La violenza legale

"Credo che Louk Hulsman sia nato nel secolo sbagliato. Il medioevo sarebbe stato l'ideale. In quel periodo sarebbe stato sicuramente il signore di un piccolo castello." Così Nils Christie introduce Pene perdute. Il sistema penale messo in discussione di Louk Hulsman, manifesto del pensiero abolizionista, finalmente disponibile in Italia (edizioni Colibrì, 2001). E con Louk Hulsman, a lungo responsabile del comitato affari criminali del Consiglio d'Europa e docente all'università di Rotterdam, abbiamo avuto modo di chiacchierare a lungo durante una due giorni all'Università di Lecce organizzata dal professor Pietro Fumarola e dedicata alle primavere della giustizia e alle prospettive dell'abolizionismo.

In primo luogo perché hai intitolato il libro "Pene perdute"?
Pena significa punizione, difficoltà. L'espressione pene perdute lascia intendere che fai tanta fatica per niente, tanti sforzi che non sono e non possono essere premiati. Questo è il vero titolo del libro. Il sistema penale, ovvero la produzione di tanta fatica inutile.

Il sistema penale tende progressivamente ad espandersi oltre ogni previsione. Sembra che non vi siano altre vie per la soluzione delle questioni sociali. C'è da temere l'attuale tendenza ipertrofica del sistema delle pene?
Io personalmente non la temo pur essendo in profondo disaccordo con tale impostazione. Il potere politico e la gente non sono consapevoli sino in fondo delle loro scelte e delle conseguenze pericolose di tale delega in bianco al sistema penale. Si tratta di ragionare su una diversa consapevolezza. Di colpo ci si può rendere conto di come il sistema sia profondamente iniquo. Di fronte all'espansione del sistema di controllo penale l'obiettivo è fermarne la corsa e non limitarsi a contenerne i danni. Io ne avevo coscienza durante il nazismo, bisognava lottare contro i campi di concentramento. È solo una questione di consapevolezze mutate.

Come si può raggiungere una coscienza abolizionista? O meglio, come si può cambiare il senso comune sulla inevitabilità del sistema penale?
Il senso comune non è veramente tale. Si parla spesso impropriamente di opinione pubblica. È un termine scientificamente scorretto. Esistono le pubbliche opinioni. Secondo ricerche sociali recenti esistono almeno sette diverse rappresentazioni di giustizia criminale. Vent'anni fa sembrava senso comune la corsa al riarmo quale forma di deterrenza. Oggi non lo è più. Come si può giungere ad un diverso senso comune? Penso che si debba parlare di giustizia in modo diverso. Oggi la giustizia penale funziona come una sorta di litania, offre risposte automatiche. Bisogna far capire alle persone che il sistema delle pene non le protegge. Le risposte vanno individualizzate come accade nella giustizia civile. Inoltre mettere le manette è violento e degradante. Una violenza resa visibile. La violenza nelle strade è proibita. Quella del sistema penale che priva la libertà personale è finanche legittimata.

Esiste secondo te un rapporto di causa-effetto fra crisi del welfare ed espansione del sistema penale?
Sì, c'è una relazione. In alcuni Paesi il legame è evidente. Non ritengo però di poter generalizzare. Gli Usa sono i più strenui sostenitori dell'espansione del sistema penale ma lì non c'è mai stato un vero sistema di protezione sociale. In Olanda invece la relazione è chiara. Con la restrizione delle garanzie sociali si privano interi gruppi di chance di sopravvivenza. La giustizia criminale è di per sé discriminatrice.

Un terzo della popolazione detenuta italiana è costituita da tossicodipendenti. Dati non meno allarmanti provengono dagli altri paesi europei. Perché gli Stati insistono nelle politiche proibizioniste nonostante il loro evidente fallimento dal punto di vista preventivo e repressivo?
Il Consiglio d'Europa, sin dal 1980, ha pubblicato un Rapporto in cui con chiarezza si parlava di decriminalizzazione della vita dei tossicodipendenti. L'idea centrale, nel mio approccio, è che dobbiamo pretendere di vivere in uno stato secolare. Le autorità dello stato non possono scegliere cosa la gente debba mangiare o bere, quali farmaci debba assumere, quanto e cosa debba fumare, o se debba fare uso di droghe. Lo stato che nasce dalla Rivoluzione francese non è nato per prescrivere. È fuori dalle prerogative dello stato proibire, e a maggior ragione punire. È invece compito dello stato offrire sostante psicotrope garantite in certe condizioni e in certe circostanze. Lo Stato deve assicurare trasparenza al mercato delle droghe, deve garantire a tutti i cittadini di sapere cosa comprano. Le droghe sono espressione di identità e diversità culturale allo stesso tempo. E lo stato deve limitarsi ad attivare politiche informative e educative. Casino N1 was launched in 2017 by N1 Interactive Ltd. At the link full casino review, all providers, bonuses and games for you. Players note for themselves the high and generous player bonuses. The beautiful graphics of the games are also to the liking of players.

In questi ultimi anni si è abusato di uno slogan in voga negli Stati Uniti, ossia zero tolerance. Se ne è parlato a destra e a sinistra, contribuendo a diffondere in-sicurezza. Quale slogan alternativo ci suggerisce invece il pensiero abolizionista?
Rispetto per le diversità.


Fonte: intervista di Patrizio Gonnella a Louk Hulsman pubblicata su fuoriluogo, Giugno 2001.

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