Nota e percorso di lettura del curatore

Fu nel 1986 che ebbi per la prima volta l'occasione d'incontrare Vincenzo Guagliardo nel carcere di Rebibbia.
Ci eravamo conosciuti attraverso uno scambio epistolare, in occasione della pubblicazione dei materiali del primo seminario di studio fatto a distanza, con alcuni prigionieri delle Brigate rosse, realizzato dal corso di Sociologia dell'Universit� di Lecce, cui Vincenzo Guagliardo aveva aderito con un suo contributo (R. Curcio, 1986). Da quel momento con Vincenzo si � conservato e rafforzato, nonostante il carcere e la distanza, un affettuoso rapporto di amicizia.
Nel 1987 dopo l'autorizzazione dei primi colloqui, quando Vincenzo mi chiese di essere suo testimone al matrimonio con Nadia, celebrato nel carcere di Rebibbia, senza una plausibile ragione fu revocata l'autorizzazione e non potei pi� essere presente e testimoniare. Da quel momento le autorizzazioni ai colloqui sono state concesse e revocate pi� volte senza motivazioni in qualche modo individuabili.
In un certo senso in questi anni mi sono trovato Dall'altra parte (P. Gallinari - L. Santilli, 1995), in quella soglia tra dentro e fuori delle carceri, nelle sale-colloqui, dove spesso si manifesta ed allo stesso tempo si consuma e si lenisce la sofferenza dei parenti dei prigionieri.
P. Gallinari e L. Santilli narrano il dolore, le peripezie, i problemi delle donne dei prigionieri: mogli, madri, sorelle.
In questi anni ho osservato e toccato da vicino questa soglia del dolore delle sale-colloqui di cui qui non parler�, come eviter� qualsiasi riferimento alla mia personale esperienza di amico dall'altra parte.
Ho seguito il lavoro di Vincenzo Guagliardo con attenzione ed interesse e devo dire che mi � stato molto utile e di grande insegnamento non solo per le questioni relative ai problemi del carcere e della detenzione.
Devo ringraziare qui Elvira Gerosa, Pierfelice Bertuzzi (operatori volontari al carcere di Opera) e Rosella Simone che hanno in vari modi agevolato le scarse possibilit� di comunicazione tra me e Vincenzo e Nadia. 

Dei dolori e delle pene fu presentato pubblicamente in occasione di un convegno organizzato a Milano il 4 aprile 1995 dall'Associazione Enzo Tortora.
Abolire il carcere: un'utopia concreta
, fu questo il titolo scelto dagli organizzatori, in omaggio a E. Bloch e alla presenza del prof. Louk Hulsman, uno dei padri fondatori delle dottrine abolizioniste in Europa.
Gli atti di quel convegno, animato da Giorgio Inzani, sono stati interamente pubblicati su un opuscolo, Dalle patrie galere, supplemento a �Notizie radicali� del 5 marzo 1997.
L'opuscolo ha avuto una circolazione limitatissima, per lo pi� circoscritta all'ambiente carcerario ed in particolare tra i prigionieri.
Non mi soffermo sull'utilit� di quell'iniziativa se non per dire che la lettura degli atti del convegno offre uno spaccato chiaro ed esaustivo non solo ed ovviamente dei diversi punti di vista dei partecipanti, ma anche dello �stato del dibattito� nel movimento abolizionista e riduzionista, tra una vasta gamma di soggetti sociali professionali (docenti universitari, giudici, avvocati, giornalisti, operatori, eccetera) e collettivi (associazioni, redazioni di riviste, volontariato, eccetera) e naturalmente alcuni prigionieri di diversa provenienza politica e �comuni�.
Il saggio-relazione presentato dal prof. Hulsman La questione abolizionista, politiche penali alternative, � citato da Vincenzo Guagliardo col suo titolo originale The abolitionist case: alternative crime policies comparso nella �Israel law review� nell'estate 1991.
L'abolizionismo in generale e quello di Hulsman in particolare s'inquadrano perfettamente, a me sembra, in quelle correnti e teorie sociologiche che hanno contribuito a smantellare il positivismo, anche in questo settore di ricerche e di studi: l'interazionismo simbolico, il labelling approach, l'etnometodologia, il costruttivismo sociologico, l'analisi istituzionale, le teorie critiche, quelle sistemiche, per citare quelle pi� note.
Bisogna ricordare qui che anche i cosiddetti riduzionisti, orientati verso l'idea di un �diritto penale minimo�, su cui da quasi un ventennio si discute, si riflette, si elaborano strategie... sono orientati in senso antipositivista.
� comunque sorprendente constatare che, a distanza di tempo dalla scomparsa di Bertrand Russel e delle sue battaglie civili, anche tra i neopositivisti logici si fa strada un orientamento abolizionista (Carlo Dalla Pozza, comunicazione personale) che Gerlinda Smaus (1985) definiva di �rigorismo logico� contrapposto a quello etico.
La rivista �Dei delitti e delle pene� nel corso di questi anni ha dato un'importante contributo al confronto ed alla elaborazione teorica tra riduzionisti ed abolizionisti della giustizia penale.
Per tutto ci� non posso che rimandare all'insieme delle sue pubblicazioni, mentre per una mia breve riflessione far� invece riferimento a due numeri in particolare: il primo, a cura di M. Palma (1992), raccoglie gli atti di un convegno per l'abolizione dell'ergastolo dal titolo Fine pena mai; il secondo, a cura di A. Baratta (1985), contiene numerosi saggi di autori vari sotto il titolo Il diritto penale minimo - La questione criminale tra riduzionismo e abolizionismo.

Insistendo sull'abolizione dell'ergastolo. 

Il prof. Ettore Gallo, Presidente emerito della Corte Costituzionale, nella sede del convegno sull'abolizione del carcere, indic� tutte le ragioni dell'incompatibilit� dell'ergastolo con i principi costituzionali riferendoli in particolare agli articoli 3, primo comma e 27, primo e terzo comma e concludeva constatando che quella pena in ogni caso �...� tuttora una pena perpetua. La possibilit� per il condannato di ottenere che la pena si riduca di fatto a temporanea, se egli collaborer� alla sua risocializzazione sottoponendosi a regime educativo, rimane sempre un istituto premiale�.
Meraviglia che l'illustre giurista consideri, immediatamente dopo queste osservazioni, che �determinate specie delinquenziali soffrano quel trattamento come una violenza, come un condizionamento ricattatorio, perch� hanno ormai ispirato la loro condotta di vita ad un super-io criminale ed avvertono la societ� legale dello Stato di diritto come nemica...�. Da tutto ci� e per il fatto che taluni pur sottoponendosi a trattamento rieducativo, �falliscono nel tentativo� e siccome inoltre si vive una permanente condizione emergenziale, �in un tempo critico di dilagante criminalit� organizzata come l'attuale...� il Presidente Gallo prevedeva ed auspicava anche una conservazione dell'ergastolo, come pena �temporanea e nominalista, in funzione del notevole impatto psicologico, come deterrente sulla collettivit�...�.
Sono numerose le obiezioni possibili e le considerazioni critiche elaborate in merito e da tempo da un vastissimo settore di ricercatori e studiosi della giustizia penale.
� auspicabile che anche questo libro di Vincenzo Guagliardo agevoli uno sguardo differente ed un ripensamento in quanti condividono una posizione ed una soluzione simile e c'� da augurarsi che lo stesso autorevole ed illustre costituzionalista cambi idea, almeno per ci� che riguarda il suo giudizio o pregiudizio cos� netto ed omologante su quanti, ergastolani, soffrono il trattamento premiale, considerandolo una violenza ricattatoria inaccettabile alla coscienza.
Gli ergastolani non sono tutti uguali e quei pochi che praticano e �pagano� con una dolorosa e paradossale obiezione di coscienza, non hanno motivazioni identiche, qualcuno fa obiezione, forse, anche perch� si capisca in quale via senza sbocco si � inoltrata l'ideologia della giustizia penale con il premialismo e la sua naturale conseguenza: l'incredibile e sempre pi� incalzante dismisura del pentitismo e della sua messa in scena come tragicommedia, da Marino del caso Sofri a quello del palermitano Di Maggio.
Sia questo libro che gli altri lavori di Vincenzo Guagliardo (1991, 1994) mostrano quanto difficilmente si potrebbe inquadrare la sua personale condotta di vita, ma anche quella di sua moglie Nadia e di altri prigionieri nella sensibilit� coatta di quel �Super-io criminale� cui l'Autore allude.
C'� da credere invece che, proprio chi fa obiezione alla Gozzini mostri una tale attenzione etica ai principi, un rifiuto cos� categorico di un uso strumentale-individuale della normativa giuridica premiale che, anche intuitivamente, � difficile assimilarne l'orientamento di vita come ispirato da quel Super-io criminale come configurato ed alluso nella relazione del prof. Ettore Gallo.
Chi pratica l'obiezione di coscienza alla Gozzini elaborandola, motivandola, argomentandola con ragioni vaste e profonde, chi si espone con assunzioni di responsabilit� esplicite e differenziate rispetto al passato, al presente ed al futuro, e lo fa in condizioni di prigionia, cos� contrarie alla libert� di parola, non pu� essere liquidato con queste argomentazioni.
La prospettiva di un indulto, su cui si discute da oltre un decennio, dovrebbe necessariamente tener conto di questa delicatissima situazione, considerandola, anche simbolicamente, infinitamente pi� significativa della firma per una soluzione individuale, garantendo a tutti ci� che l'on. Pajetta raccomandava e che giustamente Vincenzo Guagliardo ricorda: un trattamento ed un rispetto delle coscienze che ebbero anche i fascisti nei confronti dei loro prigionieri politici.
Tutto ci� si fa disgustosa sproporzione se appena comparato al trattamento riservato ai pentiti, alle macerie della civilt� giuridica emerse con la loro produzione e comparsa di massa, al disastro nell'immaginario collettivo che presiede ed orienta l'elaborazione di valori etici e di forme di vita nei cosiddetti mondi vitali.
Furono comunque pochi in quel convegno, nel 1992, ad assumere un orientamento come quello del prof. Ettore Gallo. Per la maggior parte degli interventi l'ergastolo e le istituzioni che ne permettono la sopravvivenza, nonch� la cultura e la mentalit� di chi lo sostiene, sono criticati aspramente per la massa di contraddizioni, paradossi, pregiudizi che lo fondano e che, per esempio, il prof. Eligio Resta descrive come �la pretesa di definire passato e futuro, di rendere le vite immutabili, di consegnarle per sempre ad una fissit� che non concede speranze�.
Nel rapporto tra sistema penale e sistema politico E. Resta mette in rilievo come �il consenso sulla legge penale sia stato direttamente trasformato in consenso al sistema politico e quando e perch� tutto ci� abbia finito per essere una costante della storia recente�.
Questioni di consenso
, come titola il suo contributo, fanno s� che la sentenza di un giudice si configuri sempre pi� soltanto come �l'ultima parola sulla vendetta�.
� interessante anche la �morale giuridica� che Italo Mereu trae dalla storia dell'ergastolo. �Fingendo d'andare avanti - egli dice - si � andati parecchio indietro, per rendere compatibile l'ergastolo con i principi della Costituzione, per fingere di adeguarci, di eliminare l'ergastolo, lo abbiamo dovuto trasformare cos� come lo concepiva la Chiesa: abbiamo tolto la fissit� della pena. La Chiesa quando condannava all'ergastolo lasciava la persona in carcere a sua completa disposizione. Cos� � oggi - continua Mereu: la libert� di un ergastolano dipende dal giudice di sorveglianza e, prima ancora, dal personale di custodia che � quello che 'vede e fa'. Per poter costituzionalizzare l'ergastolo, dalle pene fisse ideate dall'illuminismo siamo tornati alla pena arbitraria dell'inquisizione�.

Dallo Stato di polizia alla sua spettacolarizzazione giudiziaria 

Oltre quindici anni fa Luigi Ferrajoli (1984) in un suo saggio fece una previsione, quasi una profezia, scrivendo che: �La rottura emergenziale produrr� un guasto culturale prima che istituzionale che non basteranno nuove leggi a risanare�. Questa fu, pi� o meno, ed a volerla sintetizzare, la posizione comune di garantisti, riduzionisti e abolizionisti.
A distanza di anni sembra che il problema dell'emergenza penale sia rimasto in un certo senso prioritario ma che si � anche concluso quel processo che avrebbe portato, secondo Ferrajoli, alla �perdita del senso della differenza tra normalit� ed eccezionalit�.
Questa Crisi della giurisdizione si snodava, per Ferrajoli, in due fasi, la prima avviata nel 1974 (Legge Reale) era indicata come quella in cui numerose funzioni proprie della magistratura venivano sussunte dalla polizia e contribuivano allo sviluppo della �vecchia tradizione poliziesca dello Stato italiano�. La seconda fase (1979 Legge Cossiga - 1982 Legge sui pentiti) inverte la tendenza e, in breve, numerose funzioni di polizia vengono assorbite dalla magistratura che viene legittimata ad utilizzare direttamente - dice Ferrajoli - �mansioni e strumenti investigativi che eravamo abituati a vedere - e talora a deplorare - nella polizia�. Si arriva cos� a �trasformare la funzione giudiziaria in funzione poliziesca�.
Come previsto dallo stesso autore, un ritorno alla normalit� non c'� stato, anzi, a parere di molti le funzioni giudiziarie si sono sempre pi� �allargate� fino a comprenderne numerose di quelle politiche. Oggi possiamo immaginare d'indicare una terza fase, che potrebbe coincidere con l'avvio di �mani pulite� e la sua esaltazione spettacolare e giustizialista. La vicenda del Sen. A. Di Pietro, forse suo malgrado, simboleggia questo percorso, fino a configurare con la recente convocazione elettorale nel Mugello, la vittoria programmata ed incarnata del �partito dei giudici�.
� lecito chiedersi, come ha fatto Giuseppe De Matteis del Sindacato di Polizia (Siulp 1997), cosa accade e accadr� con il post �mani pulite�. C'� da prevedere che si accentui l'intreccio tra la politica giudiziaria, la politica dei partiti in senso stretto, cio� la politica del consenso, e l'universo spettacolare massmediato, in cui �anche il pubblico ha un suo ruolo�.
� significativo che anche un dirigente sindacale della P.S. mostri la preoccupazione che �la politica giudiziaria e tutte le sue espressioni, compreso gli ordini di custodia, si esercitino pi� sul consenso popolare che sulla legge... si mander� in galera per acclamazione, anche se la galera non � necessaria...� 

Il fatto � che non si tratta solo di segnalare e criticare, magari in modo colorito, ironico ed anche efficace le bizzarrie giudiziarie pi� spettacolari e recenti dovute al protagonismo di magistrati e pubblici ministeri, non � stato e non sar� sufficiente invocare il codice deontologico del magistrato e l'obbligo del segreto istruttorio, non sar� la buona volont� di singoli magistrati, come suggerisce ed auspica G. De Matteis, a modificare la situazione.
L'identificazione tra consenso alla giustizia penale e quello ai partiti politici � ormai in Italia quasi un dato strutturale e la giustizia-spettacolo ne � l'articolazione pi� funzionale. La cosiddetta �seconda repubblica� � nata d'altronde proprio con caratteristiche giudiziario-spettacolari e premiali.
La via pi� ragionevolmente percorribile, in Italia come altrove, dove la crisi della giustizia penale si mostra sotto altri aspetti, � quella di un vasto e profondo processo di depenalizzazione nella societ� e nel suo immaginario.
Non � un caso, per esempio, che anche in Germania, nel 1996, un gruppo di dirigenti della polizia di vari Land, abbia elaborato, sottoscritto ed inviato al Cancelliere Kohl un documento in cui si proponeva come soluzione a numerosi problemi relativi alla sicurezza ed all'ordine pubblico, la depenalizzazione dell'uso delle sostanze psicoattive. La spettacolare ipertrofia penalistica della societ� pone pi� problemi di quanti (ma quali?) ne risolva.

Tra riduzionismo ed abolizionismo 

� da tempo che si � sviluppata una riflessione sull'orizzonte teorico-pratico delle due dottrine, sui loro spazi comuni e sulle loro idiosincrasie.
In Italia questa discussione fu affrontata dalla rivista �Dei delitti e delle pene� nel 1985, con la pubblicazione della raccolta di saggi, gi� citati, dal titolo Il diritto penale minimo (A. Baratta 1985).
Questo testo, segnalatomi da M. Strazzeri che per questo qui ringrazio, � ancora oggi, credo, ampiamente esaustivo dell'elaborazione teorica, delle prospettive pratiche e della discussione tra abolizionisti e riduzionisti, argomento di cui si presentava gi� una bibliografia di cinquanta titoli (E. G. Mendez 1985).
Per ricollegare, anche simbolicamente, Dei dolori e delle pene a quella prima fase di discussione ed alla sua ricchezza, ho riproposto come una citazione, la stessa misteriosa immagine di copertina utilizzata per la pubblicazione della edizione ESI (Editrice Scientifica Italiana).
Massimo Pavarini (1985) nel suo saggio critica aspramente la teoria abolizionista come portatrice dei �segreti di Pulcinella, verit� da tempo acquisite dalla scienza penale e criminologica...�.
Dice anche che il pensiero abolizionista, sorretto soprattutto dalla dimensione etica �pu� essere avvicinato a quell'opera di ben altro e non comparabile peso politico-culturale, che � Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria�.
Dice ancora, e non mi sembra poco, che l'efficacia dell'abolizionismo si manifesta soprattutto �nella diffusione della consapevolezza che ci� di cui dobbiamo temere, e quindi difenderci, � ben pi� il sistema della giustizia penale che la criminalit�, opera culturalmente e politicamente meritoria�.
In definitiva, suggerisce Massimo Pavarini, bisogna �'far buon uso' delle teorie abolizioniste, senza per questo essere convinti abolizionisti�.
Nelle pagine di Vincenzo Guagliardo si avanza lo stesso auspicio: far buon uso delle teorie riduzioniste senza per questo smettere di essere abolizionisti, imparando a resistere al diritto penale ed anche ad andare oltre.
C'� dunque uno spazio comune, come � evidente in tutti i saggi raccolti in quel volume.
Il lavoro di Gerlinda Smaus (1985) presenta le correnti abolizioniste ed i modelli di societ� che sono - diceva - da esse �elaborate solo implicitamente, mentre di fatto sono questi impliciti che rendono possibile l'elaborazione di una loro distinzione ed identificazione�.
Non voglio qui entrare nel merito di questa impostazione che naturalmente va bene anche per le dottrine riduzioniste, quanto piuttosto indicare le quattro correnti individuate dall'autrice, cui essa ne aggiunge una quinta: �...quella che pone a suo fondamento l'opposizione elaborata da Jurgen Habermas tra sistema e lebenswelt�.
Le altre sono: 1) il rigorismo morale di Nils Christie; 2) il movimento antistatalista di Louk Hulsman (small is beautiful); 3) la posizione di Thomas Mathiesen, orientata verso i rapporti di classe nella societ� e le loro manifestazioni nelle ineguaglianze materiali e nella differente distribuzione del potere (due dei tre media sistemici di N. Luhman, essendo l'altro l'amore); 4) e the last but not the least, il Committee on decriminalization del Council of Europe di Strasburgo. Un orientamento che l'autrice definisce tecnocratico: �un discorso razionale sull'utilit� e sui costi del diritto penale in quanto costituente solo una parte del controllo sociale, riconoscendone la sussidiariet� ed approvando i diritti umani�.
Dei dolori e delle pene
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L'autrice comunque, dichiarando tutta la sua simpatia per L. Hulsman abbozza una proposta habermasiana (che spiega abbastanza bene questa simpatia) per la quale �il sistema non deve avere il diritto di sanzionare i mondi vitali [...] ma che sia invece il mondo vitale a determinare una soluzione adeguata ai conflitti�.
� su questa adeguatezza delle soluzioni al conflitto (che in questo senso viene �liberato�, come d'altronde la comunicazione, non rimossi con la penalizzazione e la reclusione), che si sforzano di dare risposte il recente, gi� citato saggio di L. Hulsman, e Vincenzo Guagliardo, che mostra una maggiore attenzione all'azione, ai limiti, ai paradossi dei movimenti sociali ed alla loro politica.
Ci� che descrive L. Hulsman sono tre casi esemplari di soluzioni alternative a quella del diritto penale, tre differenti soluzioni che vengono cos� presentate: 

1) Lo studio di un caso d'azione collettiva di risarcimento da parte di coloro che vi erano direttamente coinvolti;
2) Alcuni risultati di una ricerca empirica sull'uso della legge civile da parte di donne che si sentono vittimizzate dalla violenza sessuale;
3) Alcuni risultati di una ricerca-azione come mezzo per sostenere il coinvolgimento della comunit� nell'affrontare le situazioni problematiche penalizzabili. 

Non insister� qui nella descrizione di questi casi, vorrei piuttosto sottolineare che l'obiettivo dichiarato di L. Hulsman � quello di offrire �uno schema concettuale per contestualizzare le alternative alla giustizia penale piuttosto che modelli fissi di alternative oppure un qualche inventario di sviluppi per delle alternative�.
Le sollecitazioni metodologiche che ne derivano sono innumerevoli ed estremamente interessanti in relazione allo sviluppo dell'analisi istituzionale francese, all'ethnosociologie di G. Lapassade ricordata e messa in campo da Vincenzo Guagliardo e a La cl� des champs - Une introduction � l'analyse institutionnelle, un recente lavoro di R. Lourau (1997), che, nella versione definitiva, appena giuntami, Vincenzo Guagliardo ancora non conosce. Gli inviai invece, subito dopo aver letto Dei dolori e delle pene, un libro del Prof. A. L'Abate (1990) dal titolo Consenso, conflitto, mutamento sociale: introduzione ad una sociologia della non violenza.
Non � il caso d'affrontare qui questi temi, che mi porterebbero lontano e soprattutto ritarderebbero in modo per me ormai insopportabile la pubblicazione di Dei dolori e delle pene. Voglio qui semplicemente rilevare che lo spazio d'elaborazione e di proposta di questi lavori � molto affine al �modello� anzi e meglio, agli �schemi concettuali� proposti da L. Hulsman. Non � un caso che questi lavori presentino tutti un interesse privilegiato per i problemi epistemologici relativi alla nozione di �campo� e di �ricerca-azione� (K. Lewin).
Per A. L'Abate si tratta di passare da una sociologia analitico-descrittiva ad una sociologia del �quasi esperimento� in cui collegare conoscenza ed azione, teorie e prassi per realizzare quella/e �realt�-potenziali� (Galtung) cos� simili all'utopia concreta di E. Bloch che fa da sfondo all'idea dell'abolizione del diritto penale e che Vincenzo Guagliardo ricorda: �un principio speranza che guidi il nostro presente�.
In definitiva una prospettiva sociologica in cui l'osservatore, dice R. Lourau (1997), non � pi� �autorizzato ad affacciarsi alla finestra per contemplare, totalmente quieto, la fanfara o la processione del divenire...�.
I contributi all'abolizionismo delle istituzioni totali che vengono dai prigionieri, il nucleo conoscitivo e scientifico che dispiegano, � centrale se riferito allo spostamento dello sguardo: da quello delle politiche del controllo sociale, cui � predisposto �l'occhio braminico� dei penalisti e dei criminologi, come ironicamente diceva della loro conoscenza M. Pavarini (1995) a quello dell'esperienza vissuta della pena-dolore.
Da qui si accede a conoscenze precluse al ricercatore, per quanto �osservativo, partecipante o braminico� possa essere.
Gran parte del lavoro di Sensibili alle foglie � caratterizzato da una finalit�: dar voce alle esperienze limite, quelle pi� profonde e straordinarie della coscienza dei reclusi nelle istituzioni totali, alla loro afflizione, ma anche alle risorse vitali che debbono attivare e mettere in campo, per sopravvivere (R. Curcio 1986 - 1991 - 1994 - 1997).
Dei dolori e delle pene
concorre, insieme al variegato lavoro di numerosi prigionieri ad aprire all'attivit� della ricerca scientifica le porte di questa conoscenza.
Ho voluto qui presentare anche per ragioni �didattiche� un mio breve percorso di letture e di riflessioni, rimandando forse ad altra occasione un approfondimento dei temi affrontati e che in definitiva riguardano tutti, per dirla con A. Baratta (1985) �i principi metodologici della costruzione alternativa dei conflitti e dei problemi sociali (che) implicano l'idea di una liberazione dell'immaginazione sociologica e politica nei confronti di una cultura del penale che ha ampiamente colonizzato la maniera di percepire e costruire i conflitti e i problemi sociali nella societ�.
Se questa rappresenta una dimensione globale, la mia dimensione locale, d'implicazione anche generazionale, oltre che esistenziale, mi porta a dire che la mia pi� grande amarezza � relativa al fatto che n� io, n� altri, abbiamo saputo liberare in Italia e nell'ultimo decennio, un'immaginazione sociologica e politica tale da dare una adeguata soluzione (almeno l'indulto) al conflitto degli anni 70. Non abbiamo saputo trovare neppure la strada e lo spazio, tra la legge Gozzini e l'obiezione di coscienza, per rendere possibile e pi� consona ai principi elementari dei diritti umani, la liberazione, anche parziale, di quei pochi prigionieri che per salvaguardare "principi generali", che interessano tutti, hanno pagato e pagano sulla loro pelle, con una dura e continuativa detenzione.
Non abbiamo saputo garantire "al diritto penale un minimo" di decenza. 

Pietro Fumarola
Lecce, 20 novembre 1997  

 

BIBLIOGRAFIA

 
Autori vari.
1997 - Abolire il carcere: un'utopia concreta, �Dalle patrie galere�, supplemento a �Notizie radicali�, n. 3 del 5/3/1997, Roma. 

Baratta A. (a cura di)
1985 - Principi del diritto penale minimo. Per una teoria dei diritti umani come oggetti e limiti della legge penale, in Il diritto penale minimo. La questione criminale tra riduzionismo e abolizionismo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli. 

Chapman D.
1971 - Lo stereotipo del criminale, (con una nota introduttiva di V. Capecchi e G. Jervis), Einaudi, Torino. 

Curcio R.
1987 - Bull Roarer & Flauti. Materiali del seminario corpo ritualizzato, linguaggio dell'irritazione, in �Studi e Ricerche�, 1986, n. 6, Istituto di psicologia e sociologia, Universit� di Lecce.
1994 - La soglia, Sensibili alle Foglie, Tivoli.
1997 - L'autoreclusione volontaria, Sensibili alle Foglie, Tivoli.

Curcio R., Petrelli S., Valentino N.
1991 - Nel bosco di bistorco, Sensibili alle foglie, Roma. 

De Matteis G.
1997 - Il terremoto, gli 'sciacalli' e lo show in Tv, in �Progetto Sicurezza. Mensile ufficiale del sindacato di polizia - SIULP�, settembre 1997, Roma.
 

Faccioli F.
1984 - Il sociologo e la criminalit�. Riflessioni sulle origini della criminologia critica in Italia (1950 -1975), in �Dei delitti e delle pene�, 3/84, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli. 

Ferrajoli L.
1984 - Emergenza penale e crisi della giurisdizione, in �Dei delitti e delle pene�, 2/84, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.

Gallinari P., Santilli L.
1995 - Dall'altra parte, Feltrinelli, Milano. 

Gallo E.
1992 - Significato della pena dell'ergastolo, in �Dei delitti e delle pene�, Edizioni Gruppo Abele, Torino. 

Guagliardo V.
1991 - Il vecchio che non muore, Freebook, Milano.
1994 - Il MeTe imprigionato. Storia di un amore carcerato, Grafton, Bologna. 

L'Abate A.
1990 - Consenso, conflitto e mutamento sociale. Introduzione a una sociologia della nonviolenza, Franco Angeli, Milano. 

Lourau R.
1997 - La cl� des champs. Une introduction � l'analyse institutionnelle, Anthropos, Paris. 

Mendez E. O.
1985 - Il movimento e la teoria per l'abolizione del sistema penale e la discussione recente, in Il diritto penale minimo, a cura di A. Baratta, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli. 

Mereu I.
1992 - Note sull'origine della pena dell'ergastolo, in �Dei delitti e delle pene�, Edizioni Gruppo Abele, Torino. 

Palma M. (a cura di)
1992 - Fine pena mai, in �Dei delitti e delle pene�, 2/92, Edizioni Gruppo Abele, Torino. 

Pavarini M.
1985 - Il sistema della giustizia penale fra riduzionismo ed abolizionismo, in Il diritto penale minimo, a cura di A. Baratta, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.

Resta E.
1985 - La dismisura dei sistemi penali, in Il diritto penale minimo, a cura di A. Baratta, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
1992 - Questioni di consenso, in �Dei delitti e delle pene�, 2/92, Edizioni Gruppo Abele, Torino. 

Smaus O.
1985 - Modelli di societ� nel movimento abolizionista, in Il diritto penale minimo, a cura di A. Baratta, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli. 

Strazzeri M.
1996 - L'eclissi del cittadino, Pensa Multimedia Editore, Lecce.

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[Note di copertina dell'edizione originale]

Vincenzo Guagliardo
Dei dolori e delle pene
Saggio abolizionista e sull'obiezione di coscienza
Presentazione di Ren� Lourau
A cura di Pietro Fumarola
Sensibili alle foglie, Tivoli, ottobre 1997
Collana "Ospiti", 4 

Nota di copertina 

L'esperienza del dolore e della violenza legale che lo produce sono indicibili: per questo, dice l'autore, � solo l'approccio morale che consente di capire, a chi non ha mai vissuto l'esperienza del carcere, l'evoluzione del sistema penale, la sua crisi, la possibilit� e la necessit� di farne a meno.
Vincenzo Guagliardo a partire dal grande libro della sua esperienza di reclusione, che dura da venti anni, accompagna il lettore, con un linguaggio dolce, accessibile, non �braminico�, nel cuore del dibattito sul diritto penale, nella sua storia e genealogia, fino al suo collasso, alla sua implosione di senso, indicata nella sua moderna forma premiale.
� su quest'ultima metamorfosi che l'autore affonda la sua critica abolizionista e fonda la sua pratica non violenta d'obiezione di coscienza alla legge Gozzini, pratica condivisa da sua moglie Nadia Ponti e da un'altra coppia di sposi, Giulio Cacciotti e Rosaria Biondi, anch'essi condannati all'ergastolo e rinchiusi nel carcere di Opera.

Vincenzo Guagliardo � nato in Tunisia nel 1948, ha pubblicato tra l'altro: Il Vecchio che non muore, Freebook, Milano, Aprile 1991; Il MeTe imprigionato. Storia di un amore carcerato, ed. Grafton, Bologna, Maggio 1994.

 


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