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Sembrava nel mezzo della notte. Qualcuno mi stava chiamando, svegliandomi. Cosa volevano? Mi resi conto improvvisamente di un gran movimento. Polizia, il gracidio delle radioline. Il posto era pieno di brusii.
"Tieni, mettiti questo", mi disse uno, dandomi un accappatoio.
"Che succede?", chiesi.
"Ti trasferiamo".
"Dove mi state trasferendo?".
"Lo scoprirai quando ci arriviamo".
Una sedia a rotelle mi stava aspettando. Pensai che mi stessero portando in carcere. C'era una colonna di auto della polizia fuori dall'Ospedale. Sembrava di essere nuovamente in un corteo.
Il viaggio fu piacevole. Mi faceva bene anche solo guardare le case e gli alberi e le persone passando in auto. Arrivammo al carcere all'alba, nel mezzo di nessun luogo. Era un'orrenda costruzione a due piani. Mi spinsero su per le scale al secondo piano.
Fui messa in una cella con due porte. All'interno c'era un cancello fatto di sbarre e al suo esterno c'era una pesante porta di ferro, con un minuscolo spioncino dal quale si poteva a malapena vedere fuori. La cella conteneva una brandina, con una ruvida coperta verde, e una panca di legno bianca, sporca, con centinaia di nomi incisi. Vicino alla cella c'era il bagno, con un lavandino, una toilette e una doccia. Appeso sopra al lavandino c'era il fondo di una pentola o di un tegame. Avrebbe dovuto funzionare da specchio ma riuscivo a mala pena a vedermici. C'era una finestra schermata da tre sottili lastre di metallo, che dava su un parcheggio, un campo e, lontano, un'area boschiva.
Camminai intorno alla cella, fino al bagno, alla finestra, alla porta. Avanti e indietro fino a quando fui esausta. Ero ancora abbastanza debole. Mi sdraiai sulla brandina e mi chiesi che tipo di posto sarebbe stato. Eccomi qui: il mio primo giorno di carcere.
Dopo circa un'ora una guardiana apr� la porta esterna e mi chiese se volevo la colazione. Dissi di s� e nel giro di un paio di minuti torno con due uova e del pane in un contenitore di plastica e una tazza di metallo che conteneva qualcosa che si supponeva fosse caff�.
Le uova non avevano poi un sapore cos� cattivo. "Forse il cibo in carcere non � cos� cattivo come dicono", ricordo di aver pensato.
Sentii delle voci, ma era evidente che si trattava di poliziotti. Poi sentii una radio. Musica Nera. Suonavano cos� bene. Guardai dallo spioncino e vidi delle facce, strane e distorte a causa del vetro concavo, ma erano facce Nere e corrispondevano alle voci Nere che avevo sentito.
"Come state?", domandai.
Nessuna risposta. Poi mi resi conto di quanto spessa fosse la porta di metallo, cos� questa volta gridai: "Come state?". Mi rispose un coro di voci smorzate: "Bene". Mi sentivo meglio. Persone reali si trovavano al di l� della parete. La guardiana apr� la porta di metallo e mi diede delle uniformi, uniformi da donna, blu reale, bottoni bianchi, colletto, polsini.
Mi misi a provarle, fino a quando ne trovai due che mi andavano bene. Poi mi diede un'enorme mutanda di cotone che sembrava fatta con stoffa da tenda e una camicia da notte che era esattamente come la mutanda.
"Hai diritto ad un'uniforme pulita alla settimana".
"Una alla settimana?", quasi gridai. Dovevano essere pazzi. Dietro la guardiana, attraverso la porta aperta, potevo vedere delle donne che le stavano intorno.
Erano tutte Nere, mi sembrava. Mi sorrisero e mi salutarono. Mi faceva cos� bene vederle, era come un pezzo di casa.
"Quando avete intenzione di aprire la mia cella e lasciarmi andare di l�?", chiesi indicando le altre donne. La guardia sembr� sorpresa.
"Non lo so. Devi chiedere al direttore."
"Bene. Quando posso vedere il direttore?", insistetti.
"Non lo so".
"Allora, perch� sono rinchiusa qui dentro? Perch� non posso andare di l� con le altre donne?".
"Non lo so".
"Ma perch�, allora non mi puoi fare uscire?".
"Ci hanno detto che devi rimanere nella tua stanza".
"E per quanto tempo intendete lasciarmi rinchiusa in questo modo?".
"Non lo so".
Capii che era inutile. "Puoi dire al direttore che voglio vederlo?", chiesi.
La guardiana chiuse la porta e se ne and�.
La porta di metallo venne nuovamente aperta. Un'orrenda donna bianca, tutta aggrinzita, stava di fronte alle sbarre. "Il mio nome � Mrs. Butterworth e sono la responsabile del settore femminile del carcere". Mi ricordava un cavallo decrepito.
"Bene JoAnne, c'� qualcosa che posso fare per te?".
Non mi piaceva il suo aspetto o il tono della voce, ma decisi di ignorarlo per il momento e di affrontare subito la cosa.
"Quando potr� uscire da questa cella e andare fuori nella sala grande con le altre donne?".
"Non lo so JoAnne. Perch� ci vuoi andare?".
"Perch� non voglio stare qui dentro tutto il giorno, rinchiusa e da sola".
"Perch� JoAnne, non ti piace la tua stanza? � molto bella. L'abbiamo fatta ridipingere apposta per te".
"Non � questo il punto", dissi. "Voglio sapere quando potr� uscire insieme alle altre donne".
"Bene, JoAnne, non so se potrai uscire. Capisci, dobbiamo tenerti qui dentro per la tua incolumit�, perch� ci sono state minacce di morte nei tuoi confronti. Capisci JoAnne," disse abbassando la voce come se stesse parlando confidenzialmente, "chi ammazza i poliziotti non � molto popolare negli istituti correzionali".
"Qualcuna di quelle donne mi ha minacciata?".
"Beh, non lo so, ma sono sicura di s�".
"Scommetto", dissi fra me, "che nessuno minaccia la mia vita. Solo non mi volete far uscire".
"JoAnne, la cosa importante � che ti comporti bene e collabori con noi, cos� potremo inviare la giudice un rapporto positivo sul tuo conto. � importante che le nostre ragazze si comportino da signore".
Questa donna mi faceva vomitare. Pensava davvero che io fossi tanto pazza da credere che lei o il giudice mi avrebbero in qualche modo aiutata? Ma era il tono di superiorit� nella sua voce che mi mandava in bestia.
"Butterworth, vero?", domandai. "Qual � il tuo nome?".
"Perch� lo vuoi sapere? Non lo dico mai alle ragazze".
"Io non sono una delle tue ragazze. Sono una donna adulta. Perch� non dici il tuo nome? Te ne vergogni?".
"No, JoAnne, non mi vergogno del mio nome. � una questione di rispetto. Sono la caporeparto qui. Le ragazze mi chiamano Mrs. Butterworth e io le chiamo per nome".
"Bene, non hai fatto nulla perch� io ti debba rispettare. La gente riceve il mio rispetto solo quando se lo guadagna. Visto che non mi vuoi dire il tuo nome, voglio che mi chiami per cognome. Puoi scegliere tra Miss Shakur e Miss Chesimard".
"Non ti chiamer� per cognome. Continuer� a chiamarti JoAnne".
"Okay. Per me va bene, se riuscirai a sopportare che io ti chiami signora Puttana, quando ti vedo. Non rispetto chi non mi rispetta".
"Chiudi a chiave la porta", disse alla guardiana e se ne and�.
I giorni passavano. Evelyn chiam� il direttore, i due capireparto (ce n'erano due, nel carcere: la Butterworth e un uomo chiamato Cahill. Cahill aveva il potere. La Butterworth era solo di rappresentanza) e innumerevoli altre persone. Non si poteva fare altro che ricorrere al giudice.
Avevo poca, se non addirittura nessuna sensibilit� nel mio braccio destro. Sapevo che avevo bisogno di una terapia fisica se volevo usarlo ancora. Avevo imparato a scrivere con la mano sinistra, ma non era un buon sostituto. Avevo bisogno di una diagnosi pi� specifica su cosa fosse stato esattamente danneggiato, per sapere se mai avrei potuto usarlo di nuovo, anche con la terapia fisica.
L'isolamento mi faceva impazzire. Avevo bisogno di materiali per scrivere, dipingere o scarabocchiare. Tutte le mie richieste rimanevano inascoltate. Non mi permettevano niente, compreso l'olio di arachidi e una piccola palla per aiutare i movimenti del mio braccio.
Quando il dottore del carcere mi visit� gli chiesi del mio braccio.
"Noi dottori non siamo onnipotenti. Non c'� nulla da fare quando un arto � paralizzato".
"Ma mi hanno detto che potrei migliorare", protestai.
"S� e il fisioterapista del Roosevelt Hospital ha detto che l'olio di arachidi mi aiuterebbe".
"Olio di arachidi?", chiese ridendo. "Questa � buona. Non posso certo prescriverglielo. Il mio consiglio � che si dimentichi di questa roba. Non ne ha bisogno. Qualche volta nella vita bisogna accettare cose che non sono piacevoli. Lei ha pur sempre un braccio sano".
Continuai a parlare, ma era tempo sprecato. Non aveva alcuna intenzione neppure di tentare ad aiutarmi. "Vuole almeno prescrivermi della vitamina B?".
"Va bene, anche se in realt� non ne ha bisogno".
Da allora, ogni volta che mi chiamavano per la visita medica, vi andavo riluttante. Il medico toglieva il braccio dalla fascia, lo muoveva di qualche centimetro avanti e indietro. "Oh s�, sta migliorando", diceva. Ogni volta chiedevo della fisioterapia e ogni volta diceva che non ci poteva fare niente. Alla fine Evelyn and� dal giudice. Alcune delle cose che pretendevamo erano ridicole. Oltre alla fisioterapia e ad analisi neurologiche, chiedevamo olio di arachidi, una palla di gomma, una maniglia di gomma, libri e materiale per disegnare o dipingere. Il giudice alla fine concesse un fisioterapista, se noi l'avessimo trovato e pagato la parcella, ma non se ne trov� mai nessuno. Sembrava che nessun fisioterapista nella contea di Middlesex volesse venire in carcere per curarmi, e potevano essere ammessi solo fisioterapisti di quella contea.
Ottenni comunque l'olio di arachidi e la maniglia. E in breve tempo avevo elaborato un programma di fisioterapia.
Ricevevo molta posta da tutto il paese. Per la maggior parte era di gente che non conoscevo neppure; si trattava, per lo pi�, di militanti Neri, sia liberi che in prigione. Ricevetti anche qualche lettera piena d'odio e qualcuna da parte di gente religiosa che stava cercando di salvare la mia anima. Non ero in grado di rispondere a tutte perch� ci permettevano di scrivere solo due lettere la settimana, soggette a ispezione e censura da parte delle autorit� carceraria. E comunque mi era difficile scrivere. Ero paranoica rispetto alle lettere. Non potevo sopportare il pensiero che la polizia, il Fbi, le guardia, chiunque potesse leggere le mie lettere e penetrare nei miei sentimenti e nei miei pensieri. Ma vorrei scusarmi sinceramente con tutti coloro che sono stati cos� gentili da scrivermi in tutti questi anni e che non hanno ricevuto risposta.
Ho passato il mio primo mese nel carcere della contea di Middlesex, impegnata a scrivere. Evelyn mi aveva portato dei ritagli di giornale ed era ovvio che la stampa stava cercando di incastrarmi, di farmi sembrare un mostro. Secondo loro io ero una criminale comune, che se ne andava in giro a sparare ai poliziotti tanto per farlo. Dovevo fare una dichiarazione. Dovevo parlare alla mia gente e spiegare di cosa si trattasse, da dove saltavo fuori. Mi sembr� di metterci un'eternit� a scrivere la dichiarazione. Volevo registrarla e dovetti ricorrere all'aiuto di Evelyn. Come mio legale era assolutamente contraria e mi consiglio di non fare la registrazione. Ma come donna Nera che viveva in america, Evelyn capiva perch� fosse cos� importante e necessario. Quando il pubblico ministero venne a sapere della registrazione tent� di toglierle la causa. La korte le ordin� di non portare mai pi� un registratore con s� quando mi veniva e trovare.
Registrai la dichiarazione "Alla mia gente" il 14 luglio 1973 e fu trasmessa per radio da molte stazioni. Ecco cosa dissi:
"Fratelli Neri, sorelle Nere, voglio che sappiate che vi amo e spero che in qualche parte del vostro cuore abbiate dell'amore per me. Il mio nome � Assata Shakur (nome da schiava joanne chesimard), e sono una rivoluzionaria. Una rivoluzionaria Nera. Questo significa che ho dichiarato guerra a tutte le forze che hanno violentato le nostre donne, castrato i nostri uomini e tenuto i nostri figli a stomaco vuoto.Il carcere aveva un mucchio di regole, la maggior parte delle quali stupide. Non erano ammessi giornali o riviste. Quando chiesi perch� non potevamo leggere i giornali mi risposero che i giornali "potevano infiammare". Ovviamente, se qualcuno leggeva nel giornale che sua sorella era stata violentata avrebbe aspettato che il violentatore finisse in carcere per fargliela pagare fisicamente.
Ho dichiarato guerra ai ricchi che prosperano sulla nostra povert�, ai politici che ci mentono con il sorriso sulle labbra e a tutti i robot senza mente e senza cuore che proteggono loro e le loro propriet�. Sono una rivoluzionaria Nera e, in quanto tale, sono una vittima di tutta la rabbia, l'odio e l'infamia di cui � capace l'amerika. Come con tutti gli altri rivoluzionari Neri, l'amerika sta tentando di linciarmi.
Sono una donna rivoluzionaria Nera e per questo sono stata imputata e sono stata accusata di ogni presunto reato al quale si pensa possa partecipare una donna. Di presunti reati nei quali si presume siano coinvolti solo uomini, sono stata accusata di averli organizzati. Hanno affisso manifesti che mi raffigurano negli uffici postali, negli aeroporti, alberghi, auto della polizia, metropolitana, banche, televisioni, giornali. Hanno offerto pi� di 50.000 $ per la mia cattura e hanno dato l'ordine di spararmi a vista e sparare per uccidere.
Sono una rivoluzionaria Nera e, per definizione, questo mi rende parte del Black Liberation Army. Gli sbirri hanno usato i loro giornali e le loro televisioni per dipingere il Black Liberation Army come vizioso, brutale e pazzo criminale. Ci hanno chiamati banditi e donne di banditi e ci hanno paragonati a personaggi come John Dillinger e Ma Barker. Dovrebbe essere evidente, e deve essere evidente a chiunque sia in grado di pensare, vedere o sentire, che noi siamo le vittime. Le vittime e non i criminali.
Dovrebbe anche esserci chiaro chi sono i veri criminali. Nixon e i suoi complici hanno assassinato centinaia di fratelli e sorelle del Terzo mondo nel Vietnam, in Cambogia, Mozambico, Angola, Sudafrica. � stato provato dal Watergate: i massimi esponenti del governo in questo paese sono un branco di criminali bugiardi. Il presidente, due procuratori generali, il capo del Fbi, il capo della Cia, e met� del personale della Casa Bianca sono implicati nell'affare Watergate.
Ci chiamano assassini, ma non siamo stati noi quelli che hanno ucciso pi� di 250 uomini, donne, bambini Neri inermi, o ferito altre migliaia negli scontri che hanno provocato negli anni '60. I padroni di questa nazione hanno sempre considerato la loro propriet� pi� importante delle nostre vite. Ci chiamano assassini, ma non eravamo noi i responsabili per i 28 fratelli detenuti e i 9 ostaggi assassinati ad Attica. Ci chiamano assassini, ma non abbiamo assassinato o ferito pi� di 30 studenti Neri inermi nella Jackson State, e neppure nella Southern State University.
Ci chiamano assassini, ma noi non abbiamo ucciso Martin Luther King, Jr. Emmett Till, Malcom X, Gorge Jackson, Nat Turner, James Chaney e molti altri. Noi non abbiamo ucciso, sparando alle spalle, la sedicenne Rita Lloyd, l'undicenne Rickie Bodder e Clifford Glover, di dieci anni. Ci chiamano assassini, ma noi non controlliamo o diamo forza ad un sistema di razzismo ed oppressione che uccide sistematicamente la gente Nera e del Terzo mondo. Anche se si stima che i Neri ammontino a circa il 15 per cento dell'intera popolazione americana, almeno il 60 per cento delle vittime di assassini sono Neri. Per ogni sbirro ucciso nel cosiddetto adempimento del dovere, ci sono almeno 50 Neri assassinati dalla polizia.
La vita media dei Neri � nettamente inferiore a quella dei bianchi e questi fanno del loro meglio per ucciderci ancora prima che siamo nati. Veniamo bruciati vivi in appartamenti-trappole incendiarie. I nostri fratelli e le nostre sorelle muoiono ogni giorno per overdose di eroina e metadone. I nostri bambini muoiono di saturnismo. Milioni di Neri sono morti in seguito a carenza di cure mediche. Questo � un assassinio. Ma loro hanno la sfrontatezza di chiamare noi assassini. Ci chiamano rapitori, ma il fratello Clark Squire (che come me � accusato di aver ucciso un agente della polizia dello Stato del New Jersey) � stato rapito il 2 aprile 1969 dalla nostra comunit� Nera e tenuto in ostaggio per una somma di 1 milione di dollari nel processo per cospirazione contro le Phanter 21 di New York. � stato prosciolto il 13 maggio 1971, insieme a tutti gli altri, dai 156 capi di accusa per cospirazione da una giuria che ci ha messo meno di due ore per deliberare. Il fratello Squire era innocente. Eppure � stato rapito dalla sua comunit� e dalla sua famiglia. Pi� di due anni della sua vita gli sono stati rubati, ma loro chiamano noi rapitori. Non noi abbiamo rapito le migliaia di fratelli e sorelle tenuti prigionieri nei campi di concentramento amerikani. Il 90 per cento della popolazione carceraria in questa nazione � gente Nera o del Terzo mondo, che non si pu� permettere n� cauzione n� avvocato.
Ci chiamano ladri e banditi. Dicono che rubiamo. Ma non siamo stati noi che abbiamo tolto milioni di Neri dal continente africano. Ci hanno rubato la nostra lingua, le nostre divinit�, la nostra cultura, la nostra dignit� umana, il nostro lavoro, le nostre vite. Ci chiamano ladri, ma non siamo noi che ogni anno distruggiamo milioni di dollari con l'evasione fiscale, l'imposizione illegale dei prezzi, le appropriazioni indebite, le frodi ai danni dei consumatori, le bustarelle, le tangenti e le truffe. Ci chiamano banditi, ma quando un Nero prende la sua busta paga, la maggior parte delle volte, viene derubato. Ogni volta che andiamo a fare la spesa nel negozio di quartiere veniamo derubati. E ogni volta che paghiamo l'affitto il proprietario ci punta una pistola alle spalle.
Ci chiamano ladri, ma noi non abbiamo derubato e assassinato migliaia di Indiani strappandoli dalla loro terra natia, per poi chiamarci "pionieri". Ci chiamano banditi, ma non siamo stati noi che abbiamo rubato all'Africa, all'Asia e all'America latina le loro risorse naturali e la loro libert�, mentre i loro popoli stanno morendo di fame. I padroni di questa nazione e i loro tirapiedi si sono macchiati di alcuni dei pi� brutali e depravati crimini della storia. Loro sono i banditi. Loro sono gli assassini. E loro dovrebbero essere trattati come tali. Questi maniaci non sono adatti a giudicarmi, a giudicare Clark o qualsiasi altro Nero sotto processo in amerika. I Neri dovrebbero, e inevitabilmente dovranno, determinare il loro destino.
Ogni rivoluzione nella storia � stata compiuta mediante azioni, anche se le parole sono indispensabili. Dobbiamo creare scudi che ci proteggano e lance che colpiscano i nostri nemici. I Neri debbono imparare adesso a lottare lottando. Dobbiamo imparare dai nostri nemici.
Voglio scusarmi con voi fratelli e sorelle neri, per essermi trovata sull'autostrada del New Jersey. Avrei dovuto saperlo. L'autostrada � un punto di controllo dove i Neri vengono fermati, perquisiti, vessati e assaliti. I rivoluzionari non dovrebbero mai avere cos� tanta fretta o prendere decisioni avventate. Chi corre quando non c'� il sole inciamper� molte volte.
Ogni volta che un Combattente per le Libert� Nero viene assassinato o catturato, gli sbirri tentano di creare l'impressione di aver schiacciato il movimento, distrutto le nostre forze, eliminato la Rivoluzione Nera. Gli sbirri tentano anche di dare l'impressione che solo cinque o dieci guerriglieri siano responsabili per tutte le azioni rivoluzionarie che vengono eseguite in amerika. Questa � una sciocchezza. Questo � assurdo. I rivoluzionari Neri non provengono dalla luna. Noi siamo un prodotto della nostra situazione. Plasmati dalla nostra oppressione. Siamo stati costruiti in serie nelle strade dei ghetti, in posti come Attica, San Quentin, Bedford Hills, Leavenworth e Sing Sing. Stanno producendo migliaia come noi. Molti veterani disoccupati Neri e madri che fruiscono dell'assistenza sociale stanno unendosi alle nostre fila. Fratelli e sorelle di tutti gli strati sociali, che sono stanchi di soffrire passivamente, formano il Bla.
C'�, e ci sar� sempre, fino a quando ogni uomo, ogni donna, ogni bambino Nero non sar� libero, un Black Liberation Army. La principale funzione del Black Liberation Army in questo momento � di dare il buon esempio, di combattere per la libert� Nera, e prepararsi per il futuro. Dobbiamo difenderci e non permettere a nessuno di mancarci di rispetto. Dobbiamo conquistare la nostra libert� con ogni mezzo necessario.� nostro dovere combattere per la nostra libert�.
� nostro dovere vincere.
Dobbiamo amarci e sostenerci l'un l'altro.
Non abbiamo nulla da perdere se non le nostre catene.
Dobbiamo continuare a combattere nello spirito di:Ronald Carter
William Christmas
Mark Clark
Mark Essex
Frank "Heavy" Fields
Woodie Changa Olugbala Green
Fred Hampton
Lil' Boppy Hutton
George Jackson
Jonathan Jackson
James McClain
Harold Russel
Zayd Malik Shakur
Anthony Kumu Olugbala White
Rhinocerour woman
who nobody wants
and everybody used.
They say you're crazy
cause you not crazy enough
to kneel when told to kneel.
Hey, big woman -
with scars on the head
and scars on the heart
that never seen to heal -
I saw your light
and it was shining.
You gave them love.
They gave you shit.
You gave them you.
they gave you hollywood.
They purr at you
cause you know how to roar
and back it up with realness.
Rhinocerous woman,
big momma in a little world.
You closed your eyes
and neon spun inside your head
cause it was dark outside.
You read your bible
but god never came.
Your daddy woulda loved you
but what would the neighbors say.
They hate you momma
cause you expose their madness.
And their cruelty. [Nota 2]
They can see in your eyes
a thousand nightmares
that they have made come true.
Black woman. Baad woman.
Wear your bigness on your chest like a badge
cause you done earned it.
Strong woman. Amazon.
Wear your scars like jewelry
cause they were bought with blood.
They call you mad.
And almost had you
believing that shit.
They called you ugly.
And you hid yourself
behind yourself
and wallowed in their shame.
Rhinocerour woman -
this word is blind
and slight of mind
and cannot see
how beautiful you are.
I saw your light.
And it was shining [Nota 3]
La maggior parte delle donne trasse dei benefici dalla "rivolta". Nelle settimane seguenti quasi tutte le donne furono lasciate libere o mandate a seguire qualche programma. Il carcere era praticamente vuoto. � strano come vadano le cose. Quando corrisponde agli interessi del governo, mettono la gente in prigione per rissa. E quando corrisponde ai loro interessi, fanno uscire di prigione la gente per lo stesso motivo. Da allora la porta esterna della mia cella rimase chiusa. Non era una cosa grave, perch� anche prima era stata comunque quasi sempre chiusa.
Un giorno mi portarono un secchio di fagiolini (coltivano la maggior parte di cibo del carcere. Gli uomini lavorano nei campi).
"Ecco, pulisci questi fagiolini".
"Quanto mi pagate?", chiesi.
"Non paghiamo mai i detenuti, ma se pulisci i fagiolini, lasceremo la porta aperta mentre lo fai".
"Non lavoro per niente. Non sono la schiava di nessuno. Non sapete che la schiavit� � illegale?".
"No", disse la guardia, "ti sbagli. La schiavit� � stata dichiarata illegale, eccetto che in carcere. La schiavit� � legale nelle prigioni".
Controllai e vidi che aveva proprio ragione. Il tredicesimo emendamento della Costituzione dichiara:
"Non devono esistere negli Stati Uniti, n� in nessun altro luogo soggetto alla loro giurisdizione, n� la schiavit� n� la servit� involontaria, tranne che come punizione di un crimine, per il quale il colpevole sia stato sottoposto a regolare processo".
Questo spiegava molte cose. Spiegava perch� le prigioni e le carceri di Stato fossero piene fino all'orlo di gente Nera e del Terzo mondo, perch� cos� tanti Neri non riescano a trovare un lavoro e siano costretti a sopravvivere come possono. Quando sei in carcere ci sono moltissimi lavori e, se non vuoi lavorare, ti picchiano e ti rinchiudono in un buco. Se ogni Stato dovesse pagare dei lavoratori per fare i lavori che i prigionieri sono costretti a svolgere, i salari ammonterebbero a miliardi. Le targhe di immatricolazione da sole costerebbero milioni. Quando Jimmy Carter era governatore della Georgia si faceva mandare una donna Nera dal carcere per le pulizie e per fare da baby-sitter ad Amy. Le prigioni sono un buon affare. Sono un metodo per perpetuare legalmente la schiavit�. In ogni Stato se ne costruiscono sempre di pi� e ancora di pi� sono in fase di progettazione. Per chi sono? Certamente non pensano di riempirle di bianchi. Le prigioni fanno parte di questa guerra di annientamento del governo contro la gente Nera e del Terzo mondo.
Il 19 luglio 1973 mi portarono a New York per essere processata dal tribunale federale di Brooklyn per una rapina in banca avvenuta a Queens. Il viaggio fu come un cartone animato surrealistico. Ci saranno state almeno dodici automobili nel corteo e ad ogni uscita dell'autostrada era piazzato un blindato dell'esercito. Tutte le auto avevano acceso le luci e le sirene. Un elicottero ci faceva strada. E gli sbirri che erano nella mia auto erano comici. Ogni tanto dicevano frasi di questo genere: "Almeno siamo arrivati sull'autostrada", "Almeno siamo arrivati a New York", "Almeno siamo arrivati in tribunale".
Ogni volta che incrociavano un'auto della polizia facevano un cenno e qualche volta alzavano il pugno. Quando i poliziotti del New Jersey furono sostituiti da quelli di New York, al ponte di Staten Island, si strinsero le mani e si passarono le consegne. Si chiamavano l'un l'altro "fratello"; "Questo � il mio fratello agente, tal dei tali". Si comportavano come se stessero compiendo una pericolosa missione in Russia. Erano veramente spaventati. La paura dei bianchi nei confronti dei Neri armati non cesser� mai di stupirmi. Probabilmente perch� pensano che cosa farebbero se fossero al nostro posto. Specialmente quelli della polizia, che hanno fatto tante canagliate ai Neri, hanno la coscienza sporca che dice loro di aver paura dei Neri. Quando noi Neri ci organizzeremo seriamente e prenderemo le armi per combattere per la nostra liberazione ci saranno molti bianchi che cadranno morti di paura per le proprie colpe.
A settembre fui trasferita e sepolta nell'interrato del carcere della contea di Middlesex, probabilmente perch� era vicino al tribunale dove il processo del New Jersey sarebbe dovuto incominciare il primo ottobre. Fui la prima, e anche l'ultima, donna imprigionata in quel luogo. Era stato da sempre un carcere maschile.
Quando arrivai mi fu data una coperta sporca e ruvida e un lenzuolo. Pensando che si fossero sbagliati, chiesi un altro lenzuolo. "� tutto ci� che ti spetta", dissero.
"Non posso dormire con questa cosa sporca addosso. Ho bisogno di un altro lenzuolo".
"Ci dispiace".
"Perch� non posso avere un altro lenzuolo?"
"� quello che diamo agli uomini. Ne diamo solo uno, perch� altrimenti ci si potrebbero impiccare".
"Possono impiccarsi anche con un solo lenzuolo", ribattei.
"Ci dispiace".
Per me non se ne parlava nemmeno di dormire con quella roba sporca e con un solo lenzuolo. Mi agitai, urlai, chiesi di vedere il mio avvocato, dissi alla guardiana che la prima volta che fosse entrata nella mia cella l'avrei strozzata con il lenzuolo. Alla fine me ne diede un altro.
Se scrivessi un centinaio di pagine per descrivere l'interrato del carcere di Middlesex, sarebbe ugualmente impossibile visualizzarlo.
Era una cella grande di color grigio, verde-vomito. Il soffitto era coperto di ogni tipo di tubi, alcuni grandi, altri piccoli, alcuni asciutti altri che perdevano acqua. Non c'era luce naturale, e i carcerieri rifiutavano di aprire le finestrelle vicino al soffitto. La temperatura media era sui 35 gradi. Era infestato da formiche e millepiedi. Non avevo mai visto prima un millepiedi e mi spaventava a morte. Erano enormi mostri che strisciavano sul mio corpo. [Nota 4]
Delle guardiane stazionavano fuori dalla mia porta, ventiquattro ore al giorno. Il loro compito era di stare sedute e di guardarmi. Potevano vedere ogni mio movimento. Il primo giorno spostai il letto verso la parete, fuori dalla visuale della sorvegliante cos� potevo avere un po' di intimit� mentre dormivo. Le guardiane mi ordinarono di spostare il letto al centro della stanza. Rifiutai.
Il giorno dopo un operaio inchiod� il letto al centro della stanza. Sbirciavano persino dalla finestra del bagno quando ero sul water o facevo una doccia. Quando coprivo lo spioncino con un asciugamano o un'uniforme, mi ordinavano di toglierla e mi minacciavano di portar via tutti gli asciugamani e tutte le uniformi se continuavo a coprire la finestra. Io non rifiutavo, semplicemente le ignoravo.
Dopo un po' si arresero. Un mese dopo, un brigadiere mi disse che potevo coprire la finestra quando usavo il bagno, ma solo per tre minuti.
C'erano dodici tubi al neon accecanti nella mia cella. La prima sera, al momento di andare a dormire, chiesi alla guardiana di spegnere la luce. Rifiut�: "Non posso vederti se la luce non � accesa".
"Come diavolo puoi perdermi? Puoi vedere ogni cosa in questa cella".
"Mi dispiace".
Mi tennero sotto quelle luci accecanti per vari giorni. Credevo di diventare ceca. Vedevo tutto doppio o triplo. Quando finalmente riuscii a vedere Evelyn, il mio avvocato, mi lamentai.
Evelyn li accus� di tortura e loro spensero la luce alle undici di sera. Ma ogni dieci o quindici minuti illuminavano al cella con una torcia.
Poi cominci� il processo. Per prima cosa si discusse delle istanze. In pratica furono respinte tutte le nostre istanze, mentre tutte quelle dell'accusa furono accolte. Poi cominci� la selezione della giuria davanti al giudice John E. Bachman. Quando fecero entrare il primo gruppo di giurati, pensai che mi sarebbe venuto un infarto. C'erano solo un paio di Neri, sparsi qua e l�, e la giuria sembrava pi� una plebaglia pronta al linciaggio che gente chiamata a giudicare. Molti dei giurati ci fissavano apertamente come se volessero ucciderci, se lo avessero potuto.
La met� di loro disse che pensava che noi fossimo colpevoli. L'altra met�, anche se non lo diceva apertamente, rispondeva alle domande come se credesse che, pi� o meno, noi fossimo probabilmente colpevoli. Sono convinta che alcuni di loro abbiano mentito deliberatamente per entrare a far parte della giuria e condannarci. I pochi Neri presenti si fecero esonerare per difficolt� economiche. Avevano bambini, famiglia e lavoro, non potevano permettersi di partecipare ad un lungo processo.
Se c'era mai stata un'occasione per farsi prendere dallo scoramento, quella era la mia.
"Fate qualcosa", continuavo a dire ai miei avvocati. "Fate qualche cosa!".
"Che cosa possiamo fare?", rispondevano gli avvocati. "Stiamo facendo del nostro meglio".
Era vero, ma non potevo accettarlo. Era della mia vita che stavano parlando. Devo aver seccato a morte i miei avvocati.
"Obbiettate questo, obbiettate quello", dicevo loro.
"La nostra obbiezione � gi� stata verbalizzata".
"Non importa, obbiettate di nuovo". Ero oltraggiata, intrappolata ed inerme. Ogni volta che un giurato diceva qualcosa che denotasse l'esistenza di un vero e proprio pregiudizio, il giudice tentava di salvare la situazione. Il povero Ray Brown, del collegio della difesa, faceva le spese della mia ira.
"Voglio che sollevi obiezione".
"Su quale base?", chiedeva.
"Ma non vedi? Il giudice fa domande allusive".
"Ma il giudice ha il diritto di fare domande allusive durante la scelta dei giurati".
"Va bene, ma obbietta lo stesso". Non ne sapevo niente di legge. Non avevo mai visto un processo. Non potevo proprio capire come il giudice potesse essere cos� sfacciatamente a favore dell'accusa e che non ci fosse nulla che noi potessimo fare.
"Perch� non potete essere tutti come Perry Mason?", chiedevo ironicamente ai miei avvocati.
"Hai mai visto Perry Mason difendere un imputato Nero?", mi rispose Ray Brown.
Sundiata era un'ancora di salvezza. Cercava di calmarmi e mi spiegava cosa potevamo aspettarci. A livello razionale capivo quello che diceva, ma ero comunque furiosa.
"Non possiamo permettere che ci mandino dentro con le loro accuse false", dissi, facendomi venire un'idea pazzesca dopo l'altra. Sundiata mi spiegava pazientemente perch� nessuna delle mie idee fantastiche avrebbe funzionato. Dopo aver assistito per un po' al mio linciaggio legale, mi convinsi che Sundiata ed io avremmo dovuto licenziare i nostri avvocati e difenderci da soli. In questo modo non saremmo stati legati a quelle stupide regole e avremmo potuto dire tutto quello che volevamo.
"Non � vero", mi spieg� Sundiata, "anche se ti difendi da sola, sei comunque legata alle loro regole".
"Come possono pretendere che io conosca le loro regole? Io non sono un avvocato. Ed ho sempre il diritto costituzionale di difendermi."
"Vero, ma devi comunque sempre comportarti secondo le loro regole, altrimenti possono legarti e imbavagliarti. Guarda quello che hanno fatto a Bobby Seale".
Ogni volta che guardavo i giurati, riprendevo le mie obbiezioni. Ma sapevo anche di ignorare tutto della legge e mi riusciva difficile immaginarmi a difendermi veramente da sola. Evelyn continuava a ripetere il vecchio motto, che una persona che difende se stessa, ha un pazzo per avvocato.
Quanto pi� ci avvicinavamo al completamento della scelta della giuria, tanto pi� io ero disperata. Ma un giorno esaminarono come potenziale giurato un ragazzino che non poteva avere pi� di vent'anni. Vuot� il sacco. Il giudice gli chiese se avesse un'opinione del processo e lui rispose: "Dicono che � colpevole". Il giudice gli fece altre domande e lui spiffer� tutto. I possibili giurati nell'aula della giuria avevano parlato del processo, anche se gli era stato imposto di non farlo. Il giudice gli chiese di che cosa avevano parlato.
"Dicono che � colpevole".
"Solo la signorina Chesimard?", gli chiese il giudice.
"Dicono che sono Neri, e che sono colpevoli".
In un istante gli avvocati scattarono tutti in piedi, sparando migliaia di parole al minuto. Chiesero un'inchiesta completa di quello che stava accadendo nell'aula dei giurati. Volevano che si facessero altre domande ai giurati. Volevano che si interrogassero i giurati di cui lui aveva parlato.
Il giudice cap� immediatamente che il ragazzo aveva combinato proprio un bel pasticcio. Fece di tutto per evitare che la situazione peggiorasse, ma gli era sfuggita di mano. Alla fine acconsent� ad aprire un'inchiesta imparziale. Questa volta, rivolgendo le domande ai giurati, fece molta attenzione a minimizzare la gravit� di quello che era accaduto nell'aula della giuria. Ma gli altri giurati confermarono quello che aveva detto il ragazzo. I nostri avvocati scrissero una mozione chiedendo che la giuria fosse selezionata da un'altra contea, perch� non avremmo mai avuto un processo imparziale nel Middlesex. Il nuovo giudice, non il giudice Bachman, doveva decidere sull'istanza. Nel frattempo il processo venne sospeso.
Evelyn mi comunic� la decisione. Il giudice aveva riconosciuto che in effetti era vero che nella contea del Middlesex non avrei avuto un processo equo. La giuria sarebbe stata scelta dalla contea di Morris.
"Dov'�?", chiesi ad Evelyn.
Disse che non ne aveva la minima idea. Poi arriv� Ray Brown.
"Dove diavolo si trova la contea di Morris?", gli chiesi.
"Ebbene", rispose, "te lo dir�". La contea di Morris era quasi completamente bianca con pochi Neri e ancor meno Ispanoamericani e Asiatici.
"Che cosa significa? C'� il dieci per cento di Neri? Il cinque per cento o cosa?".
"Molti di meno".
"Una giuria di tuoi pari", disse Evelyn amaramente.
"Che cosa possiamo fare?", chiesi.
"Dobbiamo solo aspettare, e vedere".
"Non possiamo far trasferire il processo in qualche altro posto, dove ci sono pi� Neri?".
"Possiamo tentare, ma non ci sperare troppo".
Stavo rimettendo i piedi a terra, e velocemente.
Il processo era stato rinviato di circa un mese, fino a gennaio, perch� dovevano installare misure di sicurezza nel carcere di Morristown, nella contea di Morris.
"Forse", pensai, "agli avvocati verr� qualcosa in mente per allora". Veramente non mi aspettavo grandi cose, ma mi sembrava un trucco talmente ovvio, un complotto cos� evidente, rivolto ad assicurare che non ricevessimo un processo equo da nostri pari, che pensavo forse si sarebbe potuto fare qualcosa. All'epoca ero ingenua. In teoria lo sapevo, ma non avevo ancora visto abbastanza per accettare il fatto che non c'era assolutamente giustizia per i Neri in amerika. Avevo ancora delle speranze. Ma avevano usato qualcosa che pensavano ci aiutasse, e che invece ci si era ritorto contro... Avevano usato la legge per insultare la legge.
"Ora tutto quello che dobbiamo fare", pensavo, "� fare emergere i fatti e provare che stanno tentando di negarci un processo equo". Quanto poco sapevo!
Note:
La numerazione delle note, nell'originale dalla numero 37 alla numero 40, � stata modifica per renderne pi� immediata la fruizione. [N.d.C.]
Nota 1. Brani riportati dall'Autrice, in gergo e ricchi di espressioni dialettali, che sarebbe impossibile rendere pienamente nella traduzione italiana [N.d.R.].
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Nota 2. Donna rinoceronte/ che nessuno vuole/ e tutti hanno usata./ Dicono che sei pazza/ perch� non sei abbastanza pazza/ per inchinarti quando te lo dicono.// Salve, grande donna -/ con cicatrici in testa/ e cicatrici nel cuore/ che sembrano non guarire mai -/ ho visto la tua luce/ e risplendeva.// Tu hai dato loro amore./ Loro ti hanno dato merda./ Hai dato loro te stessa. /Loro ti hanno dato hollywood./ Ti hanno fatto le fusa/ perch� tu sai come ruggire/ e sostenerlo in pratica.// Donna rinoceronte,/ grande mamma in un piccolo mondo./ Hai chiuso gli occhi/ e tubi di neon impazzano dentro la tua testa/ perch� fuori era buio.// Tu leggevi la tua bibbia,/ ma dio non � mai arrivato.// Il tuo pap� ti amerebbe/ ma cosa direbbero i vicini.// Ti odiano mammina/ perch� smascheri al loro pazzia./ E la loro crudelt�./
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Nota 3. Possono vedere nei tuoi occhi/ migliaia di incubi/ che loro hanno reso veri.// Donna Nera. Donna caaattiva./ Porta la tua grossezza in petto come un distintivo/ perch� te lo sei meritato.// Donna forte. Amazzone./ Adornati delle cicatrici come gioielli/ perch� furono comprate con il sangue.// Ti chiamano matta./ E quasi c'erano riusciti/ a farti credere queste stronzate.// Hanno detto che sei brutta./ E tu ti sei nascosta/ dietro te stessa/ e ti sei crogiolata nella loro vergogna.// Donna rinoceronte -/ questo mondo � cieco/ e fuori di testa/ e non pu� vedere quanto sei bella.// Ho visto la tua luce./ E risplendeva.
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Nota 4. L'undici dicembre 1978, per incarico della Conferenza degli Avvocati neri, l'Alleanza nazionale contro il razzismo e la Commissione per la giustizia razziale delle Chiese unite di Cristo, l'avvocato Lennox Hinds invi� una petizione alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, denunciando "numerosi esempi di gravi violazioni dei diritti umani e delle libert� fondamentali di certe classi di prigionieri politici negli Stati Uniti a causa della loro razza, delle loro condizioni economiche e delle loro idee politiche".
In seguito alla sua petizione sette giuristi internazionali visitarono numerosi prigionieri dal 3 al 20 agosto 1979 e resero note le loro conclusioni. Classificarono i prigionieri in quattro categorie. La prima comprendeva i prigionieri politici, definiti come "una categoria di vittime del comportamento indegno del Fbi attuato mediante la strategia Cointelpro e altre forme di comportamenti governativi illegali, per i quali i militanti politici erano diventati dei bersagli privilegiati per provocazioni, arresti illegittimi, montature, costruzione di prove. Tale categoria comprende quanto meno: i Dieci di Wilmington, i Tre di Charlotte, Assata Shakur, Sundiata Acoli, Imari Obadele e altri imputati membri della Repubblica della Nuova africa, David Rice, Ed Poindexter, Elmer "Geronimo" Pratt, Richard Marshall, Russel Means, Ted Means e altri imputati militanti dell'American Indian Movement".
Hanno preso in considerazione il mio caso nella sezione del loro rapporto che trattava della detenzione in isolamento: "Uno dei casi peggiori � quello di Assata Shakur, che ha passato pi� di venti mesi in isolamento in due diverse prigioni maschili, sottoposta a condizioni assolutamente inadatte a qualsiasi prigioniero. Altri mesi li ha trascorsi in isolamento in prigioni miste o femminili. Adesso, dopo una lunga vertenza, � detenuta nell'Istituto correzionale femminile di Clinton, in regime di massima sicurezza. Non � mai stata sottoposta a punizioni per aver infranto regole del carcere che potessero in qualche modo giustificare un trattamento cos� crudele e inusuale".
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