Nel 2000 alcuni neuropsichiatri infantili, Zuddas, Masi, Marzocchi ecc. hanno
iniziato la loro campagna mediatica a favore del riconoscimento anche tra i
bambini italiani della sindrome dell’adhd. In italiano significa deficit
dell’attenzione, dell’attività e dell’impulsività.
In Canada, Usa, Inghilterra, Germania, ai bambini vengono prescritti psicofarmaci
per questi comportamenti già da decenni. Gli psichiatri che ho appena
ricordato lamentavano un ritardo di cura, qui da noi. Il 4% dei bambini italiani
non vengono aiutati a superare le loro difficoltà, dicevano. La sperimentazione,
il reclutamento di bambini con ADHD è iniziata nell’anno scolastico
2002-2003 in 6 città italiane.
Nelle scuole elementari di queste città campione sono stati distribuiti
dei test, con pretesa diagnostica, riguardanti il comportamento dei bambini.
Genitori e insegnanti venivano invitati a compilarli. Al test seguiva un colloquio
con lo psichiatra e, in alcuni casi, la proposta di inserire il proprio figlio
nella sperimentazione del Ritalin, della Novartis. Il Ritalin o metilfenidato,
cioè un anfetamina simile alla Pleigin, è stato eliminato dalla
tabella I degli stupefacenti (come LSD e cocaina) dalla CUF, per inserirlo nella
tabella IV, quella delle sostanze considerate meno pericolose.
Mentre la Food and Drug administration raccomanda cautela per la prescrizione
di psicofarmaci in età scolare, in Italia, comunque il Ritalin è
ufficialmente prescrivibili da aprile 2004.
Lo psichiatra promotore di questa nuova inquisizione scrive, nel 1999: “Se
non trattato il disturbo compromette numerose aree dello sviluppo e del funzionamento
sociale del bambino predisponendolo, nelle successive età della vita,
ad altre patologie psichiatriche, e al disagio sociale: alcolismo, tossicodipendenze,
disturbo antisociale di personalità con questo intendono: i soggetti
con adhd non completano l’obbligo scolastico, raramente arrivano all’università,
hanno pochi amici, sono coinvolti in attività antisociali, mostrano maggiore
frequenza di gravidanze prima dei 20 anni, di incidenti stradali e difficoltà
occupazionali.
La “conferenza nazionale di consenso sull’Adhd”, tenutasi
a Cagliari nella primavera del 2003 si è conclusa con un fallimento,
la sperimentazione ha fallito, non c’è stato riscontro con le previsioni.
Le richieste di aiuto psichiatrico da parte di genitori, sono state troppo poche.
In alcune delle città-campione i questionari semplicemente sono stati
ignorati, non consegnati. A Cagliari, poi, i genitori hanno pubblicamente bruciato
i test. A Pisa è stato fatto un sit-in, da mamme e papà, davanti
alle scuole il giorno fissato per la raccolta dei test.
Da parte degli specialisti c’è stato subito un rilancio. Loro dicono,
e sono informazioni pubbliche su internet:
I questionari ai genitori e insegnanti risultano inattendibili per una corretta
formulazione diagnostica, ma appaiono utili per l’individuazione e quantificazione
delle compromissioni funzionale e per l’efficacia della terapia.
Nelle Linee-guida per l’ADHD è stato strutturato questo tipo di
apparato:
1) Un censimento dei Centri di Alta Specializzazione per l’ADHD
2) Uno studio epidemiologico formale che definisca la prevalenza ed incidenza
dell’ADHD
3) Un Registro nazionale dei casi di ADHD (così la schedatura inizia
nell’infanzia)
L’uso della medicina come forma di controllo sociale è da sempre
prerogativa del sistema di potere. Il declino della responsabilità e
la sua cultura fa sì che il diverso, l’eccentrico, chi non si uniforma
ai comportamenti dettati dalla norma della società è da considerarsi
malato.
La soluzione proposta per “i bambini difficili”, o nei termini psichiatrici,
bambini con adhd, sono degli psicofarmaci, e in particolare il Ritalin.
L’efficacia del Ritalin e di altri psicostimolanti nella terapia di in-attenzione,
iperattività, impulsività è documentata da miglioramento
nell’inserimento sociale e dai risultati scolastici, con riduzione dei
comportamenti oppositivi e provocatori verso adulti e coetanei. In sostanza
il bambino deve essere rincitrullito, deve stare zitto e subire in maniera passiva,
senza opposizione di alcun tipo. Il Ritalin viene definito anche come la pillola
dell’obbedienza.
La pseudo malattia psichiatrica infantile non serve come risposta al disagio
del bambino, quanto per l’esigenza di razionalizzare una “salute
sociale” disciplinata e conforme. Al di là degli usi o abusi, il
Ritali rivela la funzionalità di alcune droghe ad un certo tipo di scuola
azienda, e di un certo tipo di società.
Il mandato della psichiatria è quello di eliminare le persone che danno
fastidio, e per mantenere l’ordine costituito.
È bene ricordare che per la definizione di una nuova “malattia”
nel DSM (manuale diagnostico psichiatrico mondiale) è sufficiente identificare
una serie di comportamenti come sintomi di malattia. È evidente come
questa visione sia condizionata dalla forma che assume il pensiero dominante;
in questa ideologia le differenze individuali, proprie degli esseri viventi,
sono pensate come difetti da colmare o da correggere con una qualche tecnica
di controllo.
I bambini che faticano ad accettare metodi educativi tradizionali e rifiutano
a priori l’autorità di genitori e insegnanti a questi bambini vengono
diagnosticati disturbi di ADHD, vengono narcotizzati con il Ritalin per frenare
la loro esuberante energia, giudicata eccessiva.
Ho iniziato ad occuparmi della questione psichiatrica quando ero ancora studente
di psicologia e ho trovato, incontrato il lavoro del dott. G. Antonucci e la
pratica dell’approccio no-psichiatrico alla sofferenza psicologica. Chi
conosce il movimento di liberazione dalla psichiatria ha già sentito
parlare del reparto Autogestito del ex OP di Imola.
Devo subito dire che la psicologia accademica è un’ancella della
psichiatria. Con questo voglio dire che nell’università non si
studia ancora la psicologia, sì certo studiamo la storia della psicologia,
gli esperimenti in laboratorio, i test e le loro analisi... ma nessuna di queste
materie si occupa della sofferenza psicologica di uomini e donne e del loro
diritto ad una vita dignitosa.
Ci insegnano che la persona adattata è una persona sana, con intelligenza
media cioè che ha dovuto rinunciare alla propria personalità per
diventare più o meno la persona che crede di essere tenuta ad essere.
Ne consegue che il marchio di malattia mentale è giustificato se lo consideriamo
dal punto di vista dell’efficienza sociale.
Se la struttura di una determinata società fosse tale da offrire la massima
possibilità di felicità individuale, allora non ci sarebbe conflitto.
Se consideriamo invece, il problema psicologico delle persone, dal punto di
vista dei valori concernenti lo scopo dell’esistenza individuale, la persona
adattata è colui che si è arreso completamente nella battaglia
per il proprio io, per la possibilità di una vita autentica.
La cultura psichiatrica, il positivismo ci vorrebbe tutti organicisticamente
uguali, come i meccanismi degli orologi e conformi alla norma.
La psichiatria e quindi i manicomi, non sono affatto nati per proteggere la
salute di qualcuno.
Se si ripercorre la storia si vede che non sono nati per questo motivo. I manicomi
nascono col sorgere della civiltà industriale nelle metropoli, perché
tra le persone che affluiscono nelle metropoli alla ricerca del lavoro ci sono
alcuni che riescono per le loro qualità e per la loro fortuna a trovare
una posizione e altri che non la trovano. I regnanti di queste metropoli dicevano
che bisogna trovare un luogo dove mettere i poveri che non hanno collocazione.
Basta leggere Foucault, come sapete, per sapere come è nato il manicomio.
Il manicomio è nato come ospizio dove si mettono le persone che non sono
socialmente inserite. Non è nato come luogo dove occuparsi della salute.
Per conservare l’integrità nostra, adulti e bambini ci sono due
cose da fare: ascoltare e parlare.
Né farmaci, né uso della forza, né persuasione.
Per dialogare non basta parlarsi, scambiarsi delle parole. Il dialogo non può
avvenire se non fra individui che si riconoscono come persone. L’etica
del dialogo si contrappone all’etica della potenza.
Anche il Progetto Prisma, il progetto che prevede la cura con psicofarmaci in
bambini vivaci, impulsivi, vivi e distratti non si occupa della salute dei nostri
bambini ma serve per l’individuazione precoce di una situazione problematica,
dove per situazione problematica si intende la difficoltà nell’inserimento
professionale e sociale del futuro adulto. Si capisce, tutti possono capire,
che la categoria di abilità o meno nell’inserimento nel mondo del
lavoro non è categoria medica, ma risponde alle esigenze descritte da
Foucault.
Si preparano i bambini a una società in cui non è importante che
dalla scuola escano persone in grado di pensare e agire, ma è importante
che dalla scuola si preparino sin dalle elementari dei tecnici.
Le persone diagnosticate dal pregiudizio di questa pseudo-scienza risultano
diverse. Ma diverse da chi? Tutti siamo psicologicamente diversi. Ai bambini
che si distraggono in classe, perché troppo intelligenti e si annoiano,
o semplicemente perché hanno un naturale bisogno di muoversi, a queste
persone viene somministrato il farmaco, descritto come “pillola dell’obbedienza”,
vengono poi inscritti in un registro ministeriale, e non sono più considerate
persone a tutti gli effetti.
Allora io dico che gli psichiatri vogliono persone conformiste e sottomesse.
E gli psichiatri che non riescono a capire persone non sottomesse, prescrivono
loro i farmaci. Le umiliazioni e gli effetti traumatici di tali trattamenti
forzati possono essere molto pesanti, rendere difficile il ristabilirsi.
I trattamenti psichiatrici esplicano i loro effetti danneggiando le più
alte funzioni umane, inclusa la reattività emozionale, la sensibilità
sociale, l’auto-coscienza, la capacità di autocomprensione, l’autonomia,
l’auto-determinazione.
Il movimento del bambino, la vivacità, l’indisciplina sono la sua
salute. Si danno dei farmaci tossici per la sua muscolatura, tossici per il
sistema nervoso, tossici per il fegato. Si interviene su una persona in piena
salute, in piena crescita e in pieno sviluppo, per ridurle la salute. Il fatto
che un bambino sia vivace non è una malattia, c’è da preoccuparsi
se non lo fosse.
Non solo tutti i problemi che abbiamo vengono trasformati in un difetto del
cervello, ma anche quelli che non abbiamo, come ad esempio i bambini che sono
vivaci e non hanno problemi ma vengono classificati con la sindrome della disattenzione
e per questo curati con il farmaco.
È necessario quindi, che genitori e insegnanti diventino consapevoli
delle eccezionali caratteristiche individuali e instaurino un rapporto basato
su libertà, amore, rispetto, fiducia reciproca. Atteggiamenti rigidi,
repressivi e biopsichiatrici possono provocare reazioni spiacevoli, imprevedibili
e causare danni psicologici.