"Il Manifesto", 22 gennaio 1999 Sceneggiature da un masacro Libération, Le Monde, Associated PressTv:troppe ambiguita' (Ocse e Uck) su Racak Javier Solana (Nato): "Pronti a colpire". Ma ora anche Bonn dice: "Faremo la fine dell'Iraq. Diamo invece spazio alla mediazione politica" - TOMMASO DI FRANCESCO - L' ambasciatore statunitense all'Osce, David T. Johnson, confermando i preparativi di guerra della Nato, ha ricordato che "una situazione completamente nuova si è creata in Kosovo dopo il massacro di Racak". Ecco il punto. Perché, ieri, proprio la legittimità di far partire le minacce e gli attacchi della Nato sulla base dell'attribuzione ai serbi della strage di Racak, è in parte venuta meno, dopo tante, tantissime, denunce della stampa internazionale. Nell'elenco, il New York Times, Liberation, Le Monde, Le Figaro, hanno sollevato, prove alla mano, un numero rilebante di dubbi sulla vesrione fin qui accreditata dalle milizie etniche dell'Uck e dallo stesso capo della missione Osce in Kosovo, l'americano William Walker. Vediamo che cosa dicono questi nuovi elementi. Un giornalista dell'Afp (Agence France-Presse) ha incontrato sabato mattina a Racak un'osservatore straniero che gli ha confidato di essere entrato, venerdì 15, nel villaggio. Erano le 17. I combattimenti erano cessati, le forze serbe si erano ritirate e gli abitanti rientravano nel villaggio, racconta. L'osservatore non dice di aver visto o sentito nulla di particolare, ma chiede di restare nell'anonimato. Alcuni membri francesi della missione, interrogati lunedì per telefono da Libération, dicono di ignorare che osservatori siano entrati nel villaggio la sera stessa Una nuova testimonianza, citata già mercoledì da Le Figaro e da Le Monde, conferma l'esistenza di questi osservatori fantasmi. A renderla è un altro giornalista francese che, per caso, era penetrato a Racak dopo i combattimenti di quel venerdì sera. Ha visto tre veicoli arancioni della Osce e degli osservatori che si intrattenevano tranquillamente con degli albanesi, domandando loro se c'erano feriti. Li ha visti poco più tardi evacuare dei feriti non gravi. Un altro fatto sconcertante è la confusione sul numero dei morti. Un ispettore dell'Osce dice di averne visti 38, tutti in abiti civili. Walker ha parlato di 45. L'Uck dice di aver perso 8 uomini. Nessuno afferma di aver visto i corpi di questi combattenti. Domenica, i corpi esposti nella moschea per le esequie erano 40. E, secondo i pochi giornalisti che hanno parlato con i patologi serbi e bielorussi, ci sarebbe sì la conferma di colpi di grazia alla testa, ma le vittime risulterebbero morte per ferite sul corpo, mentre i buchi sui corpi non corrisponderebbero a quelli degli abiti che indossano. Sono fatti che inquietano. Se gli abitanti erano nel villaggio venerdì sera, perché non hanno avvertito gli osservatori, perché nessuno ha segnalato la presenza di donne chiuse nelle grotte come ha denunciato il giorno dopo l'Uck? Se gli abitanti del villaggio hanno davvero informato gli osservatori che 24 uomini erano stati portati via, perché l'Osce non dice da dove ha avuto l'informazione né chi erano quegli osservatori, e perché insiste nel dire che nessuna delle sue squadre era nel villaggio quella famosa sera? Le Monde, Libération e Le Figaro hanno rivelato ieri - e l'Osce conferma - che una squadra dell'agenzia americana Associated Press Tv (due giornalisti americani e due cameramen serbi) era entrata venerdì mattina a Racak con la polizia serba che l'aveva invitata filmando. I giornalisti che hanno potuto vedere il filmato riferiscono che mostra un villaggio vuoto dei suoi abitanti e i poliziotti sotto tiro delle milizie Uck che continuano a controllare le alture e i boschi intorno. Più di dodici ore separano la fine dei combattimenti e il ritorno di alcuni abitanti nel villaggio dalla scoperta dei corpi, l'indomani. "Un tempo sufficiente, in teoria, per una messinscena. Il fatto che sia possibile non significa che sia avvenuta. Se manipolazione c'è stata, questa può essere totale (morti uccisi in combattimenti e disposti in una scena macabra dagli indipendentisti) o parziale (le vittime nel fossato sono combattenti uccisi dalle forze serbe dopo i combattimenti)", scrive Libération. "E' possibile che gli albanesi siano stati abbattuti e la scena riarrangiata", confidava, perplesso, un diplomatico occidentale a Pristina. Perché il massacro di civili è più suscettibile di commuovere l'opinione pubblica che quello di combattenti. Tutti i giornali si chiedono se sapremo mai la verità - tra parentesi il New York Times, si chiedava nei giorni scorsi come avesse fatto la segretaria di stato Madeleine Albright a sapere già il 15 della strage, cioè prima che si sapesse (prima che accadesse?). Forse perché il capo della Cia è George Tenet, un potente rappresentante della lobby albanese negli Usa? Come resta enigmatico un fatto: c'è un'intesa con Milosevic sui sorvoli di aerei spia disarmati per controllare le zone in guerra. Allora perché i comandi Nato che, con la strumentazione tecnica che hanno dovrebbero vedere al millimetro quel che avviene sul campo, inspiegabilmente tacciono? Solo un'inchiesta indipendente internazionale permetterà di fare luce. Sarà difficile, perché i corpi sono già stati spostati troppe volte, ricorda Libération. In ogni caso, l'autopsia determinerà se i corpi portano tracce di mutilazione o di impatti post mortem. Non sono molto credibili i risultati delle autopsie condotte solo da medici serbi e patologi della Bielorussia (paese dalla cattiva immagine internazionale). Ora, il fatto che Belgrado continui a negare un'inchiesta internazionale è, prima che stupido, assolutamente miope. Certo, questi primi dubbi sollevano il nodo della "eccessiva fretta" nel giudicare di William Walker. I governi europei - tranne l'Italia? - preoccupati di un intervento Nato hanno spazio per insistere sul valore della missione Osce come missione dell'Europa politica. In Kosovo intanto, ieri giornata di "calma piatta". Si è sparato nel nordovest a Vraganica, e nella stessa Racak. Ma ora c'è la "guerra" sul caso Walker. Dopo lo scadere dell'ultimatum delle autorità serbe, che ne avevano ordinato l'espulsione entro le ore 17 di ieri, il capo della missione dei verificatori Osce è rimasto nel suo ufficio a Pristina. In serata, personale dell'Osce ha posizionato uno sbarramento di ferro davanti all'ufficio di Pristina. A Belgrado oggi il presidente dell'Osce, Knut Volleboek, incontrerà Milosevic. E, mentre fervono i preparativi della Nato, la Russia ieri ha nuovamente ribadito la sua ferma opposizione all'eventualità di un attacco dell'Alleanza contro la Serbia: "Si creerebbe - ha detto - una situazione di stallo come in Iraq". Una preccupazione analoga, a non fare come in Iraq, è stata espressa ieri anche dal ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer. Una novità che la Nato non può non vedere.