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NOTIZIE EST #441 - MACEDONIA
26 maggio 2001


DICHIARAZIONE POLITICA E ULTIMATUM MILITARE

[Seguono qui sotto alcun aggiornamenti sulla situazione in Macedonia: 1) il testo integrale della dichiarazione unitaria dei partiti politici albanesi e dell'UCK; 2) relative dichiarazioni di governo, OSCE e NATO; 3) un commento del giornalista bulgaro Koritarov. Vista la complessa situazione, premettiamo qui di seguito alcune spiegazioni introduttive. Nei giorni scorsi è scoppiata a Skopje la "bomba politica" della firma di una dichiarazione politica congiunta tra partiti albanesi di Macedonia e l'Esercito di Liberazione Nazionale, UCK, avvenuta il 22 maggio a Prizren. Secondo svariate fonti, i contatti tra partiti politici albanesi e UCK avrebbero avuto l'avallo indiretto di Robert Frowick, rappresentante speciale a Skopje del segretario di turno dell'OSCE. Frowick, statunitense, era giunto per la prima volta in Macedonia, dove già in precedenza era stato rappresentante dell'organizzazione internazionale, il 23 marzo scorso, dopo avere fatto carriera durante la guerra in Bosnia. Il suo arrivo a fine marzo sarebbe stato solleccitato (secondo "Utrinski Vesnik", 23 marzo 2001) dal presidente Trajkovski, con il quale intrattiene da lungo tempo rapporti amichevoli. Frowick ha negato ogni coinvolgimento nella firma della dichiarazione, la stessa ambasciata USA a preso le distanze da quest'ultima (e d'altronde era stato lo stesso Dipartimento di Stato USA, a inizio maggio, ad affermare perentoriamente, non sollecitato, che "i terroristi dell'UCK non devono essere coinvolti in alcun modo nelle trattative" ["Washington Times", 2 maggio 2001]), ma Frowick ha dovuto comunque fare in fretta e furia le valige, su pressioni occidentali e del governo macedone. Sempre secondo svariate fonti, il (presunto) piano Frowick prevedeva infine un accordo di smilitarizzazione dell'UCK sul modello di quanto avvenuto nella valle di Presevo con l'UCPMB. Altre svariate fonti macedoni, hanno affermato che si sarebbe trattato di creare un corridoio di fuga della popolazione civile verso il Kosovo, attraverso il quale sarebbero "defluiti" anche i combattenti dell'UCK che, dopo avere deposto le armi, sarebbero dovuti entrare in Kosovo senza essere arrestati dalla KFOR (come è avvenuto, cioè, nella valle di Presevo). Nella fascia così "ripulita" da ogni presenza di guerriglieri e popolazione civile, si sarebbero dovuti insediare osservatori internazionali (OSCE, UNHCR ecc.), seguiti a breve distanza da polizia ed esercito macedone. Esiste un'altra variante "bulgaro-greca", secondo cui in tale zona al confine tra Macedonia e Kosovo si sarebbe dovuto insediare un contingente della Brigata interbalcanica di pronto intervento, con sede a Plovdiv, in Bulgaria ("Mediapool.bg", 23 maggio 2001). Nelle ultime ore uno scenario in parte simile si sta realizzando nel villaggio di Vaksince, che le forze macedoni hanno letteralmente ripulito dalla popolazione civile ("Dnevnik" [Skopje], 26 maggio 2001), fuggita nella Serbia meridionale, mentre in Kosovo attualmente ci sarebbero tra i 25.000 e i 30.000 profughi albanesi dalla valle di Presevo e dalla Macedonia settentrionale - A. Ferrario]


1) DICHIARAZIONE POLITICA DEI LEADER ALBANESI IN MACEDONIA
Testo integrale - ("Mediapool.bg", 24 maggio 2001)


I leader albanesi i Macedonia, prendendo chiaramente atto del momento storico in cui si trovano la Repubblica di Macedonia e i suoi popoli, hanno concordato un'azione comune sulla base di un consenso nazionale. Con l'aiuto di tale consenso nazionale, la Repubblica di Macedonia dovrà essere riformata, al fine di potersi trasformare nello stato democratico di tutti i suoi cittadini e di tutte le comunità etniche. Il consenso dei leader albanesi si basa sui seguenti principi fondamentali:

1. Riconoscimento del fatto che le suddette riforme salvaguarderanno l'integrità e il carattere multietnico della Macedonia. 2. Riconoscimento del fatto che non esiste alcuna soluzione per gli attuali problemi che si basi sul principio di "territori etnicamente puliti". Ogni tentativo di staccare o di isolare territori arrecherà danno ai cittadini della Macedonia e alla pace nella regione. 3. Riconoscimento del fatto che non esiste una soluzione militare ai problemi in Macedonia. 4. Riconoscimento del fatto che le riforme nella Repubblica di Macedonia devono garantire la piena integrazione del paese nelle strutture europee ed euroatlantiche. 5. Riconoscimento del fatto che la soluzione potrà essere trovata solo nell'ambito del processo politico interno macedone, con la mediazione degli USA e dell'UE.

Sulla base di questi principi, i leader albanesi in Macedonia hanno l'intenzione di partecipare al processo di dialogo per le riforme, che affronterà le seguenti questioni: - problemi relativi alla costituzione - libero impiego della lingua albanese come lingua ufficiale in Macedonia - rappresentanza proporzionale in base al principio etnico nelle istituzioni statali - rafforzamento del ruolo dell'autogoverno locale - secolarizzazione integrale della costituzione e dello stato - introduzione del principio di democrazia consensuale nelle regioni con popolazione etnicamente mista ed eliminazione del principio di "adozione di decisioni in base alla maggioranza" nelle regioni abitate da minoranze - diritto di libera comunicazione e accesso allo spazio culturale albanese.

I leader albanesi della Maedonia si dichiarano inoltre a favore dell'adozione, nell'ambito delle trattative, di misure per la reintegrazione di tutti i membri dell'UCK in diverse forme di vita civile, nonché per il loro inserimento nelle strutture statali. Nel corso delle trattative dovrà essere prestata particolare attenzione a:

- completa reintegrazione di tutti i membri dell'UCK - ricostruzione dei centri abitati e delle aziende famigliari distrutti durante le azioni militari - messa in atto di misure per prendersi cura di coloro che sono rimasti vittime delle azioni militari (invalidi di guerra, famiglie di uccisi e bambini senza genitori) - svolgimento del servizio militare nel luogo di origine.

Nell'ambito del dialogo, che si dovrà realizzare con una "tavola rotonda" dei leader dei partiti politici della coalizione di governo e sotto l'egida del presidente della repubblica, nonché con l'aiuto degli USA e dell'OSCE, il fattore albanese esprimerà una posizione consensuale.

La dichiarazione politica dei leader albanesi in Macedonia è stata firmata il 22 maggio sera a Prizren da:

Il presidente del DPA, Arben Xhaferi
Il leader politico dell'UCK (Esercito di Liberazione Nazionale), Ali Ahmeti
Il presidente del PDP, Imer Imeri


2) AMBASCIATORI OCCIDENTALI, PREMIER, OSCE E NATO: NO A QUALSIASI COINVOLGIMENTO DELL'UCK IN TRATTATIVE

Nella residenza dell'ambasciatore americano a Skopje è in corso un incontro con i leader del DPA e del PDP, Arben Xhaferi e Imer Imeri, hanno comunicato fonti di "Mediapool.bg". Arben Xhaferi è uscito dall'incontro senza rilasciare alcuna dichiarazione ai giornalisti e visibilmente di cattivo umore. Le conversazioni sono proseguite con Imer Imeri. All'incontro hanno preso parte gli ambasciatori di Gran bretagna e Francia. I diplomatici occidentali stanno cercando di convincere i leader albanesi a revocare la firma apposta sulla dichirazione con l'UCK ("Mediapool.bg", 24 maggio 2001).

La dichiarazione politica dei partiti albanesi e dell'UCK "è un grave attacco" e "un appello alla guerra degli albanesi contro la nazione macedone", ha dichiarato il premier macedone Georgievski alla televisione di stato. Il testo "è pericoloso" ed esprime "un evidente atteggiamento bellicoso", ha affermato inoltre Georgievski, secondo il quale la dichiarazione ha portato a "una situazione catastrofica nel paese. In questa situazione non vi è spazio per alcun ulteriore dialogo. Le forze di sicurezza della Repubblica di Macedonia devono difendere con decisione, perché ci troviamo ad affrontare un problema con un nemico molto seriamente organizzato" ("Mediapool.bg", 25 maggio 2001; "Dnevnik" [Skopje], 26 maggio 2001). Anche l'ambasciatore dell'OSCE a Skopje, Carlo Ungaro, ha condannato duramente, in un'intervista al quotidiano "Utrinski Vesnik", la dichiarazione politica delle forze albanesi, affermando che ora bisognerà lavorare per "porre rimedio al danno causato". Secondo Ungaro, è "inacettabile che coloro i quali si sono dati ad attività illegali [l'UCK] vengano coinvolti nel dialogo". Proprio nello stesso momento in cui l'esercito di Skopje bombardava massicciamente i villaggi nel nord del paese, Ungaro ha chiesto che "i gruppi etnici albanesi cessino le azioni armate" ("Utrinski Vesnik", 25 maggio 2001). Il segretario della NATO Robertson ha dichiarato il 24 maggio, in un comunicato stampa ufficiale, che "le incresciose vittime e i danni causati dal conflitto [degli estremisti albanesi] con le forze del governo sono il risultato diretto della occupazione ingiustificata da parte dei primi di città e villaggi nel nord del paese". "La comunità internazionale", ha proseguito Robertson, "lavorerà [per un processo politico pacifico] solo con i rappresentanti politici legittimi, non con gli estremisti armati. Questi ultimi non hanno alcuna legittimità democratica, e di conseguenza non hanno alcun posto al tavolo dei negoziati. Gli uomini della violenza, come i leader del cosiddetto UCK, non hanno alcuno spazio in questo processo" e "devono smilitarizzare e consegnare le loro armi". Il segretario della NATO ha infine affermato: "il presidente Trajkovski e i membri del suo governo di unità nazionale hanno il mio pieno supporto" (www.nato.int, 24 maggio 2001).


3) QUALE ULTIMATUM AVRA' LE CONSEGUENZE PIU' NEGATIVE - QUELLO MACEDONE O QUELLO ALBANESE?
di Georgi Koritarov - ("Mediapool.bg", 24 maggio 2001)


Il dispiegamento di unità dell'esercito jugoslavo nel settore B della zona di sicurezza intorno al Kosovo è stato rimandato, nonostante la preparazione per la loro entrata in tale territorio si fosse trasformata per Belgrado in qualcosa di simile a un rituale solenne. Il motivo del ritardo è la quantità di mine collocate dall'UCPMB nell'area liberata da sue unità. Ma mentre le unità speciali dei genieri jugoslavi stavano portando a termine, in tempi più o meno brevi, il lavoro di pulizia del terreno, un'altra mina albanese, questa volta politica, è scoppiata in Macedonia seminando il panico sia a Skopje che tra la comunità internazionale.

La dichiarazione firmata la sera del 22 maggio a Prizren, con la quale viene concordata una linea di comportamento tra i partiti albanesi in Macedonia, DPA e PDP, e l'Esercito di Liberazione Nazionale (UCK), pone il nuovo governo di ampia coalizione a Skopje di fronte a una situazione del tutto nuova. Quello su cui mettevano in guardia gli osservatori più attenti, e che è stato pronunciato ad alta voce come fosco avviso unicamente dal governo bulgaro, comincia ormai a realizzarsi. Il tentativo di dialogo politico tra i partiti maedoni e albanesi - almeno nella forma e secondo i temi in base a cui era stato originariamente concepito, è ormai fallito. L'idea delle autorità macedoni di discutere con gli albanesi ignorando completamente l'UCK e proseguendo le operazioni militari contro di essa, è ormai morta.

Invece di unire i partiti in contrappeso al radicalismo, come volevano a Skopje, è accaduto il contrario - l'unificazione del fattore albanese insieme all'UCK per difendere una posizione comune nella richiesta di modifica della costituzione macedone e di una piena uguaglianza tra i macedoni e gli albanesi. Se analizziamo più nei dettagli il senso di quanto è accaduto a Prizren, scopriremo che il conflitto di interessi e di punti di vista è molto più profondo di quanto non lo sarebbe una normale provocazione. La dichiarazione politica dei leader albanesi e dell'UCK, prima di essere esaminata come un blocco del nuovo governo e dell'attuale concetto di dialogo, è il segno di una seria divergenza tra la visione di Skopje e della comunità internazionale, da una parte, e quella degli albanesi, dall'altra, riguardo all'origine e al carattere della crisi in Macedonia. Con il documento di Prizren gli albanesi comunicano alcune cose, dalle quali - evidentemente - non intendono retrocedere.

Il messaggio più importante è la scelta del luogo in cui è stata firmata la dichiarazione - Prizren. Per analogia con la "Lega di Prizren" dal ruolo noto nella storia albanese, la dichiarazione suggerisce che la crisi in Macedonia non è un problema importato da fuori, ma è invece un problema nazionale albanese profondo e non risolto all'interno della Macedonia, che fa parte del problema, ereditato dalla ex Jugoslavia, dei diritti nazionali discriminati. In questo senso, ci troviamo qui di fronte a due divergenze essenziali.

Se per i macedoni quelli dell'UCK sono dei terroristi, con i quali non bisogna assolutamente trattare, per gli albanesi essi si sono dimostrati non semplicemente "uno dei fattori albanesi nel conflitto", ma vengono ormai riconosciuti ufficialmente come parte della loro idea di difendere una posizione albanese comune. Se per i macedoni l'apparenza di "una vittoria militare" contro l'UCK è diventato un argomento per imporre delle condizioni e per il dialogo politico, per gli albanesi l'unica condizione per trattare è quella della modifica della costituzione macedone.

Segni che si sarebbe arrivati molto presto alla situazione di oggi ce ne erano in abbondanza. Il PDP ha vincolato la sua partecipazione al governo di coalizione ampia alla richiesta di coinvolgere nel dialogo "tutti i fattori coinvolti nella crisi". E si poteva capire chiaramente senza molti sforzi che si trattava dell'UCK. Il leader del DPA, Arben Xhaferi, ha anch'egli dichiarato recentemente che l'"UCK è un fattore importante". Gli osservatori avevano segnalato già da tempo che l'UCK avrebbe probabilmente cercato di percorrere la stessa strada dei suoi predecessori albanesi - l'UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo) e l'UCPMB, che da strutture paramilitari si sono trasformati in soggetti politici con un ruolo chiave nella conduzione delle trattative. Skopje non ha voluto legittimare l'UCK.

Dal punto di vista delle autorità macedoni, una tale legittimazione metterebbe in dubbio la continuità della statualità macedone nella forma con la quale essa è stata costruita in base all'attuale costituzione del paese. Il riconoscimento dell'UCK come fattore da parte di Skopje significherebbe ammettere che la crisi è un problema interno e che le sue cause sono state sufficientemente fondate da fare emergere un fattore come l'UCK. Quello che tuttavia Skopje non ha fatto, lo hanno fatto in forma molto più pericolosa i partiti albanesi. Essi hanno legittimato l'UCK, ma nell'ambito della propria comunità nazionale. In pratica, con la firma della dichiarazione, il DPA e il PDP per la prima volta si assumono una responsabilità categorica per quanto riguarda la propria posizione nei confronti dell'esercito ribelle. Con la firma del testo di Prizren, l'UCK diventa ufficialmente parte delle argomentazioni albanesi.

Questo sviluppo, significa che in Macedonia tutto comincia a disgregarsi e che il paese sta entrando in una fase di guerra civile aperta? A prima vista, la risposta è "sì". In realtà, la risposta potrebbe rivelarsi un "no". Perché? Una delle cose che si leggono nel testo della dichiarazione è il riconoscimento che per la crisi in Macedonia non è possibile alcuna soluzione militare. E' possibile unicamente una soluzione conseguita attraverso il dialogo politico. Skopje ha accolto in maniera entusiatica la creazione del nuovo governo. Contemporaneamente, sono state sottovalutate le richieste dei partiti albanesi di fare cessare le azioni militari contro l'UCK. L'azione di Skopje non solo è proseguita, ma ha trovato espressione anche in un ultimatum militare nei confronti dell'UCK, affinché consegnasse le armi. L'effetto è stato nullo, mentre il risultato reale è stato il blocco della possibilità di un dialogo tra i partiti macedoni e quelli albanesi. E senza dialogo - o in presenza di un dialogo su basi non eque - i partiti albanesi perderebbero la fiducia della popolazione albanese e da tale punto in avanti l'estremismo diventerebbe assolutamente incontrollato. Cosa hanno fatto, in fin dei conti, i partiti albanesi?

La firma di una dichirazione comune con l'UCK ha il valore di un ultimatum albanese - una controrisposta a quello macedone. Con la differenza che l'ultimatum macedone mirava alla distruzione dell'UCK e a togliere ogni forza alle richieste albanesi, mentre l'ultimatum albanese richiede trattative su problemi reali - costituzione e uguaglianza. Alla fine, non si può escludere che l'UCK ritiri da solo le proprie rivendicazioni per partecipare alle trattative, se verranno date garanzie sufficienti che le richieste comuni degli albanesi verranno prese sul serio. Questo, tuttavia, significherebbe una completa riformulazione dell'interpretazione della crisi in Macedonia, del problema irrisolto degli albanesi nei Balcani - ivi incluso quello dello statuto del Kosovo.

La diplomazia internazionale si dimostrerà più saggia dei cecchini e più veloce delle pallottole e dei proiettili? Quale ultimatum avrà le conseguenze peggiori - quello macedone o quello albanese?

Avrà la meglio l'idea di un'Europa effettivamente unita, al di sopra degli interessi della burocrazia europea? La posta in gioco è seria - il terreno è nei Balcani, ma la soluzione rimane in mano al mondo. A Prizren gli albanesi hanno seplicimente dato un motivo per riflettere.