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41 bis: quasi 700 i detenuti sottoposti, record dal '92

Ansa 3 dicembre 2002

Sono quasi 700 i detenuti ai quali è applicato il regime del 41 bis, il cosiddetto «carcere duro»; una cifra record dall'introduzione dell'istituto nel '92, dopo le stragi mafiose che costarono la vita a Falcone e Borsellino. Circa un centinaio di loro sono sottoposti al regime proprio da allora, cioè da dieci anni . E solo 7 della cifra complessiva sono diventati collaboratori di giustizia. A fotografare la situazione sono i dati diffusi oggi nella conferenza stampa di Antigone. Le cifre parlano di un fenomeno in crescita continua negli ultimi due anni: se nel 2000 erano 564 i detenuti in regime di carcere duro, la cifra è salita a 645 l'anno scorso, per toccare quest'anno il picco di 678, quasi 200 in più rispetto al dato iniziale del '92 (498). Quasi tutti sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso (539 sul totale), meno di un centinaio (84) invece devono rispondere di omicidio e 36 di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Per molti di loro si tratta di una situazione che persiste da anni: a 94 il carcere duro è applicato dal '92.Per la maggior parte comunque il primo provvedimento risale al '99 (108) o all'anno scorso (104). Pochissimi sono diventati dopo la sottoposizione al 41 bis, collaboratori di giustizia, soprattutto negli ultimi anni: 7 quest'anno, 5 l'anno scorso, 2 nel 2000. Il record sotto questo aspetto fu raggiunto nel '96, quando ci furono 22 pentiti. Le cifre rivelano ancora che resta molto basso il numero dei decreti che vengono dichiarati inefficaci dalla magistratura di sorveglianza: quest'anno sono stati 39, una percentuale pari circa al 5 per cento. Le carceri con la maggior quantità di detenuti sottoposti al 41 bis sono quelli di Spoleto (112) e Cuneo (105), seguiti dai penitenziari dell'Aquila (84) e di Novara (81).

41 bis: è applicato a 620 detenuti

Ansa, 23 gennaio 2004

Sono attualmente circa 620 i detenuti reclusi nelle carceri italiane col trattamento di 'carcere duro' previsto dal nuovo 41bis. Lo ha reso noto il capo dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tinebra, a margine della presentazione dello spettacolo 'Shooting Giulietta e Romeo', che sarà rappresentato nel carcere romano di Rebibbia dal 21 al 23 gennaio. Per quanto riguarda il nuovo 41 bis, il capo del Dap ha affermato: «L'istituto ha ancora bisogno di correzioni e serve ancora un periodo di messa a punto». Fino a poco tempo fa erano circa 670. Nel dicembre scorso il provvedimento non è stato rinnovato a 64 detenuti, tra cui Michele Greco. L’articolo 41 bis dell'Ordinamento penitenziario, riformato nel dicembre del 2002, prevede una serie di restrizioni delle condizioni di detenzione per detenuti accusati di mafia, ma anche di eversione e di tratta di persone, con l'obiettivo di troncare ogni loro rapporto con i boss ancora liberi. Il «carcere duro» per i mafiosi venne introdotto nel giugno del 1992, regolato da un decreto che doveva essere rinnovato ogni anno. Nel dicembre del 2002 il parlamento ha approvato la riforma, trasformandolo in provvedimento definitivo. L'applicazione del 41bis è disposto con decreto del ministro della giustizia, provvedimento quindi amministrativo e non giudiziario, da rinnovare periodicamente. Con la riforma il carcere duro viene applicato non solo ai boss mafiosi, ma anche ai terroristi e a chi fa la tratta di persone. I condannati per questi reati, compresi anche quelli di eversione dell'ordine democratico, non possono godere dei benefici di legge, come ad esempio il regime di semilibertà, a meno che non abbiano collaborato con la giustizia. I detenuti possono godere di 4 ore d'aria e possono anche socializzare con 5 persone alla volta. Le carceri che ospitano il maggior numero di questi detenuti sono quelle di Spoleto e Cuneo. Tra i detenuti 'eccellenti', alcuni boss mafiosi come Totò Riina, Leoluca Bagarella, Nitto Santapaola, Pietro Aglieri.

Carcere duro: calano revoche, 611 reclusi in 41 bis

Ansa, 4 maggio 2004

Audizione Vigna, disposto monitoraggio su contatti dal carcere.

Continuano a calare i detenuti in regime di sorveglianza speciale, ma i numeri dei primi mesi di questo anno - sulla revoca del carcere duro da parte dei tribunali di sorveglianza - indicano che i giudici stanno adottando una interpretazione meno elastica del nuovo 41 bis, grazie ad alcuni chiarimenti della Cassazione e ad un ruolo più attivo svolto dalle Procure nell'impugnare le revoche. I dati sono stati resi noti stamani dal Procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna, nell'audizione davanti alla Commissione antimafia. Attualmente - il dato è aggiornato proprio ad oggi - sono 611 i detenuti sottoposti al 'carcere duro'. Erano 636 lo scorso tredici ottobre (72 revoche). Tuttavia, nonostante il calo oggettivo delle persone in regime di detenzione speciale (regolamentato dalla legge 279 del 2002 che lo ha introdotto stabilmente nell'ordinamento penitenziario) è comunque diminuito il trend delle revoche rispetto allo scorso anno. Nel primo quadrimestre del 2003 i detenuti che avevano ottenuto la revoca del 41 bis erano stati 29, mentre al 28 aprile 2004 solo in 12 hanno ottenuto di passare al regime detentivo ordinario. La mappa 'genetica' dei criminali in regime di carcere duro - sempre in base ai dati forniti da Vigna - indica che sul totale di 611, sono 123 quelli che appartengono alla camorra, 210 a Cosa Nostra, 130 alla 'ndrangheta, 41 alla Stidda, 48 alla Sacra corona unita, 58 alle altre mafie (quelle di origine etnica), uno appartiene alla criminalità comune. Un aspetto che desta sempre preoccupazione - ora che sembra essersi attenuato l'allarme sulle revoche creatosi dopo l'entrata in vigore del nuovo 41 bis e le polemiche sulla passività dei pm che non impugnavano - è il permanere dei contatti tra i mafiosi sorvegliati speciali e l'esterno. A riguardo è stato disposto dalla Commissione un monitoraggio, che Vigna consegnerà prossimamente e che ha l'obiettivo di verificare in concreto con quali modalità i boss comunicano con l'esterno, di quale caratura siano i 72 mafiosi che hanno ottenuto la revoca, come si stanno organizzando i detenuti in 41 bis. Per quanto riguarda il ruolo più attivo assunto dai pm, Vigna ha sottolineato che - in collaborazione col Dap - «da qualche mese veniamo informati del giorno in cui si svolgerà l'udienza sulla richiesta di revoca e forniamo alle procure copie dei nostri pareri (sui detenuti che chiedono di annullare il 41 bis), aggiornati dalle risultanze sui procedimenti in corso, sul certificato penale, sulle misure di prevenzione applicate o proposte». In pratica, «si è così creato un circuito positivo di informazioni» che ha favorito le impugnazioni. Tornando sul tema dei contatti dei mafiosi in carcere duro con l'esterno, Vigna ha reso noto che recentemente un camorrista che ha deciso di collaborare ha svelato che uno dei trucchi usati dai reclusi del suo clan - i Giugliano - è quello di cucire dei foglietti di carta sottilissima sui vestiti che poi vengono portati fuori dal carcere. In un altro caso si è accertato - ha raccontato ancora il capo della Dna - che «i messaggi venivano transitati da un panierino che scendeva dal piano del 41 bis fino alla sezione ordinaria, e poi una signora li portava all'esterno». Per Vigna «il problema non è di norme, ma di strutture». Insomma, è l'organizzazione delle carceri a fare acqua e a favorire il permanere dei legami tra boss e clan. Anche la legge sul gratuito patrocinio - di cui spesso usufruiscono mafiosi e narcotrafficanti che occultano i loro redditi e si fanno difendere con parcelle a carico dello Stato - è stato affrontato da Vigna. «Pensiamo che un modo per contrastare il ricorso abusivo alla legge - ha spiegato - sia quello di introdurre anche il pubblico ministero, che ora è escluso, nel procedimento per godere di questo beneficio. Attualmente diamo settemila pareri l'anno su chi richiede il gratuito patrocinio, ma servono più per la revoca che per l'ammissione». Per dare una idea delle cifre che lo Stato spende per la difesa dei delinquenti - che spesso hanno soldi nascosti o beni intestati ai prestanome - Vigna ha ricordato che nel processo 'Galassia', ad appartenenti alla 'ndrangheta, sono stati spesi 215.428 euro tra secondo grado e Cassazione. «E non so - ha aggiunto - il costo del primo grado».

41 bis: fino al 2001 in crescita, poi in calo

Ansa, 12 maggio 2004

Il regime carcerario duro previsto dal 41 bis è stato introdotto nel '92, subito le stragi di Capaci e via D'Amelio. Nei primi due anni dal varo della norma sono stati 400 i detenuti sottoposti al 41 bis. Il numero cresce nel '99: il carcere duro viene applicato a 500 tra boss e affiliati alle organizzazioni criminali. Per due anni l'elenco dei detenuti sottoposti alle restrizioni carcerarie è in crescita: 600 nel 2000, 659 nel 2001. Nel 2002 si registra un lieve calo: 650, che prosegue nel 2003 quando il provvedimento viene applicato a 623 reclusi. Ad oggi, invece, al carcere duro risultano 611 detenuti: 123 appartenenti alla Camorra, 210 a Cosa nostra, 130 alla 'Ndrangheta, 41 alla Stidda, 48 alla Sacra corona unita, 58 a mafie straniere. Gli istituti di pena che prevedono reparti per i detenuti al 41 bis sono: Ascoli Piceno, Cuneo, Novara, il carcere milanese di Opera, Parma, il carcere romano di Rebibbia, Sulmona, Spoleto, Viterbo e Terni.