L'affare carcere
Carcere
La direzione che va prendendo il carcere odierno si orienta su due livelli.
Il primo è la sua funzione "classica"
di contenimento ed attenuazione dell'enorme pressione sociale determinata
dalla nuova massa sempre crescente di poveri, disgraziati e diseredati
che il neoliberismo sta generando, e qui l'espressione più visibile
e lampante è l'istituzione dei lager per gli immigrati,
luoghi questi, dove la gente viene rinchiusa senza aver commesso alcun
reato, ma semplicemente per il fatto di essere sprovvista del "permesso
di soggiorno".
Va sottolineato come, per raggiungere gli obiettivi
che il periodo di reclusione si prefigge, tra le altre cose le autorità
carcerarie usino sempre di più droghe e farmaci. Questi contenimenti
chimici sono costituiti principalmente da sostanze psicotrope come antidepressivi,
sedativi, tranquillanti, con potere ipnotico. Droghe come il Valium,
il Tavor o il Serenase offrono l'equivalente chimico di una camicia
di forza e il loro uso sta diventando sempre più massiccio con
l'aumento della popolazione carceraria e con un sempre maggior numero
di prigionieri "trattati".
In USA questa tendenza è diventata un
"percorso terapeutico" che raggiunge la sua apoteosi con le
"modificazioni del comportamento", e all'interno del quale
l'uso di meccanismi di ricompensa e punizione è la prassi per
condizionare il comportamento.
Ma anche l'Europa sta raggiungendo rapidamente
gli stessi livelli.
Droghe come l'Acnetine (un derivato del curaro)
che produce sia paura che panico sono usate in terapie di avversione
al sistema dominante. In carcere le possibilità per testare le
nuove droghe del controllo sociale sono enormi, i controlli praticamente
nulli.
Il secondo livello su cui si sta orientando
il carcere odierno è quello di convertire progressivamente la
struttura carceraria alle regole del mercato globale, alle speculazioni
finanziarie e di borsa. Renderla sempre più produttiva e redditizia,
sempre più affine al modello di "sviluppo" mercantil-tecnologico-ipercapitalista
che la borghesia imperialista impone.
Perché limitarsi a sorvegliare
e punire, quando questo può diventare anche un lucroso affare?
A fianco del carcere pubblico prende sempre
più piede l'istituzione di carceri private, gestite da aziende.
Non è un caso che le società che gestiscono
le carceri private siano ormai delle multinazionali quotate in borsa.
Ad esempio negli USA, in base ad una nuova
legge le imprese private possono utilizzare a scopo di profitto il lavoro
dei detenuti (ma questo accade anche in Inghilterra e nei paesi del
nord Europa, e presto si estenderà a tutti quanti).
Manufatti
che prima erano prodotti all'esterno, vengono oggi lavorati dai carcerati
che ricevono una paga pari al 20% del salario minimo, ai quali è
impedito di aderire ai sindacati o di godere dei più elementari
diritti riconosciuti a ogni lavoratore. La legge inoltre ha fatto decadere
il principio in base al quale il lavoro in carcere dovrebbe essere volontario,
facendo passare invece quello che sancisce il dovere del detenuto a
lavorare per pagare la sua carcerazione (lavoro forzato). Come già
detto, la maggior parte dei paesi europei si sta allineando sulle stesse
posizioni, con provvedimenti analoghi. Ad esempio il governo inglese
sta letteralmente vendendo intere strutture carcerarie ad aziende private.
Il carcere si va dunque scindendo in pubblico e privato.
Quello privato per tutti quei soggetti che
vanno a costituire la nuova
miniera di forza lavoro e facili profitti per la borghesia imperialista,
formata soprattutto da microcriminalità facilmente controllabile
e
ricattabile, con secondini altrettanto sfruttati e sottopagati.
Quello pubblico articolato su due livelli: carcere "ordinario"
per i
soggetti da avviare alle strutture di recupero sociale, supercarceri
e
massima sicurezza per gli individui "socialmente pericolosi",
non
compatibili e/o irriducibili.
Le prigioni private
Forse parlare di carceri private può apparire strano. Il fenomeno
della privatizzazione delle carceri è però sintomatico
del cambiamento di mentalità che si è verificato negli
ultimi anni: chi, fino a poco tempo fa, avrebbe immaginato che in diversi
paesi del mondo si sarebbero privatizzati i simboli della potestà
punitiva dello Stato: le galere?
Eppure negli Stati Uniti quella delle carceri
è ormai un'industria multimiliardaria con le sue fiere e i suoi
convegni, con pagine web, cataloghi postali, ricerche di marketing,
e broker, i quali, su richiesta degli Stati, si impegnano a ricercare
per i detenuti i posti adatti al prezzo migliore. La giustificazione
delle prigioni private, costruite e gestite da società private
che ricevono dallo Stato una retta per ogni detenuto ospitato, è
che i monopoli pubblici, come i vecchi istituti di correzione, sono
generalmente inefficienti e spesso fonte di sprechi, e che il settore
privato, attraverso la concorrenza degli appalti, può fornire
un servizio migliore a un costo più basso. E infatti il successo
delle carceri private da questo punto di vista è stato indiscutibile,
dato che i costi per detenuto non solo sono risultati inferiori, ma
le condizioni dei detenuti sono molto superiori a quelle delle vecchie
e sovraffollate prigioni statali, dove la vita è pericolosa e
degradante. Le carceri private, invece sono spesso nuove di zecca, meno
sovraffollate e hanno minori probabilità di ospitare detenuti
violenti.
Oggi negli Stati Uniti le prigioni private sono
presenti in almeno 27 Stati, e ospitano circa 90 mila prigionieri. In
Australia le carceri private sono ancora più diffuse che in America,
tanto che il 20 percento di tutti i detenuti sono reclusi in prigioni
costruite, gestite e possedute dalle multinazionali delle sbarre: nello
Stato di Vittoria questa percentuale supera il 45 %! Anche in Inghilterra
negli ultimi dieci anni sono sorte sei carceri private, le ultimi due
inaugurate recentemente vicino a Liverpool e nel Galles del sud.
In America, le privatizzazioni del sistema
penitenziario sono iniziate già
negli anni '80 con un considerevole aumento dei contratti tra società
private, stati e città per sistemare i detenuti e gestire le
prigioni.
Prigione vuol dire denaro
L'Amministrazione della pena è diventata, come tutto il resto,
una fonte di profitti.
Maggiore è la domanda di internamento,
maggiore è l'offerta; il problema è di vendere bene la
merce "pena" e far funzionare bene l'industria del controllo
sulle classi pericolose: i poveri, i disoccupati, gli extracomunitari,
i giovani delle periferie urbane, gli immigrati clandestini.
Le due società che dominano il mercato
penitenziario americano sono la Correctional Corporation of America
e la Wackenhut Corrections Corporation.
La Wackenhut amministra attualmente undici
carceri, in pratica il 22% del mercato dei posti cella affidati ai privati;
inoltre ne gestisce altri due in Australia, attualmente sta cercando
di entrare sui mercati europei e latinoamericani. Nel 1999 controllava
il 55% del mercato penitenziario non statunitense e il suo giro d'affari
ammontava a 2,2 miliardi di dollari.
La Correctional Corporation è considerata
la pioniera nella costruzione e nell'amministrazione degli istituti
di pena privati; gestisce ventuno prigioni cioè il 51% del mercato
interno, soprattutto negli stati del Sud (Texas, Tennessee, Florida,
New Mexico) dove la privatizzazione delle carceri si è sviluppata
a partire dagli anni '80 e oggi rappresenta un vero e proprio settore
industriale, con una crescita del 35% l'anno. Ma non solo: come l'industria
manifatturiera, oltre ad aver stabilito rapporti anche con la Gran Bretagna
e l'Australia, è disponibile a spostare le sue aziende oltre
il confine messicano, dove possono essere impiantate delle autentiche
maquilladoras penitenziarie. Lo stato dell'Arizona ha in progetto
la costruzione di una prigione privata in Messico, per 21mila detenuti
chicanos. Quotata alla borsa di Wall Street, la C. Corporation
rappresenta la quinta società sul mercato finanziario newyorkese.
Come buona regola di ogni sistema produttivo
che si rispetti, a questo punto entra in campo l'indotto. Esistono più
di cento ditte specializzate soltanto nella progettazione di carceri,
che guadagnano dai quattro ai sei miliardi di dollari. Sul Correction
Today, una pubblicazione edita dall'Associazione penitenziaria statunitense,
si possono leggere inserzione del tipo: costruttori chiavi in mano,
servizi di gestione penitenziaria, bracciali elettronici, armi speciali,
sistemi di controllo per detenuti pericolosi, ecc. Una perfetta show-room
per un giro di affari valutato in miliardi di dollari all'anno. Negli
ultimi anni, prigioni e istituti per minori hanno dato in gestione a
fornitori privati una serie di servizi, compresa la ristorazione, la
sanità, l'assistenza psicologica, l'orientamento professionale,
l'istruzione ed il trasporto dei carcerati.
Naturalmente il privato è sinonimo,
per principio, di creatività: via le uniformi paramilitari e
il rozzo vocabolario che puzza di caserma. Maglioni color cammello con
il marchio della ditta, guardie che diventano tecnici della sicurezza
aziendale o residenti supervisori, le prigioni che si trasformano in
imprese di correzione e i carcerati che vengono chiamati residenti.
Le nuove tecnologie
In primo luogo la schedatura, che non interessa solo chi è incappato
nei rigori della legge, ma che si allarga a rete, tirando dentro familiari,
parenti prossimi, vicini di casa, conoscenti e amici.
Il braccialetto elettronico utilizzato per
assicurare il controllo del condannato fuori dal carcere. È collegato
ad un apparecchio telefonico; se il sorvegliato si allontana dalla sua
abitazione, il collegamento con il telefono si interrompe e nella caserma
di polizia suona l'allarme.
Le tecnologie della seconda generazione, in
fase di sviluppo, vengono progettate invece per seguire l'individuo
24 ore su 24.
Contemplano dispositivi che permettono di registrare il
ritmo cardiaco, la pressione, il tasso di adrenalina e l'eventuale presenza
di alcool o droga nel sangue.
Le tecnologie di terza generazione non prevedono
solo un uso di semplice controllo ma anche una interazione con il soggetto
pericoloso: il sistema indicherà infatti se la persona controllata
è sul punto di commettere qualche infrazione, nel qual caso sarà
possibile intervenire sul suo organismo attraverso segnali sonori, scariche
elettriche od altro.
Il sistema elettronico sarà in grado di
avvisare, punire o tentare di impedire l'infrazione.
Abolire il carcere
Il problema fondamentale è elaborare e diffondere coscienza e
cultura abolizionista.
Che ognuno prenda coscienza e si adoperi e
si impegni come meglio può per un effettivo salto in avanti del
genere umano. Abolire il carcere non è un'utopia, è una
necessità assoluta sulla strada di una società che si
voglia minimamente dire "civile".
Bisogna che ogni individuo si riappropri di
tutto ciò che secoli di capitalismo, violenza di stato e narcosi
mediatica gli hanno rubato: gioia di vivere e lottare, desiderio di
libertà, solidarietà verso gli oppressi, rifiuto alla
sottomissione.
Questo è il primo passo per avviarsi
sulla strada dell'abolizione del carcere e verso una società
che non abbia più bisogno di pene e punizioni per valutare l'operato
degli individui, liberata per sempre dai fantasmi ossessivi che la perseguitano
e alimentata dalla libertà di tutti, in assenza di discriminazioni
e ingiustizie, di classi sociali, di mercificazione dell'esistente,
di galere di ogni genere.
È importante praticare una cultura abolizionista,
esprimere ovunque l'importanza della libertà, battersi contro
ogni forma di sopraffazione, di negazione, di morte annunciata e differita,
nell'universale quanto nel particolare, e viceversa.
Fonte: Cannabis, rivista della canapa - numero 11 - Giugno 2002