L'analisi preoccupata di Nils Christie sul business penitenziario e il rischio dei gulag occidentali nel libro "Il Business Penitenziario, la via occidentale al Gulag" (Elèuthera, 1998)
Questo libro vuol essere un monito contro i recenti sviluppi nel campo del
controllo del crimine. Il tema è semplice. Le società di tipo
occidentale si trovano ad affrontare due problemi principali: la ricchezza
è distribuita ovunque inegualmente; così pure l'accesso al lavoro
retribuito. Entrambi i problemi sono in potenza fonte di conflitti. L'industria
del controllo del crimine è adatta ad affrontarli entrambi. Questa
industria da una parte fornisce profitto e lavoro e dall'altra produce il
controllo di coloro che altrimenti potrebbero disturbare il processo sociale.
Confrontata alla gran parte degli altri comparti economici, l'industria del
controllo del crimine si trova in una delle posizioni più privilegiate.
Non manca mai la materia prima: sembra che esista un rifornimento continuo
di crimine. Infinite sembrano essere anche le richieste del servizio, come
pure la volontà di pagare per quella che viene considerata sicurezza.
E i consueti problemi di inquinamento, propri all'industria, qui non compaiono.
Al contrario, questa è un’industria che viene vista come un'opera
di pulizia, di rimozione degli elementi indesiderati dal sistema sociale.
Raramente quelli che lavorano in un settore produttivo affermano che in quel
momento, proprio in quel momento, le dimensioni dell'industria hanno raggiunto
l'optimum: siamo abbastanza grossi, le nostre fondamenta sono sicure,
non vogliamo crescere ulteriormente. Lo stimolo all'espansione è innato
nel pensiero industriale, se non altro per evitare di essere fagocitati dalla
concorrenza. L’industria del controllo del crimine non fa eccezione.
Inoltre, questa è un'industria con vantaggi particolari, che fornisce
le armi per quella che spesso è vista come una guerra permanente contro
il crimine. L'industria del controllo del crimine è paragonabile ai
conigli in Australia, o ai visoni selvatici in Norvegia: non ci sono in giro
molti nemici naturali.
La convinzione di essere in guerra è la potente forza trainante alla
base di questo sviluppo. Un'altra è l’adattamento generale ai
modi di pensiero, d’organizzazione e comportamento industriali. L'istituzione
legale attraversa un processo di mutamento. Il vecchio simbolo, ormai fuori
moda, era la Dea Giustizia, cieca e con la bilancia in mano. Il suo compito
era di equilibrare un gran numero di valori contrastanti. Quel compito è
svanito. Una rivoluzione silenziosa si è realizzata all’interno
delle istituzioni giuridiche, una rivoluzione che fornisce opportunità
di sviluppo all'industria del controllo.
A causa di questi sviluppi, si è venuta a creare una situazione nella
quale ci si deve attendere un massiccio incremento nel numero dei detenuti.
Cosa che può già essere osservata negli USA, che nel 1991 hanno
raggiunto il fino allora inaudito numero di oltre un milione e duecentomila
detenuti, ovvero 504 ogni 100.000 abitanti. Questo livello di detenuti è
talmente alto che non può essere confrontato con nessun altro Paese
dell’Occidente. Ma perché soltanto un milione e duecentomila?
Perché non due, tre, o cinque milioni? E in vista dei tentativi di
creare un’economia di mercato nell’ex-URSS, perché laggiù
non si riesuma l’uso del Gulag? E ancora, con il declino della sicurezza
sociale negli Stati europei, quanti di questi saranno in grado di resistere
ai modelli tentatori delle due potenze ora diventate sorelle?
Ma sono in atto anche forze opposte. Come documenteremo fra breve, esistono
enormi discrepanze nel numero di detenuti fra paesi altrimenti relativamente
simili. E ci troviamo di fronte anche a "inesplicabili" variazioni
temporali all'interno degli stessi Paesi. Le cifre di detenzione possono diminuire
in periodi durante i quali, secondo le statistiche relative alla criminalità
e alle condizioni materiali ed economiche, avrebbero dovuto aumentare e possono
aumentare nel momento in cui per le stesse ragioni avrebbero dovuto diminuire.
Dietro questi movimenti «irregolari», sono in azione idee diverse
a proposito di che cosa debba considerarsi giusto o sbagliato nei confronti
di altri esseri umani, idee che combattono le soluzioni economico-industriali
«razionali».
I primi capitoli del mio libro documenteranno gli effetti di queste contro-forze.
La lezione che ricavo da tutto ciò è la seguente: nella nostra
situazione attuale, così straordinariamente propensa alla crescita,
è particolarmente importante rendersi conto che la dimensione della
popolazione carceraria è una questione normativa. Allo stesso tempo,
siamo liberi di scegliere e obbligati a scegliere. I limiti alla crescita
delle dimensioni dell’industria carceraria devono essere posti dall’uomo.
Ci troviamo in una situazione che necessita urgentemente di una seria discussione
su quanto si possa permettere di crescere al sistema del controllo formale.
I pensieri, i valori, l’etica, e non le tendenze economiche settoriali,
devono determinare i limiti del controllo, devono rispondere alla domanda
di quale sia il limite. Il volume della popolazione carceraria è il
risultato di decisioni. Siamo liberi di scegliere. E soltanto quando non ci
rendiamo conto di questa libertà che viene lasciato campo libero alle
condizioni economico-materiali. Il controllo del crimine è un'industria,
ma le industrie devono essere equilibrate. Questo libro affronta la forza
espansiva dell'industria carceraria, ma affronta anche l'azione delle contro-forze
di natura etica.
Nulla di quanto detto finora significa che la protezione della vita, del corpo
e della proprietà non debba essere una preoccupazione della società
moderna. Al contrario, vivere in società a larga scala a volte significa
vivere in ambienti in cui i rappresentanti della legge e dell'ordine vengono
visti come la garanzia essenziale della sicurezza. Affrontare poco seriamente
questo problema non serve a nulla. Tutte le società moderne dovranno
fare qualcosa riguardo a quelli che vengono generalmente percepiti come problemi
di criminalità. Gli Stati devono controllare questi problemi; devono
usare denaro, persone ed edifici. Quanto seguirà non costituisce un
appello per tornare a uno stadio di vita sociale privo di controllo formale.
È un appello per una riflessione sui limiti.
Dietro il mio monito contro questi sviluppi si cela un’ombra che proviene
dalla nostra storia più vicina. Studi recenti sui campi di concentramento
e sui Gulag ci hanno fornito importanti nuove intuizioni. Le vecchie domande
erano mal formulate. Il problema non è: com'è potuto accadere?
Il problema piuttosto è: perché non succede più spesso?
E quando, dove e come accadrà la prossima volta? (1)
Il libro di Zygmunt Bauman [1989] "Modernity and the Holocaust"
è una pietra miliare su questo argomento. I moderni sistemi di controllo
del crimine contengono talune potenzialità di sviluppo verso un Gulag
all'occidentale. Con la fine della Guerra Fredda, in una situazione di profonda
recessione economica, in cui le più importanti nazioni industrializzate
non hanno nemici esterni contro cui mobilitarsi, non sembra improbabile che
la guerra contro i nemici interni riceverà massima priorità,
considerati anche i ben assodati precedenti storici. Il Gulag all'occidentale
non è una macchina di sterminio, ma ha la possibilità di eliminare
dall'ordinaria vita sociale un segmento consistente di potenziali agitatori
per gran parte della vita di queste persone. Esso ha la potenzialità
di trasformare ciò che altrimenti sarebbe stata la parte più
attiva della vita di queste persone in un'esistenza assai prossima a quella
che i tedeschi chiamano vita non degna di essere vissuta. «(...) non
esiste alcun tipo di Stato-nazione nel mondo contemporaneo che sia completamente
immune dalla potenzialità di divenire soggetto a un governo totalitario»,
afferma Anthony Giddens (1985, p. 309). Vorrei aggiungere: nelle società
moderne i pericoli maggiori della criminalità non sono i crimini in
sé, ma il fatto che la lotta contro i crimini può condurre le
società verso sviluppi totalitari.
In questo libro svolgo un'analisi profondamente pessimistica e come tale contraria
a quanto credo sia il mio atteggiamento di base verso gran parte delle cose
della vita. Inoltre, è un'analisi di particolare rilevanza per gli
USA, un Paese al quale mi sento vicino per molte ragioni. Ho fatto conoscere
parte della mia analisi a colleghi americani in diversi seminari e convegni
fuori e dentro gli USA, e so che ne sono rimasti dispiaciuti. Non necessariamente
dissenzienti, al contrario, ma sono dispiaciuti di essere considerati rappresentativi
- come sono - di un Paese con particolari potenzialità di svilupparsi
secondo le linee che ho indicato. In questa situazione è di consolazione
limitata essere certi che ci sono grosse probabilità che l’Europa
possa ancora una volta seguire l'esempio costituito dal grande fratello dell'Ovest.
Ma un monito è anche un atto di un certo ottimismo. Un monito implica
credere nella possibilità di un cambiamento.
Questo libro è dedicato a Ivan Illich. Le sue idee stanno alla base
di gran parte di quanto è qui esposto, ed egli significa molto per
me personalmente. Illich non affronta nelle sue opere il controllo del crimine
in quanto tale, ma ha percepito le radici di quanto sta ora accadendo: gli
strumenti che creano la dipendenza, la conoscenza sequestrata dagli esperti,
la vulnerabilità delle persone normali quando vengono portate a credere
che le risposte ai loro problemi stiano nelle mani e nelle menti di altri.
Ciò che sta avvenendo nell'ambito del controllo industrializzato del
crimine è la manifestazione estrema degli sviluppi contro i quali Ivan
Illich ci ha sempre messi in guardia. Ho incluso riferimenti ad alcune delle
sue opere maggiori nella bibliografia anche se non ne viene fatta citazione
diretta nel testo, benché siano ben presenti.
Fonte: articolo pubblicato su Nonluoghi http://www.nonluoghi.it/
Note:
(1) Si può giustamente dire che la domanda non è quando o dove
accadrà il prossimo Olocausto. Sta già accadendo. La politica
finanziaria e industriale dell'Occidente ha come risultato quotidiano morte
e distruzione nel Terzo mondo. Ciononostante, in questo libro limiterò
la mia attenzione alla situazione all'interno del mondo industrializzato.
Il controllo del crimine nell'Occidente è un microcosmo. Se comprendiamo
ciò che sta accadendo all'interno di questi Paesi, potremo arrivare
più vicino a comprendere i fenomeni in atto nel Terzo mondo.
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