Voli per l'America, licenza di uccidere
Franco Pantarelli
il manifesto, 31 dicembre 2003
Così gli sceriffi proteggeranno i voli
Frattini Davide
Corriere della Sera, 31 dicembre 2003
"In Italia gli agenti forse ci sono già"
Lazzaro Claudio
Corriere della Sera, 31 dicembre 2003
"Un aereo pericoloso sul cielo di Roma? Io lo abbatterei"
Roncone Fabrizio
Corriere della Sera, 31 dicembre 2003
Tom Ridge, ministro per la sicurezza, contento: la proposta di sceriffi armati sui voli per gli Usa, fa proseliti
New York - Tom Ridge è contento della risposta venuta dall'estero
alla trovata con cui l'America ha deciso di chiudere l'anno sul "problema
sicurezza". L'idea di porre uomini armati sui voli diretti in America
o semplicemente destinati a sorvolare il territorio americano è stata
accolta "con grande spirito di collaborazione", ha detto il ministro
per la Sicurezza Interna che ieri ha fatto il giro dei talk show mattutini
per "vendere" la novità. E in effetti il malumore mostrato
dalle compagnie aeree dopo l'annuncio della decisione dato lunedì sera
non sembra proprio destinato a sfociare in un rifiuto, loro o dei loro Paesi.
Come potrebbero, del resto? Ridge nel suo annuncio è stato tanto esplicito
quanto in linea con l'atteggiamento generale di questa amministrazione, che
notoriamente non ama indulgere in consultazioni, confronti di idee e altre
perdite di tempo del genere. A chi gli chiedeva come avrebbe reagito Washington
se qualcuno avesse respinto la richiesta di mettere a bordo degli aerei uomini
"armati e ben addestrati", come lui stesso li ha definiti, la sua
risposta è stata: "Ogni governo sovrano ha il diritto di negare
l'ingresso nel proprio spazio aereo e l'arma che useremo sarà quella".
E siccome il mercato americano è essenziale alla sopravvivenza delle
già disastrate compagnie aeree, ecco che il loro sì, seppure
a malincuore, è dato per scontato. Senza contare che alcune di loro,
come per esempio la Lufthansa e la Qantas, hanno fatto sapere che quella di
far viaggiare un sorvegliante armato sui loro voli è una pratica già
in corso dall'11 settembre 2001 e che il governo inglese si è già
imbarcato in una disputa con i propri piloti per avere preso una decisione
simile con 24 ore di anticipo sull'annuncio americano (mentre Israele già
pratica l'obiettivo, naturalmente). Un po' più complicata si prospetta
semmai l'applicazione di questa nuova norma. Il meccanismo previsto è
che se dalle informazioni che i servizi segreti americani raccolgono quotidianamente
uscisse fuori che su un certo volo potrebbe esserci qualcuno intenzionato
a dirottarlo, la cosa dovrebbe immediatamente essere notificata alla compagnia
aerea in questione, la quale a quel punto avrà l'obbligo di far salire
a bordo il sorvegliante armato, che forse con la sua stessa presenza o forze
con la sua "azione" dovrebbe impedire il dirottamento. Si pongono
alcuni problemi pratici. Quanto può essere lungo il tempo per la notifica?
Che succede se l'informazione dei servizi segreti arriva dopo che l'aereo
in questione è partito? Quanto sarà larga la "licenza di
sparare" del sorvegliante in un luogo affollato come si suppone sia la
cabina di un aereo? E poi, visto che bisognerà dotarsi di una presenza
in aeroporto di un certo numero di sorveglianti pronti a saltare sull'aereo
all'ultimo momento, chi pagherà il costo di tutto ciò?
Queste domande Tom Ridge le ha lasciate tutte senza risposta. Ciò che
a lui premeva, da quanto si è capito, erano essenzialmente due cose:
una, evitare di ripetere l'episodio della vigilia di Natale, quando per l'appunto
in seguito a una segnalazione dei servizi segreti su certi viaggiatori "sospetti"
si è deciso di cancellare sei voli fra Parigi e Los Angeles. L'idea
è che la prossima volta invece di ricorrere a una decisione così
estrema basterà far salire il sorvegliante. L'altra cosa che premeva
a Ridge era conciliare l'allarme "arancione" (alto) deciso una settimana
fa con le contemporanee "rassicurazioni" rivolte alla popolazione.
Era tanto strana la pratica seguita finora di lanciare allarmi e allo stesso
tempo dire alla gente di andare in giro e spendere soldi (quindi sostanzialmente
di ignorarli), che Bush e i suoi uomini hanno deciso di cambiare registro.
Gli allarmi sono seri, viene detto agli americani, ma voi continuate pure
a fare la vostra vita perché c'è chi lavora per la vostra sicurezza.
Lo stesso Tom Ridge, ieri, ha detto tranquillamente che lui sugli aerei ci
farebbe tranquillamente salire la propria famiglia ed ha anche annunciato ai
newyorkesi - timorosi di vedere annullato il tradizionale raduno di Capodanno
a Times Square - di non preoccuparsi: l'allarme "arancione" rimane
ed è possibile che permanga anche dopo le feste, ma il raduno ci sarà.
L'altalena insomma continua e ieri si è anche arricchita di un episodio
bizzarro. L'Fbi, si è saputo, ha esortato i posti di polizia del Paese
a fare "particolare attenzione" alle persone che girano con "un
almanacco". Pare infatti che quella pubblicazione, con la sua caratteristica
di fornire un numero notevole di informazioni di tutti i tipi, è considerato
una strumento utilissimo per i terroristi, e qundi uno che compra un almanacco
rientra automaticamente nel "profilo" del potenziale terrorista.
Così gli sceriffi proteggeranno i voli
Frattini Davide
Corriere della Sera, 31 dicembre 2003
Piloti contrari e compagnie favorevoli. Gli israeliani: ecco le tecniche a prova di kamikaze
Gerusalemme - L'aereo comincia a ballare, sembra strattonato da una tempesta. Le luci si spengono, sbucano le maschere per l'ossigeno. Ma il pericolo non è una turbolenza. Un gruppo di dirottatori vuole prendere il controllo del volo e uno sceriffo dell'aria, seduto in mezzo ai passeggeri, ha premuto il bottone nascosto nella poltrona per avvertire il comandante: la confusione creata dalle manovre dei piloti lo aiuta a intervenire. Così va (o dovrebbe andare) secondo una delle procedure previste dalla El Al, la compagnia di bandiera israeliana che da oltre trent'anni utilizza guardie sui suoi Boeing.
Addestramento
La El Al tiene segreti i dettagli sulle tecniche di sicurezza adottate, ma
ha pensato di sfruttare la sua esperienza. David Hermesh, presidente della
società ed ex generale, ha creato una squadra per addestrare agenti
delle compagnie straniere. Il progetto ha avuto un'accelerazione dopo gli
attacchi dell'11 settembre 2001 e nuovi clienti potrebbero arrivare con la
richiesta degli Stati Uniti di imbarcare agenti armati su tutti i voli che
toccano un aeroporto americano. Tom Ridge, che guida l'ufficio della Casa
Bianca per la sicurezza interna, ha dichiarato di aver apprezzato la risposta
arrivata dalle capitali straniere. La Gran Bretagna ha ricevuto nei giorni
scorsi informazioni d'intelligence su possibili dirottamenti e anche la Virgin
Airways ha deciso di proteggere i suoi aerei. Quasi tutti gli altri Paesi
sono pronti a cooperare: dall'Olanda alla Germania (la Lufthansa utilizza
già le guardie in alcuni casi), dall'Australia al Messico. Tra i pochi
no, quello thailandese. Parigi ha rivelato che dal 23 dicembre i voli transatlantici
Air France sono scortati da uomini del Gruppo d'intervento della Gendarmeria.
Anche perché la società privata che prima gestiva la sicurezza
ha dichiarato fallimento e in tribunale si è scoperto - scrive il Guardian
- che tra le sue guardie del corpo avrebbe assunto un condannato per omicidio.
Con il livello di allarme più alto per il Capodanno, Ridge ha anche
annunciato di aver chiuso ai piccoli aerei da turismo i cieli sopra il centro
di di New York, Las Vegas e Chicago.
Il no dei piloti
Contrari alla presenza di guardie sono i piloti. "Non vogliamo armi sui
nostri aerei - ha reagito la loro associazione britannica -. Bisogna investire
sulla sicurezza a terra". A preoccupare le compagnie sono i costi da
affrontare. La Iata, l'organismo che raggruppa 270 società (il 95 per
cento del totale), si è rassegnata ai voli sotto scorta, ma non è
pronta a sostenerne le spese: "Crediamo che il pagamento per questo servizio
spetti ai governi che lo pretendono". "È la concezione e
la costruzione degli aerei - commenta Eric Denécé, direttore
del Centro francese di ricerche sull'intelligence - che andrebbe rivista completamente.
Anche blindare la porta della cabina di pilotaggio non è sufficiente:
niente può impedire ai terroristi di far filtrare un gas mortale o
paralizzante".
Costi e privacy
L'esperienza israeliana sembra dimostrare che imbarcare uno sceriffo non incide
molto sui costi del biglietto: "Il prezzo cresce dai 10 ai 20 dollari
- spiega Mordechai Rahamim, poliziotto dell'aria per l'El Al negli anni 70
e ora titolare di una società che si occupa di sicurezza - Anche quello
delle armi è un falso problema: nuovi studi hanno dimostrato che le
carlinghe sono molto più resistenti di quello che si pensasse".
La diplomazia dei cieli tra Stati Uniti ed Europa si è giocata nei
mesi scorsi anche sulla privacy. Dopo una prova di forza della Casa Bianca,
un sistema elettronico permette agli agenti americani di verificare le prenotazioni.
Le garanzie ottenute sono state sul tipo di controlli: niente dati come l'appartenenza
religiosa e le informazioni potranno essere archiviate solo per 3 anni e mezzo.
"In Italia gli agenti forse ci sono già"
Lazzaro Claudio
Corriere della Sera, 31 dicembre 2003
Fino al 6 gennaio per gli apparecchi da turismo divieto di passaggio sulla capitale per un raggio di 10 chilometri
Roma - Sicurezza uguale segretezza. È questa la formula che l'Alitalia ha deciso di applicare scrupolosamente, in costanza di allarme terrorismo. Mentre l'Enav ha emesso un nuovo divieto di volo su Roma per gli aerei da turismo e per un raggio di 10 chilometri, fino al 6 gennaio, la compagnia di bandiera preferisce non commentare la richiesta Usa di piazzare sceriffi armati anche sugli aerei stranieri che raggiungono destinazioni americane. Si limita a far sapere che solo una decisione del governo potrebbe permettere l'accesso di uomini armati sui voli per gli Stati Uniti. L'Enac (Ente nazionale aviazione civile) ha emanato un regolamento sulla sicurezza per applicare in Italia le norme internazionali. Secondo questo regolamento le cabine di pilotaggio degli aerei con più di 60 passeggeri a bordo devono essere munite di porte blindate, apribili solo dall'interno e per mezzo di un codice. L'opposizione agli sceriffi dell'aria viene soprattutto dai piloti. L'Anpac, la più rappresentativa associazione sindacale dei piloti civili, riafferma ancora una volta la sua posizione ufficiale: "La sicurezza aerea non si garantisce con uomini armati a bordo, ma potenziando i controlli a terra, soprattutto ai varchi d'imbarco, raffinando i detector e incrementando la vigilanza sui perimetri degli areoporti". Una posizione condivisa dalla quasi totalità delle organizzazioni dei piloti civili nel mondo. Ma non è escluso che in realtà, dietro un rifiuto di facciata, l'Alitalia stia impiegando agenti speciali sui voli a maggior rischio. "La compagnia non può imporre al pilota di caricare sul suo aereo un uomo armato con compiti di vigilanza - dichiara off records un funzionario -. Ma esistono norme interne, che vengono concordate e che naturalmente devono rimanere segrete per essere efficaci". Norme molto elastiche, diverse a secondo del momento, del livello di allarme e della destinazione del volo. "È naturale che un volo diretto a Tel Aviv comporti rischi maggiori che vanno affrontati con maggiore impegno. Non è escluso che su questi voli ci siano agenti armati confusi tra i passeggeri", ammette il funzionario. Ma nessuno, tra i responsabili della sicurezza Alitalia è disposto a confermare quella che, ufficialmente, rimane una pura illazione. Una curiosità. La Panair, piccola compagnia siciliana, con quattro collegamenti al giorno tra Palermo e Roma, a metà dello scorso anno, in piena psicosi da 11 settembre, aveva cominciato a caricare su ogni volo due uomini, non armati ma addestrati alle arti marziali, uno visibile e l'altro confuso tra i passeggeri. Lo sceriffo a bordo non ha portato fortuna alla Panair, che nel frattempo è fallita. L'Alitalia intanto ha intensificato i controlli radiogeni, non solo sui bagagli a mano, ma anche su quelli più ingombranti che vengano caricate nella stiva. Se ne stanno accorgendo quei passeggeri, che al loro arrivo a New York, hanno la brutta sorpresa di non ritrovare le valige sul nastro trasportatore. Tutta colpa delle coincidenze. Se uno arriva da Palermo e il controllo radiologico viene fatto a Roma, prima della partenza per New York, ci sono buone probabilità che la valigia non faccia in tempo a essere caricata. Silvera grandineles, ziedai, sages, dezutes ir sidabrines apyrankes internetu
"Un aereo pericoloso sul cielo di Roma? Io lo abbatterei"
Roncone Fabrizio
Corriere della Sera, 31 dicembre 2003
A New York l'11 settembre i primi F16 arrivarono un quarto d'ora dopo.
Questo da noi non accadrà mai. Dalla nostra base di Grazzanise, in
Campania, possiamo arrivare in quattro minuti su Piazza San Pietro.
Parla il colonnello Giampaolo Miniscalco, comandante del 9° stormo di
Grazzanise, responsabile della sorveglianza della città
Grazzanise (Caserta) - "Sono un pilota di caccia intercettori, sono un militare, eseguo gli ordini". Quindi? "Quindi, se me lo ordinassero, farei fuoco". Tirerebbe giù qualsiasi genere di velivolo? "È un ordine che prego di non ricevere mai. Ma...". Ma? "Io c'ero, a New York, quell'11 settembre. E ho visto arrivare i primi due F16 dell'aviazione americana sul cielo della Grande Mela, un quarto d'ora dopo che il secondo aereo s'era infilato dentro alla seconda torre. Ecco, posso dire che, a Roma, non succederà mai". Il colonnello Giampaolo Miniscalco ha 44 anni, 4 mila ore di volo e, dopo aver comandato, per oltre un decennio, la pattuglia delle Frecce tricolori, da un anno e mezzo è a capo del 9° stormo, nel piccolo aeroporto dell'Aeronautica militare di Grazzanise (Caserta). La base ha il compito di sorvegliare lo spazio aereo della capitale d'Italia. Non è possibile conoscere il numero esatto dei piloti. "È una cifra coperta dal segreto militare" spiega il comandante Miniscalco. Che, tuttavia, è ben orgoglioso di raccontare come, 24 ore su 24 ore, a rotazione, "ci siano sempre due piloti, compreso il sottoscritto, pronti ad alzarsi in volo". Dire pronti appare riduttivo. Sono prontissimi. I tempi di reazione a un allarme oscillano tra i 4 e i 5 minuti. Come è possibile? "I piloti trascorrono il loro turno di attesa in una stanza. Indossano la tuta da volo e, quando scatta l'allarme, non devono fare altro che infilarsi il giubbotto salvagente". L'allarme è annunciato da una sirena. "In gergo viene chiamato ordine di "scramble": è un termine che significa... partire a razzo o qualcosa del genere". Partono a razzo, sul serio. "I due piloti impiegano meno di 30 secondi per arrivare sulla pista. Ne teniamo sempre una libera e, a volte, più di una. Nel frattempo, sugli aerei F104 che già sono armati, i tecnici provvedono a mettere in moto i generatori di corrente e i compressori d'aria, che servono ad avviare i turbogetto". Nella piccola, stretta cabina, i piloti trovano il casco, già collegato: entrano, se lo infilano e, contemporaneamente, mentre si legano con le cinture, accendono gli apparati e i motori". A questo punto, siamo arrivati a 2 minuti e mezzo. Il rumore del tettuccio che si abbassa elettronicamente. Dalla torre di controllo arrivano gli ordini di volo, "che comprendono la rotta, l'altitudine dell'uscita, il tipo di salita e poi il radar con cui, una volta in cielo, dobbiamo entrare in contatto". Minuti? "Siamo arrivati a 3 minuti e mezzo". I tecnici abilitano l'armamento. Poi, i caccia - "con il leader designato avanti" - si avviano verso l'inizio della pista. "Si tratta di istanti. Diamo la massima potenza ai motori e...". Si vede una fiammata lunga oltre dieci metri che proietta l'aereo in avanti: velocità di 400 chilometri orari raggiunta in 15 secondi. La punta si alza di colpo. "Siamo in cielo, a venti secondi di distanza l'uno dall'altro". Minuti trascorsi dall'inizio dell'allarme: 5. Quanto è distante il cielo di Grazzanise da quello di Roma? "Tra i 7 e gli 8 minuti di volo. Ma, in caso di emergenza, riceviamo l'ordine di viaggiare a velocità supersonica e in 4 minuti possiamo arrivare su piazza San Pietro". Facciamo un esempio concreto: c'è un Boeing che, partito mettiamo dalla Spagna, giunge sulla Sardegna e "sparisce", interrompendo le comunicazioni radio. "Beh, noi lo andiamo a cercare. Aiutandoci un po' con il radar di bordo e un po' a vista". Lo trovate, lo intercettate: cosa fate? "Dipende". Da cosa? "Se abbiamo avuto informazioni certe che è stato dirottato, probabilmente all'inizio preferiamo non farci vedere. E così ci mettiamo in coda". E poi? "Poi, dipende: uno dei due caccia può portarsi lateralmente e segnalare con i codici previsti dagli accordi internazionali". Che sarebbero? "Ce ne sono di due tipi. Quelli luminosi consistono nell'accendere e spegnere, con una certa sequenza, le luci dell'aereo. Poi ci sono quelli visivi...". Visivi? "Muoviamo le ali dell'apparecchio". Andiamo avanti con l'esempio: il Boeing continua a non rispondere. E resta sulla rotta, puntando diritto su Roma. A questo punto, cosa succede? "Spieghiamo al Comando delle forze aeree di Poggio Renatico, che è vicino a Ferrara, qual è la situazione e attendiamo istruzioni". Nient'altro? "Nient'altro. Lassù, noi siamo l'ultimo anello di una lunga catena". Ma Roma si avvicina, e le arriva l'ordine che non vorrebbe ricevere, comandante Miniscalco. Cosa fa? "Se l'ordine è quello a cui pensiamo, lo eseguo". Spinge il pulsante? "Sono un pilota militare. Il mio dovere è difendere la Patria ed eseguire gli ordini... Sì, certo: spingo il pulsante e faccio fuoco".