Molti credono che la malattia di mente sia un particolare stato patologico
dovuto a un qualche difetto dell'organismo o del cervello che comporta
la difficoltà di vivere quietamente con gli altri, e pensano
che gli psichiatri siano i medici chiamati a trattare questa singolare
condizione di svantaggio, altrimenti dannosa e insopportabile per chi
ne è colpito, e preoccupante per chi gli sta d'intorno.
Essendo le contraddizioni psicologiche e i conflitti con se stessi e con
gli
altri un aspetto fondamentale della nostra condizione di uomini, gli
psichiatri e gli psicanalisti hanno naturalmente un sicuro terreno di
redditizio e meritevole impegno, che li pone concretamente in una
situazione
favorevole di privilegio sociale.
Alla televisione, alla radio, sui giornali e sulle riviste, psichiatri e
psicanalisti si pongono in modo disinvolto come gli apostoli della
saggezza
e della gioia di vivere che a volte può essere raggiunta e mantenuta quasi
magicamente anche con pillole comprate in farmacia su loro sapiente
indicazione. Chi si sente ragionevolmente infelice ha qualcuno che lo
capisce o ancora di più qualcuno preparato ed esperto che può essergli di
aiuto provvidenziale con le scienze misteriose della psicologia e le
ricette
veridiche della salute.
Il mito della gioia chimica è coltivato da loro e da altri medici anche
con
vantaggio dei produttori e spacciatori di droghe clandestine che
usufruiscono direttamente o indirettamente dei loro messaggi culturali e
della loro concezione dell'uomo.
I filtri come liberazione dell'uomo sono motivo di facile successo. Il
mito
dei paradisi artificiali per opera dei medici è divenuto un fenomeno di
massa. Mentre la condizione umana,
già di per se stessa tragica, diventa in termini sociali sempre più
terribile, si moltiplicano le fughe nelle promesse di felicità della
chimica
ufficiale e della chimica proibita. I farmaci e le droghe, sostanze
neurotrope legali o illegali corrono a fiumi.
Altri invece, se sono in condizioni economiche
adatte, passano mesi o anni sul lettino o nello studio dello psicanalista,
che promette ricerche, approfondimenti o soluzioni con vie di introspezione
risolutive.
La solitudine sociale favorisce la richiesta di comunicazione a pagamento,
anche se si tratta di una comunicazione di
secondo ordine, astratta, impersonale e fondata su idee precostituite.
Inoltre è una comunicazione ambigua e somiglia a un pozzo senza fondo come
molti sanno per esperienza.
Eppure il problema è ancora più complicato. Ecco infatti che cosa dice
Michael Moore, docente di diritto penale dell'università del Kansas, sul
significato del concetto di malattia di mente in un articolo su una
rivista
americana di psichiatria: "Dato che la malattia mentale nega i nostri
presupposti di razionalità non riteniamo responsabili i malati di mente.
Non
tanto perché li scagioniamo da una situazione che, a prima vista, è di
responsabilità quanto, piuttosto, perché, trovandoci nell'impossibilità di
considerarli esseri completamente razionali, non possiamo affermare la
condizione essenziale per incominciare a considerarli anzitutto come
agenti
morali. In questo i malati di mente raggiungono, in modo decrescente, il
livello dei bambini, delle bestie selvatiche, delle piante e delle pietre,
nessuno dei quali è responsabile a causa dell'assenza di qualsiasi
presupposto di razionalità".
Così si scopre, senza possibile dubbio,
che qualsiasi problema che si va a discutere con lo psichiatra, con
lo psicanalista, con lo psicologo o con l'assistente sociale può
essere, quando convenga a loro, o quando sia utile a quelli da cui loro
dipendono, esaminato e giudicato come pretesto di invalidazione psicologica
ed, eventualmente, ad arbitrio del giudice, usato come motivo sufficiente
per la sottrazione dalla responsabilità giuridica e per la privazione
dei diritti civili e politici con la degradazione da cittadino uguale
agli altri a individuo squalificato, senza potere alcuno e senza alcuna
possibilità di espressione o voce in capitolo. Perfino il periodo
mestruale può servire per squalificare una donna nelle sue scelte.
Ma lasciamo per ora da parte queste raffinatezze psicologiche di stile
vittoriano e veniamo per un momento al nocciolo della questione.
L'invalidazione psichiatrica e giuridica possono
essere date per piccoli reati come il furto di autoradio o l'offesa
a pubblico ufficiale o per grandi reati come ad esempio l'omicidio.
Ma sullo stesso reato della stessa persona, come per esempio l'uccisione
dei genitori (come nei casi giudicati diversamente di Roberto Succo
e di Pietro Maso), il parere dei differenti periti è quasi sempre
discorde.
In tutti i processi ci sono sempre pareri opposti sullo stesso imputato e
sul medesimo reato. Come è logico, per lo più il pubblico ministero
sostiene
che l'imputato è sano di mente per ottenere la condanna giuridica mentre
il
difensore chiede il riconoscimento di infermità di mente anche se il
manicomio giudiziario per l'imputato è una sorte più tragica del carcere.
Le perizie però sono in ogni caso senza
fondamento. Infatti non ci sono il furto di radio o l'omicidio frutto
una volta di saggezza e l'altra di pazzia, ma soltanto scelte motivate
da diversi punti di vista e da differenti concezioni del mondo. Che
poi un reato sia giudicato più o meno grave a secondo le circostanze,
le intenzioni, l'esecuzione, la premeditazione, le passioni, il grado
maggiore, o minore di lucidità del momento o nell'intera storia
con possibili attenuanti e aggravanti e conseguenti variazioni di pena
è un puro fatto giuridico e processuale che può essere
indipendente ed estraneo a ogni pregiudiziale psichiatrica e a ogni
intervento specialistico.
La normalità
Ma ora vediamo: che cosa vuol dire normale?
Sentiamo una storia raccontata dalla rivista Panorama del 7 gennaio 1994.
Si
potrebbe dire una storia di regole e di morte ma anche un esempio di
normalità dei costumi. Il titolo è attraente, La bella l'amante e la
bestia,
il sottotitolo è narrativo: Così morì Antonella.
Il fatto è cronaca (pagine 58-59). Seguiamo la conclusione dell'avventura
con le precise parole con cui è riferita perché è
ricolma di contenuti caratteristici e interessa tanto per le vicende
quanto
per il tono con cui sono offerte al lettore.
"... quando lui Vincenzo Milazzo, ormai un
boss con una lunga esperienza in materia di traffici e omicidi, promosso
capo della famiglia di Alcamo, finisce per deludere la fiducia del capo
dei capi,Totò Riina e firma la propria condanna a morte. E lei?
La mafia la teme. Non le lascia scampo. Forse Antonella sa qualcosa
che non dovrebbe sapere. Totò Riina in persona sentenzia davanti
a tutta la cupola: deve morire Vincenzo Milazzo, incapace di fermare
l'ascesa di un clan nemico, quello dei Greco. E deve morire anche la
sua donna, custode di chissà quali preziose informazioni. Per
eliminare i fidanzati, il boss dei boss spedisce a Castellammare del
Golfo, il paese dove abita Antonella, sei giustizieri tra i suoi fedelissimi:
Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Gioacchino La Barbera, Antonio Gioè,
Francesco Denaro e Gioacchino Calabrò, come racconta un nuovo
pentito ai magistrati di Palermo. Nel luglio dello scorso anno, col
pretesto di un incontro chiarificatore, Vincenzo Milazzo, alla macchia
da mesi, viene condotto in un luogo isolato. Lo finiscono con un colpo
di pistola. Ad Antonella Bonomo, incinta, i sicari riservano la sorte
più crudele: incaprettata, muore per strangolamento. Seguendo
le indicazioni del pentito, i poliziotti hanno trovato nei giorni scorsi
i due cadaveri, chiusi in sacchetti di plastica, alle porte di Castellammare,
in una cava trasformata in cimitero della mafia. E la morte di Antonella
Bonomo, punita per via di un amore invincibile, sacrificata col suo
bimbo in grembo alla regola di Totò Riina, è diventata
l'ennesimo capitolo sanguinario della storia di Cosa Nostra. Perfino
la mamma di Antonella, che ha sempre contrastato quel fidanzamento,
perfino le sorelle, che tuttora rifiutano la notizia della gravidanza,
parlano, in lacrime, di un amore forte come il destino. Solo il parroco
di Castellammare, don Giuseppe Navarra, durante i funerali non ha trovato
di meglio che definire Antonella Bonomo una peccatrice. Non perché la
ragazza avesse giurato fedeltà a un boss. Ma perché stava per
dargli un figlio fuori del matrimonio".
Se si deve parlare di ferocia sarebbe difficile a mio parere fare una
classifica tra Riina, i politici che lo hanno appoggiato, o il parroco di
Castellammare di cui si racconta. Se si deve parlare di follia qual è la
differenza tra Riina e il mostro di Firenze?
Eppure quell'illustre psicoanalista svizzero che per televisione invitava
il
mostro di Firenze a presentarsi a lui per farsi curare e per fornire un
caso
interessante alla scienza non trova che i killer della mafia siano
altrettanto attraenti per le sue ricerche psicodinamiche. Ma i rapporti
tra
il potere politico ufficiale e i poteri di mafia e camorra non sono
soltanto
convergenza di interessi, ma anche identità di valori e affinità di
concezione del mondo come dimostra il parroco di Castellammare che ha lo
stesso concetto della donna e della morale sessuale di Riina e dei suoi.
Ed
è anche il concetto di quelli che cercano il difetto genetico nei
consumatori
di droghe proibite o studiano sulle tare ereditarie dei coniugi che
divorziano o delle coppie di sposini infedeli, come accade in Italia, negli
Stati Uniti e in altri civilissimi paesi emancipati.
Il moralismo è la stampella dei potenti e il cavallo di battaglia degli
psichiatri in un mondo oscuro senza etica. È una società burocratica senza
individui per una specie che sfiora l'estinzione.
E mentre lo stupro è uno strumento di
guerra a disposizione dei governi, il singolo può essere internato
in clinica psichiatrica per problemi d'insonnia, o chiuso in comunità
terapeutica per questioni di spinelli, o trovarsi in manicomio giudiziario
per offesa a pubblico ufficiale.
Il diavolo di Machiavelli
Francesco Bacone apprezzava Niccolò Machiavelli per aver descritto gli
uomini come sono e non come dicono di essere o come vorrebbero apparire,
ma
proprio per questo l'acuto fiorentino indagatore si è guadagnato secoli di
fraintendimenti e di calunnie, sia da parte di uomini di
di stato, sia da parte di uomini di ogni tipo, a cominciare dagli storici e
dai filosofi. Del resto Belfagor, nella favola di Machiavelli, in visita
sulla
Terra, a Firenze, arriva ad abitare in Borgo Ognissanti, in vista
dell'Arno,
e vive nel mondo e si sposa, per poi rapidamente pentirsene.
Scrive Machiavelli: "Dichiarossi ancora che
durante detto tempo ei fussi sottoposto a tutti quegli disagi e mali
che son sottoposti gli uomini, e che si tira dietro la povertà,
le carcere, la malattia, e ogni altro infortunio nel quale gli uomini
incorrono, eccetto se con inganno e astuzia se ne liberassi. Pressa
adunque Belfagor la condizione e i denari, ne venne nel mondo; e ordinato
di sua masnade cavagli e compagni entrò onoratissimamente in
Firenze: la quale città innanzi a tutte le altre elesse per suo
domicilio, come quella che gli pareva più atta a sopportare chi
con arte usurarie esercitassi i suoi denari".
Ma presto ritorna
volentieri all'inferno. E alcuni dicono che all'inferno, quando descrive
la vita degli uomini e delle donne, non viene creduto, e subito dopo
viene degradato a diavolo semplice tra la derisione dei colleghi. E
vivacchia il resto dei giorni da malinconico arcidiavolo fallito. Non
più ricevuto alla corte di Plutone. Il fatto è che gli
uomini usano in abbondanza gli schermi e gli inganni del linguaggio
sofistico e le trappole seducenti del pensiero dialettico, per vedersi
differenti da quello che sono, tanto sono preoccupati e tanto sono spaventati
dalla propria terribile e paurosa complessità, e tanto cercano
per vivere quietamente (cosa in cui poi non riescono affatto) che si
nascondono in ogni modo a se stessi.
Così la vita sociale è fatta di categorie artificiali astratte che non
corrispondono per nulla alla natura effettiva degli uomini ma finiscono
per
regolarne arbitrariamente i comportamenti e le azioni, condizionandone in
ogni modo il destino.
La società organizzata, strutturata su modelli autoritari, sostituisce la
ricchezza creativa degli individui con alcune semplificazioni
convenzionali, che divengono in pratica rigorosi principi di cultura, che
risulta difficile mettere in discussione, e che sono accettati senza
sospetto
per secoli interi. Così è stato per millenni con i pregiudizi morali
come
con i pregiudizi psicologici, che restano ancora, nonostante tutto,
imperanti e solidamente radicati, e diffusi, e difficili a scalfirsi.
Naturalmente i pregiudizi e le paure sono utili ai detentori del potere
che
provvedono, mediante gli intellettuali sottomessi, a coltivarli.
Però Immanuel Kant scriveva a buon diritto
che se la libertà esiste non vi sono limiti che le si possano
porre. Il sistema nervoso è la struttura fisica applicata tra
tutte quelle conosciute da noi nell'universo (dalle pietre e i pesci
delle acque alle galassie e i pianeti del cielo) e, per quello che sappiamo,
è il massimo della complicazione esistente biochimica e biologica
in tutte le categorie dei viventi; ed è al centro di quelle attività
di relazione che hanno costruito e costruiscono civiltà intere
e differenti culture, ognuna diversa dall'altra, e ciascuna ricca di
individui originali e irripetibili dai punti di vista essenziali della
creazione e invenzione di nuovi significati. La neurobiologia rivela
ogni giorno di più, con le sue ricerche sempre più accurate
e sottili, la vastità sconfinata del suo complesso oggetto di
studio, lontano anni luce da qualunque possibilità di semplificazione
meccanica, o di descrizione riduttiva.
Un cervello artificiale per ricchezza strutturale non è paragonabile
nemmeno a una singola cellula sia che si tratti di un protozoo o di un
protofita sia che si tratti di un neurone o di una cellula epatica. Non è
paragonabile nemmeno a un virus.
Il vivente ha un grado di complessità che risulterà sempre maggiore quanto
migliori e più fini saranno le nostre capacità tecnologiche e quanto più
numerose e precise le nostre informazioni scientifiche.
Nello studio dei problemi degli esseri viventi è fondamentale il problema
del rapporto tra la vita e la morte, e nell'uomo è utile considerare con
attenzione l'influenza che questo rapporto esercita in continuazione sulla
vita interiore, sulla coscienza, sul comportamento degli individui e sulle
culture e società che gli individui, di epoca in epoca, costruiscono,
rivoluzionano, estinguono.
Alle questioni dell'omicidio, dell'eccidio e del genocidio di recente si è
aggiunta in termini concreti e realistici la possibilità effettiva della
demolizione intenzionale della specie da parte di alcune determinanti
istituzioni di potere.
E forse l'operazione comporterebbe la fine della vita sulla Terra. Non è
molto che i giornali hanno parlato del computer messo a punto dal governo
sovietico, e ora in mano del governo russo, che, in caso di attacco
atomico
americano o di altre potenze ostili, in assenza di istruzioni per la morte
totale nel suo territorio, entrerebbe in funzione da solo per distruggere
il
resto del mondo.
Impropriamente i mezzi di comunicazione di massa ne parlano a volte come
eventualità di suicidio collettivo quando invece sarebbe un genocidio
totale, deciso e procurato da alcuni organi di potere che dispongono delle
armi. Sarebbe identico parlare di suicidio a proposito dei campi di
sterminio.
Le guerre, da sempre inutili, hanno contenuto e contengono ogni tipo di
ferocia. È attuale lo stupro come strumento e arma di stato. La tortura,
per
ragioni belliche o poliziesche, ha aggiunto ai vecchi mezzi nuove
sottigliezze.
La psicologia artificiale della distinzione arbitraria tra comportamenti
saggi e comportamenti folli o tra sani e malati di mente, oltre che a
essere
inseparabile dalla realtà dei manicomi come luoghi di soggiorno obbligato
in rapporto al trattamento sanitario obbligatorio, è motivo di
segregazione
arbitraria di molte persone in istituti psichiatrici giudiziari per lo
più
per piccoli reati perseguibili senza detenzione e può essere utilizzata
da
persone potenti per sottrarsi al corso normale della giustizia.
Inoltre impedisce la conoscenza dell'uomo e maschera i reali conflitti
dell'individuo con la società in cui vive, si sviluppa e cerca la sua
singolarità.
Così l'individuo attivo perde di vista la sua ricchezza creativa e rischia
l'estinzione con conseguente
decadenza della cultura e impoverimento della specie.
Fonte: pubblicato sulla rivista Volontà, antologia monografica Delitto e castigo, 1994.