Oltre la solitudine e le istituzioni
di Nils Christie
Di che cosa parla questo libro? Parla di un sistema sociale
basato sulla decisione di escludere il denaro come incentivo per il lavoro e
come indicatore del prestigio e del valore delle persone. Si mettono tutti i
soldi in un cappello e si utilizzano secondo le necessità.
Parla di un sistema sociale che ha stabilito che alcuni strumenti sono pericolosi
per la vita di relazione e quindi non devono essere accettati all'interno del
sistema stesso.
Parla di un sistema sociale in cui si è stabilito che certe categorie
usate per classificare le persone (per esempio la follia o il ritardo mentale)
sono deleterie per le relazioni sociali e che quindi vanno evitate. Altre categorie
considerate a rischio e quindi vietate sono, per esempio, quelle di direttore
o di capo. Chi vive all'interno del sistema è un residente o un collaboratore.
Ciò non significa che tutti sono uguali nel quotidiano: qualcuno ha più
autorità, ma si tratta di un'autorità che li riguarda per come
sono e per come si comportano in quanto persone, e non di un ruolo ufficiale
sanzionato dal sistema. I residenti abitano insieme nella stessa casa, vanno
al lavoro nel villaggio stesso e qui partecipano a comuni attività culturali.
Un sistema come questo può essere definito "istituzione totale",
anche se questo termine è molto screditato nella letteratura sull'argomento.
Ma voglio spingermi ancora più in là, definendo il sistema con
un termine che in genere ha un'accezione molto negativa: non ho niente in contrario
a chiamarlo "ghetto". E lo dico con le migliori intenzioni.
I ghetti si sono dimostrati luoghi fatali ai tempi del nazismo e del fascismo.
Ma questo non deve farci dimenticare la validità di certi aspetti della
vita che si svolgeva al loro interno. La gente vi era riunita sulla base di
una presunta identità razziale, ma in realtà per una comunanza
di storia e di cultura, ed era forse costretta a stringere straordinari legami
di collaborazione dalle minacce che provenivano dall'esterno o magari perché
infiammata dalle idee e dalle profezie di qualcuno. Potevano diventare luoghi
tremendi per vivere, se si violavano le norme fondamentali della convivenza.
Ma erano anche e nello stesso tempo luoghi in cui l'esistenza offriva in misura
notevole certezze e relazioni intense e vivaci che oggi non troviamo più
nella nostra vita di ogni giorno. Chi ha toccato con mano gli aspetti positivi
della vita di un ghetto non si riadatterà mai completamente a un'esistenza
al di fuori di questo.
Il concetto di sottosviluppo
La prima edizione di questo libro risale al 1989. Che cos'è successo
da allora? L'editor di Elèuthera mi ha chiesto di raccontarlo
in questa prefazione. Ho cercato di resistere, ma è tornato alla carica.
E aveva ragione. Ma non è facile se lo si vuol fare seriamente. Non
è facile perché la cosa più notevole che è successa
da quando ho scritto il libro è che non è successo proprio niente
d'importante. È stato un periodo di stabilità e non di cambiamenti.
Come mai una situazione in cui non cambia niente è più difficile
da descrivere di un cambiamento? Perché va contro lo spirito dei tempi
e quindi è facile che la si giudichi negativamente.
Un'idea dominante nella nostra cultura è quella che impone di adattare
tutte le forme sociali in modo da farle rientrare nel quadro dato. È
così per la modernità.
Correva l'anno 1949 quando Harry Truman lanciò la campagna contro il
sottosviluppo con la quale voleva cambiare il mondo e trasformarlo in un consesso
di nazioni tutte altamente industrializzate. Bisognava sottrarre i poveri del
Terzo Mondo al sottosviluppo e alla miseria. Dietro questo progetto c'era una
ideologia aggressiva che presumeva che l'unica esistenza valida fosse quella
conforme ai criteri imposti dalla razionalità economica.
C'era nello stesso tempo l'idea che tutti i Paesi dovessero svilupparsi secondo
il nostro modello e con le finalità schematiche da noi previste. Il concetto
di sottosviluppo oggi è caduto in discredito a vantaggio della definizione
più corretta di Paesi del Terzo Mondo, ma la realtà rimane la
stessa: si devono aiutare questi Paesi a raggiungere il nostro livello, bisogna
ristrutturare i loro vagoni di terza classe in modo che siano simili ai nostri
di prima classe. Per farlo, questi Paesi devono cambiare una delle loro principali
caratteristiche e da multi-istituzionali diventare mono-istituzionali.
Da homo sapiens a homo miserabilis
Allora saranno in grado, in quanto Stati, di tirarsi fuori dalla loro condizione
di dipendenza internazionale. Nello stesso tempo però (e la ricetta del
cambiamento sociale trascura questo particolare) la nuova situazione farà
sì che un numero notevole di cittadini finisca in una situazione di dipendenza
individuale. La cosa si può prospettare in un altro modo: per aumentare
il prodotto nazionale i Paesi sottosviluppati dipendono da quelli altamente
sviluppati, ma al contempo nel loro sottosviluppo sono strutturati spesso in
modo da garantire spazio per tutti, perché c'è bisogno del lavoro
di tutti. Uscendo dalla condizione di sottosviluppo, la situazione si ribalta:
la dipendenza nazionale da altri Stati viene barattata con la dipendenza individuale
di molti cittadini. Questi Paesi entrano così nel novero degli Stati
composti da produttori e da consumatori e allora, secondo la logica che prevale
nell'era dell'automazione e della razionalizzazione, molti dei loro abitanti
precipitano rapidamente in una situazione che nega loro una piena partecipazione
alle uniche attività considerate importanti, quelle della produzione
e del consumo.
Dice Ivan Illich (1992, pp. 88-101):
In piena era industriale, per moltissime popolazioni che vivevano in una cultura di sussistenza la vita era ancora fondata sul riconoscimento di limiti che non si potevano travalicare e dell'impossibilità di uscire dai confini immutabili della necessità. Il suolo dava sempre gli stessi prodotti, ci volevano tre giorni per andare al mercato, il figlio sapeva già il proprio futuro osservando la sorte del padre... si doveva affrontare il bisogno, le necessità... In un'economia di pura sussistenza, l'esistenza di desideri è tanto scontata quanto la certezza dell'impossibilità di soddisfarli. Go to link wellbutrin online .Si accettava l'esistenza com'era. Si avevano desideri, ma più come speranze che come esigenze basate su diritti. L'essere umano, nella prospettiva di Illich, si trasforma da homo sapiens a homo miserabilis.
Fonte: Premessa all'edizione italiana del libro di Nils Christie Oltre la solitudine e le istituzioni, comunità per gente fuori norma (Elèuthera, 2001). Pubblicato su A rivista anarchica, maggio 2001