Intervista a un fantasma
a cura di Cristina

Storia di Branca, condannata alla Casa di lavoro, una strana pena a volte chiamata anche “ergastolo bianco”

Bene, oggi è il giorno di riposo lavorativo di Branca, attualmente dispensina qui in Giudecca e in ogni modo sempre occupata, come previsto dall’applicazione della misura della Casa di lavoro. Branca approfitta di questa festività per sbrigare le “faccende”, e infatti l’ho incontrata mentre risalivo dai passeggi, indaffarata a lavare una montagna di bucato, e l’ho bloccata per farmi raccontare come è capitata qui alla Giudecca.

Allora Bra’, dopo ci mettiamo a scrivere la storiaccia che ti è accaduta quando ormai stavi preparando i bagagli per uscire dal carcere di Monza?

Sì, sì, ho quasi terminato, devo soltanto risciacquare.

Okay, a dopo allora! Dunque Brà cos’è accaduto a Monza?

Mi hanno chiamato in matricola domenica sera per firmare il foglio di scarcerazione, cosi la mattina successiva potevo uscire libera, dato che ero giunta al mio fine pena. Felicissima sono risalita in sezione gridando: “Ragazze, domani vado a casa! Manderò a tutte delle cartoline dal mio paese (la Croazia)”! Ho iniziato a raccogliere i messaggi per i famigliari di quante non potevano avere i colloqui, infine ho deciso di dividere i miei indumenti tra le ragazze che avrei lasciato lì, perché dopo due anni volevo staccarmi da ogni situazione che mi ricordava la carcerazione. La notte non ho chiuso occhio, pensavo: “Che farò per prima cosa?”, insomma, mi sentivo un po’ persa. Ma a casa i miei già mi attendevano.

E poi?

Il lunedì mattina mi avvisano che sono attesa nuovamente in matricola. Io sorridendo urlavo: “Ragazze, vado!”, baci e lacrime di gioia.

Così sei scesa convinta che c’erano le ultime formalità da espletare e non hai capito cos’era questa Casa Lavoro di cui ti parlavano?

No certo! Infatti ero contenta perché scioccamente ero convinta che mi stessero offrendo un posto di lavoro! Che bello, ho pensato! Ma i volti degli agenti, sorpresi del mio buon umore, mi facevano dubitare che fosse una buona notizia... Dov’era, poi, questo lavoro?

Scusa Brà, non eri al corrente che in Italia esistono solo due carceri femminili adibite anche a Casa Lavoro? Una a Venezia e l’altra a Trani?

No, nemmeno avevo mai sentito che esistesse una detenzione cosi chiamata!

Nessuno si è occupato di dartene una minima spiegazione, dunque!

In realtà, mi hanno risposto che il luogo di destinazione (dato che la mia partenza è stata immediata da Monza) non lo sapevano. Quindi mi sono ritrovata in un blindo, piena di preoccupazione, verso una sorte che mi era sconosciuta… mille domande si accavallavano: come farò a dirlo ai miei? capiranno che questo è stato un imprevisto? Ma che genere di lavoro mi aspetta e chissà in che tipo d’Istituto?!

Avevi una vaga idea che fosse una condanna da scontare comunque in un carcere?

Figurati, credevo si trattasse di un lavoro da svolgere in una casa, anche se mi era difficile immaginare in quale forma.

Quando hai capito che eri giunta a destinazione, qui a Venezia?

Scesa in piazzale Roma, subito ho trovato gli agenti con il motoscafo ad attendermi, peccato che mi abbiano portato a S.M. Maggiore, dove c’è la sezione del maschile, mentre noi donne siamo alloggiate in Giudecca che è un’isola. E qui hanno fornito giochi di questo tipo come applicazioni e giochi online friv che sono giocati su dispositivi e gadget, come laptop, telefoni cellulari e altri. Molti di questi giochi possono essere trovati su vari siti Web e alcuni di essi sono gratuiti.

Ah, può essere Brà, che sia suonato come un nome prettamente da uomo il tuo, perciò Branca era destinata di là… ma si è risolto velocemente, questo piccolo disguido?

Insomma, diciamo che ho aspettato l’arrivo di un fax da Roma, del magistrato, che attestava le mie generalità e indicava la mia assegnazione. Quindi sono arrivata all’ingresso della Giudecca.

Tutto sommato oramai sei qui dal 19 luglio e credo tu possa dire che per lo meno ti sei integrata bene, a dispetto di tutte le difficoltà che hai avuto.

Ad ambientarmi con le altre donne non ho avuto nessun problema, non ho timori nel rendermi disponibile e forse ho anche trovato la collocazione adeguata a ciò che so fare, sfruttando anche quello che avevo imparato in libertà. Infatti sono stata assunta presso la Cooperativa il Cerchio, ho accesso al laboratorio di sartoria e mi sono iscritta al corso di ortofloricoltura.

Dimenticavi l’arte della parrucchiera!

Sì, fuori guadagnavo bene ma qui il compenso si sa che è inadeguato, però rendermi utile alle compagne che lo apprezzano mi soddisfa comunque.

Meglio tanti impegni che lasciare spazio ai pensieri di un fine pena non definito. È una brutta sensazione, vero, quella di non sapere quando uscirai da questa Casa Lavoro?

Certo che lo è! Sono andata in udienza dal Magistrato per sapere entro quanto avrei potuto chiedere una Camera di Consiglio in modo da chiarire cosa mi aspettasse di preciso e soprattutto fino a quando!

Nello sconto di questa misura sono esclusi i benefici della libertà anticipata e i permessi premio diventano licenze premio. Cos’è che implica il percorso per ottenerli? L’assenza di rapporti disciplinari durante la carcerazione (bastano al Magistrato per rinnovare di sei mesi la detenzione), e per la concessione delle licenze premio si esige un domicilio verificabile ad ogni effetto, ma quanti possono averne uno stabile dopo tanto tempo di una simile misura cautelare? Nel caso venga concessa la scarcerazione, a condizione di avere una residenza, si è costretti al regime della libertà vigilata per un periodo da sei mesi fino ad un anno. Un sistema fortemente vincolante, poiché è facile incappare in qualche ritardo con la firma obbligatoria giornaliera, e c’è anche il divieto di frequentare locali definiti a rischio e di incontrare persone con precedenti penali (ma chi può conoscere, se non persone che hanno fatto la sua stessa esperienza, uno che esce da un’esperienza di anni di carcere?). Quali prospettive ci siano per il reinserimento dopo la Casa di lavoro e quale sia il vero “fine pena” di questo tipo di condanna, si capisce poco. Branca, ad esempio, è straniera nonché domiciliata da anni in Francia. I sospesi con la Giustizia italiana, risalenti al ‘92, sono emersi qui in Italia durante un controllo nei pressi del confine con la Francia, dopo la verifica dei quali è scattato l’arresto.

Quali obiettivi ti sei posta davanti a questa realtà?

Quello primario è raggiungere i miei famigliari in Croazia. Mio padre è pensionato e vive con una delle mie sorelle ancora studentessa. Loro attendono con ansia il mio ritorno e sono preoccupati perché non sanno quando li potrò raggiungere. Non hanno tutti i torti, mi è difficile dire loro chiaramente com’è la mia situazione! Li sento al telefono e ripeto che sto bene e che presto farò ritorno a casa, perché almeno stiano tranquilli. Dentro di me, però, mi chiedo: “Quando tornerò a casa?”

 

Fonte: testimonianza pubblicata sul sito ristretti all'indirizzo http://www.ristretti.it/testimonianze/donne/branka.htm