È stata presa per le eliche: quelle del suo Dna. La
presunta brigatista Laura Proietti aveva lasciato per strada l'impronta genetica.
Ed è stata incastrata. Da un mozzicone di sigaretta che ha consentito
l'individuazione del suo patrimonio genetico. Così il test del Dna
è stato rilanciato quale «formidabile fonte di prova»,
come lo definiscono i tre deputati Daniele Franz, Roberto Menia e Gianfranco
Anedda (An), che hanno proposto una legge per rendere obbligatorio questo
esame per indagati o imputati di delitti punibili con l'ergastolo o con una
pena non inferiore a 3 anni. Questo perché la legge vieta di ottenere
un campione biologico contro la volontà dell'individuo. Un ostacolo
per le indagini - si dice - nonostante nel 1996 una sentenza della Corte Costituzionale
abbia suggerito un'integrazione in tal senso del codice di Procedura penale.
«Questa integrazione non è stata mai fatta. E allora, stimolati
anche dalla cattura della Proietti, ci pensiamo noi», spiega Daniele
Franz, 40 anni, primo firmatario della proposta. «In questo modo - cita
le parole di Gaetano Filangieri (1752-1788) - si potrà "togliere
all'innocente ogni spavento, al reo ogni speranza, ai giudici ogni arbitrio"».
Un ottimismo non condiviso da tutti, specialmente dopo la figuraccia del marzo
scorso, quando il test genetico spedì in carcere un barista di Liverpool,
perché accusato della morte di Annalisa Vicentini, uccisa in Toscana.
Peccato che l'inglese non avesse mai messo piede in Italia!
Questo incidente però non ha scalfito la fiducia che ripone nella Genetica
il generale dei carabinieri Serafino Liberati, 62 anni, romano. Presidente
del Cocer (la rappresentanza sindacale dell'Arma) e comandante della Divisione
unità specializzata, da cui dipende il Racis (Investigazioni scientifiche),
l'alto ufficiale non si stanca di chiedere «una legge simile, che consentirebbe
di ridurre del 20% i reati senza colpevole» e soprattutto «un
archivio con l'impronta genetica della popolazione». Il primo a contestare
tante attese è un altro sindacalista delle forze di polizia.
«Non basta che una persona sia passata sul luogo del delitto per essere
accusata - afferma Claudio Giardullo, 49 anni, dirigente Criminalpol e segretario
del Silp-Cgil -. E poi sareste contenti nell'apprendere che qualcuno potrebbe
controllare quotidianamente il vostro materiale ereditario anche solo per
escludere che siete degli assassini?». In realtà, secondo gli
esperti, il profilo genetico non consente di per sé di risalire ad
altre informazioni personali. Tuttavia se viene archiviato anche il campione
biologico, nulla esclude che possano esserne estratti altri dati.
La distruzione dei campioni è un elemento chiave di una schedatura
di massa, ma è difficilmente verificabile. Come avviene adesso in Italia.
«Appunto: che fine farebbero i dati? - si chiede il poliziotto-sindacalista
-. E poi non capisco il comportamento del centrodestra: da un lato è
garantista e attacca la magistratura che indaga, dall'altro vuole introdurre
uno nuovo strumento invasivo e lesivo».
«Intanto, un conto è l'adozione di moderni strumenti investigativi,
altro è il suo uso - replica l'onorevole Gaetano Pecorella (Forza Italia),
presidente della commissione Giustizia della Camera -. Sul Dna c'è
troppo oscurantismo. In un mondo sempre più instabile, con la criminalità
che dilaga e con lo sviluppo delle megalopoli, questa tecnica e indispensabile.
Io vorrei il modello Tony Blair, la schedatura genetica di massa, che avrebbe
anche un effetto dissuasivo. Certo, la custodia e l'uso delle impronte genetiche
sono un problema serio. Ma è risolvibile, magari con una Authority».
Sono proprio questi due aspetti che fanno insorgere tecnici e politici di
orientamento diverso. Ad esempio, Anna Rita Costantino, siciliana, esperta
internazionale di criminalistica. Dice: «I media hanno creato una immagine
distorta dell'onnipotenza dell'esame Dna. Esso potrebbe essere manipolato,
fatto apparire sulla scena del crimine come si vuole, anche in considerazione
dell'approssimazione con cui si conducono le indagini. Ci siamo dimenticati
del Corvo nel Tribunale di Palermo? Il Dna è solo un indizio».
Durissima anche le reazione del deputato Paolo Cento, (Verdi-Ulivo), vicepresidente
Commissione Giustizia: «È una proposta di legge intempestiva
e demagogica. Arriva in un momento di svolta fortemente lesiva delle garanzie
dei cittadini. Però si procede in modo preoccupante: l'avviso di garanzia
è diventato sinonimo di condanna, le tecniche invasive di investigazione
dilagano e vengono esaltate acriticamente, basta una telefonata per essere
terroristi...»
Fra queste posizioni estreme, ce ne sono altre possibiliste. Ad esempio, quella
del deputato leghista Luciano Dussin, 44 anni, di Castelfranco Veneto: «Se
il Dna è uno strumento contro certi crimini, ben venga: non abbiamo
riserve. Anche perché chi è onesto ha poco da temere».
«Certo non si può utilizzare un'arma simile contro un truffatore
o per reati fiscali - ammette Vittorio Borraccetti, ex procuratore aggiunto
della Direzione nazionale antimafia e ora procuratore di Venezia -. La proposta
colma effettivamente un vuoto legislativo (ne avevamo parlato spesso con Pier
Luigi Vigna), che ci costringe a muoverci con artifici e sotterfugi. Se ne
può discutere». Più critico il senatore Massimo Brutti
(Ds): «Mi pare una proposta strampalata. È vero che copre una
carenza ed è cauta sui reati per cui si procede (anche se - a ben vedere
- si va dall'omicidio volontario a quello colposo!). Occorrerebbe specificarli
meglio. Ma restano due ostacoli: la coercizione (che succede se uno si rifiuta?
Viene anestetizzato?) e soprattutto: chi assicura la tutela e la sicurezza
dei dati raccolti?» Il commento finale di un emerito presidente della
Consulta, Aldo Corasaniti, lascia intuire che la legge rischierebbe di andare
a sbattere contro lo scoglio della incostituzionalità: «"Nemo
tenetur edere contra se", nessuno è tenuto ad accusare se stesso.
È un principio giuridico sacro. La sua violazione porta alla Santa
inquisizione e alla tortura. Il prelievo coattivo di materiale biologico va
a scontrarsi con l'articolo 13 della Costituzione. È una violazione
della individualità, costringe la persona a testimoniare contro se
stessa: nell'interesse della società, naturalmente. Ma anche l'Inquisizione
voleva la salvezza dell'anima».
***
Cosa dice la legge
Oggi
La Costituzione
In Italia, per legge, non si può ottenere un campione biologico contro
la volontà di un individuo. Il "prelievo coattivo" di materiale
biologico va à scontrarsi con l'articolo 13 della Costituzione, secondo
il quale "la libertà personale è inviolabile".
Nel 1996
La sentenza
Nel 1996 una sentenza della Corte Costituzionale, che impediva il prelievo
obbligatorio del sangue, ha tuttavia suggerito un'integrazione in tal senso
del Codice di procedura penale.
La proposta
«Test obbligatori»
Tre deputati di Alleanza nazionale hanno annunciato una proposta di legge
per introdurre il test obbligatorio del Dna per indagati o imputati di delitti
punibili con l'ergastolo o con una pena non inferiore a 3 anni.
***
La schedatura genetica
Il DNA
È il patrimonio genetico personale. Tutte le cellule di un individuo
contengono lo stesso Dna, ma ognuno ha un Dna diverso
L’analisi
Un’analisi di laboratorio su una lacrima, un capello, una goccia di
sudore è sufficiente per stabilire un profilo di Dna.
Il «profilo»
Si analizzano regioni molto ridotte della sequenza del Dna, dette «markers»:
in Svizzera un profilo genetico è costruito sulla base di 13 markers,
in Germania di 5. La probabilità che due persone abbiano lo stesso
profilo genetico è bassissima (una su varie decine di milioni)
Campioni biologici
Si analizza la parte di Dna non contenuta ne nucleo della cellula, ma nei
mitocondri. Questo profilo è utile nel caso di campioni biologici incompleti:
è sufficiente anche un capello senza radice, che non può invece
essere usato per un test del Dna nucleico.
Gli errori
Il tasso di errore nei laboratori di analisi è relativamente alto:
in alcuni test svolti negli Usa, è arrivato al 7%. Inoltre c'è
un problema di ambiguità del test, che lascia spazio alla discrezionalità
degli esperti
In Europa
Hanno una legge per la schedatura Svizzera e Germania. In Gran Bretagna dal
2004 è previsto il test per chi viene arrestato. Sperimentazione in
Belgio, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia.
Il panorama internazionale
A Londra basta l’ordine di un agente
In Gran Bretagna il test del Dna dal 1995 può essere effettuato, su
decisione di un singolo poliziotto, su chiunque (minori compresi) «compia
un'offesa rimarchevole» grazie al provvedimento contro hooligan e rave
illegali.
Quest'anno il governo Blair ha annunciato il progetto di schedare il Dna di
tutti i neonati, ma la decisione definitiva è prevista per la fine
del 2004. Stati Uniti e Germania hanno copiato l'esperienza inglese, mentre
in Austria e Olanda l'introduzione nella banca dati è vincolata all'ordine
di un giudice ed è comunque riservata solo ai crimini ritenuti molto
gravi.
In Svizzera dal settembre 2002 viene schedato geneticamente chiunque sia sospettato
in un'indagine giudiziaria. Altrove, invece, si va con i piedi di piombo:
Belgio, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia sono in fase di sperimentazione.