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![]() NOTIZIE EST #190 - KOSOVO/MACEDONIA UNA FAVOLA DEL PICCOLO SCHERMO All'ombra dell'alta politica mondiale e dei "grandi" diplomatici che lavorano per convincere Belgrado e Pristina a mettersi d'accordo sulla pace si sta svolgendo un vero e proprio dramma umano i cui principali protagonisti sono le migliaia di profughi albanesi dal Kosovo. Centinaia di famiglie kosovare dei villaggi lungo la fascia del confine tra la Macedonia e il Kosovo, diventata obiettivo delle azioni serbe per la pulizia di tale terreno, cercano salvezza direttamente in Macedonia. Questa particolare crisi dei profughi, iniziata dopo le cosiddette "esercitazioni militari" delle unità militari jugoslave in Kosovo, e più precisamente nella summenzionata fascia di confine con la Macedonia, dove in questi giorni, ma dall'altro lato, stazionano le truppe della NATO, prosegue con la intensità inalterata ormai da due settimane. Secondo le testimonianze dei profughi, la causa della loro fuga dalle proprie case sono gli attacchi che l'esercito jugoslavo porta con l'artiglieria contro i villaggi del Kosovo con la scusa di effettuare esercitazioni in condizioni invernali o di dare la caccia a membri dell'UCK. Espresso in numeri, il flusso di profughi dal Kosovo in Macedonia, soprattutto dai dintorni di Kacanik, si aggira su una cifra compresa tra alcune centinaia e un migliaio al giorno. Nei primi giorni, circa due-tre settimane fa, il loro numero era in media più o meno di 500 al giorno, ma nei giorni successivi è diminuito a un centinaio o un paio di centinaia al giorno. Secondo le dichiarazioni di coloro che sono riusciti ad arrivare in Macedonia, la maggior parte dei profughi è "intrappolata" nei boschi, perché si tratta soprattutto di persone che non hanno documenti e non possono passare il confine legalmente, oppure che non si arrischiano a uscire dai boschi per paura dell'esercito e della polizia jugoslava, ma anche dei campi minati di cui si parla ormai da alcuni mesi. Secondo testimoni provenienti dalle fila dei profughi, i campi minati creati al confine tra Kosovo e Macedonia hanno già causato le prime vittime. Coloro che arrivano illegalmente preferiscono attraversare zone in pianura, attraverso i campi, perché si ritiene che i campi non siano minati. Tuttavia, anche coloro che attraversano illegalmente il confine effettuano un attraversamento che non è di molto migliore. Le guardie di confine macedoni hanno nei primi giorni chiesto ai profughi di mostrare denaro in contante al fine di provare di essere davvero "turisti", visto che la maggior parte si è presentata come tale temendo di essere respinta se avesse affermato la propria condizione di profugo, sebbene fosse chiaro a chiunque che si trattava di persone che fuggivano a rotta di collo. Dopo il primo shock, il governo macedone ha reso più morbida la propria posizione e ha preso la decisione di riconoscere ai profughi provenienti dal Kosovo lo status di profughi umanitari e ha temporaneamente ammesso il loro soggiorno in Macedonia. Dopo tale decisione del governo, la situazione relativa all'arrivo dei profughi si è rilassata, ma è comunque ben lontana dal normale. Sebbene il flusso dei profughi dal Kosovo, almeno per ora, non assomigli nemmeno da lontano alle previsioni apocalittiche secondo le quali in Macedonia arriveranno dai 300.000 ai 400.000 kosovari (come aveva affermato il presidente della Macedonia poco più di un anno fa), visto che finora ne sono arrivati circa 13.000, il loro arrivo rappresenta comunque un problema che deve essere affrontato in maniera adeguata. Il governo macedone è uscito in svariate occasioni con dichiarazioni secondo le quali farà tutto quello che è in suo potere per alleviare le sofferenze delle persone che sono venute qui per cercare salvezza, ma fino a oggi non ha fatto pressoché nulla. Ha messo a punto un piano concreto secondo cui la Macedonia potrebbe accogliere al massimo 20.000 profughi e ha deciso di creare dei centri di accoglienza per un tale numero, senza tuttavia fare nulla di concreto. Il Ministro dell'urbanesimo ha dichiarato di essere pronto ad assicurare una sistemazione per il summenzionato numero di profughi nel giro di 24 ore, ma tutto è rimasto solo sulla carta. Anche in altri campi il governo non ha fatto quasi nulla per alleviare le sofferenze dei profughi. Questi ultimi, infatti, non hanno ottenuto quasi nulla dal governo macedone, se si eccettuano piccoli aiuti da parte della Croce Rossa macedone. Non si è dimostrata più premurosa nemmeno la filiale locale dell'UNHCR, che è nota per la sua inerzia nei confronti di tutto ciò che accade in Macedonia nell'ambito del suo mandato. La situazione dei profughi è stata resa ancora più difficile dal fatto che dal primo marzo non è più attiva la missione dell'UNPREDEP, la quale in passato svolgeva il ruolo di correttore delle mancanze di tutti gli altri. La forza di prevenzione dell'ONU, infatti, serviva allo stesso tempo anche come organizzazione umanitaria e forniva aiuto nel trasportare i profughi dalla fascia di confine alle città della Macedonia, soprattutto a Tetovo, che è diventata una specie di centro di raccolta. Finora dei profughi del Kosovo si sono interessati soprattutto gli albanesi di Macedonia, che negli scorsi mesi hanno organizzato la loro accoglienza al confine e il loro smistamento presso case private in tutta la Macedonia. La procedura applicata abitualmente vede i tassisti di nazionalità albanese arrivare ai passaggi di confine e trasportare i profughi fino alle organizzazioni umanitarie gestite da albanesi, che li indirizzano poi presso famiglie albanesi o presso case di albanesi che si trovano all'estero e sono temporaneamente libere. In questo periodo l'organizzazione più attiva è stata la "El Hilal", con sede a Skopje, che aveva svolto un ruolo umanitario anche durante la crisi dei profughi dalla Bosnia. Il presidente di questa organizzazione, l'ex deputato Abdurauf Pruthi, si è lamentato in questi giorni del fatto che i tentativi della sua organizzazione di assicurarsi un aiuto anche da altre organizzazioni umanitarie che operano sul terreno, come la ECHO o la cancelleria della Commissione Europea, non ottengono alcun successo. La maggior parte degli aiuti per il sostentamento dei profughi proviene da donatori privati, quasi tutti di nazionalità albanese. I profughi che arrivano in Macedonia sono tenuti a dichiarare entro due settimane il loro arrivo, tanto più che molti di loro entrano nel paese al di fuori dei passaggi ufficiali di confine. Secondo alcune informazioni, una grande percentuale di coloro che arrivano non si registra in alcun modo, per diffidenza e per la paura di essere respinta, come è in effetti accaduto in passato. Da ciò consegue anche la differenza nelle stime dei profughi presenti nel paese. Secondo i comunicati ufficiali del Ministero degli interni macedone, nel paese soggiornano circa 8.000 persone, mentre secondo i dati della "El Hilal", che tiene una registrazione di tutti coloro che utilizzano gli aiuti umanitari, nel paese ci sono circa 13.000 profughi. Questa organizzazione ha diffuso in questi giorni una dichiarazione con la quale si chiede al governo di adottare qualche misura concreta, perché le famiglie che si sono prese cura dei profughi non sono in grado di sopportare l'onere che si sono assunte a causa della crisi economica generale. Sono necessari interventi anche per la frequenza scolastica dei figli dei profughi. Finora questo problema viene risolto in maniera parziale, soprattutto grazie all'iniziativa dei direttori di singole scuole, che si prendono la responsabilità personale di accettare i bambini e i ragazzi nei loro istituti. Anche se non ci sono reazioni ufficiali, alcuni media (macedoni) sollevano obiezioni alla loro frequenza, soprattutto perché vengono accettati nelle scuole senza l'autorizzazione del governo. La cosa più interessante di questo quadro è indubbiamente il fatto che mentre per gli albanesi di Macedonia i profughi dal Kosovo costituiscono in questi giorni il tema più scottante e una questione che quasi ognuno di essi deve affrontare direttamente o indirettamente, per i macedoni la crisi dei profughi è solo una "favola del piccolo schermo". In Macedonia si conviene tacitamente (e in alcuni casi pubblicamente) che i profughi siano un "problema albanese", mentre i macedoni vengono coinvolti solo dalla "parte politica del problema", vale a dire quando si pone la domanda su "come incide tutto questo sul quadro demografico del paese". Sebbene sia chiaro a tutti che una decina di migliaia di profughi non può modificare il quadro demografico della Macedonia, si fa un gran parlare di questo problema e si accusa il governo di essere troppo "benevolo" nei confronti dei profughi. Finora non si è riscontrato nemmeno un intervento umanitario, o anche solo un'iniziativa, da parte macedone per aiutare i profughi, un particolare che va contro la tesi secondo la quale i rapporti interetnici stanno diventando meno tesi, tanto più che si sa che il problema del Kosovo svolge un ruolo importante, se non addirittura decisivo, in tali rapporti. Tuttavia, per una valutazione definitiva bisognerà attendere l'epilogo finale di Rambouillet, dopo il quale si vedrà se la crisi dei profughi rimarrà a tale cifra di un migliaio di rifugiati, oppure se questo numero si avvicinerà alle previsione apocalittiche che comporterebbero un grave punto di domanda anche per i rapporti interni. (AIM Skopje, 15 marzo 1999 - traduzione di A. Ferrario) |