Su Gazetinu
de sa luta kontras a sas presones
Gennaio - aprile 2003
N. 10-11
La giustizia del Gup sul massacro di S. Sebastiano
La sentenza
E ALLORA, NE VOGLIAMO PARLARE O NO?, Associazione culturale
Papillon, 3 agosto 2002
LETTERA APERTA DA BADH''E KARROS, 1 settembre 2002
Dalle profondità della galera, ancora una volta, Redazione
PER L'AZIONE DIRETTA, Costantino Cavalleri
Papillon: sulle proteste e strumentalizzazioni in corso, 27
gennaio 2003
Lettera dei detenuti ai dimostranti del 21 settembre, "Un
grazie dal carcere", "L'Adige", 1 ottobre 2002
Dal reclusorio militare di S.Maria Capua Vetere, Disertori dell'ordine
di Stato
CONDANNATA MA LIBERA, comunicato di Silvia Guerini
La cayenna di Spoleto
Dal carcere di Spoleto di Antonio Mormorio
Lettera di Paolo Dorigo sullo sciopero della fame, 28 novembre
2002
Uno stato di emergenza per la difesa dei capitalisti, Paolo
Dorigo, 2 dicembre 2002
Comunicato (3°) di Paolo Dorigo, 2 dicembre 2002
Carcere di Spoleto: la morte di Carmelo Altomonte
Carcere di Spoleto: Francesco Catgiu
"Nonsolochiacchiere" e le aspirine, di Nino Faro,
galera di Nuoro
Da Badh''e karros cayenna nuorese
Dichiarazione di Marco Camenisch contro la tortura e l'isolamento
Dallo sciopero della fame al trasferimento nel carcere di Chur,
nei Grigioni
LIBERTÀ PER MARCO CAMENISCH, Individualità ribelli
- Pietrasanta; Alpi in resistenza - Sondrio; 29 gennaio 2003
NO PASARAN! Francesco Puglisi - carcere di Messina, 7 febbraio
2003
Appello alle strutture di solidarietà di classe, Paolo
Dorigo, 8 gennaio 2003
Su perquise ed arresti
Genova (aggiornamenti) "operazione 4 dicembre"
Per i magistrati "eroina" vuole restare in carcere
Marina agli arresti domiciliari dal 20 febbraio
A Bergamo, il 7 febbraio, 11 PERQUISE, Circolo Freccia Nera,
Collettivo Liberazione Animale, FAI Bergamo
Su di una Interrogazione Parlamentare, di M. Lucia Mesina
e Rita Piga
Iniziativa a Milano contro il carcere ed il 41 bis, 14 dicembre
2002
Buoncammino: ennesima perquisa a Federico Pais per reati associativi
Galera di Buoncammino, Riccardo Piras, Federico Pais
Servizi igienico-sanitari?, Giuliano Pois
Una sola entrata un'unica uscita, per tutti, Federico Pais,
agosto 2002
Sentenza emessa al processo romano
La pagina internazionale
Grecia: Arrestata Eva Tziutzia
Spagna: arrestati 5 compagni
Cipro: l'arresto di George Karakasian
Sequestro Melis, sentenza di 2° grado: tutti assolti
Anche Nando è in libertà
Comunicato editoriale
Nonsoloversi
In sostegno di Su Gazetinu
Magliette pro Su Gazetinu
Versi ed altro pro Su Gazetinu
Come prima, più
di prima
La giustizia del Gup sul massacro di S. Sebastiano
Erano già morti prima di fare i secondini
di M. Lucia Mesina
Ma realmente chi, il 3 aprile 2000, si trovava a S. Sebastiano ed ha visto
e subito quello che viene definito come possibile "sfogo personale durante
un'operazione di bonifica ambientale", stava aspettando ed ha bisogno
del pronunciamento della legge?
Il 22 febbraio 2003 la giustizia si autoafferma e decide di chiudere per sempre
questa storia. Però, quello che è successo a Sassari in quei
giorni, è successo prima, molto prima, è continuato e continuerà
sempre e ovunque in questi posti dove l'essere umano come genere non esiste
più. Non esiste nei prigionieri, il cui ruolo prevede sottomissione,
passività, depersonalizzazione, umiliazione, come se avessero una cambiale
aperta ad aeternum con chi li circonda. Ancor meno esiste nei carcerieri,
dove la disumanizzazione e l'annichilimento non si manifestano al momento
dei pestaggi ma bensì molto prima, più in là, in ogni
singolo momento della loro privata esistenza. Erano morti ancor prima di scegliere
di fare i secondini, mestiere che soltanto permette loro di riversare il sentito
peso della propria vita fallita fuori, all'esterno, sfogando sugli altri la
propria miseria.
La sentenza del giudice mi lascia indifferente, non credendo io, in toto,
a questa giustizia, neanche quando alla sbarra vi è lui, il POTERE.
Perché la mia lotta contro le galere non è finalizzata a metterci
dentro gli sbirri, i giudici, lo Stato o la politica.
Oggi le maschere si scambiano: all'accusa i prigionieri, alla "sbarra"
i carcerieri! Mi chiedo: almeno ora ogni singolo prigioniero avrà rivissuto
almeno per un attimo, il proprio processo, le meschinità create, le
situazioni falsate, le azioni pilotate?
Tutto ciò per affermare e celebrare la sola realtà concessa
e da accettare: quella del potere!
E non capisco, proprio non ci arrivo, a chi sia rivolta questa autocelebrazione;
chi dovrebbe crederci e a chi dovrebbe andare bene? forse ai prigionieri e
i loro familiari perché riabilitati per 5 minuti in un'aula di giustizia?
o alla cosiddetta "opinione pubblica", compiacente di vivere in
un sistema del genere?
A me tutto ciò non sta affatto bene! Non è certo un processo
che voglio, non è una condanna penale che cerco; auspico la presa di
coscienza di ogni singolo uomo e che questa possa, anzi sia necessariamente
esplicitata nell'azione concreta, quotidianamente.
Questa è la mia giustizia.
Di seguito appaiono il comunicato dell'associazione Papillon in cui propone un ciclo di proteste nelle carceri per l'ottenimento dei punti rivendicati, e il comunicato di diversi detenuti di Badh''e karros di adesione alla proposta. Pubblichiamo anche l'intervento della redazione di Su Gazetinu. I tre scritti sono stati distribuiti l'11 settembre, in un unico volantino, nella città di Nuoro dopo un'iniziativa di fronte alla prigione di Badh''e karros.
E ALLORA, NE VOGLIAMO PARLARE O NO?
Associazione culturale Papillon
Il sole di mezza estate sembra aver fatto purtroppo evaporare anche l'iniziale
dibattito sulle diverse e coraggiose proposte di amnistia e indulto avanzate
recentemente da autorevoli esponenti politici, sia della maggioranza che di
Rifondazione Comunista. Noi ci auguriamo che non sia così, ma intanto
siamo però costretti a rilevare che altri esponenti delle forze di
governo e dell'opposizione si sono affrettati a liquidare qualsiasi seria
riflessione sugli strumenti concreti con i quali affrontare nell'immediato
i tanti problemi del sistema penitenziario, e in primo luogo i drammi prodotti
quotidianamente da un sovraffollamento senza precedenti nella storia della
Repubblica. Troppi uomini politici sono propensi a dirottare verso la costruzione
di nuove carceri cifre molto più alte degli scarsi fondi che almeno
sulla carta dovrebbero essere destinati al "trattamento rieducativo"
intramurario dei detenuti e al loro reinserimento socio/lavorativo esterno.
Così facendo, essi sembrano ignorare che la principale finalità
costituzionale della pena (e quindi anche delle risorse investite nel circuito
penitenziario) è la risocializzazione dei detenuti, e soprattutto sembrano
disposti a sorvolare con disinvoltura sul fatto che troppe volte gli investimenti
per nuove carceri si sono trasformati in occasioni di speculazione e corruzione
davvero vergognose. Ad ogni modo, noi continuiamo a sperare che le varie sensibilità
presenti nella società civile e un po' in tutti i partiti politici,
riescano a non far cadere l'attenzione sulla drammatica situazione delle carceri
e sulle inevitabili e pacifiche proteste che purtroppo i detenuti sono e saranno
costretti ad effettuare per difendere i propri diritti e la propria dignità.
Nonostante le tante delusioni e le periodiche campagne di stampa che presentano
le galere come una sorta di "villaggi turistici", noi non ci stancheremo
mai di dialogare con la società esterna e con il mondo politico per
ricordare a tutti che esiste un nesso profondo tra l'aumento del degrado sociale
e culturale e la diffusione dell'illegalità. E soprattutto per ribadire
che uno Stato di Diritto è cosa diversa e opposta al presunto diritto
dello Stato di operare una vendetta sui cittadini che violano la Legge e pagano
in prima persona.
In conclusione, noi chiediamo:
- Un indulto generalizzato di 3 anni;
- Il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario nazionale;
- La riforma del codice penale, a partire dall'abolizione dell'ergastolo e
dalla depenalizzazione dei reati minori;
- L'abolizione delle prescrizioni contenute nell'art. 4 bis;
- L'abolizione dell'anticostituzionale art. 41 bis;
- L'aumento della liberazione anticipata a 4 mesi;
- Un aumento delle concessioni delle misure alternative al carcere;
- Espulsione dei detenuti stranieri che ne facciano richiesta.
Di tutto questo vogliamo discutere con i detenuti, con la società civile
e con tutte le forze politiche.
00185 Roma, Piazza S. Maria Consolatrice n° 13
3 AGOSTO 2002
LETTERA APERTA DA BADH''E KARROS
Una parte dei detenuti del carcere di Nuoro raccogliendo l'invito della Associazione
Culturale Papillon segnalano che dal giorno 9 settembre entreranno in agitazione
per tre giorni con lo sciopero del carrello sia per solidarietà con
le proteste degli altri istituti oltre che per farle nostre. Noi crediamo
che l'Amnistia e un indulto generalizzato siano un passo giusto e necessario
verso il miglioramento delle condizione di vita interna alle carceri, siano
l'atto con cui si torna ad affrontare con coraggio il problema nella sua complessità,
abbinando a nuovi provvedimenti anche misure non emergenziali; è per
questo motivo che: chiediamo la sospensione dell'art. 41 bis, la non applicazione
delle forme di differenziazione che sono la prova oggettiva di una politica
di negazione dei diritti. Chiediamo l'abolizione dell'ergastolo e consequenziale
riallineamento delle pene. Chiediamo che si affronti il sovraffollamento degli
istituti di pena non solo parlando della costruzione di nuove strutture. Grande
è il bisogno di aumentare il numero di operatori civili, da cui dipende
l'osservazione dei detenuti. Chiediamo sia data concreta attuazione alle leggi
che garantiscono il lavoro esterno, la semilibertà e tutte quelle forme
che possano e devono facilitare il ritorno d'uomini e donne nella società.
Chiediamo una migliore sanità tra queste mura. Chiediamo la cessazione
dei trasferimenti a centinaia di chilometri di distanza dalle residenze delle
nostre famiglie, perché il modo migliore per preparare individui all'inserimento
e lasciare che essi possano vivere con serenità i rapporti personali.
In particolare modo chiediamo per questo istituto l'assegnazione di un Direttore
fisso (da anni il posto è vacante) per potere avere un punto di riferimento
sia per noi che per gli agenti di custodia.
A scanso di equivoci e di eventuali ritorsioni garantiamo che i nostri intenti
sono assolutamente pacifici e dettati dal buon senso.
Nuoro, 01.09.02
Dalle profondità della galera, ancora una volta
Ancora una volta dalle profondità della galera arriva a noi "liberi"
la voce dei rinchiusi.
Chi sono costoro? Sono gli uomini e le donne che hanno violato le leggi dello
Stato; sono quelli/quelle che il potere costituito, e dietro sua indicazione
la società civile, identificano come i destabilizzatori del buon andamento
del quieto vivere; sono, infine, i cattivi soggetti che dopo aver minacciato
la sicurezza dell'altrui vita e degli altrui averi, vengono imprigionati nelle
galere per non più nuocere. Come se tutto questo bastasse ai bravi
cittadini "fuori" per considerare la loro vita più dignitosa,
veramente degna di essere vissuta e priva di contraddizioni. L'idea della
galera, e la sua realtà, si è radicata nella mente umana, da
qualche secolo ad oggi. Così che pare non possa non esistere un luogo,
possibilmente lontano dai centri abitati, dove ad una gran massa di esseri
umani viene negato il diritto ad esistere dignitosamente, allo scopo di soddisfare
la sete di vendetta che voi bravi cittadini all'esterno delle carceri chiamate
giustizia!
Anche stavolta una parte dei reclusi ha deciso di smuovere le acque stagnanti
di "Badh''e karros", con 3 giorni di "sciopero del carrello"
a partire dal 9 settembre, sintonizzandosi così con quanto stanno attuando
in questi giorni altri prigionieri di diverse galere.
Come redattori di "Su Gazetinu" e componenti del Comitato Amici
e Parenti dei detenuti, ancora una volta ribadiamo la nostra solidarietà
ai prigionieri in lotta, sostenendo le loro proteste e cercando di estenderle
nel sociale.
Invitiamo amici e parenti dei reclusi a contattarci presso uno dei seguenti
recapiti:
- Guasila, Via M. Melas n. 24
- Nuoro, Via Buonarroti 2
PER L'AZIONE DIRETTA
Da quando Papillon, il 3 agosto dell'anno scorso, ha lanciato la proposta
riprodotta nella pagina precedente, e dal 9 settembre ha dato inizio alle
proteste nei carceri, quasi tutti i penitenziari italiani ne sono stati coinvolti,
fino ad oggi. Nel frattempo, a livello politico istituzionale ne son successe
di cotte e di crude, evidenziando ancora una volta come la disgrazia dei più
diventa cavallo di battaglia per i potenti ai fini delle guerre intestine
tra diverse fazioni del potere per accaparrarsi maggiori fette di dominio.
L'ultimo documento in nostro possesso di Papillon, del 27 gennaio scorso,
che riproduciamo nella colonna a fianco, manifesta la rabbia e la delusione
per la strumentalizzazione della protesta dei prigionieri, ma d'altro lato
ripete instancabile e quasi pateticamente l'errore di partenza: quello di
appellarsi a partiti presunti progressisti per trovare in essi i fautori della
forza sociale in grado di imporre al governo le rivendicazioni avanzate.
Non possiamo che prenderne atto e solidarizzare con i detenuti, anche in questo
frangente, ma non vogliamo tacere di fronte alle ingenuità e prese
di posizione di Papillon, di già contenute nella proposta di agosto
e le cui conseguenze hanno portato dritto dritto, per la natura stesse delle
cose, a quanto è oggi oggetto di delusione. Non vogliamo fare della
demagogia, ma non dimentichiamo la diretta responsabilità di partiti
e fazioni oggi all'opposizione nel richiedere maggiore repressione, l'estensione
del 41 bis, ulteriori restrizioni a scapito dei reclusi. Per tutte le forze
al potere il detenuto è un criminale ed in quanto tale in galera deve
stare: che poi quel detenuto sia in galera per aver rifiutato l'ordine vigente
che garantisce ai potenti dominio e ricchezza ed ai subalterni solo un lavoro
(se gli va bene) ed il giogo al carro del comando, per nessuna di esse costituisce
un problema che va risolto. La rivolta dei prigionieri è per tutte
loro un carrozzone ed una bandiera a cui appellarsi oggi al fine di trarre
profitto nell'immediato o nel futuro.
In primo luogo, siamo onesti, con noi stessi anzitutto! Papillon ha ritenuto
valido fin dall'inizio il discorso del potere (al governo o all'opposizione
attuale, non fa alcuna differenza) sulle galere, sui detenuti, e sui ruoli
degli uni e degli altri. Non solo, ma ha ritenuto valido anche il discorso
del rimbambito capo del Vaticano che ha capovolto dati storici inconfutabili
per trarre acqua al proprio mulino, cioè per rendere più credibile
la propria maschera "umanitaria". Così facendo Papillon non
ha fatto altro che attizzare la pratica strumentalizzatrice del potere costituito
che regge il sistema che genera e rigenera la galera ed i ruoli di coloro
che la galera riempiono.
L'associazione di Rebibbia ha ritenuti validi e (quasi) risolutivi, fin dall'inizio,
i dibattiti sulle varie proposte che esponenti di questa o quella fazione
politica avanzavano a livello parlamentare. Ora, o siamo davvero sciocchi,
ed allora ben poco vi è di che discutere, oppure dobbiamo seriamente
valutare le cose per ciò che sono in realtà e non secondo i
nostri più o meno pii desideri. E da quando in qua i politici si sono
mai mossi onestamente, intendo dire senza strumentalizzare a fini elettoralistici
ogni cosa di cui si occupano? Se Papillon, e tanti prigionieri, credono davvero
che la soluzione delle rivendicazioni avanzate si trovi semplicemente nell'operare
dei politici, significa che mal ripongono le loro speranze e soprattutto le
loro proteste! Ma se si realizza, anche solo per pura ipotesi, che la strumentalizzazione
è connaturata alla politica - di qualunque tendenza sia - allora ci
si dovrà pur rendere conto che è necessario cambiare strategia
di lotta, e conseguente metodologia. Il punto di partenza errato, della proposta
di Papillon, consiste nell'aver posto la soluzione delle rivendicazioni non
nella stessa forza delle proteste, e pertanto dei detenuti, dei loro familiari,
dei loro amici, di quella piccola fetta del sociale, che pure vi è,
disponibile ad affrontare unitamente ai prigionieri proteste e lotte e battaglie
diffuse, bensì nel tavolo da gioco dei potenti, ove ciascuno ha in
mente esclusivamente le questioni di equilibrio e disequilibrio nella stanza
dei bottoni.
Questa delega ai politici viene ribadita e rafforzata nel documento che Papillon
ha redatto il 28 settembre 2002, in cui invitano tutti i loro "amici
Parlamentari ... ad astenersi dal partecipare ad un inutile e fuorviante ping-pong",
e pregano "tutte quelle forze politiche che finora non lo hanno ancora
fatto, ... , di far conoscere finalmente ai cittadini quali sono le loro proposte
concrete sulla materia". Per finire, rivolgono "una preghiera alla
Chiesa Cattolica affinché levi di nuovo alta la Sua voce", confermando
la validità tutta cristiana della spudorata falsità storica
secondo cui "La punizione detentiva è antica quanto la storia
dell'uomo". Tale presa di posizione viene rimarcata ancora in un documento
del 26 ottobre della medesima Associazione.
Ma qui vi è dell'incredibile!
La punizione detentiva, ovvero la reclusione come punizione per la messa in
discussione dell'ordine sociale vigente, è "invenzione" storica
relativamente recente (appena 500 anni, se si vuole esagerare) e proprio la
cattolica cristiana chiesa romana non è affatto immune dalla responsabilità
della sua istituzione, essendo proprio lo Stato Vaticano ad aver ideato e
costruito uno dei primi carceri moderni nella storia dell'umanità:
esattamente il carcere S. Michele, nel 1700, fonte primaria da cui hanno trovato
ispirazione tutti i costruttori successivi di galere, a livello planetario,
tanto è orripilante nella sua struttura architettonica e nella funzionalità
atta a deprivare il prigioniero di qualsiasi alito di individualità
propria. È ben triste che prigionieri di oggi facciano appello, per
trovare soluzione alla loro pur disgraziata condizione, alla solidarietà
delle istituzioni che per millenni hanno squartato, impalato, torturato, arso
vivi, mutilato e massacrato milioni e milioni di uomini e donne e bambini,
e che farebbero altrettanto oggi se fosse loro permesso, così come
continuano a fare là ove non trovano valida opposizione.
È necessario rendersi conto che per tutte le forze di potere, e l'opposizione
politica attuale unitamente al Vaticano sono potere reale, la galera è
istituzione indispensabile per il perpetuarsi del dominio dell'uomo sull'uomo,
per cui nessuna di esse vi rinuncerà mai, anche se sul piano della
strumentalizzazione di 56 mila anime recluse e dei loro familiari tutti concorrono
a chi arriva prima. Compreso questo fatto semplice, si comprende anche il
passo successivo, consistente nell'intendere e praticare la lotta, la protesta,
come sola azione in grado di obbligare il potere non a concedere, ma a cedere
sui punti rivendicati. Ed infine, il passo successivo e conclusivo che ne
consegue naturalmente: che la lotta, per non essere strumentalizzata da alcuno,
deve seguire scadenze proprie, metodologie basate sull'azione diretta (e non
sulla delega), sul coinvolgimento diretto delle persone che la galera la soffrono
o direttamente, perché imprigionate, o indirettamente, perché
parenti ed amici dei detenuti.
Solo praticando le proteste dentro e fuori la galera, coinvolgendo in primo
luogo familiari, amici ed ex detenuti che all'esterno sostengano ed estendano
le proteste dentro il carcere, si creano le condizioni reali per il dispiegare
di una forza reale che imponga al potere costituito la soluzione delle rivendicazioni
avanzate.
Noi staremo sempre al fianco dei prigionieri in lotta, così come abbiamo
dimostrato in mille occasioni e nello specifico l'11 settembre a Nuoro città,
ed attorno alla galera di Badh''e karros, ma mai ci disporremo a dare man
forte ad alcuna delle fazioni di quel potere che della galera e della disumanizzazione
dei prigionieri e dei loro amici e familiari trae il proprio alimento.
Costantino Cavalleri
Papillon: sulle proteste e strumentalizzazioni in corso
Caro/a amico/a
Siamo nauseati dallo sporco giuoco di potere e clientelismo elettorale che
quasi tutti i partiti stanno facendo sulla pelle dei detenuti. Ancora una
volta, la politica italiana ha perso il treno della civiltà, sul quale
insieme ai detenuti, sono saliti il Presidente della Repubblica Italiana,
il capo della chiesa cattolica "il Papa", il presidente del Consiglio,
i presidenti di Camera e Senato, il Procuratore generale della Cassazione
e gran parte del mondo culturale Italiano. Facciamo appello al partito di
Rifondazione Comunista, ai Verdi, a tutte quelle forze politiche democratiche
e moderate che ci sono vicine, di organizzare una mobilità esterna,
affinché la cultura fascista e seces-sionista non passi; noi daremo
il nostro contributo continuando ad attuare manifestazioni pacifiche e non
violente, sino a quando non ci sarà una risposta da parte della Camera
dei Deputati. La sospensione pena è un'autentica patacca che si vuole
propinare ai detenuti e non risolve i problemi del sovraffollamento e della
giustizia Italiana; non chiediamo clemenza, ma il ripristino della legalità
e della dignità nelle carceri Italiane. Noi del carcere di Rebibbia
n.c. stiamo effettuando lo sciopero della fame, in gruppi di 50 persone per
tre giorni a rotazione ed andremo avanti ad oltranza, o almeno finché
non avremo una risposta da parte del Parlamento e non sarà messo nuovamente
in discussione il provvedimento di indulto, ritirato dalla commissione giustizia,
dopo la vergognosa bagarre in Parlamento.
Ogni carcere sceglierà la manifestazione di protesta che riterrà
opportuno, purché sia rigorosamente pacifica.
Le nostre richieste sono:
- Indulto generalizzato di 3 anni.
- La riforma del codice penale, a partire dell'ergastolo e della depena-lizzazione
dei reati minori.
- L'aumento della liberazione anticipata a 4 mesi.
- Espulsione degli stranieri che ne facciano richiesta.
- Un aumento delle misure alternative al carcere.
- Il passaggio della sanità penitenziaria alla Sanità pubblica.
- L'abolizione delle prescrizioni contenute nell'art. 4 bis.
- L'abolizione dell'anticostituzionale art. 41bis.
Roma, lì 27 Gennaio 2003
Papillon
Lettera dei detenuti ai dimostranti del 21 settembre
"Un grazie dal carcere"
I detenuti della casa circondariale di Trento fanno sapere, con una breve
lettera inviata ai mezzi di comunicazione, che ringraziano tutti coloro, gli
anarchici cioè, che hanno partecipato alla manifestazione davanti al
penitenziario di Trento del 21 settembre scorso, contro le attuali condizioni
di vita nelle carceri italiane e per solidarietà con i detenuti.
"Vorremmo ringraziarli tutti di cuore - dice la lettera - e così
anche coloro che hanno manifestato davanti al carcere di Rovereto per portare
a noi la loro espressione di solidarietà".
Notizia apparsa su "L'Adige" del 1° ottobre 2002 in cui si apprende della lettera inviata al quotidiano dai detenuti delle carceri di Trento e Rovereto per "ringraziare" i compagni anarchici che il precedente 21 settembre organizzarono dei presidi ai penitenziari in solidarietà ai prigionieri il lotta. I compagni organizzarono anche, in quei frangenti, sia un'assemblea all'università di Trento che dei volantinaggi sul tema delle lotte nelle galere. Un'altra dimostrazione della possibilità di estensione delle lotte.
Dal reclusorio militare di S.Maria Capua Vetere
Disertori dell'ordine di Stato
Siamo uomini e non buffoni a comando.
Lo Stato ci ha rubato all'affetto delle nostre famiglie, all'amore dei nostri
cari, alla bellezza dei nostri mari e delle nostre montagne, al profumo delle
nostre terre, poiché in varie forme ci siamo messi sotto i piedi le
sue brigate, i suoi battaglioni, i suoi reparti.
Ci chiamano disertori di un esercito che non abbiamo mai voluto formare, mancanti
a chiamate alle quali abbiamo rifiutato di rispondere. Ma né una brigata,
né un battaglione, né un reparto intieri valgono la forza e
la dignità di uno solo di noi, noi che riteniamo la nostra libertà
inviolabile, affermandolo senza pentimenti, con la risolutezza degli uomini
liberi.
Lo Stato che vorrebbe farci provare l'onta cacciandoci dal consorzio civile
ottiene l'effetto contrario, rinserra i legami fra noi e le nostre genti,
pronte alle mille dimostrazioni d'amore, ostili alle guerre e agli interessi
economici che le muovono, ritte in piedi e mai in ginocchio.
Lo Stato ci sfrutta, facendoci penzolare dalle sue forche militari, ammucchiati
in questa immonda struttura, per terrorizzare coloro che debbono a forza vestire
le sue divise, così come ci ha sfruttato le mille volte prima di questa
galera, chiamando orrori le nostre giustizie, crimini le nostre libertà,
libertà il nostro lavoro forzato.
Noi non abbiamo patria, riconosciamo liberi gli individui di tutte le latitudini,
riconosciamo nemici i prepotenti e gli sfruttatori che calpestano il nostro
stesso suolo.
Noi non difendiamo che i nostri pari, ricambiando la solidarietà e
la meravigliosa complicità che solo i pari sanno profondere, rifiutiamo
di tener conto di qualsiasi confine risultato dalle guerre atroci per la spartizione
diseguale del mondo, che è di tutti indistintamente.
Con calore e umanità
i detenuti del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere
(CE)
(9 sottoscrittori del documento)
CONDANNATA MA LIBERA
comunicato di Silvia Guerini
Il 3 giugno 2002 si è svolto il processo a rito abbreviato nei miei
confronti per l'attentato del 7 luglio [2001] a Bergamo ad un ripetitore televisivo
e telefonia. Reati di: incendio doloso ad impianti di pubblica utilità,
fabbricazione di esplosivi, porto d'armi ed esplosivi in luogo pubblico. GUP:
Vito Di Vita. Mi trovavo ai domiciliari dal 22 ottobre.
I "gravi indizi di colpevolezza": 3 bulloni trovati a casa mia dopo
una perquisizione risultati uguali a quelli reperiti in una seconda ispezione
sotto il ripetitore (oh, che caso, chissà perché non li han
trovati nella prima ispezione, ma solo dopo aver visto i miei ... ); una bomboletta
risultata uguale a quella trovata presso il ripetitore; il mio essere anarchica.
Mi negarono la condizionale perché fui ritenuta "ingenua, pericolosa,
incline a compiere reati criminosi" ciò anche per il mio "comportamento
temerario e la mancanza di freni inibitori di fronte alla DIGOS". Ma
avendo 20 anni se la pena è fino a 2 anni e 6 mesi la condizionale
la potevo avere ugualmente ('sta cosa fino a quando uno/a ha 21 anni). Verdetto:
colpevole. Condanna: 3 anni, fino all'appello non più ai domiciliari,
ma libera. Colpevole? E di cosa? Ripudio la logica colpevole-innocente, ma
se proprio devo usarla allora riconosco che i reali colpevoli sono ben altri.
Chi opprime, governa sfrutta e uccide ogni giorno: ogni industriale, capitalista,
politico, ogni Stato, potere e lo stato di cose attuale, chi acconsente a
testa bassa, chi è indifferente ed apatico, chi è consumista
e mangia gli animali (e derivati). Allora anche io emetto il mio verdetto.
Verdetto: Colpevoli. Condanna a morte. Nessuna pietà.
Ci volete annientare, ma non riuscirete mai. Potrete reprimerci, incarcerarci,
massacrarci, ma non ci riuscirete per il semplice motivo che non abbiamo nulla
da perdere. Perché tutto quello che abbiamo non è nelle vostre
città di cemento, nelle vostre fabbriche, scuole, chiese, istituti,
ospedali, nei vostri falsi bisogni indotti e società alienante. Tutto
quello che abbiamo è nella nostra rabbia, nel nostro disprezzo, nel
nostro odio, nel nostro amore per la terra e la libertà, nei nostri
sogni e nella nostra lotta. Ormai non si può più tornare indietro,
avete prodotto troppo marciume, ma non per questo ci adageremo e non avremo
pace finché non sarete tutti morti. La pietà e la compassione
non ci appartengono e come un giudice con la toga punteremo l'indice gridando
il verdetto: Colpevoli! Condanna a morte. Nessuna pietà, nessun rispetto
intolleranza totale per chi nega la vita e uccide ogni giorno. Colpevoli.
Condanna a morte.
Mi han detto che giudicare è sbagliato, che non bisogna erigersi a
giudice, che bisogna sempre e comunque rispettare l'uomo, che bisogna condannare
solo la divisa: ma quella divisa qualcuno ha accettato di portarla e qualcuno
accetta a testa bassa che qualcun'altro la porti. Il rispetto per tutto e
tutti è solo ipocrita e falso e per quanto riguarda il giudicare prova
solamente a immaginare di essere rinchiuso in una gabbia per poi venire sgozzato/a
per diventare una bistecca, prova a immaginare il tuo corpo fatto a pezzi,
sezionato, predato, immagina di dover lavorare 15 ore in uno scantinato per
poi essere stuprata/o, immagina di sputare sangue per delle radiazioni e avere
una figlia leucemica, immagina di venire soffocata/o da cemento e asfalto
bollente per diventare una strada, immagina tutto ciò e poi vediamo
come tu non giudicheresti i colpevoli di tutto ciò. Dopo aver visto/provato
sofferenza, disperazione, morte i buoni sentimenti si perdono. Colpevoli.
Condanna a morte. Nessuna pietà. Aspettate, è solo una questione
di tempo, alla fine qualcuno ballerà nel buio sulle vostre teste. Colpevoli.
Condanna a morte. Nessuna pietà. Chi nega la vita non deve averla.
"Io sono un anarco-individualista. Il mio ideale è il libero sviluppo della personalità individuale nel senso più completo del termine e il rovesciamento della schiavitù in tutte le sue forme ... Noi saliremo sulla forca con orgoglio e coraggio, lanciandovi uno sguardo di sfida. La nostra morte, come una fiammata, accenderà molti cuori. Noi moriremo da vincitori. Avanti dunque! La nostra morte è il nostro trionfo".
(Ultime parole di Matrena dopo la sentenza di morte nella Russia del 1905, per una spedizione contro una fabbrica di zucchero, omicidio di un prete e tentativo di assassinare un funzionario di polizia).
Non mi avrete mai
Silvia
La cayenna di Spoleto
Nel carcere di Spoleto si sono lentamente accumulate una serie di situazioni
di detenuti in particolare stato di malattie gravi, tanto da far pensare ad
un lazzaretto. La condizione di Paolo Dorigo, di Antonio Mormorio (apprendiamo
poco prima di andare in stampa della concessione degli arresti domiciliari),
di Francesco Catgiu e di chi chissà chi altri è veramente disumana.
Il decesso di Carmelo Altomonte, avvenuto a fine gennaio, è frutto
della volontà assassina delle strutture carcerarie e degli addetti
alla custodia, al "reinserimento", alla "valutazione",
alla "salute", dal più inetto degli addetti fino al ministro
ed al potere centrale. Non possiamo continuare ad assistere passivamente e
ad inorridire alla notizia di simile strage quotidiana.
Noi crediamo nella possibilità e necessità di mobilitarci, dentro
e fuori le prigioni, in sintonia con i detenuti, con i loro amici e familiari
affinché la società cosiddetta "civile" non possa
più permettersi il pacificato consumo della propria esistenza all'ombra
del potere assassino e stragista.
Noi crediamo nella possibilità di un intervento concentrico di situazioni
di movimento, di Comitati, di gruppi di base che, pur dislocati in territori
distanti, possono agire in sintonia quando lo si ritenga opportuno e far esplodere
- nelle piazze e nelle strade, ovunque si annidino l'apatia, l'indifferenza
dei più ed i gangli del potere - la rabbia e la rivolta contro i responsabili
dello sterminio instillato quotidianamente su persone spesse volte impossibilitate
a difendersi.
Ed allora proponiamo ancora una volta la costituzione di comitati di solidarietà
in cui amici, familiari di detenuti ed ex-detenuti, fuori dalle mura concordino
l'opposizione, le azioni, il da farsi contro questo indecente stato di cose.
Proponiamo che tra i detenuti, i familiari, i comitati e le più disparate
situazioni di movimento si stabiliscano delle scadenze di lotte, di proteste
e che queste siano autogestite dagli interessati, senza alcuna pretesa di
imporre, da parte di chicchessia, a nessuno, le modalità di azione.
Proponiamo che a caratterizzare gli interventi, qualunque essi siano, debba
essere l'azione diretta, il rifiuto della delega, e che siano metodologicamente
portati avanti in modo tale che la forza di imporre al potere costituito il
rispetto della dignità dei prigionieri, la loro salute, l'abolizione
delle torture bianche e di ogni colore, derivi dalla lotta medesima e non
sia riposta nei giochi del potere costituito e delle sue diverse fazioni.
Proponiamo che fra i comitati, i prigionieri, le situazioni che si catalizzano
attorno alla bruttura carceraria, si creino "spazi" di socializzazione
e "coordinamento", si creino momenti di scambio di esperienze, di
progetti, di metodologie e di energie affinché periodicamente si stringano
accordi per iniziative comuni.
Che si attivino i prigionieri, che si attivino gli ex-detenuti, che si attivino
i loro familiari, che si attivino i compagni, in prima persona perché
nessun altro concederà loro gratuitamente né dignità
né altri diritti.
Fino a quando ciò non si farà la rivolta e l'attacco continueranno
ad essere manifestazioni di isolati individui che, pur benefiche, non saranno
in grado di scalfire neppure il putrefatto intonaco delle più anguste
e logore carceri.
Le nostre poche ma, riteniamo, valide energie le disponiamo, in Sardegna ed
altrove, in funzione di simili e eguali proposte, ed il nostro strumento editoriale
è sempre disposto a fungere da luogo di dibattito, incontro, contatto
per tutti coloro che hanno da proporre, da dire e soprattutto da fare in merito.
L'esperienza che realizzammo lo scorso anno a Cagliari, in merito alle iniziative
di solidarietà a tutti i detenuti ed in particolare a Dessì
e Piludu, finalmente messi agli arresti domiciliari per gravi motivi di salute;
l'esperienza della solidarietà a Marco Camenisch, le cui iniziative
hanno imposto allo Stato svizzero di trarlo dall'isolamento e di trasferirlo
in un carcere certamente più adeguato alle esigenze dei suoi cari per
recarsi ai colloqui; l'esperienza della solidarietà a Francesco Catgiu,
che malgrado non abbia imposto ancora allo Stato il suo trasferimento in una
colonia penale, come chiede da quasi due decenni ormai, ha bensì imposto
il suo trasferimento dal lager di Sulmona gestito da quella psicopatica qual
è la direttrice (pardon! IL direttore ... ); tutte queste esperienze
dimostrano che la lotta rende, che la lotta portata avanti contemporaneamente
nelle piazze e nelle strade - luoghi della comunità, non del potere
-, nonché nei luoghi più sensibili agli interessi del potere
politico-economico, di giorno e di notte, ma con una certa continuità
temporale ed una progettualità che riesca a creare connessione tra
tutti gli interventi è la sola che potrà ottenere il raggiungimento
degli obiettivi che ci si pone, senza rinunciare alla propria dignità.
Ci auguriamo che queste lotte fungano da referenti per tutti coloro che ancora
sono disposti a non soccombere dietro le brutture dello Stato-capitale, e
son pronti a sollevare la testa.
compagni e compagne della redazione
Dal carcere di Spoleto
di Antonio Mormorio
Della condizione di Antonio abbiamo di già sommariamente scritto in
altro numero di Su Gazetinu. Qui sotto riportiamo l'ennesima sua protesta
per le condizioni in cui versava all'inizio dello scorso autunno. Da una sua
lettera recentissima apprendiamo che finalmente è agli arresti domiciliari
dal 24 settembre. Gli sono stati concessi non per il gravissimo stato di salute
in cui versava, ma perché il suo fine pena era ormai al di sotto dei
due anni. Un augurio ad Antonio, di libertà e salute.
Egregi compagni,
vi scrivo per farvi sapere le mie ultime disavventure che sono costretto a
vivere.
Il 20 giugno 2002 ho fatto una Camera di Consiglio presso il Tribunale di
sorveglianza Perugina, nella quale si discuteva della mia detenzione domiciliare.
Il P.M. testualmente diceva: "Il dirigente sanitario nella relazione
inviata dice e non dice, quindi chiedo che venga inviato un perito tecnico
per constatare le condizioni attuali del detenuto".
Ad oggi non si è visto alcun perito tecnico, se poi si tiene in considerazione
che tra due giorni (19-09-2002) mi è stata rifissata una Camera di
Consiglio, c'è da sospettare che salti tutto con un nuovo rinvio. E
io sono qui in un carcere dove non vengo curato, costretto a muovermi 24ore
su 24 con l'ausilio di una sedia a rotelle, senza le cure specifiche di cui
ho bisogno.
La cosa è stata da me più volte denunciata al Tribunale, al
Giudice, alla Procura, chiedendo di essere spostato in un Centro clinico-giudiziario;
ad oggi mi sento sequestrato.
Tenete in considerazione che la mia condanna complessiva è di anni
6, di cui 4 già scontati nella carcerazione presofferta.
Non ho rapporti disciplinari quindi sono un detenuto modello, però
forse questo non basta per beneficiare dei permessi premio; perché
qui esiste una "associazione interna" tra educatori, assistenti
sociali, ispettori, direttore, ecc. Finché loro non vogliono, il detenuto
rimane ad attendere il sospirato permesso.
Infatti se fai l'istanza, il Giudice diplomaticamente te la rigetta, dicendoti
che non ti può dare il permesso in quanto non c'è la sintesi
chiusa, quella dei permessi; ti metti in udienza con gli operatori attinenti
e loro ti dicono: "Mormorio, lei non è che non ci va in permesso,
abbia fiducia, prima o poi ci va, per adesso dobbiamo aspettare ancora un
po'". Ed io non capendo gli dico: "Ma un po' in che senso? Sono
qui, in questo carcere, da un anno e 4 mesi! E in tutto questo tempo per via
della distanza ho fatto un solo colloquio con mia moglie, e i miei figli non
li vedo da un anno e 5 mesi".
Credetemi, sono sull'orlo della disperazione, non riesco più a concentrarmi
e mi sono lasciato andare perché non ho fiducia in questa gente così
falsa, che lo Stato paga per cercare di reinserire nella società la
gente come me, disagiata e malata, con i soldi dei contribuenti.
Distinti Saluti
Antonio Mormorio
Lettera di Paolo Dorigo sullo sciopero della fame
28 novembre 2002
Le posizioni pietistiche rispetto alla forma di lotta dello sciopero della
fame e quelle ostiche, od assolutamente oppositive, prescindono politicamente
dalle condizioni materiali oggettive che in certi casi (non nelle brevi occasioni
di iniziative a scopo politico propagandistico o di solidarietà) data
la desolidarizzazione imperante nei fatti (e non nelle belle parole e negli
atteggiamenti di facciata) rende tale forma di lotta se non necessaria addirittura
indispensabile.
Rispetto all'esame specialistico fondamentale ripeto che non è la TAC,
che consiste in una serie di immagini stratigrafiche soggette ad interpretazione,
ma la risonanza magnetica che consiste in un rilievo anche elettromagnetico
di tutta un'area (la testa) o di varie parti del corpo. Dato che è
il ministero l'ostacolo perché la TAC pare ci sia nel lazzaretto di
Pisa (dove sono stato ieri, assolutamente non all'altezza del nome che porta:
Centro Clinico) a livello carcerario, mentre la R.M. pare di no, ma indipendentemente,
dato che fare esami in carceri o centri clinici non è il massimo, specie
in un caso così sospetto come questo, io chiedo sin dal 24/05 questi
accertamenti all'ospedale, con urgenza, e alla presenza di medico chirurgo-psichiatra
di fiducia. Farlo in un ospedale, data la continua sequela di allarmismi sulla
mia persona a livello carcerario da parte della custodia di ogni carcere ove
transito, viene difficile, e si va di rinvio in rinvio, di dilazione in dilazione,
di trasferimento in trasferimento. Per questo è inevitabile la forma
dello sciopero della fame ad oltranza, a costo di far effettuare questa risonanza
magnetica sul mio cadavere (sperando non intervengano manomissioni) come ho
detto al mio avvocato.
I recenti dati sui cervelli dei compagni Raf spariti (dopo essere stati estirpati
dai loro corpi martoriati dai lager di stato), quelli sui microscopi MEMS
della Difesa USA usati anche da I-Q-Tel della CIA, le ricerche di Wamick in
Inghilterra, la ricerca bionica sulla mano artificiale Scuola Superiore Sant'Anna
di Pisa, nonché gli impianti con traduttore per sardi, legittimano
le mie ipotesi, fatte quando di queste cose non ne sapevo un'acca, a Biella.
Il particolare della scatolina nella mano della psicologa che si recò
al mio letto, non invitata certo da me, a Torino al CTO, Grandi Ustionati,
autorizza l'ipotesi dell'attrazione di uno strumento innestatomi forse nella
testa dal 4/1/'96 al 10/1/'96 all'epoca del mio ricovero e operazione chirurgica
di esarectomia ed innesti al collo ed alle mani.
Le ripetute documentazioni che ho fornito sia alla mia difesa sia alle autorità
che sono attualmente inadempienti circa la verifica di tipo ricerca segnali
radio sulla mia persona, per precedenti (Procura di Biella, dott.ssa Soffio,
e Procura di Livorno, dr. Rizzo), attestano che non sto "dando i numeri"
né inventandomi dati tecnici, del resto il cosiddetto (da un otorinolaringoiatra
frettoloso) "acufene" a 1000 hz che mi è [... manca parola]
in cartella clinica all'orecchio sinistro, ha già determinato una decrescente
capacità uditiva all'orecchio sinistro a cui non è seguita una
grandissima riduzione di volume dei "disturbi" che ho denunciato.
La particolare attenzione delle "voci" a cui resisto [... testo
incompleto] indagini in corso, verso il mio passato, i miei processi, verso
l'ambiente dei prigionieri politici e l'ambiente della solidarietà
nei loro confronti, attestano che questa provocazione è ordita dai
servizi segreti con ogni probabilità collegati ai servizi USA. Tale
dato autorizza all'ipotesi che certi ritardi per questi accertamenti siano
in realtà VOLUTI. Risulto indagato per associazione sovversiva, senza
alcun ordine di cattura, senza conoscenza dell'istruttoria e delle accuse,
senza interrogatori (non ne hanno bisogno: mi spiano in testa da oltre 6 mesi,
forse da anni), a Torino, Pordenone, Bologna, Roma, forse anche qui. Denuncio
sequestri non notificatimi di corrispondenza e documenti in varie sedi d'Italia,
e nessuno si preoccupa. Le rivendicazioni sono volutamente di largo respiro.
Questa iniziativa è utile e necessaria, purtroppo. Questo problema
è di tutta l'Umanità, purtroppo.
Saluti comunisti e rivoluzionari. Il problema esiste, si chiama Imperialismo
e tortura dei Prigionieri.
Paolo
Uno stato di emergenza per la difesa dei capitalisti
Paolo Dorigo dal 1993 sta scontando la condanna a 13 anni di galera per un
attentato alla base americana di Aviano. Da oltre un anno accusa forti cefalee
e perenni disturbi uditivi che si stanno trasformando sempre più in
ininterrotta tortura. Paolo è convinto che la cefalea e il continuo
"fischio" uditivo che lo tormentano, derivino dalla installazione
nella sua struttura cranica di una fonte emittente di onde radio e per tale
motivo, ormai fin dalla prima metà dello scorso anno, richiede analisi
cliniche ed esami specialistici di diversa natura che possano accertare la
reale origine delle sue sofferenze. D'altro canto il suo avvocato, come da
recenti notizie apparse sul quotidiano "Il Manifesto", è
convinto che se Paolo sta male, è anche a causa "delle torture
subite nelle carceri di Livorno e Biella che l'hanno spinto qualche anno fa
a gravissimi atti di autolesionismo. "La tortura bianca - denuncia il
legale .. - è quella che non lascia segni e viene attuata per tramite
di sofisticatissimi mezzi tecnologici: deprivazione sensoriale, isolamento
diurno e notturno, impedimento a dormire di notte, ora d'aria saltuaria, sedativi
e botte che non lasciano tracce"". Tortura "bianca" o
microchip incorporato nel cervello del compagno, ancora una volta siamo di
fronte allo stesso potere dalle molteplici facce e metodologie repressive
che è necessario attaccare in tutti i modi per impedirgli di continuare
nelle stragi che sta perpetrando. La solidarietà verbale è risibile
a fronte di tutto ciò.
Il 17 novembre Paolo iniziò lo sciopero della fame per ottenere le
visite richieste in adeguati ospedali esterni, in presenza di un medico di
fiducia, e lo portò avanti fino a quando non gli vennero garantite
dalle autorità del carcere di Spoleto, ove si trova da diversi mesi.
In concomitanza dello sciopero della fame di Paolo, diverse iniziative (poche
a dire il vero) vennero intraprese fuori dalla galera, ed in particolare apprendiamo
da Internet della diffusione di manifesti murali a firma "Alpi libere",
e di un "incatenamento" stradale che, con striscioni e volantini
riferiti alla protesta di Dorigo, interruppe per circa mezz'ora il traffico
in una via principale a nord di Milano. Nel documento che segue, Paolo esplicita
la sua situazione e le ragioni della protesta.
- 25 ANNI FA gli arresti provocatori di avvocati di compagni guerriglieri
carcerati, aprirono la mente a ben pochi garantisti, e così fu per
molti anni. Con vecchie e nuove analogie la caccia alle streghe continua.
A volte tornano.
- 23 ANNI FA la montatura del 7 aprile utile allo Stato per cercare di "combattere"
chi combatteva dalla parte giusta.
- 18 ANNI FA gli uomini che erano al seguito dell'allora cap. Giampaolo Ganzer,
che a Padova era il comandante dei ROS, imbastirono una provocazione senza
precedenti contro il movimento della solidarietà ai prigionieri politici.
Appoggiandosi alla ben nota procura veneziana che aveva coperto le torture
del gennaio-febbraio 1982, questi uomini del gruppo del gen. Dalla Chiesa
degli anni '70, costruirono sulle indicazioni dei servizi segreti (relazione
dell'ottobre 1983 di Craxi) una ignobile montatura contro il diritto di pensiero
e di espressione delle proprie opinioni, criminalizzando "Il bollettino"
e l'area del coordinamento dei comitati contro la repressione, cercando di
costruire blitz su blitz in tutta Italia, ma riuscendoci solo in alcune località
e fracassando clamorosamente nell'arco di un solo anno e mezzo. Andò
avanti così fino al 1988, con successive montature in aree più
limitate (Veneto). Ma tali "indagini" si conclusero sempre con l'assoluzione
dalle accuse dei reati associativi. I castelli non reggevano più. Come
se gli "investigatori", oggi lo si sa, in assenza di "pentiti",
non sapessero cavare un ragno dal buco.
- 9 ANNI FA gli arresti prodotti dalla "testimonianza'" dell'ex-pappone
e malandrino "politicizzatosi in carcere" Dalla Longa, produssero
l'operazione "base 3" dal nome della caserma USA-F attaccata il
2-9-1993 dalle BR, portarono in carcere 4 compagni, tra cui io, che già
avevo potuto godere dell'esperienza galeotta a causa delle ripetute montature
succitate. Il processo, fuori dal diritto internazionale, è stato dichiarato
"iniquo" a Strasburgo invitando l'Italia a riprocessarmi, potendo
questa volta obbligare all'interrogatorio ed al controinterrogatorio l'infame
collaborazionista.
- OGGI, indagato senza diritto di difesa né di conoscere gli atti "a
mio carico", come dicono gli inquirenti sui media, nelle "inchieste"
su D'Antona, Biagi, tribunale Venezia, NTA, e su associazioni sovversive sorte
dal nulla per la gloria di pm criminali quanto leggeri nelle loro "indiscrezioni"
alla stampa ("La Repubblica" 31.5.99, "L'Espresso" 8.7.99,
"La Stampa" 19.1.00, "Il Giornale" 12.8.01), mi trovo
"puntato" ed attaccato da un incredibile ed innovativo sistema tecnologico
di intercettazione dello stesso pensiero, di tortura (alterazione del sistema
percettivo, dolori, stimoli nervosi) e di controllo permanente acustico. Iniziata
a Biella e, dopo la mia azione del 24.5.02 contro due sgherri, quest'infamia
che perdura ovunque mi si trasferisca (di qui la certezza che tale sistema
sia radio, e forse addirittura satellitare), da Biella a Livorno, da Spoleto
a Sulmona, da Pisa ai percorsi stradali, non è stata affrontata con
la dovuta attenzione dalle procure cui ho rivolto denuncia (Biella, Livorno)
per questi fatti e per abusi e pestaggi dalle guardie in tali istituti. Il
potere medico cerca, nonostante la mia lucidità, chiarezza, tranquillità
e costanza politica ed umana, ovunque io sia trasferito, di riprodurre la
interpretazione "psichiatrica" di tali "disturbi" che
subisco, senza peraltro approfondire la diagnosi ed il controllo sulla patologia
definita frettolosamente "acufene o tinnito" mentre si tratta di
un segnale radio che emette una certa potenza elettrica in uscita (fisico)
dall'orecchio sinistro.
Tale situazione è diventata, dopo il primo mese di tentato omicidio
bianco (7 crisi cardiache tra le altre cose che soffrii a Livorno), intollerabile
nonostante la tattica più "morbida" delle torture.
Si continua così a rinviarmi l'effettuazione della "risonanza
magnetica" con trasferimenti e dilazioni. Chiedo questo accertamento
(al primo momento parlai di TAC per ignoranza medica) fin dal 24.5.[2002].
Tale esame va effettuato in presenza del mio avvocato di fiducia e di un medico
specialista di fiducia.
Per tali gravissimi motivi sono in sciopero della fame sin dal 17.11.02 e
chiedo alle autorità giudiziarie di Spoleto (magistrato di sorveglianza
Grazia Manganaro) di disporre ex art. 11 O.P. tale accertamento, con altri,
in un ospedale esterno (avuto un incontro con la stessa il 2.12.02, si è
impegnata, appena avrà la relazione sull'elettroencefalogramma di Pisa
del 27.11, a disporlo, quindi ho sospeso questo sciopero della fame che riprenderà
come rifiuto del vitto dell'amministrazione penitenziaria il 9.12.02). Ho
richiesto sia a Biella (dottoressa Soffio, procura), sia a Livorno (dottor
Rizzo, procura) una perizia-incidente probatorio atto a verificare la presenza
di segnali radio sul mio corpo in uscita. Lo sviluppo tecnologico (MEMS, ricerche
di Warwick, satelliti, bionica) autorizza tale ipotesi.
Oggi, gli uomini che sono sotto il comando nazionale del generale dei ROS
Ganzer, ci riprovano al Sud dove la magistratura opera con più dispregio
dei diritti fin dall'avvio dell'emergenza anti-droga ed anti-mafia. Trovano
però forze più vaste davanti a loro, dato che colpiscono a caso
nell'opposizione pacifista, cercano di demonizzare le gloriose giornate genovesi
e la stessa memoria del compagno Carlo Giuliani. Più alte alzano le
pietre, più pesantemente gli schiacceranno piedi e stinchi di maiali.
Oggi che la guerra imperialista agisce direttamente contro le rivoluzioni
popolari (e non solo contro l'Islam) in tutti i continenti, le forze nere
dei servizi, dei mafiosi collusi al Potere, delle congreghe fasciste, massoni,
sabaude e monarchiche, con i loro addentellati nelle carceri, collaborano
direttamente anche alla repressione controrivoluzionaria negli stessi paesi
imperialisti come l'Italia. Quindi occorre estendere la solidarietà
ai compagni prigionieri in questi tempi di così acuta criminalizzazione
finanche dei più pacifici movimenti sociali, e pertanto la mia lotta,
tesa a svergognare gli apparati controrivoluzionari dello Stato imperialista,
va vista anche in relazione a:
- oltre al sistema di tortura che sto denunciando da 7 mesi, è in atto
selettivamente, sulla base delle manipolazioni dell'apparato controrivoluzionario,
una aggressione continua ai prigionieri rivoluzionari nelle carceri da parte
dell'apparato, sensibile ai "venti" forcaioli del regime;
- avvio della dispersione dei prigionieri politici rivoluzionari nel circuito
EIV, in altri carceri senza prigionieri politici, provenienti da Biella e
da Trani;
- limitazione dei diritti interni.
- attacco alla ricezione di corrispondenza con continui trattenimenti (nel
mio caso, notificati ossia ufficiali, 2 a Biella, ? a Livorno, 6 a Spoleto,
in arrivo, oltre a vari non comunicati qui a Spoleto (una decina), e diversi
trattenimenti in partenza (a Biella, comunicati di aprile e maggio, e 3 a
Sulmona)
- pestaggi, tentativi di annientamento psico-fisico (nel mio caso, 3 pestaggi
tra maggio e giugno, alla partenza da Biella ed a Livorno);
- trasferimenti con pochissimi effetti personali;
- attese e controlli sul contenuto dei propri effetti personali già
controllati mille volte;
- sequestri di corrispondenza, anche già censurata, inviata all'autorità
giudiziaria ed alla DIGOS (nel mio caso, a Pordenone, al dr. Pietro Montrone,
e a Spoleto), senza notifica giudiziaria;
- atti di sospensione interna dal diritto penitenziario motivati su base giudiziaria
inquisitoria o puramente "ipotetica";
- continue perquisizioni, numerose perquisizioni giudiziarie, con sequestro
finanche della macchina da scrivere (Biella, 4.4.2002);
- non rispetto delle norme internazionali della convenzione dei diritti dell'uomo,
né della convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra.
La paranoia è una buona dimostrazione della natura fascista e filo-americana
dei governi del nostro paese, in particolare di quelli succedutisi dalla cacciata
del patriota curdo Ochalan in poi. La violenza emergenzialista del governo
durante il periodo di tangentopoli volta a "combattere la mafia"
per tornare a fare i loro propri comodi, si è ora estesa ad ogni territorio,
ad ogni ambiente sociale, e nelle carceri questo si fa sentire in modo particolare.
Va superata una volta per tutte la situazione di quegli ambiti ristretti di
solidarietà, estendendola e riconsiderando il tutto [al]la luce più
ampia della lotta di classe, sia quel timore auto-terroristico che da sempre
contraddistingue le nuove generazioni in lotta nei riguardi di questi magazzini
di carne umana.
Superando gli -ismi, soprattutto gli specialismi ed i settarismi, si potrà
avanzare; viceversa si fa il gioco dell'imperialismo.
La macelleria imperialista faticherà ancora, come già in molte
aree del meridione, a ritagliarsi spazi di "legittimità"
per proteggere gli interessi ed i colossali privilegi, lussi, denari e poteri
di un po' di milioni di borghesi e di loro lacchè. Occorre capirlo.
La delegittimazione degli interessi di chi possiede i mezzi di produzione
e di sfruttamento avanzerà positivamente solo se accompagnandosi a
questa si saprà costruire una nuova capacità di valorizzazione
della lotta e della costruzione rivoluzionaria.
Spoleto, 2-12-02
Paolo Dorigo
militante comunista prigioniero
Comunicato (3°) di Paolo Dorigo
del 2.12.2002
Ho avuto conferma oggi del Magistrato di Sorveglianza che vi è la disponibilità
a concedere appena secondo i pareri medici sia fattibile ossia serva a definire
la diagnosi, cosa che avverrà appena visti i tracciati dell'elettroencefalogramma,
il ricovero in ospedale per effettuare la risonanza magnetica potenziali evocati
ed altri accertamenti alla presenza del medico di fiducia. La concessione
del permesso con scorta in un ospedale esterno avviene secondo l'art. 11 O.P.
Le difficoltà sono state anche e soprattutto provenienti rispettivamente
dal Ministero e dalla "classe" medica carceraria, dopo la criminale
decisione della direzione sanitaria biellese di chiedere il mio ricovero in
osservazione psichiatrica al Tribunale di Sorveglianza di Vercelli che delego
a quello di Torino il 25/5/02, la decisione.
Quindi sospendo temporaneamente in attesa di questa decisione l'iniziativa
di lotta per la verità sull'infame tortura che mi è imposta,
iniziata con il 17/11 con lo sciopero della fame.
La settimana prossima riprenderò lo sciopero del carrello dell'amministrazione
Penitenziaria dipendente dal Ministero di Giustizia. Seguirà comunicato.
Paolo Dorigo
Per chi volesse corrispondere con Paolo il recapito è:
Paolo Dorigo,
Via Maiano 10
Spoleto (PG)
Carcere di Spoleto: la morte di Carmelo Altomonte
Il giorno 1 febbraio 2003, nella cayenna di Spoleto è deceduto il detenuto
Carmelo Altomonte, di 46 anni.
Fino a poco tempo prima Carmelo era un mare di salute. Pare che dal 15 gennaio,
in seguito ad un forte diverbio con il medico del carcere in merito alla visita
oculistica che da tempo aveva richiesto, sia iniziato a star male, tant'è
che dal giorno ha iniziato ad accusare forti dolori pettorali. Una delle sere
successive stette malissimo, per cui il suo compagno di cella chiamò
i secondini diverse volte per intervenire con urgenza, ma soltanto dopo che
tanti dei prigionieri della sezione fecero un bel po' di frastuono con una
"battitura", accorsero finalmente. Alla visita medica risultò
che "non aveva niente".
Il 25 gennaio, durante i colloqui, cadde a terra: i familiari in lacrime,
i compagni a tentare di sorreggerlo fino all'arrivo di una barella, che...
non arrivò.
Gli venne finalmente diagnosticata una ... influenza.
Il primo febbraio, mentre si recava ai colloqui, cadde di nuovo a terra, stavolta
definitivamente: Carmelo Altomonte, in "cura" nei reclusori di Stato,
nell'anno di grazia del 2003, muore finalmente rieducato ai valori ed all'ordine
della civiltà del capitale.
Ennesimo delitto che nessuno dovrebbe pagare.
Carcere di Spoleto: Francesco Catgiu
La situazione di Francesco pur se certamente migliorata rispetto a Sulmona,
continua ad essere delle peggiori, dato il suo stato di salute.
Può usufruire dell'ora, o mezz'ora di socialità con gli altri
suoi compagni (dipende da quanto riesce a resistere in quel luogo chiuso),
ma i problemi relativi alla galera permangono in lui amplificati a cagione
della malattia.
Inoltre, se pure può usufruire dell'aria, essendo lo spazio privo di
copertura, che vi sia vento o pioggia, neve o gelo, per poterne godere deve
subire gli uni e le altre.
Ogni tanto, poi, non mancano certo le provocazioni di qualche secondino, magari
dovute al fatto che il detenuto sardo malato di claustrofobia,
ha pure ... il coraggio di lamentarsi e di rompere per le sue necessità.
Forse, un giorno si avrà vittoria anche per questo proletario, forze
permettendo.
Per ora un saluto a Francesco da parte di quanti non dimentichiamo.
"Nonsolochiacchiere" e le aspirine
di Nino Faro - galera di Nuoro
La lettera che segue, indirizzata alla redazione di "Nonsolochiacchiere",
periodico che si occupa anche di galere e galeotti, per la pubblicazione,
non è mai stata da quel giornale pubblicata, per chi Nino l'ha inviata
a Su Gazetinu affinché venisse finalmente resa pubblica; cosa che facciamo
ben volentieri.
Gentilissimo Direttore,
quando si parla di argomenti relativi al "Pianeta carcere", credo sia difficile riuscire, per molte persone, a non cadere nella facile e scontata retorica; questo perché, da quello che leggo negli articoli degli opinionisti del sapere sulla vita carceraria, mi creda, è difficile trovare della gente che abbia un po' di coerenza e non metta del suo quando parla. Bisogna essere umili e sapere riconoscere quelli che sono i limiti di accettazione essenziali per ogni persona umana senza mai uscire fuori dalle buone regole della vita. Questo ci porta ad esprimere con sane parole la verità vera su tutte le cose. Un grande matematico, che per il fatto di conoscere la matematica pretende di sapere pilotare una nave, è un presuntuoso. Nella maggior parte dei casi la gente poco intelligente non si rende conto dei propri limiti, manca di questo tipo di umiltà ed è difficile dire se essa sia sciocca per un deficit intellettuale o proprio per deficit morale; la presunzione riesce a prevaricare anche il buonsenso. Questo tipo di persone immaginano di sapere ciò che non conoscono e si pongono mete che non possono raggiungere. Se non si è in grado di capire che l'intelligenza è la flessibilità della mente, che induce gli uomini ad esprimere solo la verità, prendiamo in giro noi stessi e gli altri e questo non è corretto. Quello che voglio dire che è molto difficile parlare delle carceri e non come quelle persone che per tramite del Suo Giornale vogliono dare delle soluzioni ai gravi e molteplici problemi, usando l'aspirina come panacea di tutte le malattie.
Ho letto l'articolo di Giancarlo T. Direttore di "Nonsolochiacchiere" e detenuto semilibero nella C.C. di Rebibbia; molto bene, perché parla della realtà dell'ergastolo, ma non condivido le sue opinioni quando si riferisce a persone che non conosce bene, perché negli uomini la coerenza deve essere la prima cosa. Nell'altro articolo, scritto da una persona affidata dal carcere di Pavia alla "Comunità Tutor, casa dei giovani di Pavia", non riscontro quella vasta esperienza carceraria che lui vuole dimostrare. Chi scrive deve armarsi di modestia e umiltà e deve manifestare queste doti, perché la modestia e l'umiltà sono l'opposto della presunzione. Gli esseri umani che hanno modestia hanno un concetto equilibrato delle proprie capacità e del proprio valore e non sono né saccenti, né vanitosi, sono sempre consapevoli dei propri limiti, perciò rispettano e tengono in debita considerazione i sentimenti e le opinioni altrui. La persona modesta è saggia, perché mantiene una condotta di vita nobile e sa evitare le tentazioni e le vanità che portano al disonore. Sa che la sapienza, insita nella modestia, insieme alle buone cose e alle tradizioni della vita, è la regola aurea per tutte le persone che vogliono essere coerenti con se stessi e con gli altri.
Leggo molto attentamente i tuoi articoli ed hai tutta la mia ammirazione, ma credo che devi fare una riflessione quando parli di detenuti, perché devi sapere che ci sono nelle Carceri Italiane detenuti e molti carcerati che lottano ogni giorno per sopravvivere, quindi c'è una grande differenza fra quelli che parlano nel tuo Giornale e quelli che lottano e soffrono ogni giorno per vivere con dignità. Diciamo questo perché non si può parlare di persone che si trovano nei collettivi da diversi anni e che sono anche fuori (non giudichiamo, sono scelte personali ), però ci vuole misura quando si vogliono dare dei pareri o dei giudizi sulla gente che soffre veramente. Cerchiamo di non essere ipocriti e non di farci prendere in giro dalle belle parole, quello che vogliamo dire è che quando la gente scrive o parla abbia la compiacenza e la coerenza di dire la verità su come stanno le cose e su come si trovano loro, perché la sincerità porta, per forza di cose, l'ammirazione. Cerchiamo di essere sinceri e non dire delle falsità, perché quest'ultime hanno le gambe corte. Vediamo che ci sono persone che si trovano in carcere da 27 o 30 anni, ma tutti sofferti, senza che hanno mai avuto dei benefici o usufruito di amnistie, condoni o quant'altro e che ancora oggi, dopo tutti questi anni, si trovano isolati o con il 41bis, perché ancora stanno scontando l'isolamento diurno o perché sono nelle carceri come Nuoro, Sulmona, Palmi ecc. ecc., dove vi sono le Sezione E.I.V. (elevato indice di vigilanza) e la vita non è molto bella per vari motivi, come qui a Nuoro, dove da più di tre anni non c'è il Direttore, quindi ci si può immaginare di come vadano le cose e, malgrado tutto ciò, non ci sono stupide lamentele e si lotta ogni giorno con dignità e con grande altruismo pensando anche a chi vive in condizioni ancora peggiori.
Le persone coerenti devono promuovere la verità a tutti i costi e non l'egoismo, perché la falsità è una brutta cosa, quindi certuni prima di dare dei pareri devono farsi un onesto esame di coscienza, perché per coltivare uno spirito altruistico bisogna essere persone coerenti e sincere; questo aiuta a sapere equilibrare diversi aspetti della propria vita e permette di ragionare con giuste motivazioni; quindi, prima che gli uomini esprimano delle opinioni o dei pareri, bisogna che abbiano una giusta conoscenza delle cose, perché è facile fare i sapienti, senza avere il coraggio di dire come veramente stanno le cose su se stessi.
In questi giorni ho sentito alla televisione e nei giornali che alcuni politici si stanno facendo il giro delle carceri, ma quali carceri? Credo che ciò non serva a niente, vengono solo perché le loro poltrone traballano, e pensano di riavere i voti attraverso le famiglie dei carcerati. Sono così meschini e accattoni che pensano solo al loro benessere materiale, è stato sempre così e la povera gente viene presa in giro e continua a soffrire. È stato detto e ripetuto, che una società viene anche giudicata dal livello di civiltà delle sue carceri; credo che l'Italia, in ambito europeo non sia nei primi posti. I signori Parlamentari traggono le loro conclusioni sulla vivibilità delle carceri visitando quegli istituti che comunque sono tra i più vivibili; esistono delle realtà periferiche prive di effettivo controllo. In queste realtà non è ancora stata concretamente realizzata nessuna riforma, e solo parzialmente la riforma del 1975; il nuovo Ordinamento Penitenziario dicono che apporterà piano, piano dei miglioramenti, ma ci chiediamo: "quanto tempo ci vorrà per diventare interamente operativo"? In una società civile il carcere deve essere concepito come un momento di recupero e di reinserimento delle persone e questo non potrà avvenire nell'attuale struttura carceraria. Tutti ne sono coscienti dei trattamenti disumani delle persone prigioniere in alcune strutture carcerarie, come tutti quelli che si trovano con il 41bis, questo, inoltre, pone un problema morale: ogni Stato che usa la repressione, non può essere a sua volta libero. Tutti quelli che hanno un minimo di coscienza devono sentirsi responsabili, se non altro per non aver fatto sentire la propria voce.
Oggi le "ideologie forti " sono cadute, gli ideali di giustizia sociale e di liberazione nei quali masse di persone hanno risposto la loro fede, come ad esempio nel marxismo e nelle sue più ambiziose realizzazioni, hanno subito rapide eclissi, dimostrando esiti fallimentari e incapacità a rispondere alla più alte attese umane; sono venuti così a mancare sicuri punti di riferimento e bussole orientatrici, in una società sempre più complessa e diversificata e imprevedibile nel futuro. Da qui il senso del vuoto e dell'angoscia che ne deriva, con la spinta verso forme irrazionali e compensatrici, crisi etiche e religiose; nel firmamento morale odierno molte stelle sono cadute, perché la crisi etica non investe soltanto le norme del comportamento ma lo stesso senso del vivere, dell'educazione dei buoni propositi, del sorridere, del rispetto per gli altri, della solidarietà umana che dovrebbero essere la principale ragione per le persone che lottano ogni giorno per sopravivere, non solo nelle prigioni, ma nella prigione del mondo, dove tanta gente combatte per vivere con dignità.
Quando gli uomini pensano in termini politici, non sono mai obiettivi e non sanno dare un giudizio morale coerente, perché i giudizi morali sono asserviti alle passioni; qualunque cosa faccia l'amico è buona, qualunque cosa faccia il nemico è turpe storta non giusta.
L'obiettivo morale, la capacità di vedere le indegnità nostre e le virtù del nemico, è una conquista di pochi, che sanno guardare con intelligenza a tutte le cose della vita e sanno essere obiettivi in qualsiasi circostanza: un frutto di un lungo esercizio, non facile avere.
Sig. Direttore, La ringrazio per l'ospitalità che darà alla mia lettera.Distinti saluti
Faro Antonino - Nuoro, Badh''e karros
Da Badh''e karros cayenna nuorese
Lettera aperta al nuovo Direttore in missione
P.c. al Magistrato di Sorveglianza e al Provveditorato Regionale del DAPI detenuti della prima sezione di Badu e Carros rilevano che l'art. 13 comma 4 del vecchio regolamento d'esecuzione prevedeva che il vitto poteva essere assunto in locali accessibili a gruppi limitati di detenuti, che pure l'art. 13 comma 3 del nuovo regolamento prevede la stessa cosa da attuare entro 5 anni.
Considerando che in quest'istituto a differenza di tutti gli altri istituti non c'è consentito di consumare un pasto in compagnia (diritto a socializzare) nonostante che prima della lotteria della girandola dei direttori in missione anche in quest'istituto si attuava;
ritenuto che il rito del cibo nella cultura umana ci differenzia dagli animali perché è anche un mezzo d'incontro e dialogo;
considerando che se abbiamo l'opportunità di passeggiare e giocare a pallone fra di noi non si comprende perché non possiamo mangiare in compagnia;
ritenuto che per molti di noi il fine pena è mai e che mangiare guardando negli occhi e scambiando due parole con un'altra persona è un mezzo per sentirsi vivi;
considerando che fra poco ci sono le feste natalizie e mangiare da soli anche per le festività è ancora più triste, si chiede nei modi e nelle modalità che la direzione dell'istituto riterrà opportuno di dare la possibilità della socialità in cella per consumare i pasti in compagnia.
Grazie dell'attenzione.I detenuti della prima sezione di Nuoro
(seguono 40 firme salvo incompletezza delle fotocopie. Al momento non sappiamo se il direttore abbia concesso tale socialità per il periodo natalizio né se lo abbia dato in seguito. N.d.R.)
Il direttore ad interim, fresco di nomina, il sig. Daniele Di Blasio, in
tutta risposta alla richiesta dei detenuti osserva il totale silenzio fino
alle ore 12 del 25 dicembre. A quell'ora infatti comunica ai detenuti, dopo
che diversi di essi avevano di già consumato il pranzo natalizio, che
potevano fare socialità, però specificando che il regalo di
natale - e cioè la valida socializzazione per il progressivo reinserimento
dei detenuti di Badh''e karros - poteva essere beneficiato solo a due a due
(non si sa mai, la troppa socializzazione dei reclusi potrebbe anche essere
nociva alla salute!).
Ovviamente i prigionieri hanno rifiutato la "buona" disposizione
del novello (proprio come il vino) direttore di uomini in catene.
Dichiarazione di Marco Camenisch
Contro la tortura e l'isolamento
Dal 18.01.03 inizio uno sciopero della fame nel braccetto della tortura da
isolamento totale e di deprivazione nel carcere di Thorberg, cantone di Berna,
Svizzera, per un minimo di 30 giorni, a disponibilità assumendo tisane
alle erbe dolcificate con miele o zucchero. L'iniziativa è diretta
contro la guerra dall'alto verso il Basso, condotta per mantenere ed allargare
il dominio, gli interessi ed i privilegi di una esigua minoranza sempre più
esigua ai danni di tutte e tutti ed ogni espressione di vita non asservita.
Questa guerra è condotta anche con la repressione, l'assassinio e la
tortura applicate ai popoli, ai gruppi ed individui resistenti ed anzitutto
tale guerra si prosegue anche contro le persone prigioniere comuni e della
resistenza a questa guerra, torturandole ed assassinandole. A subire il tentativo
continuo e sistematico d'annientamento fisico e dell'identità individuale,
sociale, politica e culturale sono in prima linea le prigioniere ed i prigionieri
appartenenti ai movimenti rivoluzionari e popolari della resistenza per l'indipendenza,
la liberazione, la lotta di classe ed ambientale: con l'assassinio e la tortura
bianca e lenta tramite l'isolamento individuale e di piccolo gruppo; tramite
la dispersione e la deportazione; tramite il rifiuto di cure adeguate, o in
toto, per persone malate e gravemente malate ed il rifiuto di liberarle; tramite
la deprivazione degli effetti e mezzi personali, la deprivazione di attività
fisica ed intellettuale; tramite condizioni di vita e di detenzione invivibili;
tramite l'umiliazione e la persecuzione dei familiari e degli affetti solidali.
È una guerra di conquista, occupazione, genocidio, sfruttamento della
vita umana, animale, vegetale e di tutta la natura nell'unica maniera possibile:
quella devastante. È razionalizzata con il razzismo, il sessismo, la
xenofobia, la gerarchizzazione tra gli umani e tra le cose del mondo, dividendo
tutto mediante la scienza, fomentando la distruzione della solidarietà
sociale e delle conquiste sociali popolari e proletarie, distruggendo le basi
di vita e l'abbondanza nostre e delle generazioni future. La sua arma di distruzione
di massa è la civilizzazione industriale e tecnologica diffusa, arma
necessaria per l'affermazione e la sopravvivenza del modello di dominio gerarchico
del mondo mercantile di produzione e di consumismo della modernità
del capitale.
Questa iniziativa è un segno di solidarietà con ogni espressione
d'autentica resistenza contro questa guerra, le sue razionalizzazioni, i suoi
aspetti, le sue cause, i suoi obiettivi a breve e medio termine, contro il
suo obiettivo finale. È solidale con le seguenti lotte dentro le galere:
contro l'F-Typ turco, i braccetti della tortura FIES in Spagna, gli speciali
ed il 41bis in Italia, contro tulle le sezioni di tortura e d'annientamento
di "Massima Sicurezza" in Europa, negli USA, in "America Latina"
ed ovunque. È solidale con le lotte della resistenza esterna alle carceri
contro il carcere, la tortura e l'isolamento, per la difesa e la liberazione
delle persone detenute della resistenza e "comuni" fino alla sparizione
di tutte le mura e di tutti i recinti, di ogni reclusione ed esclusione. È
un segno di solidarietà con le lotte radicali-rivoluzionarie contro
il dominio, il militarismo, il patriarcato, la civiltà capitalistica,
la gerarchia, la disuguaglianza ed ogni ingiustizia.
Contro il WEF (World Economic Forum)
Solidarietà con la resistenza radicale
Contro il Wef dei guerrafondai e profittatori della guerra a Davos, dappertutto
e sempre!
Questo reiterato incontro ripugnante della comunità d'interessi mondiale
e servitori, dei padroni ed assassini di massa con l'aureola della santità
per organizzare la loro guerra totale e la loro III Guerra Mondiale contro
tutto il resto e contro quel che resta del mondo, si svolge nel mio piccolo
paese d'origine dei Grigioni. Si svolge sulla pelle di chi subisce lo sfruttamento
dei prigionieri, della Svizzera e sulla pelle della moltitudine sfruttata
ed oppressa dei paesi di tutto il mondo. Si svolge grazie alla devota lealtà
ed all'attivismo interessato dei padroni locali e dei loro apparati repressivi,
mano nella mano con i padroni e gli apparati repressivi di tutti i paesi.
Il ridicolo pretesto per sospendere (manu militare) i cosiddetti diritti fondamentali
e le ultime rimembranze dell'autodeterminazione locale dal basso è
la "sovranità", "l'ospitalità" e la "sicurezza".
Mentre in realtà si tratta di completare la privatizzazione, il dominio,
lo sfruttamento fino alla devastazione, per mani dei pochi padroni, del mio
piccolo paese e di tutti i paesi del mondo con la loro gente, il loro ambiente,
le loro risorse ed istituzioni!
La nostra resistenza la fa finita con il WEF se è radicale e si svolge
e sviluppa nella continuità e nella solidarietà attiva, critica
e reciproca tra ogni livello e metodo della lotta, poiché ogni livello
e metodo son necessari ed insostituibili. Davos è sempre e dappertutto,
e contro il tentennare e sperare del "POSSIBILE" si affermerà
definitivamente e con facilità.
Il dialogo, la collaborazione e gli accordi con il WEF sono già una
scissione in "buoni e cattivi", ed una scelta di campo che forniscono
all'aureola degli assassini una forza accecante. Nel migliore dei casi farà
di noi delle patetiche comparse nel teatrino dei "disobbedienti",
delle guardie bianche e degli addomesticati, dove ancora una volta i padroni
possono inscenare in modo costruttivo la rappresentazione della resistenza
contro se stessi. La scissione tra "cattivi e buoni"; la condanna
dei primi da parte degli ultimi, in coro con la propaganda della menzogna
dei media dei padroni; la condanna della controviolenza ed autodifesa necessaria
dal Basso, oscurando e rimuovendo le cause e la pur tanto evidente immensità
e brutalità della violenza dei padroni e dei loro stati, in ultima
analisi son solo una dichiarazione di lealtà con i padroni e la proprietà.
È la lealtà supina e timorosa verso una violenza strutturale
e crudamente sanguinaria-militare, con la predisposizione al suo impiego,
smisurata, estremista ed intimamente terroristica tipica dei padroni e dei
loro stati. La lealtà con la proprietà è anche lealtà
con lo sfruttamento e l'oppressione di sé stessi/e e degli altri. È
lealtà con lo sfruttamento, l'oppressione e l'annientamento delle basi
di vita nostre e delle generazioni future, per il dominio, i privilegi e l'accumulo
di ricchezza astratta priva d'ogni senso dei padroni sempre meno numerosi
e sempre più pericolosi.
Perciò: VIA CON QUESTO MONDO SOLO PER POCHI! QUESTO MONDO NON È
POSSIBILE, ED UN ALTRO MONDO È NECESSARIO, SUBITO!
Con questa iniziativa informo e protesto anche contro la continuazione della
guerra del terrore dei padroni, con l'obiettivo dell'annientamento, contro
il mio ambito sociale e politico solidale, pertanto anche contro la resistenza
radicale e la resistenza autentica in generale. Guerra del terrore consistente
in:
Carceri:
Anstalten Thorberg
Dir. Hans Zoss
CH-3326 Krauchtal/BE
Bezirksgefàngnis Pfàffikon
Hòrnlistr. 55
CH-8330 Pfàffikon/ZH
Procura ZH, GI C.W:
BAZ/A-1
Molkenstr, 15/17
CH-8026 Zùrich
Minitodt:
Bau-, Verkehrs- und Forstdepartement GR
Stadtgartenweg 11
CH-7000 Chur
Ufficio misure e pene:
B.-,V.-, u. F. dep. GR
Amt f. Massnahme- u. Strafvollzug
Hofgraben 5
CH-7000 Chur
Dallo sciopero della fame al trasferimento nel carcere di Chur, nei Grigioni
Ancora una volta la determinazione di Marco e dei compagni e compagne
di tutto il mondo che hanno in mille modi accettato la sfida dello Stato che
lo tiene rinchiuso, stavolta quello elvetico, dimostra che la lotta, se qualificata
metodologicamente, rende eccome!
Di Marco, e del suo tragitto esistenziale, in galera e non, abbiamo di già
scritto diverse volte nelle pagine di Su Gazetinu, per cui rimandiamo i lettori
ai nn. 5 e 7. La volontà di non lasciarsi fare dalla "giustizia
carceraria" elvetica, l'ha determinato ad intraprendere lo sciopero della
fame, a partire dal 18 gennaio scorso. Le finalità della lotta, specificate
nel volantino redatto da amici e compagni che gli stanno da sempre vicini,
e riprodotto nelle pagine successive, hanno trovato sostenitori in tutto il
mondo, tanto che alla fine le autorità elvetiche hanno dovuto mollare
almeno su alcuni punti: il rispetto della dignità personale di Marco,
il trasferimento in un carcere accessibile ai suoi familiari, la fine della
tortura "pulita" dell'isolamento assoluto e deprivazione sensoriale.
La sintonizzazione dell'agire dentro e fuori le galere, con opere di boicottaggio
degli interessi politici ed economici dello Stato-capitale svizzero, con iniziative
nei pressi delle galere in cui il nostro compagno è tenuto rinchiuso,
con la metodologia della continuità, anche nel corso di anni e col
dispiegamento di infinite energie, non vi è sistema di dominio che
infine non debba cedere alle rivendicazioni dal basso.
Ancora una volta l'azione diretta dentro/fuori delle galere, l'autogestione
delle lotte e delle iniziative, il rifiuto a monte, di ogni prassi che dia
adito a strumentalizzazioni, la determinazione nel non scendere a patti col
potere, risultano vincenti.
Non chiedere, ma pretendere!
Non elemosinare, ma imporre!
Non delegare, ma agire!
Non attendersi nulla dal potere, e dalle sue fazioni, ma estendere la lotta,
coinvolgendo in essa gli strati sociali, i familiari, gli amici, gli ex-detenuti,
tutte le carceri in modo che all'interno ed all'esterno la ribellione sia
irrecuperabile all'ordine costituito ed ai suoi sgherri, lasciando piena libertà
affinché ciascuno, individuo o gruppo che sia, si rapporti alla protesta
nei modi che più gli aggradano.
Solo in questo modo non vi sarà speculazione da parte di alcuno, laico
o religioso che possa essere.
Non ci è possibile dare neanche un elenco delle iniziative attuate
in tanti luoghi, per ovvi motivi di spazio, ma di seguito, oltre alla dichiarazione
di Marco, pubblichiamo le ultime notizie sul suo stato di salute dopo 20 giorni
di sciopero della, sul trasferimento al carcere di Chur, sulla sua attuale
situazione di detenuto.
Che la sua e nostra lotta sia un esempio per tutti!
3 febbraio 2003
La condizione fisica di Marco è discreta, anche se le conseguenze dello
sciopero della fame intrapreso in data 18/1/03 si fanno sentire. In tredici
giorni (dal 18/1 al 30/1) Marco ha perso 5 Kg. Il suo peso attuale è
di 55 kg. Marco intende proseguire lo sciopero della fame sino al 7/2, data
in qui saranno passati 20 giorni dal suo inizio. Un'ulteriore estensione del
periodo di sciopero della fame è subordinata alle condizioni di vita
e al trattamento che gli saranno riservati nel carcere di Chur/Coira (Cantone
dei Grigioni), dove dovrebbe essere stato trasferito proprio oggi (4/2/2003).
Manuela ci comunica che Marco, nonostante visibilmente affaticato, le è
parso tranquillo e felice per il calore e le energie profuse dai compagni
e le compagne che sostengono la sua lotta in tutta Europa e in Sud America.
Il nuovo trasferimento nel carcere di Chur, sulla cui struttura non circolano
buone voci, ha gettato Marco nello sconforto. In primo luogo perché
a Pfaffikon i rapporti umani erano decisamente migliori rispetto al clima
e agli atteggiamenti nazisti subiti al Thorberg. In secondo luogo perché
questo ennesimo trasferimento ripropone in maniera eclatante il problema del
disinteresse delle autorità medico-carcerarie nei confronti del suo
stato di salute.
Anche in un paese come l'Italia, che non brilla certo per la sua sensibilità
verso il rispetto dei diritti umani dei prigionieri, un qualsiasi detenuto
in sciopero della fame da più giorni non sarebbe stato sottoposto allo
stress di un ennesimo trasferimento e avrebbe ricevuto maggiori attenzioni
mediche. Complimenti alle autorità svizzere!
16 febbraio 2003
A Chur la situazione di Marco è decisamente migliorata, almeno rispetto
alle precedenti esperienze carcerarie. Al momento le guardie hanno un atteggiamento
meno sprezzante. Marco non è più in isolamento e, nei limiti
del tempo a sua disposizione, può intrattenere rapporti di socializzazione
con gli altri detenuti. Attualmente lavora 8 ore al giorno nel laboratorio
del carcere. La settimana scorsa ha potuto effettuare colloquio con i familiari,
finalmente senza vetri divisori. Sul fronte delle restrizioni della corrispondenza,
permane la discrezionalità delle autorità, ma in questi giorni
alcuni amici hanno ricevuto sue recenti lettere di risposta.
Per quanti volessero comunicare con Marco Camenisch, il suo attuale recapito è:
Marco Camenisch
Sennhofstrasse, 17
7000 Chur (CH)
Svizzera
Volantino (uno dei tanti) che hanno accompagnato le iniziative di solidarietà
a Marco
LIBERTÀ PER MARCO CAMENISCH
Nel gennaio 1981, davanti al tribunale cantonale di Coira, Marco Camenisch legge una lunga dichiarazione. Ne riportiamo alcuni stralci:
"Se ora parlerò a lungo non è per giustificarmi o per chiedere clemenza. Vorrei soltanto chiarire il perché si è fatto qualcosa e perché bisogna fare qualcosa. Non voglio dimostrare che abbiamo agito in modo strategicamente corretto. Abbiamo risposto alla guerra del capitale in quanto vittime del capitale... Non siamo né egoisti né idealisti; siamo esseri umani critici e consapevoli, senza nessuna ambizione di assurgere al ruolo di martiri o di eroi. Per elencare tutti i delitti perpetrati dai veri criminali, i dittatori, i politici, i capitalisti e i loro servi, ci vorrebbero degli anni. Nel 1977 a una sessione delle organizzazioni non governative dell'ONU a Ginevra, è stato presentato il Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Siccome questo messaggio esprime molto bene sentimenti anche nostri ne cito alcuni passaggi: "... La cultura occidentale è stata atrocemente sfruttatrice e distruttrice per il mondo naturale. Più di 140 specie di uccelli e di animali furono totalmente distrutte, principalmente perché esse erano inutilizzabili agli occhi degli invasori. Le foreste furono livellate, le acque contaminate, il popolo nativo sottoposto a genocidio... Oggi la specie umana è posta di fronte alla questione della sopravvivenza della specie stessa. Il modo di vita conosciuto col nome di civiltà occidentale è su un cammino di morte sul quale la sua cultura non ha risposte vitali da dare".È difficile non essere d'accordo. A meno che non si abbiano interessi economici da difendere; a meno che non si faccia parte di milioni di individui che, complici perché rassegnati e indifferenti, consumano quotidianamente con la propria misera vita sempre più merci e veleni, convinti che tutto ciò sia ormai inevitabile. Sono considerazioni che trovano le loro motivazioni nelle scelte di lotta di Marco, e che hanno comportato il prezzo durissimo della galera, anni e anni di galera, di violenza, di soprusi, di negazioni di rapporti affettivi e sociali, di attacco alla sua identità. Anni e anni durissimi, vissuti con grande dignità e dove la sua umanità, i valori, gli ideali non sono stati seppelliti dall'odio di quella struttura disumana e violenta che è il carcere. E una società che ne ha bisogno non può essere giusta. In una società un po' più giusta, la vita di migliaia e migliaia di uomini e donne che sopravvivono, e a volte spesso muoiono, nelle galere, sarebbe stata indubbiamente diversa. Avrebbe avuto sicuramente un destino diverso. Questa società invece li condanna tutti e tutte alla sua legale violenza, quella dell'isolamento, della deprivazione affettiva e sociale, dei pestaggi, dei trasferimenti da un carcere all'altro lontani dalla famiglia, delle perquisizioni umilianti, delle lettere sequestrate, dei colloqui di mezz'ora dopo migliaia di chilometri, dei colloqui rifiutati, dei colloqui con il vetro divisorio, della negazione ai malati terminali di AIDS di morire tra i propri cari, e a moltissime altre violenze ancora. Li condanna a tutto questo in nome delle sue ingiustizie sociali e della sua legale violenza, quella di Bhopal e di Seveso, di Chernobyl e di Hiroshima e Nagasaki, quella dei bombardamenti umanitari contro la Yugoslavia, l'Afganistan e l'lrak, quella del democratico occidentale massacro di un milione di bambini iracheni con l'embargo, quella degli omicidi sul lavoro, della manipolazione genetica, dell'inquinamento, dell'avvelenamento e delle migliaia di vittime, in grandissima parte bambini, che saltano sulle mine delle sue fabbriche di morte.
Individualità ribelli - Pietrasanta
Alpi in resistenza - Sondrio
29/01/2003
NO PASARAN!
Carcere di Messina
La lettera di Francesco Puglisi, uno dei compagni arrestati il 4 dicembre
per ordine dei magistrati genovesi Canepa e Cianciani, è significativa
su come i prigionieri vengono trattati nel caso rimangano isolati rispetto
all'esterno. L'appello di Paolo Dorigo, affinché non passino due pesi
e due misure - atteggiamenti spesse volte dovuti a leggerezza di valutazioni
o dimenticanze involontarie - non può cadere nel vuoto. Forse non riuscirà
sempre ad evitare che provocazioni e torture e pestaggi non si verifichino,
ma in ogni caso saranno utili per non far sentire soli i compagni e le compagne
caduti nelle mani dello Stato e dei suoi servi.
Dal giorno del mio arresto e portato qui, in 2 mesi è successo questo, durante l'isolamento di 10 giorni, al quale ho reagito con uno sciopero della fame e altri tipi di proteste. Ma non sono servite a nulla.
Il 23 Dicembre 2002, 5 guardie del carcere vengono a prendermi nella mia cella dove fino a quel momento malvolentieri stavo, e portato in una cella di punizione, arrivati dentro questa cella, mi hanno invitato a spogliarmi del tutto nudo, ma al mio rifiuto, sono stato preso e sbattuto sul muro con una certa forza (il giorno dopo ero pieno di lividi sulla spalla sinistra). Ma non è finita qui, uno di loro, esaltato, al grido ci penso io a questo coglione, che voi no global siete tutti pezzi di merda, sono stato preso a pugni, per quasi 4 ore sono rimasto nudo in quella cella. Mi sono sentito umiliato e solo.
Da due mesi non faccio colloquio con i miei familiari, mia madre è stata respinta per 2 volte, arrivata apposta da Catania con notevoli difficoltà economiche.
Avuta notizia che per la seconda volta mia madre non era stata fatta entrare, prima mi sono rifiutato di salire nella "mia" stanza per circa 30 minuti, e poi, con uno sciopero della fame durato 5 giorni finché non avevo ottenuto il nulla osta da Genova per questa settimana. LA LOTTA PAGA!!!
Sono stato successivamente minacciato da Ispettori corrotti, che con terzi mi minacciavano di farla finita, se no mi sarebbe finita male.
Vi pregherei di far sapere quello che qui accade. Adesso è arrivata anche una squadretta, pronta al pestaggio.
NO PASARANFrancesco Puglisi
07/ 02/ 2003
Appello alle strutture di solidarietà di classe
Risultano due pesi e due misure anche nel "come" la "sinistra" affronta e gestisce la questione delle nuove montature contro il movimento antagonista e contro le giornate di lotta che si sono sviluppate a Genova nel luglio 2001 da parte di un nuovo movimento proletario di giovani e ribelli allo stato di cose esistenti. In un caso, quello di Francesco, compagno impegnato da anni nella solidarietà a noi prigionieri rivoluzionari, l'origine di classe sottoproletaria e la etichetta di "cattivo" appiccicatagli dai media al servizio degli inquisitori, sta costando, oltre la galera, pure un'assistenza difensiva scarsa ed insufficiente. La causa, al solito in questo genere di problemi (vero avvocatini che vi sbattevate un anno e mezzo fa?), è economica.
Il compagno ha bisogno di sostegno economico perché privo di adeguato sostegno familiare, e per la sua difesa legale.
Mi sto interessando per questo secondo aspetto. In entrambi i casi, scrivetegli e soprattutto mandategli contributi economici di solidarietà. In questo regime, ancora non è un reato, come invece in altri paesi europei (vedi Euskadi).
Questo appello è spedito a:- Panetteria Occupata - Milano
- Centro sociale Transiti - Milano
- Gruppo di lavoro contro la repressione - Padova
- Spazio di documentazione - Cuneo
- Linearossa - Viareggio
- Rossoperaio - Taranto
- Su Gazetinu - Guasila/NuoroPaolo Dorigo
militante comunista prigioniero
8.1.03Il recapito di Francesco è:
Francesco Puglisi
Via Consolare Valeria, 2
98100 MESSINA-Gazzi
Su perquise ed arresti
Mercoledì 4 dicembre
Su ordine della magistratura di Genova vengono perquisite a Milano due case
occupate e un'abitazione privata. Tre compagni vengono prelevati e portati
in questura, due di loro vengono arrestati con le accuse di devastazione,
porto di materiale esplosivo e resistenza aggravata e trasferiti a Genova:
Vincenzo al carcere di Marassi e Marina a Pontedecimo. La sera stessa un concentramento
in piazza Fontana vede partecipi un centinaio di compagni di differenti realtà.
Si trasforma in un breve corteo, che raggiunge piazza San Babila dove decide
di mutare nuovamente in presidio a causa delle scarse forze abbinate agli
improponibili percorsi imposti dagli sgherri della digos, volti noti certo...
ricordo più fresco per alcuni, 4:15AM.
Giovedi 5 dicembre
Ieri si è tenuto a Genova un corteo in solidarietà agli arrestati.
Il corteo, partito da piazza De Ferrari si è mosso tra i vicoli della
città ed alcune strade principali, circondato da una iperattiva digos
non è riuscito a raggiungere la prefettura cosi come ci si era proposti.
Scioltosi il corteo, alcuni compagni dei due arrestati si sono spostati prima
al carcere di Marassi e poi a quello di Pontedecimo per gridare la loro rabbia
e la loro solidarietà. Marassi era pieno di luci e voci e da dentro
erano molto ricettivi. Pontedecimo è rimasta silenziosa, anche a causa
della posizione delle celle con cui è difficile comunicare senza mezzi
di amplificazione, gli unici a dare "segni di vita" sono stati i
vicini, svegliati dalle nostre urla.
Venerdì 6 dicembre
Questa mattina siamo andati davanti a quel lurido posto che è il lager
di via Corelli, aspettando che rilasciassero Dave. Dave è un ragazzo
statunitense di Sacramento, la notte delle perquisizioni era ospite alla Villa
Occupata. Quella mattina tre "stranieri", due dalla Villa ed una
ragazza sudamericana dalla casa Occupata di via Raimondi (quest'ultima rilasciata
dalla questura con decreto di espulsione in tasca) sono stati portati in questura
all'ufficio immigrazione. Dave è stato portato al CPT di via Corelli,
dove rimane tuttora rinchiuso fino all'udienza prevista in base all'avviato
ricorso da lui esposto dopo la decisione di espulsione del giudice.
Per i nostri compagni e per i prigionieri tutti, ai detenuti in lotta contro
le condizioni di vita nelle carceri e ai rivoluzionari prigionieri, ai migranti
rinchiusi nei lager di Stato...
Genova (aggiornamenti) "operazione 4 dicembre"
Il 4 dicembre 2002 i magistrati genovesi Canepa e Canciani danno il via ad
una operazione terroristica per tutto lo stivale, rendendo pubblica una inchiesta
per i "fatti" accaduti nella città durante il vertice dei
G8. Perquisizioni, sequestro di un'infinità di materiale cartaceo,
avvisi di garanzia ed arresti coinvolgono direttamente 24 persone di diversi
luoghi.
Vengono arrestate 9 persone, di cui 5 restano in carcere: Carlo Cuccomarino,
Alberto Funaro, Francesco Puglisi, Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi. A nulla
servono le reiterate richieste di scarcerazione avanzate dagli avvocati della
difesa, richieste respinte ora dall'uno ora dall'altro organo della magistratura
con pretesti i più stupidi ed inopportuni che fanno pensare - e largamente
intravedere - la volontà di vendetta degli organi inquirenti nei confronti
di chi ha osato mettere in discussione non soltanto la politica - e la presenza
a Genova - degli attuali dominatori del mondo, ma anche l'operazione di sterminio
delle forze armate di stato che in quel luglio assassinarono Carlo Giuliani
e massacrarono migliaia di manifestanti.
Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi fin dal primo interrogatorio hanno rivendicato
la loro identità anarchica, la posizione conseguente di essere contro
i G8 e la loro presenza a Genova durante il loro raduno, ma si son rifiutati
vuoi di rispondere a domande concernenti altre persone, vuoi di avvalorare
in qualche modo l'operato delle istituzioni repressive e giudiziarie.
Poco prima di chiudere questo numero del giornale apprendiamo le novità
in merito ai cinque compagni.
Il 20 febbraio, il Tribunale del Riesame di Genova, costretto ad accogliere
la nuova istanza degli avvocati di Marina, ha concesso alla compagna misura
alternativa alla custodia cautelare in carcere, per cui da tale data si trova
agli arresti domiciliari.
Inoltre, il 28 febbraio, Vincenzo è stato trasferito dal carcere di
Marassi a quello di Albate. Comunica che sta bene.
Ecco pertanto i recapiti (aggiornati) dei compagni arrestati il 4 dicembre, ancora detenuti
Vincenzo Vecchi (nuovo recapito)
C.C. Via al Piano 11
22100 ALBATE (Como)
Francesco Puglisi
Via Consolare Valeria 2
98100 Messina - Gazzi
Alberto Funaro
C.C. Rebibbia - Via R. Maietti
00156 Roma
Carlo Cuccomarino
C.C. Vibo Valentia - Contrada Cocari 29
89900 Vibo Valentia
A Genova è attivo un Comitato di solidarietà che si sta occupando anche del sostegno agli ultimi arrestati. Riportiamo i suoi recapiti e chiarimenti per quanti volessero porsi in contattato, inviare soldi ecc.
Comitato Anarchico di Difesa e Solidarietà
Piazza Embriaci 5/13
16123 Genova
Tel.:+39.10.255.797 [Mer 18.30-23.30] Email: anarcos@ghostmail.net
Conto Corrente Postale n°37158185
intestato a: "Circolo culturale Biblioteca Libertaria F.Ferrer"
causale:
"Pro CADS" [genericamente a favore del Comitato]
"Pro CADS/detenuti" [Difesa Legale e supporto Diretto]
Il Comitato raccoglie fondi a favore dei compagni/e anarchici e libertari. Difende - nel limite del possibile - tutte le vittime della repressione post-G8 ma cura in primo luogo gli interessi di quei compagni/e che si rifanno al movimento anarchico e libertario e infine risponde solo ed esclusivamente dei fondi che esso amministra.
Per i magistrati "eroina" vuole restare in carcere
Le incredibili motivazioni con cui i magistrati hanno rifiutato ogni richiesta
di scarcerazione, o di misure alternative alla permanenza in galera, per i
5 compagni ancora detenuti dopo l'atto repressivo del 4 dicembre
Il tribunale della libertà di Genova ha emesso oggi, mercoledì
18, altri tre provvedimenti sulle istanze di scarcerazione degli arrestati
del 4 dicembre, inquisiti per devastazione e saccheggio e altri reati.
Sono stati scarcerati Carlo Arculeo e Antonio Valguarnera, palermitani di
25 e 21 anni, accusati tra l'altro di aver rubato i due motorini con i quali
si muovevano in mezzo agli scontri: il primo passa dal carcere ai domiciliari,
il secondo dai domiciliari all'obbligo di firma in commissariato.
La stessa decisione era stata presa martedì per Massimiliano Monai,
il genovese indagato anche per piazza Alimonda e noto ormai in tutto il mondo
come "l'uomo della trave".
Per tutti, sia pure confermando gli indizi, il tribunale ha considerato "attenuate"
le esigenze cautelari, cioè la pericolosità e il rischio di
reiterazione dei reati, con motivazione che fanno ben sperare anche per gli
altri, ancora in attesa della decisione.
È invece sconcertante l'ordinanza su Marina Cugnaschi, l'anarchica
milanese di 37 anni indicata dalla procura e dal gip come protagonista di
otto episodi di devastazione ad opera del black bloc, tra i quali l'incendio
al carcere di Marassi.
A parte la conferma degli indizi, che per la verità non sono stati
neanche contestati dall'avvocato Mirko Mazzali che preferisce discuterli in
altra sede, sono incredibili le motivazioni circa il pericolo di reiterazione
dei reati.
Come nell'ordinanza d'arresto, all'indagata viene contestata in primo luogo
l'appartenenza a gruppi anarchici e - cito testualmente - "l'esistenza
di stretti legami con le frange più radicali e violente dei movimenti
anarchici, note come 'insurrezionaliste', che si sono sviluppate a partire
dal '99 con episodi delittuosi posti in essere nella città di Milano
ma anche altrove nell'ambito di un movimento denominato Solidarietà
internazionale che ha una struttura clandestina".
Cugnaschi ne fa parte?
Questo i giudici non lo scrivono, si limitano a dire che "appare solidale
con".
E aggiungono che "Solidarietà internazionale svolge attività
di propaganda nelle cosiddette "case occupate"" e che "l'indagata
risulta essersi trasferita proprio quest'anno" in una casa occupata a
Milano.
Scrivono poi che era "presente fra il pubblico del processo a Cadeddu
Maria Grazia (condannata per l'attentato del '97 contro Palazzo Marino a Milano),
a processi nei confronti di appartenenti all'area 'punk anarchica' a Torino
e alle manifestazioni in favore del detenuto Camenish Marco" nonché
a riunioni a Milano con un'ex brigatista semilibera.
L'unico precedente di polizia citato è per "radunata sediziosa",
altri elementi di pericolosità "una fionda e un passamontagna
nero" trovati durante una perquisizione. Ma il bello deve ancora venire.
I giudici scrivono infatti che Cugnaschi deve restare in galera perché
ha esercitato la nota facoltà di non rispondere al gip e non si è
presentata (come ha diritto di fare) all'udienza del riesame, dimostrando
così - a loro dire - che la sostituzione del carcere con gli arresti
domiciliari non le interessa nemmeno, nonostante l'avvocato Mazzali l'abbia
chiesta.
Cito ancora dall'ordinanza: "L'inserimento dei fatti nel preoccupante
contesto ideologico descritto, la circostanza che l'indagata si sia avvalsa
della facoltà di non rispondere davanti al gip, peraltro formalizzando
in tale sede la sua residenza e dimora stabile in immobili abusivamente occupati,
e non abbia voluto presenziare all'odierna udienza, né abbia fatto
pervenire personalmente una istanza di arresti domiciliari, lascia emergere
seri dubbi sulla circostanza se - allo stato - la Cugnaschi voglia effettivamente
essere soggetta a tale misura, che implica un riconoscimento dell'autorità
giudiziaria e del suo agire, estraneo parrebbe al suo vissuto fino al suo
recentissimo arresto. Non appare concretamente certo né che la donna
accetterebbe il provvedimento di sostituzione, né tanto meno che spontaneamente
vi si adeguasse (tra l'altro facendo scemare la propria immagine di eroina/prigioniera
politica agli occhi del proprio gruppo, immagine chiaramente emergente dalle
ricognizioni delle scritte a lei inneggianti apposte a Genova nel corso dell'ultima
recentissima manifestazione", quella cioè di sabato 14 dicembre.
Siamo all'assurdo.
L'esercizio di diritti processuali come quello di non rispondere ai giudici
è motivo di conferma della pericolosità e dunque dell'arresto
in carcere.
L'avvocato Mazzali ha detto all'agenzia Ansa: "Quando mi hanno letto
l'ordinanza ho pensato che i miei colleghi stessero scherzando. È incredibile
infatti che i giudici sostengano che la Cugnaschi voglia rimanere in carcere
per fare l'eroina".*
*Il documento è stato tratto da internet
Marina agli arresti domiciliari
dal 20 febbraio
Ieri 20 febbraio 2003 i magistrati genovesi hanno deciso di concedere i domiciliari
a Marina, compagna anarchica arrestata il 4 dicembre scorso nell'ambito delle
inchieste sulle giornate di rivolta genovesi in cui vennero contestati e attaccati
i G8, il capitale e alcune delle sue sedi. A 2 mesi dall'arresto cadono le
motivazioni della necessità di custodia cautelare in carcere ...
Nel frattempo i magistrati, le forze dell'ordine e la stampa hanno cercato
di "spremere" i compagni, schiacciandoli nella morsa di pesanti
accuse (devastazione! ... ma il T.A.V. è devastazione, i tralicci e
i ripetitori lo sono, le petroliere e le guerre dei padroni, il cemento e
le fabbriche ... il carcere è devastazione!!!) e il tentativo di creare
il vuoto intorno a loro.
Ma hanno ricevuto picche! Perché la solidarietà ai compagni
è arrivata, calorosa e allargata, con o senza l'amplificazione degli
odiati mass-media! Certo non da tutti, ovviamente! ... ma ... avevamo dubbi?!
Dicevamo: non da tutti, ma da molti.
A Milano, per il corteo spontaneo del 4 dicembre, sono stati denunciati dei
compagni per "organizzazione di una manifestazione non autorizzata"
e per aver "offeso" quegl'infami servi dello Stato che sono le Forze
dell'Ordine. Questa è l'ennesima riprova della criminalizzazione della
solidarietà da parte del Potere che vede in essa un potenziale "luogo
d'incontro e di unione" per gli sfruttati. Lo abbiamo visto da sempre.
E di recente lo abbiamo letto negli atti del processo contro gli anarchici
a Roma (il cui appello, tra l'altro, si è concluso con 3 egastoli ed
una condanna a 15 anni per il cosiddetto gruppo romano, e 6 anni ad Alfredo
Bonanno!); lo abbiamo letto nelle motivazioni del rifiuto della scarcerazione
per Vince e Marina (... avevano, tra l'altro, presenziato ad alcuni processi
e manifestazioni di solidarietà); lo si capisce dalle perquisizioni
a Bergamo di alcuni giorni fa ...
Lor Signori confermano questa nostra convinzione: La solidarietà è
un'arma!
E allora
Solidarietà a Francesco Puglisi (rinchiuso nel carcere di Messina-Gazzi)
e a Carlo Cuccomarino (nel carcere di Vibo Valentia)! Solidarietà a
Vince, Marina, Alberto!
Solidarietà ai detenuti in Svezia per i fatti di Goteborg in sciopero
della fame!
Solidarietà a quelli che la romana inquisizione ha voluto trattenere
tra le sue squallide grinfie; a quanti non si sono fatti intimidire dalla
repressione ed hanno dimostrato il loro appoggio agli insorti ed ai detenuti
nelle patrie galere!
No al 41bis, al fies, alle celle di tipo f, alle fosse! No ai c.t.p., alle
espulsioni; no alle leggi della fortezza Europa volute dalle elite politiche
di sinistra e accettate dalle masse grazie ai contenuti della propaganda di
destra!
Fuoco ai distruttori! Fuoco alle carceri! Liberi tutti!
A Bergamo, il 7 febbraio
11 PERQUISE
All'alba del 7 febbraio, a Bergamo, la DIGOS locale, ha eseguito una serie
di perquisizioni ai danni di 11 compagni bergamaschi, che non hanno dato alcun
risultato significativo.
Le perquisizioni sono scaturite in merito all'attentato avvenuto nella notte
tra il 29 ed il 30 gennaio scorsi ad un ripetitore RAI sito sul colle della
Maresana, nel comune di Ponteranica alle spalle della città.
L'imponente azione delle forze dell'ordine era mirata ufficialmente alla ricerca
di agende contenenti indirizzi e altro materiale generico. Sono stati sequestrati:
un volantino distribuito pubblicamente sull'arresto dei compagni per la vicenda
del luglio 2001 a Genova, una tanica ed una bottiglia contenente petrolio
rettificato utilizzato da un compagno per la sua attività di teatrante
di strada e fotocopiate alcune agende.
La modalità e la tempistica di tali perquisizioni ci fanno trarre alcune
considerazioni che hanno una loro pertinenza.
Innanzitutto le forze dell'ordine locali hanno agito (brancolando nel buio)
su pressioni esterne. I potentati locali attraverso la stampa, docilmente
asservita alla loro bisogna, hanno nei giorni scorsi spinto prepotentemente
alla costruzione di un percorso di criminalizzazione totale delle espressioni
anarchiche che vi sono in città, rimarcando e cercando di collegare
forzatamente ogni fatto, ogni azione politica ed ogni iniziativa che negli
ultimi mesi è stata condotta a Bergamo, nel non malcelato tentativo
di arrivare alla criminalizzazione totale dell'agire anarchico, politico e
sociale.
La scelta dei compagni perquisiti non appare casuale. L'essere anarchico o
libertario o aver recentemente frequentato compagni della nostra area, sembra
sia il comune denominatore. Alcuni compagni fanno riferimento al Circolo Freccianera,
altri non più, ma lo hanno assiduamente frequentato in passato, e qualcuno
ha avuto la "colpa" di partecipare ad iniziative politiche, come
manifestazione antimilitarista di La Spezia, il presidio per Camenisch a Milano,
la manifestazione antifascista a Crema. Il tentativo che comunque appare maggiormente
evidente e preoccupante è quello di cercare di creare ad ogni costo
un clima in città che riporti ad un'emergenza terrorismo, "ecoterrorismo"
per rimanere al passo con i tempi, che possa in qualche modo giustificare
futuri e più incisivi interventi ai danni dell'area anarchico libertaria.
Analizzando attentamente le stesse informazioni che compaiono sulla stampa
si può notere che a livello nazionale vi è in atto lo stesso
tentativo che stiamo vedendo attuato qui in città.
L'assurda campagna "ecoterrorista", abilmente montata dai media
e suggerita da importanti settori della magistratura, pare mirare esclusivamente
ad una totale criminalizzazione del movimento anarchico, con lo scopo di trovare
l'alibi giuridico per procedere poi con tutta una serie di reati associativi
che permetteranno la messa al bando e l'arresto, senza riscontri oggettivi,
di un'area politico sociale che potrebbe avere delle potenzialità di
lotta e di radicalizzazione sul territorio. All'interno dell'attuale crisi
(dopo il riassorbimento istituzionale delle espressione più belle e
significative del movimento antiglobalizzatore) il sistema di potere economico
e sociale ha l'impellente bisogno di creare un'antagonista facilmente attaccabile
(e non difendibile da parte dei vecchi politicanti della sinistra) da dare
in pasto al popolo affamato di falsa sicurezza ed incantato dai media addomesticati.
Ci sentiamo di ribattere alle accuse di stampa e televisione che tendono a
descrivere come terrorismo atti di sabotaggio miranti a colpire i templi di
questa moderna religione, che sullo sviluppo insensato applica una politica
di accumulamento del capitale e del potere.
Gli anarchici, i libertari, coloro che hanno a cuore il risollevamento di
questa Terra devono fare il punto per riuscire a rispondere compatti ed uniti
all'abbozzato tentativo in atto da parte delle forze del controllo sociale,
rispondere con analisi chiare e con forme politicamente ineccepibili.
Esprimere solidarietà ai compagni rinchiusi e torturati nelle carceri,
lottare per la libertà di pensiero, contro la guerra, la distruzione
del pianeta e delle nostre vite non dev'essere interpretato come un atto criminale
o terroristico.
Lottare per la libertà è un atto doveroso
Circolo Freccia Nera
Collettivo Liberazione Animale
FAI Bergamo
Su di una Interrogazione Parlamentare
di M. Lucia Mesina e Rita Piga
In data 7 ottobre 2002, è stata presentata un Interrogazione parlamentare
da Russo Spena e Mascia riguardo la situazione carceraria in Italia, dove
vengono riportati i nomi di alcuni detenuti che stanno subendo violenze, con
la negazione del diritto alla salute, all'interno di varie strutture.
Nello specifico vengono menzionati:
- Diego della Libera, detenuto presso l'istituto penitenziario di Secondigliano
a Napoli: affetto da ischemia cardiaca, avrebbe in corso una protesta pacifica
dal 28 giugno 2002, consistente nello sciopero della fame e nella rinuncia
della terapia;
- Francesco Catgiu (Sirbone) attualmente detenuto presso la sezione infermeria
del Carcere di Sulmona [trasferito nel frattempo a Spoleto, n.d.r.], secondo
quanto attestato dalla perizia di parte non deambulerebbe autonomamente e
sarebbe altresì affetto da evidenti disturbi claustrofobici. Nel carcere
di Sulmona gli sarebbe impedita l'apertura del blindato della cella e l'uso
della carrozzella. La stessa direttrice di Sulmona, in un'intervista rilasciata
al settimanale "Io Donna" del 15-11-97, avrebbe sostenuto che "I
trattamenti risocializzanti sono boiate e che gli unici detenuti simpatici
incontrati sono quelli con le palle".
- Emanuele Calfapietra attualmente detenuto a Secondigliano, verserebbe in
condizioni estremamente gravi, costretto sulla sedia a rotelle a seguito di
un tumore progressivo che gli renderebbe difficile l'uso delle mani.
- Salvatore Ercolano, sottoposto da 10 anni consecutivi a regime di cui all'art.
41bis, secondo comma dell'ordinamento penitenziario, così mettendo
a grave rischio la sua condizione psico-fisica e configurando un'ipotesi di
vero e proprio trattamento inumano.
- Raffaele D'Agostino, in data 4 agosto 2002, a seguito di una sua protesta
per le condizioni di detenzione nel carcere di Reggio Calabria, di cui è
stata fatta menzione sul quotidiano L'Unità, sarebbe stato trasferito
prima a Vibo Valentia e poi a Roma a Rebibbia, dove gli sarebbe stato applicato
il regime di cui all'art. 41bis secondo comma dell'ordinamento penitenziario.
- Gianluca Frani costretto da anni sulla sedia a rotelle il 4 agosto 2002
è stato trovato impiccato nella sua cella della Casa Circondariale
di Bari.
Riportiamo il contenuto di questa Interrogazione Parlamentare evidenziando
il linguaggio usato (verbi al condizionale, per es.) e le richieste di due
parlamentari che in sintesi sono:
- conoscere i parametri che hanno portato a ritenere aumentata la capienza
tollerabile delle carceri italiane di ben 11mila posti letto;
- conoscere misure e provvedimenti che lo stato intende adottare per assicurare
il definitivo passaggio di competenze della medicina penitenziaria al Servizio
Sanitario nazionale;
- conoscere i provvedimenti che lo stato intende adottare per garantire il
diritto alla salute dei sig. D. Della Libera, F. Catgiu, E. Calfapietro;
- conoscere i provvedimenti che lo stato intende intraprendere per migliorare
le condizioni igienico-sanitarie dell'istituto di Caltanissetta;
- conoscere le ragioni di politica criminale che richiedono l'applicazione
del duro regime di cui all'art. 41bis, nei confronti di S. Ercolano e R. D'Agostino;
- infine sapere quale sia lo stato dell'inchiesta amministrativa e se sia
stata avviata l'inchiesta penale riguardante la morte per presunto suicidio
di G. Frani.
A parte il fatto che la realtà della condizione di questi detenuti (di tutti i detenuti) è evidente e non fittizia, a parte che G. Frani è evidentemente morto impiccato, a parte tutto ciò, noi come redattrici de "Su Gazetinu" appoggiamo e sosteniamo le lotte di rivendicazione dei detenuti, non per assicurargli l'intervento salvifico dello Stato (che è colui che oltre ad averli privati della libertà, li tiene sotto sequestro in condizioni disumane) ma per fare in modo che ogni singola lotta per la dignità o per il cibo, o per qualsiasi altra cosa, degeneri in uno stato di rivolta permanente, di continua tensione sì per il miglioramento delle condizioni carcerarie ma soprattutto perché la condizione stessa di detenuto - prigioniero - chiuso a chiave venga a mancare del tutto.
M. Lucia Mesina e Rita Piga
Iniziativa a Milano contro il carcere ed il 41 bis
SABATO 14 DICEMBRE ALLE ORE 15 PRESSO LA SALA DELL'USI, VIA BLIGNY 2 (SCALA
SINISTRA), MILANO
Ci hanno abituati a sopportare la prepotenza dell'autorità e dei suoi
uomini; ad avere vergogna dei nsotri amici e parenti imprigionati; a subire
il ricatto delle istituzioni che li tengono sequestrati; ad essere trattati,
anche noi, liberi, con disprezzo, senza rispetto dai secondini che per il
solo fatto di d'indossare la divisa del mestiere più infame del mondo
(quello di guardiano di uomini in catene) ritengono di poter fare di noi e
dei nostri cari ciò che vogliono.
Noi riteniamo che sia ora di farla finita con tali prepotenze!
Ma per farla finita dobbiamo rompere l'isolamento a cui ci hanno costretto,
dobbiamo unirci e organizzare la nostra forza, socializzare i problemi di
ciascun detenuto, amico e familiare affinché si trovino le ragioni
di un agire assieme contro la prepotenza spesse volte assassina delle autorità
carcerarie, secondini, direttori e Magistrati di Sorveglianza.
Se le condizioni di detenzione sono diversificate per ciascun detenuto, i
problemi relativi alla prigionia sono gli stessi per tutti.
In questi giorni il governo si prepara ad approvare in via definitiva l'articolo
41bis che colpirà, oltre i detenuti per reati "di mafia",
anche i rivoluzionari (in carcere da più di 20 anni) che mai si sono
pentiti o dissociati e che, coerentemente, si mantengono sulle posizioni per
le quali sono finiti in carcere.
Sempre in questi giorni sono riprese le proteste dei detenuti al fine di ottenere
alcune migliorie, un indulto generalizzato, la fine dell'art. 41bis e dell'ergastolo.
Noi non riteniamo di provare vergogna per essere ex detenuti, parenti ed amici
di prigionieri, riteniamo che sia vergognoso sostenere ed alimentare una società
che produce direttamente e indirettamente degli esclusi dal godimento della
vita, quindi dei necessari "delinquenti" o "terroristi"
che lo Stato intende spersonalizzare oppure rinchiudere in galera allo scopo
di isolarli dal corpo sociale e criminalizzarli.
L'unico vero crimine è quello di coloro che producono, gestiscono ed
impongono un sistema sociale che crea privilegio e miseria, padroni e servi.
È proprio per affrontare queste tematiche e per approntare insieme
una possibile lotta contro il 41bis, a fianco di tutti i prigionieri che vi
invitiamo a questo incontro pubblico.
Amici e familiari contro il carcere e la repressione
PER CONTATTI:
Panetteria occupata, Via Conte Rosso 20,
Milano
rossoconte@hotmail.com
Villa occupata
Via Littamodignani 66, Milano
villaria@hotmail.com
Rivoluzione
Piazza Toselli 3, 35138 Padova
rivoluz@libero.it
Buoncammino: ennesima perquisa a Federico Pais per reati associativi
Federico ci comunica che il 12 febbraio ha subito un'altra perquisizione,
dietro mandato di uno dei magistrati Cagliaritani del pool "antiter-rorismo"
diretto da Mario Marchetti, per reati associativi. Sotto sequestro in pratica
quasi tutti gli incartamenti e la corrispondenza in suo possesso, mentre l'indirizzario
dei suoi corrispondenti è stato fotocopiato e restituito. Al momento,
ad eccezione appunto di quanto appare sul mandato di perquisizione in relazione
a reato associativo, non è in possesso neppure lui di ulteriori notizie.
Tantomeno sappiamo se è stato emesso nei suoi confronti anche avviso
di garanzia o ci si fermi al momento alla perquisa. Quanti corrispondevano
con Federico ne tengano conto e magari gli facciano pervenire lettere e cartoline
per confermare gli attuali indirizzi.
Galera di Buoncammino
Educatori?
Sono in molti ad essere convinti che la scarcerazione dei prigionieri per
motivi terapeutici o per i vari affidamenti al lavoro previsti dalla "legge
Simeone", così come i "permessi premio" siano concessi
a discrezione esclusiva del Magistrato di sorveglianza di turno.
Così non è. Infatti, attorno a questo losco personaggio ne ruotano
altri/e ben più loschi e losche proprio perché non tutti/e sanno
il compito che svolgono all'interno delle galere al soldo delle varie procure.
Così ecco comparire personaggi come psicologi, psichiatri, assistenti
sociali e, per ultimi (non per importanza, in questo tema che andiamo affrontando)
gli educatori. Questi ultimi hanno un ruolo assai fondamentale nella scarcerazione
dei detenuti, essendo coloro che stilano le cosiddette "sintesi",
le quali consisterebbero, in parole povere, nei pareri personali accompagnati
dalle relazioni dei secondini: se "socializza" o meno; se ha preso
rapporti disciplinari, ecc.
Insomma i parametri con i quali l'educatore chiude la sintesi, in negativo
o in positivo che sia, variano a seconda dell' "operatore" o "operatrice"
in questione. Per farla breve fanno, sulla libertà dei prigionieri
o sul farli incontrare con i loro affetti al di fuori di queste mura, il bello
ed il cattivo tempo e non vi è nessuna norma, nessun "binario"
che questi devono seguire.
Ma nel carcere di Buoncammino vi è un educatore (?) un po' particolare
che supera di gran lunga l'infamia del suo stesso operare. Costui è
un ex-carabiniere gran giustizialista e molto solerte nel non concedere nessuno
dei benefici che di norma dovrebbero spettare ai reclusi. Così, tarda
nello stilare le sintesi per far uscire in permesso o usufruire dei benefici
di legge quanti più prigionieri possibile; non pago, naturalmente con
chi se lo può permettere, insulta e sfida coloro che hanno la sfortuna
d'averci a che fare, in modo poi da compromettere la sintesi qualora vi sia
una reazione ... Insomma, da solerte cane da guardia continua a fare ciò
che faceva prima: lo sbirro.
Per carità, con questo non vogliamo certo menar vanto agli altri educatori
ed educatrici, ma mai si permetterebbero di assumere certi atteggiamenti.
È chiaro che qui si ha a che fare con un frustrato ed è facile
intuire i motivi per cui ha lasciato "la fedelissima". Per codardia.
Già, qua perlomeno è protetto. Con coloro che aumentano questa
struttura, certe angherie se le può permettere. Figurarsi: è
stato più volte richiamato dal tribunale di Sorveglianza e di recente
è passata una petizione per chiederne l'allontanamento.
Gli altri "operatori" del ramo, stilano sintesi senza averti mai
visto in faccia ... Ci chiediamo, al di là delle posizioni e dei punti
di vista: è appropriato il termine "educatore"?
Noi pensiamo proprio di no.
Cagliari, carcere Buoncammino (Kena 'e die - senza data)
Riccardo Piras
Federico Pais
Servizi igienico-sanitari?
Dunque il 27 di luglio, dopo aver scontato dieci giorni di isolamento a causa
di una dermatite e di scabbia, l'una e l'altra causate dalle scorse condizioni
igieniche delle docce e delle altre strutture ad uso comunitario, ritorno
nella "mia" cella con un certificato medico che autorizzava due
docce giornaliere.
All'ora consentita per le docce chiedevo all'appuntato di turno, mostrandogli
il certificato medico, di poter fare la doccia. Questi mi rispondeva che "non
era ora di docce". Dopo un po' di casino, sono intervenuti altri di questi
custodi di carne umana che con arroganza e prepotenza, consentite dalla divisa
che portano e dall'imparità del rapporto di forza, continuavano ad
insistere che doccia non me ne facevano fare.
Così, una volta andati via questi vermi, ho fatto scoppiare diverse
bombolette di gas e cercato d'incendiare il "blindo" (che in realtà
è di legno...). Ed ecco arrivare pronta la "squadretta",
in compagnia di un fedele cane da guardia graduato, con estintore al seguito.
Beh! il fuoco è stato spento... e guarda caso mi hanno fatto fare pure
la doccia.
Ciò sta a dimostrare che con la lotta, con l'autodeterminazione, senza
lacrimevoli "richiestine" si può ottenere ciò che
ci spetta, in quanto prigionieri...
E questo sia d'esempio agli altri...
È chiaro che la loro intenzione di non concedermi ciò che mi
spettava fa parte di quell'annientamento psicologico insito nella bestia carceraria.
Mai arrendersi!
Infine, un'altra considerazione: le condizioni igieniche di questa struttura
di morte non sono di competenza dell'apparato sanitario? Come mai nelle galere
non si rispettano quelle norme igieniche che regolamentano le altre strutture
collettive come scuole, alberghi, asili?
La risposta è scontata...
Ah! dimenticavo: per aver fatto valere le mie ragioni ho preso un rapporto
disciplinare... ancora isolamento.
un caro saluto
Giuliano Pois
In seguito a tale fatto Giuliano è stato sottoposto ad isolamento punitivo e poco di poi trasferito alla colonia penale di Isili. Siamo ben lieti di manifestargli la nostra solidarietà ed augurargli libertà immediata.
I compagni e le compagne della redazione
Una sola entrata un'unica uscita, per tutti
Il 13 giugno, tramite lo scrivano, consegno alla matricola per effettuare
delle fotocopie, un documento a firma "Sos fizos de Kamo", redatto
da alcuni prigionieri comunisti sardi. Solitamente la consegna delle fotocopie
avviene nell'arco di circa 3-4 giorni, ma stavolta ciò non avviene.
Più o meno dopo una settimana, un mio compagno di cella viene chiamato
in matricola per il ritiro di un orologio e così ho colto l'occasione
per sollecitare i cani da guardia e chiedere spiegazioni di così tanto
ritardo. Mi hanno mandato a dire: "Di' a Pais di aspettare".
Dopo circa due settimane, esattamente il 26 giugno, vengo chiamato nell'ufficio
comando dove mi aspettavano due solerti "mastini" della Digos per
rendermi il materiale cartaceo sequestratomi nella perquisa del 26 aprile
con cui, sotto la regia del P.M. De Siervo della procura di Roma, cercavano
materiale inerente all'attentato al Viminale, attacco compiuto il 26 febbraio,
data in cui ero prigioniero da oltre un anno.
Dal momento che l'ufficio comando è sito nella stessa struttura ove
si trova la matricola, ne approfitto per chiedere spiegazioni in merito al
documento di cui sopra. Mi vien detto che lo scrivano non aveva mai consegnato
quel materiale ... pertanto di rivolgermi altrove.
Ho capito subito che era un vile tentativo per mettermi contro il lavorante,
prigioniero anch'esso, il quale appena saputo quanto mi era stato detto si
precipitò all'ufficio comando. Di ritorno mi disse che il comandante
Lepori mi mandava a dire che quel documento era stato mandato in visione all'autorità
giudiziaria e quindi sequestrato ... (notate come neppure un quarto d'ora
prima non mi disse di persona quanto mi a aveva mandato a dire).
Iniziò così una "battaglia" per ottenere il verbale
di sequestro e ciò perché so che qualora i custodi di uomini
effettuano un sequestro, deve durare al massimo 48 ora salvo che il magistrato
di turno (in questo caso Marchetti o chi per lui) non ne disponga il sequestro
vero e proprio. Comunque il verbale dev'essere consegnato all'atto del sequestro.
Il direttore Pala, lavandosene le mani (" ... Ero in ferie ... "
) mi disse che "teoricamente ho ragione", frase il cui significato
mi è ancora dubbio. Se, come sostiene chi dirige questa struttura di
morte, "teoricamente ho ragione", come mai non salta fuori questo
verbale di sequestro?
La confisca, così com'è avvenuta, cioè arbitraria, non
ha alcun valore in sede legale e ciò che più mi stupisce è
che dal momento che la mia corrispondenza in entrata ed in uscita viene controllata,
falsata e non di raro non consegnata, potevano benissimo, se proprio ritenevano
interessante quel documento, fotocopiarselo e la cosa si chiudeva lì.
Il tutto mi fa presumere che oltre alle tante inchieste ufficiali in corso
ve ne siano delle altre gestite da chissà chi, e ove non si bada ad
illegalismi Questo è quello che penso in merito.
Ma la cosa non finisce qui.
Dopo oltre un mese di "diverbi" sul fatto in questione, sabato 17
agosto faccio un casino in sezione ed interviene un brigadiere a cui espongo
le mie ragioni. Si allontana, prende nota e poco dopo vengo chiamato in un
ufficio dove vi erano due ispettori con in mano un librone con su scritto
"detenuti [o sorvegliati] speciali". Questi mi dicono che se il
direttore aveva disposto così, essi non potevano farci niente. Uno
di questi miseri, a mo' di sfotto, mi disse che per lui ero un detenuto qualsiasi
e che, dopotutto, lì c'ero venuto da solo. A questo punto ho perso
le staffe ed ho fatto presente a quei vermi in divisa che non riconoscevo
né la legge che ha codificato la mia condanna, né la corte che
me l'ha inflitta e che come anarchico non riconoscevo il "privilegio"
di alcuni uomini, mercenari al soldo dello Stato, di disporre sulle vite e
sulla libertà di altri uomini; e rispetto al fatto che qui vi sarei
giunto da solo, ho ricordato ad entrambi che mi ci avevano portato, ammanettato
e con la forza, dei vili cani da guardia. Sono stato sbattuto fuori dall'ufficio
mentre i due miseri mi minacciavano un rapporto.
Alcuni giorni dopo, ed esattamente martedì 20 agosto, durante l'ora
d'aria mattutina, vengo chiamato da un brigadiere (visibilmente sbronzo) che
aveva in mano una sola fotocopia del documento "sequestratomi";
naturalmente l'ho rifiutato dicendogli che le fotocopie dovevano essere due
più il verbale di sequestro con le date esatte. Al mio rifiuto mi fa
presente che ero addirittura obbligato a firmare come rifiutavo la copia e
... finalmente l'ho mandato là da dove probabilmente era venuto.
Tutt'oggi, alla fine di agosto, non so ancora nulla del seguito.
Mi fa sorridere la non consapevolezza di questi miseri custodi di uomini che
ancora non si rendono conto che son fatti di carne ed ossa proprio come noi,
e che come noi hanno degli affetti, una famiglia, una casa. L'arroganza che
mostrano qua dentro, fuori da queste mura si trasforma in rigida anonimità,
scartati da metà delle loro parentele a causa del merdoso lavoro che
svolgono, e costretti ai margini della vita sociale nei paesi in cui vivono.
E sono tutti delle vicinanze di Cagliari: Assemini, Senorbì, Pimentel,
Sinnai, Elmas, Flumini di Quartu, Quartu, ecc. E la galera di Buoncammino
ha un'unica entrata, che è anche l'unica uscita.
A buon intenditore ...
"La guerra sociale non ha occhi né cuore"
Carcere di Buoncammino, Kastedhu, fine agosto 2002
Federico Pais
Sentenza emessa al processo romano
Ai primi di febbraio è stata emessa la sentenza al processo di 2°
grado promosso dall'ormai famigerato Antonio Marini.
Anche in appello la volontà genocida del magistrato affetto da manie
tutorie onnipotenti dell'ordine imposto dallo Stato che lo paga lautamente,
non ha sortito tutti gli effetti che desiderava; ciononostante la sentenza
della giustizia di Stato non poteva coprire di ridicolo il magistrato, e pur
raffazzonando dati tra loro scollegati e quindi sostenendo almeno in parte
le molteplici montature messe in piedi in quasi un decennio ormai, la corte
è pervenuta a emettere una sentenza vergognosa e pesantissima a carico
di diversi compagni e compagne.
Ecco le condanne:
- È stata riconosciuta l'accusa di banda armata, 306 cp, e associazione
sovversiva, 270 cp, per reati commessi fino al 1991 a: Francesco Porcu, Orlando
Campo, Gregorian Garagin, Rose Ann Scrocco e Angela Maria Lo Vecchio
- Orlando Campo, pertanto è stato condannato a 10 anni (primo grado:
5 anni);
- Rose Ann Scrocco, condannata a 30 anni più 15 (primo grado: 30 anni
più 10)
- Angela Maria Lo Vecchio, condannata a 15 anni con la revoca della libertà
vigilata (primo grado: 12 anni);
- Francesco Porcu, condannato all' ergastolo più isolamento diurno
per 18 mesi (stessa condanna del primo grado);
- Gregorian Garagin, condannato a 30 anni più 9 anni (primo grado:
30 anni più 6 anni unificati alla pena complessiva);
- Alfredo Maria Bonanno, condannato a 6 anni più 2000 euro (primo grado:
3 anni e 6 mesi).
Assolti gli altri compagni.
La pagina internazionale
Grecia: Arrestata Eva Tziutzia
L'8 gennaio è stata arrestata a Conitza (Grecia) la compagna anarchica
Eva Tziutzia. La polizia greca ha agito per conto dell'Interpol italiana che
le ha fornito notizie del tutto false. In particolare, da quanto ha potuto
apprendere la difesa, la polizia italiana avrebbe indicato Eva come ricercata
per traffico illegale d'armi, in merito alla famigerata "cantina"
scoperta dalle forze dell'ordine nel 1991, a Roma in V.le Colombo. Da notizie
certe, la polizia greca null'altro al momento addebita alla nostra compagna.
Il 17 febbraio gli sono stati negati gli arresti domiciliari e la prima udienza
del processo a suo carico si terrà, in Grecia, il prossimo 4 aprile.
Per quanti volessero scriverle il recapito è:
Eva Tziutzia
Prison of Coridallos
Athena (Grecia)
* Eva capisce anche l'italiano e lo scrive.
Spagna: arrestati 5 compagni
Il 21 febbraio vengono arrestati nello stato spagnolo 5 compagni anarchici:
4 in Catalogna ed 1 in Almerìa. Di quest'ultimo al momento non si sa
in quale carcere sia stato rinchiuso. Tre dei compagni catalani sono stati
messi in libertà uno perché minorenne all'epoca dei fatti, e
due dietro pagamento di cauzione (3.000 e 12.000 euro). Fernando (Nando) non
potrà essere invece scarcerato perché secondo l'accusa del giudice
Garzòn, sarebbe colui che ha "istruito" gli altri per compiere
i delitti di cui li si accusa. Tutti sono dentro infatti per collaborazione
o partecipazione a banda armata, pur se la "banda" non pare sia
stata al momento specificata neppure ai difensori. I quattro compagni catalani
sono stati sottoposti a pestaggi e tortura (elettrodi, busta di plastica in
testa fino all'asfissia e chissà cos'altro ancora). Al momento di andare
in stampa non disponiamo di ulteriori notizie. Il recapito di Nando è
il seguente:
Fernando Sirera Infante
- Modulo 8 - C.P. Madrid V (Soto del Real)
Ctra Comarcal 611 - Apdo 200
28791 Soto del Real-Madrid (España)
Il compagno di Almerida pare che (contrariamente a tutti gli altri) non sia
stato rinchiuso nel carcere di Madrid. È certo che ci sono altri compagni
inquisiti, fra i quali due giovani italiani, accusati di un fatto specifico
avvenuto nel 2001 a Barcellona.
"I compagni e gli amici dei detenuti stanno facendo il possibile per
raccogliere i soldi per le cauzioni. Dopo quest'attacco possiamo fare molte
cose: continuare nelle nostre dinamiche autistiche, nel nostro discorso superficial-ideologico,
che non ha alcun senso quando usciamo fuori dalle quattro mura del nostro
locale-gruppo-organizzazione. O possiamo immergerci nella realtà sociale
e dotarci dei mezzi necessari (analitici, organizzativi e metodologici...)
per intervenire in maniera rivoluzionaria". Così scrivono "Individualidades
Anarquistas" che stanno dando notizie in merito. In accordo con compagni
anarchici spagnoli sta per essere avviata una raccolta internazionale di fondi
per sostenere Nando e per affrontare le spese legali. A breve verrà
diffuso un comunicato in merito.
Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere a:
Stefano Fosco
casella postale 67
66010 Ari (Chieti)
Cipro: l'arresto di George Karakasian
Il 4 settembre il compagno anarchico George Karakasian è stato condannato
dalla corte suprema di Nicosia a sette mesi di carcere per aver picchiato
uno sbirro alla manifestazione all'esterno dell'ambasciata israeliana, nell'occasione
delle celebrazioni dell'anniversario della nascita dello Stato di Israele,
il 18/04/02.
È stato anche multato di 120 sterline per "possesso di materiale
esplosivo", un vecchio proiettile trovato durante la perquisizione a
casa sua dopo la manifestazione.
Dinanzi alla corte Gorge ha dichiarato che non intendeva scusarsi, che non
si riteneva colpevole delle sue azioni perché lo sbirro è un
servo dell'autorità e del sionismo ed ha dichiarato che non intendeva
chiedere clemenza alla corte.
Non ha menzionato il fatto di essere stato duramente picchiato dopo l'arresto
per farsi medicare le ferite e che il giorno dopo le sue cartelle cliniche
erano scomparse dai registri dell'ospedale.
Il giudice ha affermato che Gorge sostiene "un'ideologia violenta",
che i reati commessi sono molto gravi e che non poteva fare altro che trattenerlo
in carcere.
Questa è la prima volta che un anarchico viene processato sull'isola
ed è questo il vero motivo per cui il giudice ha deciso di trattenerlo
agli arresti.
Noi non abbiamo dubbi su chi siano i veri criminali: i giudici come Michael
Papamikael che distribuisce anni di prigione come se niente fosse; i cani
da guardia del capitale come quelli alla manifestazione che hanno scatenato
la loro violenza psicotica su coloro che erano presenti per esprimere il loro
disgusto e la loro indignazione contro quella vergognosa festa di morte; tutti
quelli che sono coinvolti nella costruzione e nella gestione delle prigioni;
i media che distorcono la realtà fornendo opinioni prefabbricate per
mantenere la passività e la rassegnazione; i soldati che obbediscono
all'ordine e massacrano uomini e donne indifese e bambini.
La lista è infinita.
Il più bel momento è quando lo scontro con tutto ciò
che ci opprimono è il nostro modo di esprimere la nostra passione per
l'uguaglianza e la solidarietà. Questa passione non può essere
distrutta.
Il fuoco dell'insurrezione passerà attraverso le sbarre delle prigioni
e dei tribunali. Perché non possono rinchiudere un uomo libero in una
cella. Anche il più disumano potere dell'autorità non basta
a cancellare quello che abbiamo dentro di noi.
Non possono schiacciare ciò per cui combattiamo, ciò che ci
spinge e per cui noi spingiamo, tutti: la rivoluzione sociale, momento in
cui la libera espressione della natura umana non sarà più solo
un concetto astratto, ma prenderà vita dalla stessa passione che ci
infiamma per combattere.
Libertà per Gorge Karakasian
Distruggere tutte le prigioni
I compagni del gruppo anarchico di Cipro
Volantino dei compagni di Cipro, per i turisti dell'isola, sull'arresto di
George
Benvenuti a Cipro!
Prima di iniziare le vostre vacanze sulle spiagge di questa bellissima isola
vi invitiamo a leggere quanto segue:
Lo Stato di Cipro, che si definisce democratico, cerca in ogni modo di contrastare
e prevenire qualunque tipo di lotta sociale e il fatto di criticare lo Stato
stesso.
In questo momento, il compagno anarchico George Karakasian viene tenuto in
ostaggio nelle mani di questo Stato dal 27/08/2002. L'unico reato commesso
da questo compagno è stato contestare non solo l'esistenza dello Stato,
ma anche la sua logica di passività, la schiavitù del salario
o la "reclusione" all'interno dei bisogni artificiali richiesti
per la sopravvivenza non solo dello Stato cipriota, ma di ogni altro Stato
e dell'autorità in generale.
Lo scorso aprile, un periodo contrassegnato dal continuo e massiccio massacro
da parte degli assassini sionisti, George Karakasian non è rimasto
passivo. Ignorando lo stile di vita che vuole la gente rinchiusa in un personale
"punto morto" in cui essere giudicati dalla cosiddetta "giustizia
borghese", ma poiché noi vogliamo mostrare lo schifo, l'ipocrisia
e ogni altra cosa rappresenti la "giustizia", la dolce parola che
hanno sempre sulla bocca.
Così per distruggere le illusioni che le leggi contribuiscono ad incoraggiare:
Accusa 1: violenza contro un pubblico ufficiale: se l'afferrare simbolicamente
il cappello di uno sbirro (mostrando l'odioso ruolo della polizia) che più
tardi ha parlato di fronte alle telecamere può essere definita "grave
violenza fisica", allora come dobbiamo definire la cattura del compagno
da parte di questi sbirri, trascinato a forza dentro l'ambasciata di Israele
e picchiato su tutto il corpo da cinque di questi che urlavano "affanculo
la tua anarchia". Gli hanno anche procurato ferite sugli orecchi strappandogli
gli orecchini. La portata delle ferite era tale che è stato portato
in ospedale.
La procedura democratica non ha interrotto tutto ciò. Il giorno dopo,
quando George Karakasian è tornato all'ospedale per avere la sua cartella
clinica, era misteriosamente scomparsa.
Abbiamo già chiarito che non abbiamo presentato denunce contro di loro.
Il comportamento dignitoso tenuto dal nostro compagno in aula (cosa vista
per la prima volta a Cipro) e il fatto che non ha chiesto clemenza mostra
chiaramente quale sia il feeling degli anarchici nei confronti della cosiddetta
"giustizia borghese".
Noi come compagni dell'anarchico George Karakasian ci sentiamo certamente
tristi per il fatto che sia stato imprigionato dall'odioso Stato di Cipro,
ma allo stesso tempo abbiamo la gioia di sapere che il nostro compagno è
rimasto fermo sulle sue posizioni e conosciamo la portata che avrà
il suo atteggiamento in futuro sul movimento rivoluzionario dell'isola e nelle
lotte in generale.
La nostra solidarietà fino al giorno del processo (4/09/2002, ma continuerà
anche dopo), avrà le dimensioni che ha già avuto, affinché
tutti coloro che esprimono la miseria del potere capiscano che l'attacco che
hanno iniziato contro gli anarchici e tutti coloro che lottano non rimarrà
senza risposta.
Libertà per il compagno anarchico George Karakasian
Solidarietà all'anarchico Sotiri Marango processato per lo stesso reato
il 19/09/2002.
Gruppo anarchico di Cipro
Per contatti: exegersi2002@yahoo.com
Sequestro Melis, sentenza di 2° grado: tutti assolti
Poco prima di natale dello scorso anno è stata emessa la sentenza
della Corte d'Appello di Cagliari per il sequestro di Silvia Melis.
Abbiamo ampiamente documentato, in numeri precedenti di Su Gazetinu, come
si pervenne agli arresti e come si mise in piedi il processo.
Sequestro "strano", questo della Melis, sia per come la sequestrata
affermò che si svolse, sia per i personaggi che vi ruotarono attorno
(dalla buonanima di Lombardini a Grauso ad altre personalità di tutto
rilievo), sia per come sarebbe avvenuta la "liberazione" dell'ostaggio,
sia infine per il modo in cui gli inquirenti raffazzolarono i pochi indizi
che in anni di indagini son riusciti a mettere in piedi.
Eppure la sentenza di Primo Grado fu a dir poco sconcertante, la sola "prova"
messa in campo essendo le dichiarazioni di una ragazza con problemi evidenti,
e che in ambito processuale vennero da lei ritrattate perché, per sua
stessa ammissione di fronte ai giudici, quelle dichiarazioni vennero fatte
solo per la gran paura che suscitarono in lei gli inquirenti.
Così, una donna anziana di Orgosolo, tzia Grazia Marine, suo figlio
Antonio (Totoni) Marini e Pasqualino (Paskale) Rubanu, non solo finirono in
carcere e vi rimasero per anni, ma vennero condannati rispettivamente a 25
anni e 6 mesi, 30 e 26 anni di galera.
La Corte d'Assise di Cagliari ha assolto tutti, finalmente, e l'anziana donna,
unitamente al figlio ed all'altro orgolese, il 21 dicembre scorso hanno potuto
lasciare Buoncammino.
Non possiamo che gioire profondamente per la loro libertà e oggi quanto
e più di ieri siamo al loro fianco.
Ma non possiamo affatto definire questi procedimenti "giusti", né
slegare il primo dal secondo processo.
Come può essere definito giustizia un meccanismo che prevede arresti,
galere per anni, torture inaudite, isolamenti, patimenti, immani sacrifici
finanziari il tutto per soddisfare la coreografia farsesca di processi in
cui l'imputato è soltanto lo strumento di cui si alimentano ingranaggi
e prassi e tecniche che vorrebbero rinchiudere l'esistenza entro carte bollate?
Chi mai ridarà in gioie e sorrisi e divertimenti gli anni di galera
imposti a tzia Grassia, a Totoni e Paskale?
Ecco, la gioia della riacquistata libertà non potrà mai far
dimenticare l'ingiustizia de "sa justissia"!
Anche Nando è in libertà
Apprendiamo, quando ormai stiamo per andare in macchina, che il compagno Nando,
di Barcellona, ha anch'egli ottenuto la libertà dietro cauzione di
12 mila euro.
Arrestato assieme ad altri compagni il 21 febbraio, e tenuto in galera fino
al 10 di questo mese col pretesto, pare, di essere il "capo" della
"banda armata" in grado di dare ordini ed istruzioni operative ai
coimputati, Nando è l'ultimo dei 5 di questa che si evidenzia come
l'ennesima trappola intimidatoria della magistratura spagnola, che non riesce
a venire a capo dell'infinita attività di sostegno ai prigionieri FIES
in lotta, e della miriade di attacchi che quotidianamente vengono inferti
allo Stato-capitale.
Un saluto a Nando e gli altri compagni
Comunicato editoriale
Sono usciti, per conto delle Editziones Arkiviu-Bibrioteka "T. Serra" i seguenti titoli:
Collana "I Refrattari":
1 - Dal Processo agli anarchici di Lione all'attentato di C. Gallo alla Borsa
di Parigi, 2^ edizione, 160 p., € 5,16
4.3 - C. Duval, Memorie autobiografiche, Terzo Volume, 288 p., € 6,20
4.4 - C. Duval, Memorie autobiografiche, Quarto (e ultimo) Volume, 240 p.,
€ 6,20
5 - B. Thomas, La banda Bonnot, 2^ edizione, 240 p., € 6,20
Altri titoli:
Un "Copain", Ricordi su Jules Bonnot e il suo gruppo, 112 p., € 5,00
È ancora disponibile, tra gli altri titoli:
C. Cavalleri, Dalla lotta contro le galere all'assalto del capitale-Stato postindustriale: La prospettiva insurrezionalista della lotta dentro e fuori la prigione, 82 p., € 2,58
Le richieste vanno avanzate mezzo del bollettino di ccp n. 15936099, intestato
a Costantino Cavalleri, Via M. Melas n. 24 - 09040 GUASILA (CA).
È necessario specificare la causale del versamento nell'apposito spazio.
Nonsoloversi
Valeria Muledda, Chiodi, editziones Arkiviu-Bibrioteka "T. Serra",
marzo 2003, 32 p., 4 Euro per sostegno a Su Gazetinu.
Una sorta di Introduzione-presentazione dell'opuscolo che ne vuole mettere
in risalto la profondità del contenuto, la sua ricchezza, la sensibilità
che traspare da un ritmo ed un linguaggio che trascinano il lettore attento
a penetrare nella vita quotidiana, propria ed altrui, ed esaminarla da una
prospettiva critica che ne mette a nudo le miserie. Ma che riesce a trovare
anche, nelle cose e momenti solo apparentemente insignificanti, la forza e
la gioia che ci riempiono la vita.
Forse è vero che l'anima del poeta riesce a penetrare nell'intimità
delle cose, nella più remota realtà degli avvenimenti. Così
che coglie l'essenza degli enti e delle relazioni nella spontaneità
stessa del loro manifestarsi. Forse è proprio questa sensibilità
che permette all'animo poetico di esprimere in poche parole quanto il linguaggio
comune non riesce ad esplicare in molteplici pagine, se non proprio in diversi
volumi.
Se così è per davvero, allora Valeria è poeta. Delle
più profonde e sensibili.
Non vi è parola, nei suoi scritti, che non concentri in modo magico
una infinità di descrizioni, sentimenti, relazioni, colti in quel preciso
frangente del loro presentarsi reale, mai cristallizzati nei momenti deformanti
del nostro pretendere un universo a senso unico, oggettivati in res private
del flusso esistenziale dell'ignoto inafferrabile alle sole mani della ragione.
Eccola allora penetrare nel quotidiano della vita, trasformata nelle moltitudini
in mera esistenza circoscritta ad un fare che soffoca ed imprigiona in un
angoscioso tran-tran le pulsioni castrate di enti spenti e smunti dalla nullità
che riproducono.
Sperimenta Lucia la sua attitudine al salto mortale.
Sale le scale.
Scende dalle nuvole.
Si butta tra i banchi del mercato. E voci e budella al bar.
...
Corri. La teglia. La radio. I fiori. La lavatrice.
Le mutandine nuove te le puoi mettere alle 14.33 tra lo sport e "Ciao
amiconi"
Ed eccola ancora a dar vita ad un chiodo, o a una chitarra, per i più
cose morte, res, ma che nella relazione profonda che instaurano con la vita
risultano invece animate da profonde sensazioni che incutono ora nostalgia,
ora gioia, ora tristezza; ora illusioni ... forse, ma pur sempre valide per
non ridurre noi stessi a res.
La chitarra
mi ha ucciso
una domenica mattina
di nascosto da tutti.
Ha simulato il mio suicidio
si è strappata di dosso
tutte le corde
Ed infine eccola, Valeria, sentire e sentirsi la sua terra, che non tocca
con i piedi a causa della distanza mediterranea che le separa, ma di cui è
perennemente toccata nel cuore, tanto da sentire
... le montagne avvisare i pastori
che le divise stanno tornando per mietere dolore.
Forse, in una sensibilità così profonda si concentrano i dolori
del mondo disumano che siamo costretti ad abitare, ma anche la rabbia di quanti
dicono di no ad una esistenza che espropria la vita.
Ed allora eccola, Valeria, arrivare
Sino alla finestra della palazzina davanti
a sussurrare rivolta
sciolta in aria con simboli speciali.
C. Cavalleri
In sostegno di Su Gazetinu
Per sostenere il nostro giornale e continuare ad inviarlo gratuitamente ai
prigionieri i compagni dei gruppi musicali "Kenze Neke", "Keret
Korria" e del gruppo estemporaneo di Guido Coradhu hanno fatto donazione
di alcuni loro loro lavori, gli ultimi permettendoci la riproduzione del bellissimo
loro CD.
Le tre opere sono disponibili al costo di 7,50 euro ciascuna, postali incluse.
Kenze Neke / Liberos Rispettatos Uguales. In cassetta audio.
Contiene i seguenti brani: LATO A - Liberos; Pantanu; 'Entula; Happ'olatu
/ LATO B - Gridu de vitoria; Pratobello; Mira; Muru 'e preta; Black Panther.
Di tutti i brani l'allegato pieghevole riproduce sia la versione in sardo
che la traduzione in italiano.
Keret Korria / Radio sardegna. In CD audio.
Contiene i seguenti brani: Guvernu de rapina; Basta; Yankee go home; Radio
Rahim; Attaccu a sa vida; Palenque; Allerta guerriglia; Fottuta bustina; Sa
truffa de su rock'n roll; Maskamente sa Sardinna; Sa notte apache; 1979 Nicaragua
sandinista; Siniscola paranoica.
Dei testi in sardo, e di quello in castigliano vengono date anche le versioni
in italiano, nell'allegato opuscolo.
Treulas. In CD audio.
Guido Coradhu: pianoforte; Giovanni Murgia: batteria e percussioni; Riccardo
Zucca: basso.
"Queste musiche nascono dalla nostra tensione di sardi, urbani contemporanei
verso la cultura tradizionale isolana. Non con intento filologico, anzi. Abbiamo
avuto l'intenzione di ricercare una modalità espressiva che avesse
oggi sigificato per noi, convinti che una una cultura è viva finché
è in grado, modificando se stessa, di soddisfare le esigenze di trasformazione
delle persone che la elaborano".
Contiene i seguenti brani: Cannonau; Andende a cazza; Pensamentos; Dillu;
Anninnia; S'emigranti; Mariedha et s'abba; Cumpangiu de tassa; Rantantina;
Attitidu; Ballos; Duos sunt sos coros; Passu torrau; Transumanza.
Magliette pro Su Gazetinu
Ivo, Roberto e Michela hanno realizzato delle magliette antimilitariste, di
ottima qualità, a quattro colori, la cui diffusione ha permesso, unitamente
ad altri contributi (Costa e Michela) di dare alle stampe due altre magliette.
La prima, con la scritta "S'unika pessona ki 'intrat in parlamentu kin
intentzionis onestas" (L'unica persona che entra in parlamento con oneste
intenzioni), riproduce la macchietta di un Anarkik che tiene in mano una bomba
la cui corta miccia accesa;
la seconda porta la scritta "Su sardu est una linba... su sardu"
(Il sardo è una lingua... il sardo) riproduce una brutta faccia da
cui fuoriesce una lingua dalla forma della Sardegna.
Le due magliette, in cotone di ottima qualità, vengono diffuse al prezzo
di 6 Euro ciascuna (+ 1 Euro per costi di spedizione).
Versi ed altro pro Su Gazetinu
È in corso di stampa il testo Chiodi, di Valeria Muledda, per le Editziones
de su Arkiviu-Bibrioteka "T. Serra". L'opuscolo, 32 pag. in edizione
grafica veramente curata, viene posto in diffusione al costo di 4 Euro (postali
incluse).
Cassette, CD , magliette ed opuscolo si possono richiedere all'amministrazione
di Su Gazetinu, specificandolo nella causale del bollettino di ccp. Si inviano
solo per pagamenti anticipati.
Ricordiamo ai lettori che i costi maggiori sostenuti per mantenere in vita
il nostro periodico sono quelli relativi all'invio (in pratica quasi un Euro
per singola copia spedita, eccetto che per i diffusori di oltre cinque copie).
A queste condizioni la vita di Su Gazetinu è possibile soltanto con
il continuo contributo e sostegno finanziario di tutti coloro che lo ritengono
un valido strumento nella lotta contro le galere, fermo restando che ai detenuti
vorremmo continuare ad inviarlo gratuitamente. Invitiamo pertanto a rinnovare
l'abbonamento, a sottoscriverne di nuovi, a diffondere il periodico. Invitiamo
i diffusori che ancora non lo hanno fatto al pagamento delle copie diffuse
ed eventualmente a precisare il quantitativo di cui necessitano.
***
Resoconto entrate per il 2002
2.01 - R. Sanna, Guasila (£ 30.000) € 15,49; 12.01 - a m/Mauro,
dif. Orgosolo (£ 160.000) € 82,63; 13.01 - Ivo, Santadi (£.
50.00) € 25,82; 21.01 - S. Fosco (£ 50.000) € 25,82; 25.01
- Rita, Nuoro, diffusione € 20,00; 25.01 - C. Coccone, diffusione €
15,00; 31.01 - Olbia, diffusione (£ 12.000) € 6,20; 2.02 - diffusione
€ 48,55; 4.02 - C. Serra, pro fondo detenuti € 90,00; 6.02 - D.
Uccheddu, pag. copie € 4,00; 7.02 - Ivo, Santadi, sottoscr. € 10,00;
9.02 - C. Gozzoli, abbon. € 15,49; 23.02 - F. Sicari, abbon. € 20,00;
3.04 - diffusione Nuoro (Ivano ecc.) € 50; 9.04 - S. Signore, pagam.
copie € 23,20; 20.04 - D. Uccheddu, pagam. copie, € 5,00; 27.04
- biblioteca L'Idea, pagam. copie € 9,87; 30.04 - S. Signore, pagam.
copie € 16,00; 11.05 E. Lomo, sottoscrizione € 60,00; 15.05 - G.
Marchetti, abbon. € 20,00; 18.05 - M. Secci/P. Verdelli sottoscrizione
€ 10,00; 30.06 - diffusione a Siniscola € 9,20 + 2 copie CD "Treulas"
pro gazetinu € 10,00; 30.06 R. Arcieri, da diffusione CD Treulas pro
gazetinu € 95,00; 24.07 - S. Signore, diffus. dossier Catgiu € 10,00;
31.07 - R. Arcieri/Michela ricavato diffusione magliette pro gazetinu €
150,00; 1.08 - E. Masitti, pagam. copie € 18,00; 19.08 - G. Pizzi €
10; 19.08 - G. Martignoni € 5,00; 20.08 diffusione una audiocassetta
dei Kenze Neke pro gazetinu € 5,00; 1.09 - Ivo, Santadi pagam copie €
5,00; 6.10 diff. una audiocassetta Kenze Neke pro gaz. € 7,50; 7.10 -
R. Fiorin € 4,00; 8.10 - P. Paladino, in francobolli € 4,51; 10.10
- F. Sgarbul pagam. copie € 15,00; 13.10 diffusione una maglietta pro
Gazet. € 11,00; 14.11 - G. Campana, abbonam. € 15,00; 28.11 - A.
Budini, pag. copie diffusione € 55,90; 28.11 - diffusione alla libreria
Calusca € 17,00.
Totale entrate per complessivi Euro 1.020,18.
Nota importante
È possibile che dall'elenco di cui sopra manchino dei contributi datoci
durante viaggi o altro che, trasformati in francobolli, sono stati utilizzati
per le spedizioni avvenute finora parte a Guasila, parte a Nuoro,
senza che siano stati in qualche maniera registrati.
Invitiamo pertanto i compagni a segnalarci eventuali manchevolezze dovute
ala difficoltà che incontriamo nell'allargamento
della redazione da Guasila a Nuoro, che in ogni caso pensiamo di risolvere
al più presto (dopo varie tentate "soluzioni" sperimentali).
Come prima più di prima
Riproduciamo nella colonna a fianco, la pagina relativa al mese in corso,
del calendario realizzato da quattro detenuti di Badh''e karros, che ce lo
hanno gentilmente inviato, unitamente alla lettera che l'accompagna.
Come sempre, però, molte delle iniziative autonome dei prigionieri,
quelle che riescono a concretizzare ben al di là delle bestiali condizioni
in cui vorrebbero ridurli direzione e carcerieri, scatenano la gelosia di
chi comanda.
Per cui, puntuale come la morte arriva l'ordine della direzione carceraria
di smantellare la sala computer e di mettere sotto sequestro il personal di
Carmelo Musumeci, per altro indispensabile al nostro amico per proseguire
gli studi universitari in Giurisprudenza.
E poi che la colpa non è, manco a dirlo, della instabilità della
direzione carceraria!
Come fa un direttore provvisorio a permettere che quattro detenuti realizzino
un bellissimo calendario, senza che gli si rompano le scatole? Com'è
possibile che 4 galeotti, senza chiedere la pietà del direttore, dei
secondini, del prete, dell'assistente sociale, del psicologo, del sociologo,
del psichiatra, dell'associazione umanitaria di turno ... si permettono di
realizzare qualcosa di veramente loro?
Sarebbe inaudito!
Ed allora giù la mannaia del potere assassino.
Ma non vi è solo un calendario a Badh''e karros galera.
Anche un altro ve n'è realizzato da ben altra "zenìa":
è quello che ha realizzato la Cisl territoriale dei lavoratori pubblici,
cioè i secondini non solo della galera nuorese ma, appunto, di tutto
il territorio circostante.
Si lamenta, in siffatto calendario, che ovviamente si pone in concorrenza
con quello dei detenuti, la precarietà dei direttori. Come se vi sia
la necessità di capi per garantire non dico la vita dignitosa ma quel
minimo di umanità che dovrebbe sgorgare spontaneamente da ogni essere
umano. Ma evidentemente, nel caso nostro, non si tratta che di bestie.
E poi dicono che la triplice, Cisl inclusa quindi, non abbia di che lamentarsi...
Gent. Red. de "Su Gazetinu"
Noi detenuti il più delle volte abbiamo le mani legate, i nostri movimenti sono lenti e goffi, in compenso abbiamo una gran voglia di parlare, di fare, di esprimerci, di instaurare relazioni che ci permettano di uscire fuori da una condizione di abulia che per cause di forza maggiore ci vuole costretti.
Siamo 4 detenuti del carcere di Nuoro che per ammazzare il tempo, prima che il tempo ammazzi noi, abbiamo realizzato questo calendario, di cui vi facciamo dono, con le sole nostre forze, per dimostrare che siamo vivi e che si può scontare la pena in modo costruttivo e positivo, se solo qualcuno ci ascoltasse e ci desse una mano.
N.B.: ovviamente siamo consapevoli che le immagini del nostro calendario non possono competere con gli altri calendari esterni delle varie attrici, veline e letterine.
Cordiali Saluti
Carmelo Musumeci
Salvatore Sechi
Giovanni Mocci
Antonino Faro
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