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NOTIZIE EST #381 - SERBIA/ITALIA
24 dicembre 2000


LINEE BOLLENTI
di Nikola Vrzic - ("NIN", 21 dicembre 2000)


[La stampa serba continua a seguire con attenzione gli sviluppi relativi alla vendita di quote della Telekom Srbija a italiani e greci, a differenza di quella italiana che sull'argomento, a quanto ci risulta, tace completamente. I precedenti materiali pubblicati da "Notizie Est" sulle vicende Telekom e in generale sugli affari italiani nei Blacani possono essere reperiti a: http://www.ecn.org/est/balcani/italia/italindex.htm]

L'ex presidente ha guardato negli occhi Miodrag Miki Vujovic, nel corso di un'intervista per la TV Palma, ha pensato all'intero popolo e lo ha messo in guardia: il nuovo governo svenderà agli stranieri tutte le imprese serbe strategiche a prezzo derisorio, a differenza di quello precedente, cioè il suo governo, quello del popolo. Nella discussione sulle vendite e le svendite, tuttavia, dopo l'ex presidente ha preso la parola anche un potenziale futuro candidato a presidente del governo della DOS, Zoran Djindjic - ha ricordato la vendita di quote della Telekom Srbija agli italiani e ai greci nel giugno del 1997, definendo il relativo accordo estremamente dannoso per lo stato, il più dannoso mai stipulato, e ha dichiarato che sarà oggetto di una revisione. All'inizio del giugno 1997 lo stato della Serbia ha trasformato quella che fino ad allora era l'Impresa pubblica PTT Srbija (Poste e Telegrafi della Serbia), scorporando dalle Poste la Telekom e vendendo il 49% delle sue azioni a due aziende estere, l'italiana STET, o più precisamente l'impresa STET International Netherlands N.V. (SIN) con sede ad Amsterdam, e la greca OTE. Gli italiani hanno acquistato il 29% delle azioni, i greci il 20%. Complessivamente, il pacchetto di azioni è stato collocato a 1 miliardo e 568 milioni di marchi tedeschi - secondo quanto allora è stato comunicato al pubblico dai più alti vertici, la quota della STET è costata 893 milioni di marchi, mentre i rimanenti 675 milioni sono giunti allo stato della Serbia dalla greca OTE.

IL REGISTA LJUBISA RISTIC
Tuttavia: "L'OTE ha pagato la sua quota 650 milioni di marchi", afferma per NIN Aris Heretis, rappresentante della OTE nella Telekom serba e consigliere speciale di tale impresa. Una "nutrita" differenza, quindi, pari a 25 milioni di DEM, rispetto alla versione ufficiale, una differenza uguale alla somma che la OTE ha dato in prestito alla Telekom (con gli interessi, si tratta ora di una somma che supera i 30 milioni). Ad ogni modo, afferma il signor Heretis, la OTE non ha acquistato la sua quota dal Governo della Serbia, bensì dalla STET, che ha anche offerto loro le azioni. Ma questa è soltanto la punta dell'iceberg della vendita della Telekom, un iceberg che solo ora comincia a sciogliersi. Le stesse modalità di reperimento dei partner stranieri aveva già allora sollevato dubbi, poiché non vi è stata traccia di alcuna asta pubblica. "Non si sa ancora esattamente come sono stati trovati i partner stranieri", ha dichiarato a NIN il ministro federale delle telecomunicazioni Boris Tadic. "Invece di un'asta pubblica abbiamo organizzato una gara di vendita su invito", con queste parole laconiche ai tempi aveva dissipato i dubbi il ministro per la trasformazione delle proprietà, Milan Beko, direttamente incaricato da Slobodan Milosevic di portare a termine la fase conclusiva delle trattative. Secondo quanto rivela il ministro Tadic, nella prima fase delle trattative la parola principale la ha avuta il leader universale della Sinistra jugoslava (JUL) Ljubisa Ristic, politico, esperto di economia e di teatro. "Ristic ha condotto negoziati relativi alla stima del valore della Telekom insieme all'ex ministro britannico degli esteri Douglas Hurd, rappresentante della società di consulenza Net West", afferma Tadic e prosegue: "Nello stimare il valore della Telekom, Ristic lo ha in un primo momento sopravvalutato di svariate volte, fino a quando successivamente è accaduto qualcosa che lo ha spinto a modificare drasticamente l'offerta e a proporre un prezzo che è decisamente inferiore a quello reale e a quello originale. Alla fine, comunque, la seconda offerta di Ristic è aumentata in una certa misura e il 49% della Telekom è stato venduto (ufficialmente) per un miliardo e 568 milioni di marchi tedeschi". Qui si riscontra un altro problema: "Le azioni della società sono state vendute per molto meno denaro di quanto se ne sarebbe potuto ricavare. Secondo alcune valutazioni, la Telekom valeva addirittura quattro miliardi di marchi", afferma il ministro Tadic, "mentre il valore delle intere PTT di allora era di circa otto miliardi". Il direttore generale incaricato della Telekom, Drasko Petrovic, ha espresso di fronte a NIN un'opinione analoga e afferma che "la somma per la quale è stata venduta parte della Telekom è lontana dal suo valore reale". Quei quattro miliardi, è chiaro, non potevano essere ottenuti in alcun modo nel 1997, sia per l'instabile situazione politica all'interno del paese, sia per il muro esterno di sanzioni e per l'imminente guerra in Kosovo... Se la vendita della Telekom fosse stata rimandata a tempi più pacifici e fortunati probabilmente si sarebbe ottenuto molto di più, ma non è andata così. Alla domanda perché non è stato così si possono dare due risposte e quale sia quella giusta è una cosa del tutto lampante. Una spiegazione, in particolare, potrebbe essere che tutto ciò è stato fatto per il bene della società telefonica nazionale, l'altra, invece, è che le quote della Telekom sono state vendute per altri motivi nazionali.

L'ACCORDO SEGRETO "DISSOTTERRATO"
Quale delle due risposte sia più vicina alla verità lo si intuisce dalle parole di Drasko Petrovic, il quale ai tempi della vendita di tale impresa era deputato nel Parlamento della Serbia e membro del Comitato per i Trasporti e le Comunicazioni: "Tutto quello che so con sicurezza è che del denaro ottenuto nemmeno un marco è entrato nella Telekom o nelle PTT". Alle parole di Petrovic si affiancano quelle del ministro Boris Tadic: "Non abbiamo ancora un'idea precisa di dove sia andato a finire il denaro, ma sappiamo che una parte è andata a tappare i buchi del bilancio". Gli stipendi e le pensioni, quindi, hanno portato via una parte del denaro (Petrovic ritiene che varrebbe la pena di "andare a frugare" anche nel Fondo per lo sviluppo della Serbia), mentre crediti rilevanti e "singole" imprese e persone si sono portati via l'altra parte - c'era bisogno tra le altre cose di aiutare la campagna elettorale dei partiti di governo... Le vie prese dal denaro ottenuto sono sorprendenti, indipendentemente da quanto esso sia stato, anche se tutto finora rimane nella sfera delle ipotesi - un quadro preciso verrà tracciato solo dall'indagine che verrà avviata, dichiara il ministro Tadic. Per quanto riguarda il denaro, non è tutto; la realtà è molto più distorta: non solo la Telekom non ha ottenuto nemmeno un marco dalla vendita della metà delle sue quote, ma si è addirittura, come veniamo a sapere dal direttore Petrovic, maggiormente indebitata, tanto che entro il 2005 dovrà restituire oltre duecento milioni di marchi tedeschi. E' interessante, altrimenti, anche la domanda del perché i partner stranieri abbiano deciso di entrare in tale affare proprio in quel momento. Tre anni fa "NIN" ha scritto che nella notte della firma del contratto è atterrato a Belgrado in incognito il ministro degli esteri italiano Lamberto Dini e Boris Tadic giunge alla conclusione che la vendita delle quote della Telekom sia stata "un'iniezione finanziaria al regime di Milosevic", che sia stata "una prova che l'Occidente in quel momento non desiderava cambiamenti democratici nel nostro paese". Comunque sia, il contratto è stato firmato e direttore generale della Telekom Srbija è diventato Milos Nesovic, presidente dell'Assemblea degli azionisti Radmil Andjelkovic e del Consiglio di Amministrazione Milorad Vucelic. Lo stesso contratto è stato tenuto lontano da occhi indiscreti e ha ottenuto lo status del segreto di stato più gelosamente custodito, accessibile solo a pochissimi intimi. Fino a che punto si sia arrivati in ciò lo dimostra tra le altre cose che nemmeno il ministro per la trasformazione delle proprietà nel governo di unità nazionale di socialisti-julisti-radicali, la funzionaria del Partito Radicale Serbo Jorgovanka Tabakovic, è riuscita, nonostante i tentativi, a vedere l'accordo. Nemmeno Aris Heretis, secondo quanto afferma, ha visto il contratto, i cui firmatari, in realtà, sono stati solo la STET, ovvero la SIN, e il governo della Serbia, mentre la OTE ha firmato unicamente un accordo con la società italiana. Di conseguenza le nuove autorità si sono dimostrate più ingegnose; il contratto per la vendita di quote della Telekom agli italiani di Amsterdam è stato "dissotterrato" e, afferma Boris Tadic, la sua analisi è in corso, motivo per cui può riferire solo alcuni dettagli. E le domande che "NIN" aveva da porre erano molte; quali sono, per esempio, gli obblighi che il contratto prevede per i partner stranieri, ovvero, diciamo, in quale modo vengono suddivisi i profitti... Finora, infatti, il pubblico è stato informato di tali questioni unicamente dal precedente direttore della Telekom, Milos Nesovic: "Con l'accordo con gli azionisti greci e italiani è stato stabilito che le telecomunicazioni verranno sviluppate in maniera equa sull'intero territorio della Serbia e l'obiettivo è quello di avere entro il 2005 un numero di 40 linee telefoniche ogni 100 persone", nonché dal precedente presidente dell'Impresa pubblica PTT Srbija, Aleksa Jokic: "Per quello che riguarda le due società straniere che entrano nelle nostre telecomunicazioni, il contratto precisa in maniera chiara che ogni parte alla fine dell'anno, dopo la chiusura del bilancio, ha diritto a una propria quota dei dividendi. Quale ne sarà l'entità, dipenderà dal successo della gestione e del funzionamento della Telekom Srbija". "Fin dal primo sguardo è chiaro che l'accordo è stato scritto all'estero e quello di cui noi disponiamo qui costituisce una sua traduzione incomprensibile in lingua serba", questa è la descrizione fatta dal ministro Tadic. Aggiunge che finora non può parlare delle modalità di divisione dei profitti e per quanto riguarda gli obblighi dei partner stranieri afferma laconicamente che l'accordo parla di investimenti nell'infrastruttura, nella telefonia fissa e in quella mobile; in breve, di investimenti nello sviluppo della società telefonica nazionale. Ma la realtà ha fatto del contratto semplicemente parola morta sulla carta: "La politica di sviluppo della Telekom è stata direttamente una politica antisviluppo. E lo stesso funzionamento dell'azienda è stato messo in causa dalla mancanza di finanziamenti", ricorda il ministro Tadic.

CINQUE DETTAGLI CONTROVERSI
Questo, in pratica, potrebbe significare che ai partner stranieri (al partner straniero?) è stato consentito di non adempiere i propri obblighi per quanto riguarda l'effettuazione di investimenti per lo sviluppo e si tratta di una cosa chiara a ogni cittadino di questo paese che, per ottenere una linea telefonica o qualche servizio telefonico aggiuntivo come l'ISDN, per esempio, ha dovuto, al fine di togliersi lo sfizio, mettere mano al proprio portafoglio. Complessivamente, secondo le parole di Tadic, i punti più controversi sono cinque. Tra di essi vi è quello che assegna alla Telekom un diritto di monopolio fino al 2004, un monopolio non solo su quello che ora esiste nel paese per quanto riguarda la telefonia, ma anche su tutti gli altri servizi telefonici che potrebbero essere introdotti fino a tale data. "E' qualcosa che va contro non solo alle stesse norme europee che vietano il monopolio, ma anche alle nostre leggi e alla nostra Costituzione", afferma il ministro delle telecomunicazioni. Tra gli altri vari problemi che derivano dall'accordo vi è anche il fatto che esso vincola il prezzo degli scatti al corso del marco tedesco, riferisce Drasko Petrovic. "Il dinaro recentemente è stato svalutato. Se si dovesse mettere in atto tale clausola degli accordi, quali sarebbero le conseguenze per i cittadini?", si chiede il nostro interlocutore. A "NIN" sono state consegnate quattro pagine di uno degli allegati al contratto, "Accordo sull'assistenza tecnica", firmato da SIN e Telekom Srbija, il quale prevede che alla SIN, oltre ai dividendi dall'ammontare finora ignoto, la nostra azienda dovrà pagare anche "il tre per cento del reddito lordo" per il trasferimento di conoscenze ed esperienze, vale a dire quello che in inglese si chiama "know-how". "Per reddito lordo si intenderanno (nel testo dell'Accordo - N.d.A.) tutti i redditi mensili della Telekom Srbija che vengono riportati nel rendiconto finanziario mensile della Telekom Srbija, espressi nella valuta nazionale convertita in marchi tedeschi secondo il corso medio ufficiale mensile, escludendo le imposte dirette e indirette e le imposte sul valore aggiunto che il Governo della Serbia o la Repubblica Federale Jugoslavia possono approvare in futuro", scrive in tale documento.

LA FIRMA DI RATKO MARKOVIC
Il calcolo del reddito lordo secondo il corso ufficiale ha avuto, come conseguenza pratica, il fatto che il tre per cento della SIN sia stato davvero molto più alto di quanto non sarebbe stato se si fosse tenuto conto dello stato reale delle cose e del corso del cambio sulla strada. Vale a dire, in termini più pratici, che per il trasferimento del know-how la SIN ha guadagnato mensilmente tra tre milioni e tre milioni e mezzo di marchi. Tuttavia, come siamo venuti a sapere, la Telekom ha cessato di pagare tale denaro già nel corso del 1998 e, rendendo il tutto ancora più interessante, Aris Heretis afferma di "non sapere niente" e che "nessuno sa niente" di cosa effettivamente ci sia dietro la provvigione del tre per cento. Questa parte dell'accordo dell'azienda serba con il partner straniero è stato definito dal ministro Tadic "un elemento incredibile del contratto" e perché è tale lo si riscontra con chiarezza dalla lettera di 282 ingegneri dipendenti della Telekom, inviata al governo della Serbia, nella quale essi affermano di essere "sorpresi dalla recente notizia secondo cui ai partner stranieri viene pagata una determinata percentuale per il know-how". "Noi dichiariamo in tutta responsabilità che i partner stranieri non ci hanno apportato alcuna tecnica e miglioramento o progresso tecnologico, ma ci hanno solo reso il lavoro più difficile e ci hanno ostacolati, a cominciare dalla nuova organizzazione che i direttori serbi affermano direttamente essere stata proposta dal partner straniero", si afferma prima della chiusura della lettera, dopo la quale seguono le firme degli ingegneri. Ma non è ancora tutto; come rivela a "NIN" il ministro Tadic, con la firma di Ratko Markovic sotto una delle clausole del contratto, lo stato serbo ha rinunciato ai propri diritti di sporgere querela, e ottenere eventuali risarcimenti, a fronte di danni che gli azionisti della Telekom potrebbero causare all'azienda e allo stato con la loro gestione degli affari! Torniamo per un attimo alla commissione del tre per cento, ovvero ai redditi lordi della Telekom in rapporto ai quali essa viene calcolata - la maggior parte dei redditi proviene dal pagamento delle bollette telefoniche ed è un segreto pubblico che a molte imprese statali viene consentito da mesi, se non da anni, di non pagare tali conti. Oltre a ciò, ai "meritevoli" viene assegnato un gran numero di schede Telekom per i cellulari con conto illimitato (e gratuito, s'intende). E' per questo che i partner stranieri sono stati privati dei loro introiti? Oppure i relativi ammanchi sono stati riempiti "pompando" le bollette dei normali cittadini, che nella maggior parte dei casi non hanno modo di controllare i loro addebiti mensili? Un anno fa "NIN" ha cercato di indagare su questo problema, ma dall'ufficio dell'allora direttore generale Milos Nesovic è stata data la risposta che non esistono le possibilità tecniche di effettuare una cosa del genere. Il successore di Nesovic, Drasko Petrovic, non ci ha potuto dire nulla di più sull'argomento - ha solo confermato, per rincarare la dose, che invece esistono le possibilità tecniche per "pompare" le bollette. Comunque, non sono solo i cittadini a essere insoddisfatti del modo in cui fino a oggi ha funzionato la Telekom. Che qualcosa non abbia funzionato lo pensano anche gli ingegneri, Aris Heretis e Drasko Petrovic. "Quando sono arrivato al posto di direttore ho trovato una coordinazione molto cattiva nell'azienda, nell'ambito della quale non venivano rispettati nel modo migliore i rapporti tra i partner", afferma Petrovic. Sulle carenze di comunicazione e di una chiara suddivisione dei compiti e dei debiti si è diffuso più a lungo con noi, negli stessi termini, anche il signor Heretis, e i retroscena, così come il significato, di tali critiche si riduce, come veniamo a sapere dai vertici della Telekom, al fatto che "la JUL e gli italiani hanno messo in un angolo i greci".

TENERE A FRENO I MONELLI
Come ha effettivamente lavorato l'azienda lo descrive in maniera eloquente con ancora un altro dettaglio il direttore Petrovic: il Consiglio di Amministrazione della Telekom dalla fondazione fino a oggi non ha approvato nemmeno una revisione finanziaria della gestione dell'impresa telefonica nazionale! Tuttavia, non tutto alla Telekom Srbija è andato poi così male. Per esempio, non si può davvero considerare come "cattivo" lo stipendio dell'ex direttore Milos Nesovic, che riceveva mensilmente la cifra incredibile di 13.500 (tredicimilacinquecento) marchi al mese. "Ho rifiutato un tale stipendio, perché per me è impensabile potere ricevere una cifra che i dipendenti dell'azienda riescono a mettere insieme solo nel giro di svariati anni", spiega Drasko Petrovic e aggiunge che il Consiglio di Amministrazione dell'impresa ha detto che egli lavorerà per 26.000 dinari al mese - una cifra alla quale è giunto prendendo in considerazione gli stipendi dei dirigenti delle PTT. Cosa succederà ora e come si andrà avanti? Il leader del Partito Democratico Zoran Djindjic ha già annunciato una revisione del contratto, sperando in tal modo di salvare il salvabile. La revisione, naturalmente, sarà preceduta da un completo esame del contratto e della situazione nella Telekom che le nuove autorità hanno ereditato da quelle precedenti, e del quale hanno parlato sia Boris Tadic che Drasko Petrovic. Si dà per sottinteso che tutto questo dovrà essere accompagnato anche da un'indagine sulle responsabilità di coloro che hanno partecipato alla stipula del contratto e, speriamo, da una rivelazione trasparente dei flussi del denaro ottenuto. E tutto questo come pegno per il futuro, affinché non si realizzino le fosche previsioni dell'ex presidente, forte della propria esperienza di capo che, ecco, non ha avuto forze sufficienti per tenere a freno i monelli tra le proprie fila.