Beneandanti streghe aquiloni e vagabondi delle stelle

In cui non c'� bisogno di sottotitolo
perch� il titolo parla da solo...
a chi � nato con la camicia...

Internato da incalcolabili anni in un "Centro per malati di mente" scrive su un foglio di quaderno a quadretti: "io ho sognato che era stato succhiando il sangue dai pipistrelli ed io aveva paura".
Uccello della notte, il pipistrello addensa intorno alla sua immagine, scrive Gaston Bachelard, qualcosa di oscuro e pesante. Cos�, per molte generazioni, esso appare come l'attuazione di un brutto volo, di un volo muto, di un volo nero, di un volo basso.
Sintesi estrema dell'affrontamento di due figure simboliche essenziali, quest'incubo, pur nell'apparente confusione dei verbi, appare trasparente. La morte: l'istituzionalizzazione, l'internamento che, come un pipistrello, ha succhiato e sta succhiando il sangue. E, come un pipistrello "non conosce il riposo dinamico del volo planato".
La vita: il sangue, appunto, l'energia emozionale e vitale.
Difficile immaginare come e che cosa sogna una persona immobilizzata in un letto di contenzione. I sogni, come si sa, sono anche effetto dei liberi movimenti del corpo durante il sonno e nascono da particolari sensazioni fisiche del dormiente. La vita interiore in ogni momento della nostra vita (sonno e veglia) � legata all'esperienza del nostro corpo. La limitazione di queste esperienze � anche soffocamento dell'interiorit�. C'� anche da domandarsi che cosa pu� sognare o immaginare una persona che � rimasta senza futuro. Rimangono soltanto gli incubi nel senso etimologico di "esseri che giacciono su chi dorme" e le paure e le fantasie di Macbeth come le descrive Shakespeare.

La giornata era davvero magnifica. Il primo sole mattutino rimbalzava sulla carlinga dell'aereo, mentre volavo sopra i cieli di Susa - un piccolo bimotore da turismo tanto silenzioso che mi pareva di essere in volo su un aliante... Nei cieli, tutt'intorno, neppure un segno di vita. Decisi di atterrare per il solo piacere di farlo, e individuai un pendio mille metri pi� sotto - una collinetta fiorita, tutta celeste da tanti che erano i fiordalisi. Il terreno era inclinato di almeno 35� e atterrai in salita dopo aver sfiorato il fondovalle - proprio un bel atterraggio, l'erba alta e i fiori azzurri avevano attutito l'impatto, e l'aereo rallentava senza neppure dover frenare... Lasciai la cloche, chiusi gli occhi e mi rilassai respirando a fondo. L'odore della terra era pungente e la brezza portava i profumi delle resine - nell'aria, il rumore di un campanaccio arrivava argenteo da un pascolo lontano...
Quando riaprii gli occhi, in essi avevo due fotogrammi: in uno vi erano la collina con l'erba alta, il verde e l'azzurro, le fronde degli alberi mosse dalla brezza; nell'altro la buia cella-cantina del carcere "Le Nuove" di Torino, Reparto COM - Centro di Osservazione Manicomiale. Fu un attimo, come per un abbaglio. Subito il primo fotogramma si dissolse, e rimase solo l'altro, in entrambe le pupille... Mi ritrovavo legato al letto di forza della cella, grondando sudore e dolorante ai polsi alle caviglie alle ascelle per via delle fasce di ruvida canapa che mi imprigionavano al castello metallico della branda...
Richiusi gli occhi. Volevo andarmene lungo il pendio a cogliere fiordalisi. Ma sentivo forte il lezzo di piscio e quello acre del sudore, e vedevo solo la fosca incertezza di una penombra velata, udivo solo il fragore metallico di chiavi e serrature... Dal letto di contenzione osservavo rapito il mio amico ragno, in un angolo del soffitto: era sempre anche lui l�, da giorni in attesa - ma perch� mai le mosche avrebbero dovuto venire in quella cella... Mi sentii urlare "MERDAAAA" con tutta la voce che avevo in gola. il ragno si mosse. Si mosse anche la guardia nel corridoio cigolando i suoi scarponi in direzione della cella; aprii lo spioncino dicendomi rancoroso: "Che cazzo vuoi?!".
"Sei proprio stronzo!... Eh - eh - eh!. .. Io chiamo la merda e tu rispondi! ... Eh - eh - eh!... Sei proprio uno stronzo!!!". Lui sbattendo richiuse lo spioncino e cigol� gli scarponi fino alla sua sedia, di nuovo assorto in un fumetto dell'orrore iniziato quattro o cinque turni prima...".

Cosa abbia sognato Darrell Standing, quando per otto anni fu gettato nelle tenebre di una segreta a San Quentin, prigione di Stato della California, ce lo racconta in forma letteraria Jack London.
Il "trucco" per resistere, a Darrell Standing, lo aveva insegnato Edoardo Morrel, come lui in segregazione cellulare. "Ecco qual � il trucco" - Morrel gli aveva trasmesso in codice, picchiettando con le dita sul muro della cella - "ascoltami.. Per tentarlo bisogna trovarsi in un sufficiente stato di debolezza. Se lo si tenta quando ancora si � forti, non si riesce e dopo non si vuol pi� sentirne parlare ( ... ). Ecco dunque di che si tratta: si deve morire artificialmente, s�, voler morire.
Non capisci? Evidentemente! Pazienza! Tu sai come, quando sei dentro la camicia, il tuo braccio, le tue gambe, o qualche altra parte del corpo s'intorpidisce. Si intorpidiscono da s� e tu non c'entri. Ma parti da questo esempio e miglioralo.
Procedi cos�: mettiti a tuo agio sulla schiena, come meglio puoi, e subito dopo, prima ancora che braccia e gambe si paralizzino, comincia a far agire la tua volont�. Ma anzitutto bisogna aver fede; se no, niente da sperare. E ci� che � necessario che tu creda � questo, che il tuo corpo � una cosa e il tuo spirito un'altra. Il tuo spirito � tutto. Il tuo corpo, al contrario, non conta. Non vale un centesimo. Non serve che a darti imbarazzo. Il tuo spirito gli ordina di morire. Tu cominci l'operazione dai pollici dei piedi. .. tu li fai morire, l'uno dopo l'altro, e poi fai morire tutte le dita dei piedi. Tu vuoi che essi muoiano. E se hai fede e volont� essi morranno.
Il principio � difficile. Quando il primo pollice � morto il resto � cosa da poco. Perch� allora tu non hai pi� da tormentarti il cervello per credere. La tua volont� opera senza difficolt� per il resto del corpo. L'ho fatto tre volte, ripeto. Io so, Darrell. Il pi� curioso � questo, che mentre il tuo corpo sta morendo il tuo spirito conserva la sua lucidit�. La tua personalit� sussiste. Dopo i tuoi piedi, le tue gambe sono morte. Poi i ginocchi. Poi le cosce. E mentre la morte sale tu sei sempre il medesimo. Solo il tuo corpo abbandona la partita, pezzo a pezzo...
Quando il tuo corpo � morto, ben morto, e il tuo spirito si sente intatto, non ti rimane che uscire dalla tua pelle e lasciare la tua spoglia dietro di te. Ora, abbandonare questa spoglia significa abbandonare la tua cella. I muri di pietra e le porte di ferro sono fatti per custodire i corpi. Non sono capaci di rinchiudere gli spiriti"
.
Alla "morte vivente" della segregazione cellulare, favorita dall'indebolimento fisico e dalla camicia di forza, Morrel consiglia a Standing di contrapporre la "piccola morte": rifugiarsi nella piccola morte per sfuggire alla sofferenza e per vagabondare. Induttrici di transe, le parole di Morrel comunicano anche un'iniziazione rituale e il suo schema culturale. Schema duale, servendosi del quale, Darrell potr� vincere le pene della tortura e dunque averla vinta sul torturatore.
La via della piccola morte � quella che oggi chiameremmo out of the body experience. "Quando il suo corpo moriva nella camicia di forza... gli era dato di contemplare la sua spoglia sul suolo della sua segreta...". London, per farla breve, ci descrive la fenomenologia di una transe catalettica; transe che non a caso egli paragona a quella di certi "fachiri dell'India" o di certi "contadini siberiani".
"Realizzando su me stesso quelle ripetute esperienze della piccola morte", scrive infatti London mettendo in bocca a Darrell le parole, "ricordavo anche il caso di quei contadini dell'estremo nord della Siberia, i quali, durante i lunghi inverni che attraversano, si addormentano, ad imitazione degli orsi e di altre bestie selvagge di quella regione, fino al ritorno della primavera. Gli scienziati che studiarono quel sonno prolungato del contadino siberiano, constatarono che durante quel tempo le funzioni respiratorie e digestive cessano completamente. Il cuore batte cos� debolmente che appena le orecchie pi� esercitate ne possono percepire i palpiti. Va da s� che in tale stato catalettico (ed � perci� che i contadini siberiani vi ricorrono) la quantit� d'aria e di cibo necessaria a sostenere la vita � quasi impercettibile". Darrell Standing, immobilizzato in una camicia di forza, sogn� i racconti di alcune tra le sue molte precedenti incarnazioni e reincarnazioni...
La transe catalettica era fortemente radicata anche nella tradizione popolare italiana. Baster� ricordare i Beneandanti friulani, o le Belle Donne inquisite in tutt'Italia come streghe. Tra il '500 e il '600 nel mondo contadino friulano i bambini nati con la camicia - cio� avvolti nella membrana amniotica - venivano "preparati" per "essere chiamati" - arrivati ai venti anni - a diventar Beneandanti e cio� combattenti che, quattro volte l'anno, si recavano "in spirito" ad affrontare, armati di mazze di finocchio, streghe e stregoni a loro volta armati di canne di sorgo. La vittoria dei primi propiziava un ricco raccolto, quella dei secondi la carestia. Negli stessi periodi dell'anno le donne Beneandanti lasciavano il loro corpo esanime per dirigersi all'incontro con la processione delle anime dei morti. Nel descrivere le sue transe, un Beneandante preciser� al cospetto dell'Inquisizione che "non si fa altro se non che lo spirito si parte dal corpo e va via... e se per caso mentre noi siamo fuori uno andasse con il lume e rimanesse a guardia del corpo lo spirito non rientrerebbe e se quel corpo apparendo morto, fosse posto sotto terra, lo spirito andrebbe vagando per il mondo fino a quell'ora che quel corpo deve morire". Questa tradizione popolare friulana mostra una forte ascendenza sciamanica. Il nesso � con la catalessi attraverso cui lo sciamano esce dal corpo e va al recupero delle anime degli ammalati, anche ingaggiando lotte furiose con quegli spiriti che le tengono prigioniere.
La condizione di perdita dei sensi e di uscita dal corpo � descritta anche da alcune donne accusate di essere streghe ed � ritenuta un evento denso di pericoli, quasi una morte. "Se per caso fossimo voltate bocconi - raccont� Margherita di San Rocco al Podest� di Lucca - perderemmo lo spirito e il corpo rester� morto, se poi lo spirito non si fosse tornato al canto del gallo del far del giorno, non si torner� pi� in forma umana, il corpo rester� morto e lo spirito in gatta".
Domenica Barbarelli - inquisita nel modenese nell'anno 1532 - rimase per quasi due ore in letargo, "come morta". Si risvegli� scossa dagli astanti e dichiar� felice di essere andata ugualmente - "a loro dispetto" - al gioco di Diana. Domenica, al pari del vagabondo delle stelle e di molti reclusi, riesce a farsi gioco del contesto in cui � stata costretta, per recarsi comunque al gioco con le sue compagne.

Carcere di massima sicurezza: dispositivo reclusorio di massimo controllo sul movimento dei corpi; stato di deprivazione cinetica estrema e prolungata; impossibilit� di errare, di andare senza meta. Ma proprio l� dove il potere di arresto celebra i suoi trionfi e i corpi vengono estenuati in un dispositivo catalettizzante, si producono esperienze di sdoppiamento per vagabondaggi immaginari. Questi stati modificati, vissuti in vario modo dal recluso, richiamano in qualche modo anche i viaggi "fuori del corpo" raccontati dai moribondi. L'immobilit� della persona segregata pu� essere infatti assimilata a quella di chi, per grave malattia o incidente, � bloccato in un letto d'ospedale. Come ha osservato Victor Serge, l'impatto col carcere � come lo choc provato da un maratoneta che venga improvvisamente immobilizzato. Uno choc mortale.
Da oltre vent'anni Rajmond Moody, negli USA, raccoglie e classifica i racconti di persone che sono state vicine alla morte; giudicate morte anche clinicamente. Moody, sulla base delle testimonianze raccolte, ha definito nove caratteristiche costanti dell'esperienza di pre-morte. Tra queste: la sensazione di fluttuare al di sopra del corpo guardandolo a distanza; l'assenza di dolore anche dopo un forte trauma; l'attraversamento di un tunnel buio - a volte un porta - in direzione di una luce intensa; l'entrata nella luce e l'incontro con esseri di luce, amici, parenti morti o divinit� splendenti; l'esame di tutta la propria vita in terza persona - il moribondo la vede come in un film, ed � tutta l�, contemporaneamente, in visione panoramica. Per ultima arriva l'autorizzazione a tornare: "a rivivere". La persona trova questa autorizzazione nella memoria della sua vita e il pi� delle volte dialogando con gli "esseri di luce" incontrati.
Altri ricercatori, come Kenneth Ring negli USA, e prima ancora Carl Gustav Jung, hanno notato che questa "dimensione paradisiaca", raccontata dal moribondo, pu� essere forse interpretata come un incontro con il proprio S�. Noi diremmo col proprio S� relazionale. Nell'immobilit� della vicinanza alla morte, come sospesa tra s� e s�, la persona moribonda sembra andare infatti all'incontro con qualcosa che non ha nulla di soprannaturale ma � invece sociale e storico: il proprio S� relazionale. Incontro nel corso del quale essa trover� l'energia psicofisiologica per rinnovare la propria voglia di vivere e superare il trauma mortale. In un certo senso, anche il corpo costretto all'immobilit� reclusoria, si trova, per cos� dire, tra s� e s�. Viaggiando tra le proprie irritazioni e memorie, tra le stelle di mondi immaginari, esso non fa che cercare una cura per il dolore incessantemente generato dalla propria vita comunicativa lacerata: per il suo S�-relazionale amputato.
Il divieto della libert� di locomozione � la coazione principale del carcere. Sofferenza connaturata alla condizione catalettizzante dell'istituzione totale. Coazione che genera quel "dolore di vivere" che nessuna riforma riesce a lenire. � questo dolore che il recluso cura imparando a star l�, nella sua cella, e, nel contempo, Altrove - l� dove il sogno e l'immaginazione riescono a trasportarlo. read official Rhino Gold Gel Italian blog
Il Lama tibetano Lobsang Rampa racconta il passaggio finale della sua iniziazione: "Fino a quando non avrai varcato la soglia della morte e non sarai tornato indietro, non potrai realmente sapere che la morte non esiste", cos� gli disse il Lama anziano che lo preparava alla cerimonia. Tre mesi di preparazione austera col pensiero concentrato "soltanto su ci� che � puro e sacro", e consumando cibo in quantit� minime. Ventiquattro ore prima della cerimonia: digiuno completo. Poi Lobsang raggiunge, in compagnia di tre abati, una caverna nelle profondit� di una montagna. Lasciato solo, continua il suo viaggio: "mi distesi supino sul lastrone di pietra ed eseguii quegli speciali esercizi di respirazione che mi erano stati insegnati per anni. Il silenzio e l'oscurit� erano ossessivi... di colpo il mio corpo divenne rigido, catalettico. Avevo le membra intorpidite e gelide come il ghiaccio. Provai la sensazione di morire, di morire in quell'antica tomba a pi� di 120 metri di profondit� sotto la luce del sole". Ormai morto, nel corpo, Lobsang "esce dal corpo": "sentii un dondolamento, un sollevarsi e un ricadere. Per un attimo potei immaginare di trovarmi una volta di pi� su un aquilone sobbalzante e sussultante all'estremit� di un cavo. Poi s'insinu� in me la consapevolezza che stavo galleggiando al di sopra del mio corpo fisico. E con tale consapevolezza venne il movimento... Contemplai il mio corpo supino che ora riposava come un cadavere tra altri cadaveri? A conclusione del suo viaggio astrale, i tre abati erano l� ad aspettarlo: Per tre giorni sei rimasto disteso qui dentro. Ora hai veduto. Sei morto. E hai vissuto".

Nel cielo, improvviso, un tforoum tfroum d'elicotteri. Poi, fuori orario, il cang clang del mezzogiro nelle serrature che si aprivano per consentirgli di assistere all'ennesimo processo. Bast� questo a gettarlo sulla pista d'un turbamento tecnologico. Un incubo di ferrovetro cementarmato puntato contro la sua dignit�.
Gi� recluso in un carcere speciale si vide i polsi imprigionati in schiavettoni trattenuti da un lucchetto d'acciaio bloccante una catena di ferro serrata nel pugno d'un carabiniere accerchiato da un mucchio di uomini armati dentro un gabbiotto piombato in un furgone blindato in viaggio nel recinto murato d'uno spazio sorvegliato verso una gabbia sprangata dietro un vetro blindato nell'aula bunker d'un tribunale circondato da cordoni di divise nere.
Visualizz� un deserto in un deserto. E, in quel deserto, un deserto. Poi, con un guizzo, si liber� dalle spire di quella logica pitonesca. Vol� sulle cieche ossessioni e colse, con sguardo d'uccello, tutti quei muri e quei ferri e quei deserti e quelle gabbie concentriche, che stringevano d'assedio la sua vita. Fu allora che ricord� la delusione per l'ultimo frammento di legno laccato delle matrijoske. E il suo pensiero, come un tarlo, rosicchi� ogni parete di quella scatola cinese per sciogliersi nei passi d'un mondo Altro, d'un Altro panorama.
Coloro che hanno analizzato l'irrequietezza nel modo pi� convincente erano spesso, per una ragione o per l'altra, uomini costretti alla immobilit�: Pascal dai disturbi di stomaco e le emicranie, Baudelaire dalle droghe, San Giovanni della Croce dalle sbarre della sua cella. Ci sono critici francesi pronti ad acclamare in Proust, l'eremita della stanza foderata di sughero, il pi� grande viaggiatore della letteratura.

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