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I Balcani


NOTIZIE EST #369 - SERBIA/ITALIA
18 novembre 2000


AFFARI, BANCHE & CONDONI



[Seguono, nell'ordine, brani di un'intervista concessa a "NIN" da Maslovaric, ex ambasciatore jugoslavo in Vaticano, sull'affare Telekom Srbija; un breve pezzo sulla ristrutturazione "balcanica" dell'italiana Mediobanca; un commento di "Danas" sulla recente amnistia dell'UE agli uomini del regime di Milosevic, con un elenco dei nomi più noti cancellati dall'elenco delle persone bandite dall'Unione]


CHI SI RIVEDE, DOJCILO MASLOVARIC

Il settimanale di Belgrado "NIN" ha pubblicato nel suo numero del 16 novembre un'intervista a Dojcilo Maslovaric, l'ex ambasciatore jugoslavo in Vaticano al quale avevamo accennato nella serie di materiali riguardanti l'affare Telekom Srbija pubblicati in "Notizie Est" #366 dell'11 novembre scorso. Riportiamo più sotto i passi maggiormente interessanti di tale intervista (Maslovaric è stato contattato da "NIN" a Roma, dove ancora si trova).

[...]

NIN: Si dice che lei sia stata una delle persone chiave che hanno mediato per la firma del contratto relativo alla vendita della Telekom.

MASLOVARIC: Sono scemenze, idiozie, "tesi cospirative". Visto che mi trovavo in Italia da quattro anni, visto che conosco molte persone, avevo il fortissimo desiderio di aiutare ad arrivare alla conclusione di tale affare. Ho portato il presidente del Banco di Roma a Belgrado già il 13 giugno 1996, all'incirca quando sono venuto qui a Roma. Successivamente con il Banco di Roma ha lavorato Borka Vucic [direttrice generale della Beogradska Banka e comunemente definita la "banchiera privata di Milosevic" - N.d.T.]. E così si è arrivati alla Telekom. Io ero il tramite, mi contattavano per la mia conoscenza con il presidente. Ero io il contatto per fissare un incontro.

NIN: Si ritiene che una persona coinvolta in tutto questo ne tragga dei vantaggi materiali, delle provvigioni, una percentuale?

MASLOVARIC: Sì, ma come può ottenerne un ambasciatore? Penso che assolutamente non possa. A tutto ciò hanno lavorato persone del governo, persone delle Poste e della Telekom, da questa e dall'altra parte. Su queste cose vi può raccontare tutto Milan Beko, che vi ha partecipato direttamente, che è stato nominato dal presidente del governo e da quelli delle Poste che allora hanno lavorato. Naturalmente, è stato necessario allora sostituire alcune persone delle Poste. A quei tempi è stato sostituito Jaksic. Eh, si tratta di businessmen che possono trarre vantaggi, guadagnare.

NIN: E' vero che l'affare ha avuto un valore di un miliardo e cento milioni di lire [si tratta della cifra ufficialmente comunicata - N.d.T.]?

MASLOVARIC: Milan Beko ha tutti i relativi dati precisi. Oltre agli italiani, vi hanno preso parte anche i greci. E la cifra precisa è superiore a un miliardo e mezzo di marchi, vicina a un miliardo di dollari. Si tratta di una cifra molto alta rispetto al caso della Romania. Qui, nei giornali, gli italiani sono stati criticati per avere pagato troppo da noi. E Milan Beko ha detto che Nikola Sainovic e Jaksic volevano vendere per venti anni a fronte di una cifra minore, e lui è riuscito ad accordarsi per otto anni e per più soldi.

NIN: Come è stato speso quel denaro? Per le pensioni prima delle elezioni del 1997?

MASLOVARIC: Ero presente quando il presidente Milosevic ha detto apertamente a Marjanovic [l'allora premier] e a tutti gli alti funzionari: "E' una buona iniezione per la nostra economia, risponderete personalmente di fronte a me se quei soldi non verranno diretti come è necessario e dove è necessario". "E come no, presidente", gli hanno risposto. E sapete dove sono andati a finire? Piccole somme sono andate per le pensioni, mentre quelle grandi sono state spese nelle grandi imprese, nelle imprese "di successo".

[...]

[Tra gli altri particolari interessanti cui Maslovaric accenna nelle parti qui non riportate, vanno segnalate le sue affermazioni secondo cui uno dei motivi per cui egli non ha fatto ritorno in Serbia dopo la sua revoca nel febbraio scorso sono state le minacce provenienti da Marko Milosevic, figlio del più noto Slobodan, il quale sarebbe tra l'altro stato due volte a Roma alla fine del 1996. Maslovaric si lamenta anche della non professionalità di molti diplomatici jugoslavi, citando in particolare il caso del console a Milano, che era stato in precedenza direttore della "Zastava". Si conferma inoltre il particolare favore di cui Maslovaric godeva in Vaticano, visto che l'ex ambasciatore afferma di essere stato insignito, dopo soli due anni e due mesi che era a Roma, dell'ordine "Pio IX" conferito dal Papa, secondo Maslovaric un fatto senza precedenti per un ambasciatore. "NIN" riporta anche un breve profilo biografico di Maslovaric: è nato a Istok, in Kosovo, nel 1953, ha studiato legge a Belgrado e dal 1976 lavora al ministero degli esteri. E' stato console a Roma dal 1986 al 1990, vicesegretario nel governo di Milan Panic, segretario agli esteri della Serbia dal 1994, ed è infine diventato ambasciatore in Vaticano nel 1996, fino alla sua rimozione nel febbraio 2000]


MEDIOBANCA O MEDIOBALCANICA?
di Andrea Ferrario


In Italia i Balcani sono purtroppo diventati nel senso comune, grazie anche all'opera dei media, sinonimo di loschi traffici, regimi autoritari e, soprattutto, immigrazione criminale. Nelle sfere della grande finanza, tuttavia, il termine ha un'accezione molto meno sgradevole, come è facilmente comprensibile a chi segua i grandi affari che il capitale italiano ha realizzato nei Balcani. Lo dimostra tra le altre cose la recente ristrutturazione dei vertici di Mediobanca, la grande banca d'affari che è sempre stata il salotto buono in cui si riunisce la "crème" del capitale italiano. Il 28 ottobre (ironicamente, l'anniversario della marcia su Roma di Mussolini, un altro "appassionato" di Balcani) nel consiglio di amministrazione di Mediobanca sono entrati a fare parte rappresentanti di Banca di Roma (Giorgio Brambilla) e di UniCredito (Paolo Biasi). Le due banche avranno fra breve loro uomini anche ai posti dei due vicepresidenti di Mediobanca. E' stato rinviato solo di poco l'ingresso di Roberto Colaninno, numero uno di Telecom Italia. Dei vertici di Mediobanca fa tradizionalmente parte anche la Fiat, mentre il 28 ottobre ha visto l'uscita della Comit. Tutte queste banche e aziende hanno svolto un grande (e chiaccherato) ruolo nei Balcani: la Banca di Roma ha grossi interessi in Albania e, secondo quanto racconta qui sopra Maslovaric, avrebbe avuto un ruolo nel mega-affare Telekom Srbija, tramite i suoi contatti con Borka Vucic, importante esponente di regime; la UniCredito ha realizzato affari megamiliardari, oggetto di una valanga di accuse da parte dei media locali, in Croazia e in Bulgaria (Splitska Banka e Bulbank rispettivamente); il Gruppo Fiat ha da anni interessi nella jugoslava Zastava, fino a poco tempo fa una delle roccaforti dei socialisti di Milosevic; la Telecom Italia è nota a tutti per l'acquisto della Telekom Srbija nel 1997, affare tornato alla ribalta sulla stampa serba nelle ultime settimane. La Comit da parte sua abbandona Mediobanca, ma ne faceva parte nel momento in cui, l'anno scorso, trattava e realizzava con gli uomini del regime di Tudjman l'affare per l'acquisto della Privredna Banka. Insomma, Mediobanca balcanizzata, ma con stile e, soprattutto, con profitto.

(i dati sui cambiamenti ai vertici di Mediobanca sono tratti da "Corriere della Sera" e "Repubblica" del 29 ottobre 2000)


CHI (NON) E' COLPEVOLE
(editoriale di "Danas", 16 novembre 2000)


Nell'ambito degli sforzi per fare tornare la Repubblica federale jugoslava nella comunità internazionale, l'Unione Europea ha rivisto l'elenco delle persone che "rappresentano un pericolo per la consolidazione della democrazia in Jugoslavia", cancellandone molti nomi noti al grande pubblico da una lista che ne conteneva 626. Tuttavia, l'elenco di quelli che sono rimasti nella morsa del ghiaccio europeo, così come di quelli che sono stati "graziati" con il disgelo nei rapporti, ha colpito fortemente l'opinione pubblica locale per la sua incoerenza, anche se per alcuni casi si potrebbero impiegare dei termini di gran lunga più pesanti. Parte del maggiore pericolo per la yu-democrazia continua a ricadere sulle spalle dell'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, rafforzato dalla sua famiglia, ma il gruppo più ampio si trovava sotto la definizione di "collaboratori del sig. Milosevic" e tra i giudici penali. Non ci sarebbe poi così tanto da sconcertarsi se non fosse che nell'elenco di coloro che non sono più indesiderati (vale a dire pericolosi) compaiono la capoccia del SPS Gorica Gajevic, il capo dei servizi di sicurezza del Ministero degli Interni Radomir Markovic, il suo quasi omonimo - il costituzionalista Ratko Markovic, l'ex premier federale Momir Bulatovic. Segue lo Stato maggiore dell'esercito, con al primo posto Neboja Pavkovic, mentre fanno eccezione gli ufficiali che hanno partecipato al procedimento penale contro il giornalista Miroslav Filipovic. La semplice logica, e in particolare la logica politica, portano alla domanda ancora più semplice del perché, per fare un esempio, la leader del SPS è riuscita a ottenere il nuovo status europeo? Se, come capo dei socialisti, era pericolosa e ora non lo è più, perché mai rimane pericoloso un certo Slavoljub Vulic, dirigente del SPS di Despotovac (che, è vero, è anche membro del comitato supremo del SPS)? Se non è pericoloso l'(ex) sindaco di Pristina, perché mai è pericoloso quello di Urosevac...? Forse che, a differenza dei più alti ufficiali dell'Esercito jugoslavo e di parte dell'establishment politico, liberatisi dei vincoli anche se hanno attivamente sostenuto il regime di Milosevic, i giudici penali (nelle cause contro i media) rappresentano ancora davvero un grande pericolo, ora che la Legge sui media è stata nei fatti fermata? Si capisce che, anche se ad alcuni di essi la sentenza è stata imposta, la decisione di mantenerli nell'elenco non è difficile da difendere, soprattutto dal punto di vista di coloro che sono stati condannati con le loro sentenze, ma perché allora al più duro tra tutti i giudici, Rajk Raj Popovic, è stato consentito di andarsene liberamente per l'Europa? E se quest'ultimo, nonostante tutte le torture e le multe cui ha sottoposto il giornale "Kikindske" è stato amnistiato, perché non è stato fatto lo stesso con l'attuale ambasciatore in Bielorussia Milorad Radevic, che si è ritrovato nell'elenco come ["projavljivac" - non sono riuscito a reperire la traduzione del termine - N.d.T.] di Dnevni Telegraf e Evropljanin [rispettivamente quotidiano e settimanale del giornalista d'opposizione Slavko Curuvija, ucciso nell'aprile del '99]? Le domande, in verticale e in orizzontale, possono degenerare nella pura scolastica, se si perde di vista la motivazione più convincente tra tutte - evidentemente il maggiore ruolo nella revisione dell'elenco è stato affidato ai burocrati, come viene dimostrato in maniera chiara dal fatto che anche a tre persone morte si continua a vietare di andarsene in giro per l'Europa. I redattori dell'elenco, come tutti gli altri, non hanno ritenuto opportuno consultarsi con Belgrado e Podgorica. Esiste anche la possibilità che vi sia stata una tale comunicazione, almeno per quanto riguarda l'élite (scongelata) e questo a sua volta apre una seconda domanda. Chi ha proposto il condono a Markovic e a Gorica Gajevic? La spiegazione più drastica, che cancellerebbe tutte le domande, sarebbe quella secondo cui il disgelo dell'Occidente sarà fra breve tempo generale, con l'eccezione di coloro che si trovano sull'elenco dei criminali di guerra. Visto da questo angolo, l'elenco rivisto non è certo sorprendente - rimane solo la domanda se il disgelo avrà un corso così pesantemente burocratico come lo ha avuto la redazione dell'elenco?

[Tutti i principali media hanno notato la coincidenza temporale tra l'"amnistia" europea a Rade Markovic, da anni capo dei servizi segreti che, sostenuto da Kostunica e dai socialisti, rifiuta di dimettersi come chiede invece gran parte della DOS e dei giornali ieri e oggi meno imbavagliati. Oltre a quelli delle persone citate sopra, leggendo l'elenco completo degli "amnistiati" pubblicato da "Danas" il 15 novembre, si incontrano altri nomi più o meno noti - ne citiamo qui solo alcuni: Momir Bulatovic, ex premier federale; Zivadin Jovanovic, ex ministro degli esteri; Zoran Lilic, ex presidente jugoslavo; Nikola Sainovic, ex vice-premier, incriminato dal Tribunale dell'Aia; Bogoljub Karic, noto boss dei media e delle telecomunicazioni, ministro senza portafoglio nel governo serbo (insieme a lui sono stati amnistiati anche tutti i suoi parenti banchieri e/o imprenditori); Tatjana Lenard, membro del comitato direttivo della JUL e direttore dei programmi informativi della televisione di stato serba RTS; Milan Obradovic, direttore generale delle miniere Kolubara; Jagos Puric, della JUL, rettore dell'Università di Belgrado; Dusan Vlatkovic, governatore della Banca Nazionale Jugoslava (sono stati "amnistiati" anche i suoi vice). Molti gli "amnistiati" anche nel campo delle telecomunicazioni: il vice-direttore delle PTT Srbije Milan Brujic; Ivan Djurovic, direttore delle relazioni internazionali della Telekom Srbija; Milorad Jaksic, ex direttore delle PTT Srbije; Slobodan Milosavljevic, direttore della Telekom Srbija. Tra gli altri manager si trovano quelli della Beobanka, della Genex, delle linee aeree JAT, della Jugoimport e di altre aziende. Abbastanza nutrita anche la sezione Kosovo - sono stati condonati: Bajram Haliti, Guljbehar Savovic e Ibro Vajt, membri del Consiglio temporaneo del Kosovo; il "ras" Veljko Odalovic, capo della regione del Kosovo (la possibilità di entrare nell'UE gli era stata tolta già nel marzo '98, insieme a Rade Markovic); gli ex sindaci (tutti serbi) di Pristina, Pec e Djakovica]