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![]() NOTIZIE EST #154 - JUGOSLAVIA/SERBIA L'OCCIDENTE E BELGRADO, TRA CANNONATE E MILIARDI Mentre in Kosovo i cannoni sparano, il mondo continua a fare colossali affari con i boss del regime di Belgrado. Dopo l'Italia con le telecomunicazioni è la volta della Francia che, con l'aiuto di "consulenti" inglesi e statunitensi, si assicura il monopolio del cemento. Si apre anche il capitolo delle concessioni autostradali per migliaia di miliardi, con l'Italia nuovamente in prima fila. I particolari nei due articoli che seguono, del giornalista Dimitrije Boarov. LA CEMENTIFICAZIONE DEL GOVERNO SERBO Nel bel mezzo delle festività per il Nuovo Anno, il premier serbo Mirko Marjanovic ha trovato il tempo per ricevere Philippe Rollier, il vicepresidente dell'azienda francese Lafarge, confermando in tal modo le voci secondo le quali il governo francese ha dato il 22 dicembre scorso il via libera alla fusione tra il cementificio Beocin e l'importante azienda francese. Per essere precisi, la dichiarazione ufficiale dice solo che l'azienda francese è pronta a cooperare con la Beocin e a investire nell'economia serba. Marjanovic, da parte sua ha detto che entrambe le parti trarranno vantaggi dall'accordo e che altre aziende straniere stanno dimostrando un interesse crescente nell'effettuare investimenti in Serbia. La dichiarazione, naturalmente, non riflette nemmeno alla lontana i disperati tentativi dell'ultimo momento del governo serbo di vendere i cementifici del paese con un'operazione che dovrebbe generare tra i 350 e i 750 miliardi nel giro dei prossimi anni. Il problema è che vi è il bisogno immediato di 100 miliardi. Solo un giorno dopo l'incontro tra Marjanovic e Rollier, il consulente finanziario dell'azienda britannica RMC Group/Readymix, Slobodan Krunic, ha tenuto a Novi Sad una conferenza stampa per esprimere il proprio disappunto rispetto alla decisione del governo di portare a termine un accordo con la Lafarge. Krunic ha addirittura espresso l'opinione che si potrebbe trattare di una "falsificazione" dell'intero concorso, dovuta al fatto che la Lafarge ha promesso di fornire al governo della Serbia un credito immediato di 95 miliardi, nonostante il divieto di effettuare investimenti in Serbia approvato dall'UE nel maggio scorso. Dopo avere espresso la sua convinzione che la parte francese non sia in realtà disposta a violare le sanzioni economiche adottate tra gli altri anche dai rappresentanti francesi, Krunic ha affermato che la RMC avvierà una procedura legale e chiederà la revisione dell'intero processo solo nel caso in cui la Lafarge dovesse mancare di mantenere la propria promessa. La società britannica Readymix ha offerto al governo serbo un credito di 75 miliardi, con la riserva che l'intera operazione avverrebbe solo se e quando le sanzioni imposte contro la Jugoslavia verranno cancellate. Sembra che sia i britannici che i francesi intendano comprare la quota del governo serbo nel cementificio Beocin (BFC) mediante una soluzione con la quale il governo probabilmente "rimborserebbe" il credito con le azioni che possiede nella BFC. Tra l'altro, lo stabilimento è uno dei 75 che non possono essere privatizzati senza l'approvazione personale di Mirko Marjanovic. L'Istituto per le Scienze Sociali di Belgrado ha calcolato il valore della BFC come pari a 153 miliardi, mentre sia la Lafarge che la Readymix hanno promesso tra 100 e 150 miliardi per una ricapitalizzazione aggiuntiva. Sembra che le due società estere siano pronte a un acquisto mediante "rimborso" di una quota compresa tra un terzo e un quarto di questo appetitoso cementificio ubicato sulle rive del Danubio, il cui valore dovrebbe raddoppiare dopo la capitalizzazione aggiuntiva. Naturalmente bisognerebbe affrontare innanzitutto tutta una serie di aspetti poco chiari e non risolti. L'aspetto centrale è quello del controllo del prezzo del cemento sul mercato serbo. Le autorità serbe hanno approvato un prezzo "interno" di 60 marchi alla tonnellata, mentre sui mercati mondiali il prezzo di una tonnellata di cemento è di 110 marchi. Sarebbe quindi necessario valutare i problemi economici che si presenteranno nell'abisso creato dalla differenza di prezzo moltiplicata per circa 1,1 milioni di tonnellate di cemento, cioè la produzione annuale della BFC. A differenza di altri giganti serbi, la BFC non ha importanti debiti esteri. Pertanto, rimane non chiarito perché tra tutte le altre proprio questa doveva essere soggetta a una "capitalizzazione aggiuntiva", che è un altro modo per dire la vendita dei suoi diritti di gestione, e non la ricerca di crediti per avviare delle ristrutturazioni finanziarie senza l'interferenza di nessuno. [...] Un'azienda la cui potenziale produzione annua è superiore a mille miliardi non è forse in grado di trovare un credito a medio termine di 100 miliardi circa con un prezzo interno del cemento uguale a quelli mondiali? Ciò avrebbe risparmiato alla BFC la vergogna di chiedere un "prestito" per il governo di Marjanovic e di corteggiare i vari ministri del governo con o senza portafoglio, in particolare questi ultimi [una chiara allusione al miliardario Bogoljub Karic, da sempre vicino al regime, di recente nominato ministro senza portafoglio - a.f.]. Non è che c'è un gruppo selezionato di persone che conoscono vie segrete per violare tutte le sanzioni che hanno afflitto la Serbia nel corso dell'ultimo decennio? Questo gruppo di persone è forse in grado, con "società di filtraggio" all'estero (sono solo ipotesi), di ottenere gas per la Serbia con accordi sotterranei che implicano la vendita di impianti industriali nazionali? Il prezzo "controllato" del cemento in Serbia e i suoi effetti speculativi [...] ci portano alla conclusione che la politica economica della Serbia sia stata privatizzata da un gruppo di singoli che possono accumulare enormi ricchezze dopo essersi autonominati gli eroi della libertà e dell'eguaglianza. [...] A differenza della vendita di metà della Telekom avvenuta due anni fa [la nota operazione dell'italiana STET e della greca OTE - a.f.], un'operazione che si era svolta interamente all'interno della cerchia più stretta di Milosevic, la vendita della BFC ha riguardato un numero molto più ampio di politici di alto livello. Secondo varie voci, molti di essi hanno insistito per mediare in questo affare del secolo. Alcune fonti dicono che tra le persone chiave della vendita della BFC vi siano il ministro delle privatizzazioni Jorgovanka Tabakovic e il suo boss Vojislav Seselj, mentre altri dicono che a tenerne le fila siano stati il vice-primo ministro Dragan Tomic e il ministro senza portafoglio Bogoljub Karic. Con la vendita dei cementifici è cominciata anche un'aspra lotta tra le società internazionali di consulenza che operano nel nostro paese. L'inglese "Deloitte & Touche", in questo caso consulente della "Lafarge", a quanto si può giudicare dall'affare BFC ha conservato la forte influenza di cui gode nei circoli governativi di Belgrado, nonostante gli imbarazzanti risultati delle perizie sul caso dell'anno, la vendita della "Dafiment Bank", e le dimissioni del ministro Danko Djunic, che in passato era stato rappresentante in Serbia proprio della "Deloitte & Touche". Fonti bene informate dicono che la consulente della Readymix sia stata la società Price-Cooper. Anche la statunitense KPMG, che nell'affare ha fatto da consulente per la BFC, sta aumentando la propria presenza nel paese, mentre nel settore del cemento ha già portato a termine in Europa Orientale operazioni di privatizzazione di colossi come per esempio la bulgara "Devnja" e la ceca "Hranice". Anche i partiti politici serbi stanno cercando di ottenere la loro fetta della torta delle privatizzazioni. I partiti al potere fanno affari in eleganti saloni, mentre i partiti di opposizione come il Partito Democratico e la Lega dei Socialdemocratici di Vojvodina emettono dichiarazioni sulla "vendita sfacciata di tesori nazionali". E' evidente che la vita politica della Serbia tornerà sul campo del denaro che le è proprio non appena il conflitto in Kosovo verrà in qualche modo risolto. Non vi è dubbio che assisteremo ad altri "thriller finanziari", probabilmente di gran lunga più interessanti di quello della BFC. (da "Vreme", 9 gennaio 1999 - traduzione di A. Ferrario) UN'ESCA LUNGA 140 CHILOMETRI Proprio nel momento in cui esplode un nuovo disorientamento generale in merito al Kosovo, il governo della Serbia ha improvvisamente messo in circolazione (attraverso le pagine del quotidiano "Politika") la notizia della decisione di dare una concessione per la costruzione, la gestione e la manutenzione di un tratto dell'autostrada da Nis fino al confine con la Macedonia, per una lunghezza complessiva di 141,64 chilometri, annunciando inoltre che è in preparazione una decisione simile per la costruzione dell'autostrada E-80 da Nis al confine con la Bulgaria, per una lunghezza di 90 chilometri. Entro un termine di 60 giorni, secondo tale decisione, verrà indetta un'offerta pubblica d'appalto internazionale per la costruzione dell'autostrada verso la Macedonia e, come afferma l'Agenzia per gli investimenti, questa concessione sarà secondo il sistema BOT (costruisci-gestisci-restituisci) e verrà data per un periodo compreso tra i 15 e i 20 anni. [...] Lasciando da parte la dimensione politica dell'improvviso invito rivolto agli investitori internazionali a partecipare a un'offerta più che attraente in Serbia nonostante il "muro esterno" di sanzioni e il divieto europeo di investire nella repubblica, ricordiamo che ormai è da più di un decennio che si parla di concessioni stradali nel paese. Quando ancora prima delle sanzioni i responsabili del sistema stradale della Vojvodina hanno preso in considerazione di dare in concessione "fifty-fifty" il tratto dell'autostrada E-75 da Belgrado a Subotica a un gruppo di investitori francesi, questi ultimi si sono presentati con un credito internazionale approvato di circa un miliardo di dollari. Si trattava di un tratto leggermente più lungo, pari a circa 180 chilometri, in buona parte già coperti da una strada ad alto scorrimento, che avrebbe chiesto lavori per circa due miliardi di dollari. Il progetto è stato accantonato a quanto pare a causa di disaccordi in merito alle modalità di pagamento e a chi avrebbe avuto il diritto di dare a sua volta le concessioni alle compagnie petrolifere per i distributori di benzina. Successivamente è stata portata a compimento con risorse interne solo la strada ad alto scorrimento, su un terreno molto favorevole, con un costo dei lavori compreso tra due e quattro milioni di dollari al chilometro. [...] Oggi come oggi è difficile dire chi potrebbe presentarsi a una tale offerta d'appalto. A quanto pare finora hanno fatto pervenire offerte aziende del Kuwait, dell'Italia e della Svizzera. [...] Nel 1991, il governo serbo aveva già stipulato con il gruppo italiano "Palatino" una concessione di 20 anni per la costruzione e lo sfruttamento dell'autostrada Nis-Dimitrovgrad, sullo stesso tratto dell'attuale offerta. A quanto sembra, due anni fa rappresentanti di tale gruppo sono tornati in Serbia per chiedere quale sarebbe stato il destino dell'accordo. E' a loro che si sta pensando quando si presenta una nuova decisione di concessione per il medesimo tratto? In ogni caso, la summenzionata concessione è molto gradita, anche se arriva decisamente in ritardo. Il governo croato, per esempio, ha già dato una concessione per l'autostrada Zagabria-Spalato alla tedesca "Walter Bau" e all'italiana "Astaldio". [...] In un certo senso, però, il governo serbo non è arrivato molto in ritardo con la concessione per l'autostrada tra Nis e la Macedonia perché, da come stanno andando le cose in Kosovo, non sembrerebbe proprio inutile assicurarsi a livello internazionale, con questa offerta dimostrativa, un corridoio attraverso la Macedonia fino al mare. (da "Vreme", 23 gennaio - traduzione di A. Ferrario) |