I pregiudizi e la conoscenza critica alla psichiatria
di Giorgio Antonucci
Polemiche e processi ad Imola
di Ilaria Ciuti
Reporter 12.XI.'85
A Imola c'è un ospedale psichiatrico. E siccome tutti parlano di chiusura
dei manicomi, ma i manicomi esistono ancora, dentro ci sono i "matti".
I "lungodegenti", quelli che, dopo trenta, quaranta anni di reclusione,
non sanno dove andare. Non ci sono più cancelli chiusi e, tranne in alcuni
casi dovuti alla buona volontà, non c'è neanche assistenza. Accanto
al manicomio una scuola elementare. Il direttore non ha lamentele da fare, ma
in città gira la voce che i "matti" vadano ad amoreggiare sotto
gli occhi dei bambini.
"È il solito fantasma del diverso di cui non ci si fida", commenta
il primario di alcuni reparti dell'ospedale. Sesso e pazzia, d'altronde, sono
stati spesso messi insieme. Ma la Usl ordina agli infermieri turni di vigilanza
intorno alla scuola. Il primario consiglia ai suoi di restare ad assistere i
degenti "piuttosto che fare la ronda" e finisce sotto processo alla
commissione di disciplina della Usl 23. È successo agli inizi di quest'anno.
E il dottor Giorgio Antonucci compare davanti alla commissione stamani, 12 novembre.
È primario in 3 reparti dell'ospedale psichiatrico di Imola. Con Franco
Rotelli e Vito Totire, ha fatto la controperizia a favore di Carlo Sabattini,
il Verde internato a Castiglione delle Stiviere prima delle elezioni. Ex collaboratore
di Basaglia, è sostenitore infaticabile dell'antipsichiatria: "La
psichiatria è scienza dell'ignoranza. Esistono malattie fisiche. Ma il
pazzo è solo quello di cui non si capisce la storia. Quando si capisce,
non esiste più malattia mentale, ma un'altra esperienza". Adesso
ha l'appoggio degli altri primari e della Cgil. Sarà difeso dal Professor
Domenico Sorace, insegnante di diritto del lavoro all'Università di Firenze:
"Lo scopo dell'organizzazione sanitaria è quello terapeutico e,
se si determina contrasto tra disposizioni impartite per scopi terapeutici e
altre disposizioni, non possono essere che le prime a prevalere". Sorace
sostiene anche che si deve consultare il medico, prima di impartire ordini nei
suoi reparti.
Antonucci spiega come il suo caso riassuma "lo scontro tra una cultura
che vuole andare avanti e quanti vogliono tornare indietro". Lui ha lavorato
sodo. Quando, nel '73, è arrivato a Imola gli hanno affidato il reparto
"agitate". E ricorda molti orrori. Teresa, oltre alla camicia di forza,
aveva una museruola fissa: una fascia di pelle ben stretta perché sputava.
Ora Teresa è scesa da quel letto a cui era stata legata per anni e riesce
ad accudire a se stessa, anche se i segni della tortura sono rimasti. È
il risultato di molta fatica, di ore passate cercando di comunicare, di una
rivoluzione interna ai reparti: "Pittori, imbianchini, arredamento nuovo,
per renderli simili alle nostre case. Perché non fosse più un
ospedale, ma un posto dove le persone fossero libere di condurre con dignità,
una vita normale". Ma l'amministrazione non apprezza. Adesso la legge 180
sulla chiusura dei manicomi è sotto accusa. Ci si lamenta dei "matti"
per le strade. Le famiglie non sanno cosa fare. Molti desiderano il ritorno
al vecchio manicomio magari riveduto e corretto, ma ben chiuso. Altri sostengono
che la "legge Basaglia" non funziona perché i servizi previsti
non sono stati istituiti.
Giorgio Antonucci, oltre a difendere la 180, non è neanche d'accordo
con questa storia dei servizi. "Non è tanto un problema numerico
ma di qualità. A cominciare dalle università dove si continua
con la vecchia cultura, anzi incultura". Vuol dire che se il personale
che deve assistere i "pazzi" ha la stessa mentalità di prima,
"quella del controllo sociale e non la considerazione approfondita della
psicologia umana e del conflitto Uomo-società, in cui la società
è complicata e l'Uomo è complicato, i manicomi non si supereranno
mai".
"Le famose case famiglia e i centri diagnosi e cura presso gli ospedali
civili funzionano come i vecchi manicomi. Psicofarmaci, elettroshock, ancora
strumenti di contenzione". Soprattutto il ricovero obbligatorio: "Se
in famiglia si ha paura che uno si uccida, quello, volente o nolente, viene
ricoverato. Quando uno si vede portare via dalla polizia, si confonde. Si confonde
ancora più quando gli danno gli psicofarmaci perché è agitato:
vuole solo andarsene. Se poi si arrabbia e spacca tutto perché non lo
lasciano uscire, ecco l'elettroshock. E il disorientamento aumenta a dismisura".
La scelta è una: "O si decide di trovarsi di fronte a persone di
cui non ci si fida. O si opta per il diritto alla libertà e alla scelta
e si capisce che i diversi hanno solo dei problemi che potrebbero anche essere
nostri".
A Firenze, durante l'alluvione, c'è "l'anticristo". È
pazzo, non ci sono dubbi. E invece l'anticristo è un pover'uomo con tanti
problemi: la sua vita sessuale non quadra, per esempio, col Vangelo. Capire,
però, è faticoso, prendere la macchina e correre dietro al lungodegente
che si è allontanato dall'ospedale, è andato in città e,
magari, sono sorti guai, è anche faticoso. Guardarsi dentro e trovare
la "pazzia", è ancor più faticoso. Più facile
"continuare l'assistenza psichiatrica che trovare una mediazione tra le
contraddizioni sociali e l'individuo".