![]() |
![]() NOTIZIE EST #488 - KOSOVO 30 ottobre 2001 LE "PROMESSE" PREELETTORALI IN KOSOVO di Zijadin Gashi - (AIM Pristina, 19 ottobre 2001) La campagna preelettorale in Kosovo sta entrando ormai in una nuova fase. I partiti politici e i candidati indipendenti si rivolgono quotidianamente sia ai propri simpatizzanti sia ai propri potenziali elettori, promettendo di tutto: cose che sono effettivamente realizzabili anche con pochi sforzi e un po' di volontà, ma anche cose che non sono intravvedibili all'orizzonte, almeno per un futuro prossimo. Sia le une che le altre possono essere realizzate, ma solo a una condizione. Che esista contemporaneamente anche un'intenzione effettiva della comunità internazionale - indipendentemente dal fatto che si tratti della messa a disposizione di donazioni piuttosto che dello status politico. In altre parole, poco di quanto viene promesso potrà essere mantenuto se non vi sarà denaro oppure una soluzione politica accettabile per tutte le parti che vivono o si trovano attualmente in Kosovo. Cosa, nei fatti, propongono nei loro programmi elettorali i soggetti politici che, per esempio, hanno maggiori possibilità di formare il futuro parlamento del Kosovo? Quale futuro promettono per quello che sarà lo status di questa regione e cosa si possono attendere le comunità minoritarie dal vincitore delle elezioni generali? Quasi tutti i partiti politici albanesi promettono ai cittadini di portare il Kosovo alla condizione di stato indipendente e si tratta di una caratteristica comune dei loro programmi. Fa eccezione solo un piccolo partito politico denominato Movimento Nazionale per la Liberazione del Kosova (LKCK) che ha posto come obiettivo primario nel suo programma l'idea dell'unione dei territori albanesi nei Balcani, affermando che l'indipendenza rimarrà irragiungibile se non verrà risolta la questione nazionale albanese. Sono tre i partiti albanesi che aspirano al maggior numero di posti nel futuro parlamento del Kosovo. Si tratta della Lega Democratica del Kosovo (LDK), il cui presidente è il dr. Ibrahim Rugova, del Partito Democratico del Kosovo (PDK) dell'ex leader politico dell'UCK Hashim Thaqi, e dell'Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK) di Ramush Haradinaj, anch'egli uno degli ex comandanti dell'UCK. Gli obiettivi politici che tali tre soggetti politici si sono posti sono di particolare importanza, perché le istituzioni del Kosovo che verranno create con le elezioni di novembre funzioneranno sulla base della Cornice Costituzionale Temporanea, che si basa sulla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Tali istituzioni, pertanto, dovranno collaborare strettamente con i rappresentanti dell'amministrazione ONU. In tale contesto risulta interessante il fatto che nessun partito politico basa il suo programma sul summenzionato atto giuridico, che non prevede una soluzione per lo status definitivo del Kosovo. I membri dell'amministrazione internazionale in Kosovo, e addirittura il Consiglio di sicurezza dell'ONU, hanno sottolineato e messo più volte in guardia riguardo a tale particolare fin dall'inizio della campagna elettorale. Tuttavia è evidente che essi non hanno trovato eco tra i leader politici che sono tutti a favore dell'indipendenza. Senza addentrarci nelle ipotesi su se si tratti semplicemente di un trucco preelettorale di questi ultimi o meno, rimane il fatto che i cittadini locali di nazionalità albanese non si ritengono più parte della Serbia o della Jugoslavia, e ora in modo ancora più accentuato, perché per la prima volta eleggeranno propri rappresentanti per gli organi centrali del potere. Alcuni rappresentanti dei partiti politici non ritengono che l'ostinato impegnarsi per l'indipendenza sia in contraddizione con determinate regole elettorali. Essi motivano tale opinione con la libera e democratica espressione dei loro obiettivi, tutto questo fino a quando qualcuno dei soggetti politici non deciderà di risolvere con la forza lo status finale del Kosovo. Per il Kosovo l'idea dell'indipendenza non è nulla di nuovo. Tuttavia, per l'elettorato albanese, sarebbe una vera novità se alcuni soggetti politici presentassero qualche progetto concreto su come realizzare tale indipendenza, che costituisce il loro primo obiettivo politico. Attualmente, il maggiore partito del Kosovo, la LDK, ha messo fin nelle primissime righe del proprio programma la richiesta che l'indipendenza venga riconosciuta quanto prima al Kosovo. Tale richiesta è sicuramente rivolta alla comunità internazionale. Subito dopo avere affrontato il tema l'indipendenza, nel programma di tale partito si elenca quanto segue: "L'integrazione nella NATO, l'integrazione nell'UE, rapporti speciali con gli USA, buoni rapporti con i paesi vicini, l'integrazione albanese negli ambiti economici, culturali e politici di comune interesse, la creazione di rapporti amichevoli con i popoli della regione dell'Europa e del mondo, nonché il lavoro per la definizione dei simboli statali per il Kosovo", elementi che costituiscono i principali obiettivi politici della LDK. Dal punto di vista politico, programmi con obiettivi simili hanno anche gli altri partiti. Così il PDK, attualmente il secondo partito del Kosovo in ordine di grandezza, ha affermato nel proprio programma che "l'indipendenza del Kosovo è l'unica soluzione". E nei passi seguenti del suo programma si spiega la "via" per arrivare a tale indipendenza, laddove si afferma che "il PDK chiede lo svolgimento di un referendum come espressione democratica della volontà dei cittadini del Kosovo e l'indipendenza del Kosovo è indispensabile per la pace e la stabilità nella regione". Per quanto riguarda questo argomento, tale partito dedica un capitolo apposito del proprio programma anche all'intangibilità dell'integrità territoriale del Kosovo, capitolo nel quale si riserva particolare attenzione alla parte settentrionale di Mitrovica e del Kosovo, che attualmente sono controllate da membri della comunità serba. Per quanto riguarda la collaborazione con la comunità internazionale, anche questo partito si pronuncia a favore di buoni rapporti con gli USA e con i paesi occidentali, menzionando inoltre l'importanza dell'integrazione del Kosovo nelle istituzioni internazionali. La costruzione di uno stato democratico del Kosovo si trova anche nelle prime pagine del programma del terzo soggetto politico in ordine di grandezza, l'AAK. "Stiamo creando uno stato, la democrazia e la libertà. Desideriamo vivere liberi e in pace con gli altri. Il Kosovo indipendente è un fattore di stabilità nella regione", si afferma in tre frasi chiave del programma politico di tale partito, mentre la maggior parte del programma è dedicata allo sviluppo economico. Lo stesso vocabolario è stato utilizzato dai partiti politici, in passato come ora, in occasione delle manifestazioni preelettorali. Ibrahim Rugova ha dichiarato più volte, fino a oggi, che "il Kosovo è di fatto indipedente, ma vi è ancora bisogno di un riconoscimento formale da parte della comunità internazionale". In un comizio preelettorale, egli ha addirittura promesso che nel nuovo parlamento del Kosovo presenterà per l'approvazione anche un documento sull'indipendenza che sarà sufficiente votare formalmente. Ramush Haradinaj ha affermato recentemente di fronte ai suoi sostenitori: "Mai più non solo sotto la Serbia, ma anche con la Serbia"... Oltretutto, tali promesse vengono accolte da lunghi applausi e ovazioni dei cittadini che partecipano ai comizi preelettorali. Su un altro piano, nei programmi dei partiti politici vengono evitate frasi nelle quali si menzioni il loro impegno per il Kosovo come stato degli albanesi in quanto maggioranza e non viene menzionato nemmeno l'eventuale periodo di tempo necessario per la realizzazione dell'obiettivo politico: lo stato indipendente del Kosovo. Inoltre, non vengono menzionati nemmeno i criteri e gli standard che devono essere soddisfatti, oppure che oggi mancano al Kosovo e gli impediscono di avere lo status di stato indipendente. I partiti albanesi ritengono la Federazione jugoslava sia solo e unicamente uno stato confinante, anche se secondo la Risoluzione 1244 il Kosovo, almeno formalmente, ne fa parte. Un'altra questione, di grande importanza e delicatezza, che impegna anch'essa il Kosovo e i suoi cittadini, è quello di come verranno trattati gli appartenenti alle comunità minoritarie. Finora si è detto soprattutto che del trattamento delle comunità minoritarie, se si tiene presente la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, è responsabile l'UNMIK, nella sua qualità di amministratore, perché "i kosovari non hanno alcun potere decisionale". Tuttavia, come ha dichiarato il nuovo comandante della KFOR, il francese Marcel Valentin, finora "si è giocato con due giocatori, ma dopo le elezioni il numero verrà elevato a tre giocatori", intendendo con ciò che parte dei poteri verranno trasferiti ai kosovari. Altrimenti, per quanto riguarda le parti dei programmi dei soggetti politici relative alle rispettive posizioni in merito alla questione delle comunità minoritarie, è evidente che essi vi abbiano speso ben poche energie. Hanno menzionato solo di sfuggita che garantiranno e difenderanno i loro diritti. Nel programma della LDK si afferma che tale partito garantisce la difesa dei gruppi etnici, la loro piena integrazione nella vita politica, sociale ed economica della società, cioè lo stato del Kosovo, e la preservazione della loro identità nazionale, culturale e linguistica, nonché il rispetto delle loro tradizioni. A prima vista potrebbe sembrare che si tratti di una posizione costruttiva, ma se si guarda alle condizioni di fatto delle comunità minoritarie in Kosovo nemmeno questo programma offre soluzioni concrete ai problemi esistenti. I rappresentanti politici delle comunità minoritarie in Kosovo si lamentano, tra le altre cose, del fatto che i propri connazionali non abbiano una libertà di movimento sufficiente, ma tutto questo non viene affatto menzionato nei programmi dei partiti, un particolare che lascia intendere come non vi siano idee su un'uscita dalla crisi. Anche gli altri partiti si limitano nei loro programmi a garantire diritti conformi agli standard internazionali. Il secondo soggetto, il PDK, in un capitolo intitolato "Difesa delle minoranze" afferma che condurrà una politica giusta e democratica nei confronti di tali comunità e che garantirà loro diritti conformi agli standard internazionali. "Il PDK continuerà a dare prova a tutte le minoranze del fatto che dovranno costruire il loro futuro insieme agli albanesi in un Kosovo democratico", si afferma nel programma di tale partito. Secondo gli osservatori kosovari indipendenti, il problema numero uno in Kosovo è quello dell'esistenza delle cosiddette enclave serbe. La comunità internazionale ha accettato una "enclavizzazione" temporanea del Kosovo perché, secondo quanto hanno affermato i suoi rappresentanti, non è stato trovato un altro modo di difendere i serbi e i rom. Questo autoisolamento dei serbi del Kosovo si è verificato dopo la guerra, quando nei loro confronti sono stati commessi atti di vendetta per il fatto che appartenenti a queste comunità nazionali hanno collaborato per dieci anni con il regime di Milosevic, il quale ha condotto in Kosovo, secondo l'opinione dell'opinione pubblica locale, una politica di genocidio. Il problema della "enclavizzazione" non viene menzionato nei programmi dei principali partiti politici dai quali ci si attende che fin da domani dirigano il governo. La conclusione che se ne può trarre è: non esiste un modo per costruire, affrontare e superare i rapporti etnici "dolorosi". Il problema delle comunità minoritarie viene completamente minimizzato dall'AAK, che non dedica loro nemmeno un capitolo a parte. "L'Alleanza creerà tolleranza e migliori rapporti interpersonali e interetnici", è tutto quello che riguardo a tale questione si scrive nel suo programma. Ad ogni modo, il suo presidente, Ramush Haradinaj, è l'unico leader albanese che abbia espresso pubblicamente la disponibilità a incontrarsi con le unità dei "guardiani del ponte" che tengono sotto controllo parte della città industriale di Mitrovica e che vengono ritenuti dall'UNMIK una struttura parallela in Kosovo. La mossa di Haradinaj è stata salutata con favore da parte dei rappresentanti internazionali in Kosovo e valutata come una decisione molto positiva in direzione dell'instaurazione di un dialogo riguardo agli attuali problemi del Kosovo. Ma la questione dei rapporti interetnici e della creazione di una fiducia reciproca, quanto è da una parte significativa per il futuro di tutti coloro che vivono in questi spazi, tanto dall'altra sembra essere un problema che non è possibile risolvere nel giro di una notte. Il Kosovo non è ancora riuscito a risolvere i problemi interetnici interni ereditati dal conflitto armato e dal sistema dell'ex regime di Milosevic. Per questo ci si attende che tale questione sarà di importanza chiave e prioritaria per la composizione del futuro parlamento e del governo, e per la scelta del presidente eletto del Kosovo. |