Dal codice genetico all’autore del reato: le nuove prospettive
delle indagini scientifiche
Si chiama «database del DNA» ed è l’ultima frontiera
dell’evoluzione delle indagini scientifiche basate sull’esame del
codice genetico. È una sorta di archivio che raccoglie i Dna di soggetti
già coinvolti in crimini - ma non necessariamente solo di queste persone
- per poter arrivare immediatamente all’individuazione dei responsabili
di delitti semplicemente analizzando minime tracce di Dna. In altri paesi questo
strumento di lotta al crimine è già da tempo una realtà;
in Italia potrebbe diventarlo, visto che la tecnologia necessaria non manca
di certo. Ma la strada da percorrere sul fronte legislativo per introdurre questa
possibilità è ancora lunga.
È stato questo uno dei temi di maggior rilievo affrontati ieri nel corso
del convegno su «Analisi forense del Dna», organizzato nella sede
della Scuola di Polizia penitenziaria alla Certosa da «Applied biosystems»,
società che opera nel settore delle tecnologie per l’analisi scientifica
nell’ambito delle investigazioni giudiziarie. Presenti all’assise
numerosi biologi e studiosi dell’Università di Parma e di altri
atenei italiani, oltre a una nutrita rappresentanza del Ris di Parma - il Raggruppamento
investigazioni scientifiche dei Carabinieri - guidata dal tenente colonnello
Luciano Garofano. A fare gli onori di casa è stato il direttore del carcere,
Silvio Di Gregorio, mentre il saluto ai partecipanti è stato rivolto
dal sindaco Elvio Ubaldi, che ha ricordato, riferendosi proprio al Ris, il «ruolo
di presidio sociale che svolge, per la sua funzione di strumento a servizio
della giustizia ma anche in quanto elemento che contribuisce alla tranquillità
e alla sicurezza».
«Porre le basi per un allargamento dell’utilizzo della tecnologia
dell’analisi del Dna, sfruttando appieno le sue potenzialità come
avviene in altri paesi». Questo, secondo Raimo Tanzi di Applied biosystems,
è l’obbiettivo da raggiungere. «In Italia - ha aggiunto -
siamo ancora all’utilizzo di questa tecnologia solo per aggiungere prove
a dei sospetti di reati, che però devono essere individuati con tecniche
di identificazioni normali. Mentre in altri paesi, primi fra tutti Gran Bretagna
e Usa (ha portato ieri la propria esperienza anche un ex procuratore americano,
Chris Asplen, ndr), sta prendendo piede l’utilizzo di database, cioè
collezioni di profili di Dna di persone che sono state in qualche modo coinvolte
in crimini di varia natura. Questi database consentono di avere una grande quantità
di dati, grazie ai quali si può trovare il colpevole di un delitto anche
laddove non sussista neanche un minimo indizio, ma solo con l’analisi
di Dna prelevato nella zona del reato». E non solo nei casi di omicidio:
«Categorie di reati che potrebbero giovarsi di questo sistema - ha detto
Tanzi - sono gli stupri, ma anche i furti in generale». E un elemento
non trascurabile è l’abbattimento dei costi di investigazione.
Già oggi, comunque, il modello di polizia giudiziaria è profondamente
diverso rispetto a pochi anni fa. «La nuova polizia giudiziaria - ha spiegato
il colonnello Garofano - è una sintesi fra l’investigatore classico
e le tecniche scientifiche. Abbiamo cominciato noi col caso del serial-killer
Donato Bilancia e con quello di Erika e Omar a Novi Ligure, coinvolgendo sempre
investigatori e pubblici ministeri, affinché ogni giorno si discutesse
di quello che si faceva e delle intuizioni che derivavano dalle indagini. Se
non c’è questo contatto si rischia di perdere tempo e ognuno lavora
senza una bussola».
E sulle tecniche più strettamente scientifiche, il responsabile del RIS
ha ricordato che «sicuramente il Dna ha rappresentato una svolta, facendo
anche da traino per gli altri settori della polizia scientifica. Importantissimo
comunque è che l’intervento di specialisti sulla scena del reato
sia immediato, per poter dare ad ogni particolare un significato». Alla
base del successo di ogni indagine scientifica, comunque, per Garofano stanno
sempre alcuni elementi fondamentali: «Tanta passione, tanta voglia di
studiare e anche tanta umiltà e prudenza».