I pregiudizi e la conoscenza critica alla psichiatria
di Giorgio Antonucci
L'Anticristo
Qualcuno potrebbe obiettare che è relativamente facile criticare le
teorie e le dottrine del controllo sociale, ma che il problema vero si pone
non rispetto alla critica della società e della conoscenza, ma rispetto
ai casi più difficili che emergono a volte improvvisamente nell'esistenza
quotidiana di moltissime persone, famiglie, comunità.
Come ti comporti - mi si può chiedere - per esempio di fronte ad una
famiglia che viene da te e ti dice: il nostro Giovanni è uscito pazzo,
fa cose che prima non faceva, si vuole buttare dalla finestra, ci aggredisce,
dice che lo perseguitano, oppure pensa di essere il primo ministro?
Si verifica il caso cioè in cui, almeno apparentemente, la novità
di un comportamento non sembra soltanto tale rispetto ad una generalità
di modo di vivere, ma appare tale anche rispetto agli atteggiamenti soliti della
stessa persona. Insomma sarebbe la storia di chi ad un certo punto, come si
dice, dà i numeri, dà di testa, e per questo sorprende gli stessi
parenti, vicini di casa, compagni di scuola, amici.
C'è da dire prima di tutto, per rispondere sulla base dell'esperienza
diretta, che l'emergenza improvvisa di una diversità in modi drammatici
non è veramente improvvisa e drammatica. La diversità si pone
drammaticamente e violentemente all'attenzione solo quando tentativi meno drammatici
e violenti sono già stati ripetutamente provati e disattesi. È
come l'estremo appello per trovare qualcuno che stia a sentire, che ascolti,
che comprenda, che comunichi, che almeno provi a discutere. Devo dire che per
lo più una comunicazione di questo tipo risulta inutile anzi dannosa,
è un appello che viene completamente evaso rinchiudendo.
Buona parte dell'internamento psichiatrico e della legittimità sociale
dell'intervento autoritario dello psichiatra viene giustificato sulla base di
questi casi limite.
Naturalmente in questi anni mi sono trovato di fronte a molte situazioni del
genere. Parlerò ora di una storia accaduta a Firenze nel '66 nel mese
di novembre ai tempi dell'alluvione.
Già allora ero conosciuto da alcuni anni come medico che pensava che
non fosse giusto internare le persone.
Devo precisare subito all'inizio che il racconto che sto per fare non è
né la storia di un intervento psicologico né la storia psicologica
di un uomo, ma è il tentativo da parte mia, in questo caso riuscito,
di evitare l'ingiustizia di un internamento.
In quei giorni la città aveva un aspetto biblico. La sera del quattro
novembre dall'alto delle colline sembrava di vedere solo corsi d'acqua, e la
valle trasformata in un lago.
Qualche giorno dopo, verso la fine del mese mi telefona la madre di un uomo
di quarant'anni, artigiano fiorentino. Mi dice concitatamente che suo figlio
è in uno stato preoccupante, vive con lei e con la sorella e forse vuole
ucciderle: almeno così dice.
Lei aveva sentito parlare di me come di uno che non interna, e nonostante avesse
paura e fosse molto preoccupata, non voleva internare il figlio, e nemmeno sua
figlia voleva internare il fratello. Così andai a casa di quell'uomo.
Lo trovai che girava intorno al tavolo della sala da pranzo, e mi apparve subito
in uno stato di ansia terribile che non gli lasciava riposo. Ricordo che fu
molto difficile cominciare a parlare e per un'ora e più si rimase in
silenzio. Quando finalmente si cominciò a comunicare mi disse di sentirsi
come un anticristo, e che tale condizione non lo garantiva da nessuna possibile
conseguenza pericolosa. Avrebbe anche potuto uccidere la madre e la sorella.
Io gli risposi che questa indubbiamente era una sua paura di cui occorreva capire
alla svelta le radici. Non ho intenzione di riportare nei dettagli tutto il
nostro discorso, né servirebbe.
Affrontammo il problema del significato dell'Anticristo e dei termini in cui
lui lo stava vivendo. Diceva che si sentiva contro il vangelo per il suo comportamento
sessuale, e questo aspetto metteva in dubbio l'intera sua personalità
etica.
L'Anticristo può fare qualsiasi cosa, diceva.
Le acque dell'alluvione avevano distrutto il suo laboratorio artigiano, e lo
avevano sballato completamente dal punto di vista economico. Pensava che tutto
questo per lui e per molti altri avesse un significato superiore come nella
storia biblica di Sodoma e Gomorra.
Discutemmo così insieme da diversi punti di vista la problematicità
dei rapporti tra l'etica sessuale e la tradizione religiosa.
Quell'uomo non fu mai ricoverato né curato dagli psichiatri.
Superò la sua crisi esistenziale discutendone in termini reali.