che era stata applicata a suo tempo anche per l'"addomesticamento" dei serbi di Bosnia. Sarà interessante vedere se una tale tattica verrà applicata anche nell'incontro di oggi a Berlino tra i rappresentanti degli USA, dell'UE e gli opponenti del presidente Slobodan Milosevic. Finora Washington non si è dimostrata particolarmente attiva negli sforzi per unire le ampiamente divise forze di opposizione serbe, nonostante le affermazioni dei rappresentanti ufficiali secondo cui il presidente jugoslavo sarebbe "il problema dei Balcani".

Anche la partecipazione ai colloqui dell'ex ambasciatore americano in Bosnia, John Menzes, la cui presenza agli incontri di Sofia l'ambasciata USA in Bulgaria continua a smentire, va interpretata alla luce delle nuove mosse degli USA dietro le quinte. Menzes guidava la missione degli USA a Sarajevo durante la guerra in Bosnia e alla fine è stato lodato come uno degli architetti degli accordi di pace di Dayton [...]. Pochi tuttavia sanno che Menzes ha fatto una fulminea carriera, assolutamente inusuale per la pratica diplomatica americana, atterrando sulla poltrona di ambasciatore a Sarajevo direttamente dalla carica di attaché culturale a Sofia. Nel nostro paese egli è stato testimone della storica transizione alla democrazia nel 1989 e ha dato il suo contributo organizzando il noto scandalo con la "cassetta dei carri armati", che ha fatto cadere il primo presidente della Bulgaria post-totalitaria. [...] Conoscendo bene il bulgaro, in questi anni ha partecipato regolarmente ai seminari che si svolgono presso la sede della SDS [il partito di governo bulgaro, che gode di ottimi e intensi rapporti con l'opposizione serba - N.d.T.].