Su Gazetinu
de sa luta kontras a sas presones

Gennaio - aprile 2003
N. 10-11

La giustizia del Gup sul massacro di S. Sebastiano
La sentenza

E ALLORA, NE VOGLIAMO PARLARE O NO?, Associazione culturale Papillon, 3 agosto 2002
LETTERA APERTA DA BADH''E KARROS, 1 settembre 2002
Dalle profondità della galera, ancora una volta, Redazione
PER L'AZIONE DIRETTA, Costantino Cavalleri
Papillon: sulle proteste e strumentalizzazioni in corso, 27 gennaio 2003

Lettera dei detenuti ai dimostranti del 21 settembre, "Un grazie dal carcere", "L'Adige", 1 ottobre 2002

Dal reclusorio militare di S.Maria Capua Vetere, Disertori dell'ordine di Stato

CONDANNATA MA LIBERA, comunicato di Silvia Guerini

La cayenna di Spoleto
Dal carcere di Spoleto di Antonio Mormorio
Lettera di Paolo Dorigo sullo sciopero della fame, 28 novembre 2002
Uno stato di emergenza per la difesa dei capitalisti, Paolo Dorigo, 2 dicembre 2002
Comunicato (3°) di Paolo Dorigo, 2 dicembre 2002
Carcere di Spoleto: la morte di Carmelo Altomonte
Carcere di Spoleto: Francesco Catgiu

"Nonsolochiacchiere" e le aspirine, di Nino Faro, galera di Nuoro
Da Badh''e karros cayenna nuorese

Dichiarazione di Marco Camenisch contro la tortura e l'isolamento
Dallo sciopero della fame al trasferimento nel carcere di Chur, nei Grigioni
LIBERTÀ PER MARCO CAMENISCH, Individualità ribelli - Pietrasanta; Alpi in resistenza - Sondrio; 29 gennaio 2003

NO PASARAN! Francesco Puglisi - carcere di Messina, 7 febbraio 2003
Appello alle strutture di solidarietà di classe, Paolo Dorigo, 8 gennaio 2003
Su perquise ed arresti
Genova (aggiornamenti) "operazione 4 dicembre"
Per i magistrati "eroina" vuole restare in carcere
Marina agli arresti domiciliari dal 20 febbraio

A Bergamo, il 7 febbraio, 11 PERQUISE, Circolo Freccia Nera, Collettivo Liberazione Animale, FAI Bergamo

Su di una Interrogazione Parlamentare, di M. Lucia Mesina e Rita Piga

Iniziativa a Milano contro il carcere ed il 41 bis, 14 dicembre 2002

Buoncammino: ennesima perquisa a Federico Pais per reati associativi
Galera di Buoncammino, Riccardo Piras, Federico Pais
Servizi igienico-sanitari?, Giuliano Pois
Una sola entrata un'unica uscita, per tutti, Federico Pais, agosto 2002

Sentenza emessa al processo romano

La pagina internazionale
Grecia: Arrestata Eva Tziutzia
Spagna: arrestati 5 compagni
Cipro: l'arresto di George Karakasian

Sequestro Melis, sentenza di 2° grado: tutti assolti

Anche Nando è in libertà

Comunicato editoriale

Nonsoloversi

In sostegno di Su Gazetinu
Magliette pro Su Gazetinu
Versi ed altro pro Su Gazetinu

Come prima, più di prima

***

La giustizia del Gup sul massacro di S. Sebastiano
Erano già morti prima di fare i secondini
di M. Lucia Mesina

Ma realmente chi, il 3 aprile 2000, si trovava a S. Sebastiano ed ha visto e subito quello che viene definito come possibile "sfogo personale durante un'operazione di bonifica ambientale", stava aspettando ed ha bisogno del pronunciamento della legge?
Il 22 febbraio 2003 la giustizia si autoafferma e decide di chiudere per sempre questa storia. Però, quello che è successo a Sassari in quei giorni, è successo prima, molto prima, è continuato e continuerà sempre e ovunque in questi posti dove l'essere umano come genere non esiste più. Non esiste nei prigionieri, il cui ruolo prevede sottomissione, passività, depersonalizzazione, umiliazione, come se avessero una cambiale aperta ad aeternum con chi li circonda. Ancor meno esiste nei carcerieri, dove la disumanizzazione e l'annichilimento non si manifestano al momento dei pestaggi ma bensì molto prima, più in là, in ogni singolo momento della loro privata esistenza. Erano morti ancor prima di scegliere di fare i secondini, mestiere che soltanto permette loro di riversare il sentito peso della propria vita fallita fuori, all'esterno, sfogando sugli altri la propria miseria.
La sentenza del giudice mi lascia indifferente, non credendo io, in toto, a questa giustizia, neanche quando alla sbarra vi è lui, il POTERE. Perché la mia lotta contro le galere non è finalizzata a metterci dentro gli sbirri, i giudici, lo Stato o la politica.
Oggi le maschere si scambiano: all'accusa i prigionieri, alla "sbarra" i carcerieri! Mi chiedo: almeno ora ogni singolo prigioniero avrà rivissuto almeno per un attimo, il proprio processo, le meschinità create, le situazioni falsate, le azioni pilotate?
Tutto ciò per affermare e celebrare la sola realtà concessa e da accettare: quella del potere!
E non capisco, proprio non ci arrivo, a chi sia rivolta questa autocelebrazione; chi dovrebbe crederci e a chi dovrebbe andare bene? forse ai prigionieri e i loro familiari perché riabilitati per 5 minuti in un'aula di giustizia? o alla cosiddetta "opinione pubblica", compiacente di vivere in un sistema del genere?
A me tutto ciò non sta affatto bene! Non è certo un processo che voglio, non è una condanna penale che cerco; auspico la presa di coscienza di ogni singolo uomo e che questa possa, anzi sia necessariamente esplicitata nell'azione concreta, quotidianamente.
Questa è la mia giustizia.

La sentenza
- 3/4/00 dalle 14.30 alle 17.30 pestaggio e trasferimento dei detenuti
- 30/4/00 dopo le denunce il DAP avvia un'inchiesta e rimuove direttrice e comandante della polizia penitenziaria
- 3/5/00 per ordine dei pm Porqueddu e Caria finiscono in carcere 79 agenti, il provveditore Della Vecchia, la direttrice Di Marzio, l'ispettore Tomassi
- 4-7/5/00 i sindacati della polizia penitenziaria scendono in piazza in tutta Italia per difendere i colleghi arrestati
- 15/12/00 la procura chiede il rinvio a giudizio per 96 indagati
21/10/01 inizia l'udienza preliminare per i fatti di S. Sebastiano; 60 indagati chiedono il rito abbreviato
26/2/02 il pm Caria chiede la condanna di tutti gli imputati
21/2/03 il gup De Muru emette la sentenza: 48 agenti assolti (non vi sarebbe la prova di partecipazione al pestaggio);
pena più alta: G. Della Vecchia provveditore regionale, un anno e 6 mesi per violenza privata e lesioni personali in concorso con C. Marzio direttrice di S.S. condannata a un anno; E. Tomassi capo delle guardie un anno; medico del carcere A. Adamo 4 mesi; T. Pais capo delle guardie che ha finito il turno alle 14.00, prima del pestaggio, 100 euro di multa. Sbirri condannati : Mario Canu, 6 mesi; Gianfranco Frau, 5 mesi; Giuseppe Atzeni, 4 mesi e 20 giorni; Franco Orgiu, 4 mesi; Antonio Farris, 4 mesi; Antonio Succu, 4 mesi; Nino Congiu, 4 mesi; Antonio Meleddu, 4 mesi; tutti con la condizionale. Nove rinviati a giudizio, 20 prosciolti.
Risarcimento previsto in sentenza: 5000 euro per ogni parte offesa (cioè per ogni detenuto che si è costituito parte civile) più le spese processuali.

***

Di seguito appaiono il comunicato dell'associazione Papillon in cui propone un ciclo di proteste nelle carceri per l'ottenimento dei punti rivendicati, e il comunicato di diversi detenuti di Badh''e karros di adesione alla proposta. Pubblichiamo anche l'intervento della redazione di Su Gazetinu. I tre scritti sono stati distribuiti l'11 settembre, in un unico volantino, nella città di Nuoro dopo un'iniziativa di fronte alla prigione di Badh''e karros.

E ALLORA, NE VOGLIAMO PARLARE O NO?
Associazione culturale Papillon

Il sole di mezza estate sembra aver fatto purtroppo evaporare anche l'iniziale dibattito sulle diverse e coraggiose proposte di amnistia e indulto avanzate recentemente da autorevoli esponenti politici, sia della maggioranza che di Rifondazione Comunista. Noi ci auguriamo che non sia così, ma intanto siamo però costretti a rilevare che altri esponenti delle forze di governo e dell'opposizione si sono affrettati a liquidare qualsiasi seria riflessione sugli strumenti concreti con i quali affrontare nell'immediato i tanti problemi del sistema penitenziario, e in primo luogo i drammi prodotti quotidianamente da un sovraffollamento senza precedenti nella storia della Repubblica. Troppi uomini politici sono propensi a dirottare verso la costruzione di nuove carceri cifre molto più alte degli scarsi fondi che almeno sulla carta dovrebbero essere destinati al "trattamento rieducativo" intramurario dei detenuti e al loro reinserimento socio/lavorativo esterno.
Così facendo, essi sembrano ignorare che la principale finalità costituzionale della pena (e quindi anche delle risorse investite nel circuito penitenziario) è la risocializzazione dei detenuti, e soprattutto sembrano disposti a sorvolare con disinvoltura sul fatto che troppe volte gli investimenti per nuove carceri si sono trasformati in occasioni di speculazione e corruzione davvero vergognose. Ad ogni modo, noi continuiamo a sperare che le varie sensibilità presenti nella società civile e un po' in tutti i partiti politici, riescano a non far cadere l'attenzione sulla drammatica situazione delle carceri e sulle inevitabili e pacifiche proteste che purtroppo i detenuti sono e saranno costretti ad effettuare per difendere i propri diritti e la propria dignità.
Nonostante le tante delusioni e le periodiche campagne di stampa che presentano le galere come una sorta di "villaggi turistici", noi non ci stancheremo mai di dialogare con la società esterna e con il mondo politico per ricordare a tutti che esiste un nesso profondo tra l'aumento del degrado sociale e culturale e la diffusione dell'illegalità. E soprattutto per ribadire che uno Stato di Diritto è cosa diversa e opposta al presunto diritto dello Stato di operare una vendetta sui cittadini che violano la Legge e pagano in prima persona.
In conclusione, noi chiediamo:
- Un indulto generalizzato di 3 anni;
- Il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario nazionale;
- La riforma del codice penale, a partire dall'abolizione dell'ergastolo e dalla depenalizzazione dei reati minori;
- L'abolizione delle prescrizioni contenute nell'art. 4 bis;
- L'abolizione dell'anticostituzionale art. 41 bis;
- L'aumento della liberazione anticipata a 4 mesi;
- Un aumento delle concessioni delle misure alternative al carcere;
- Espulsione dei detenuti stranieri che ne facciano richiesta.
Di tutto questo vogliamo discutere con i detenuti, con la società civile e con tutte le forze politiche.

00185 Roma, Piazza S. Maria Consolatrice n° 13
3 AGOSTO 2002

LETTERA APERTA DA BADH''E KARROS
Una parte dei detenuti del carcere di Nuoro raccogliendo l'invito della Associazione Culturale Papillon segnalano che dal giorno 9 settembre entreranno in agitazione per tre giorni con lo sciopero del carrello sia per solidarietà con le proteste degli altri istituti oltre che per farle nostre. Noi crediamo che l'Amnistia e un indulto generalizzato siano un passo giusto e necessario verso il miglioramento delle condizione di vita interna alle carceri, siano l'atto con cui si torna ad affrontare con coraggio il problema nella sua complessità, abbinando a nuovi provvedimenti anche misure non emergenziali; è per questo motivo che: chiediamo la sospensione dell'art. 41 bis, la non applicazione delle forme di differenziazione che sono la prova oggettiva di una politica di negazione dei diritti. Chiediamo l'abolizione dell'ergastolo e consequenziale riallineamento delle pene. Chiediamo che si affronti il sovraffollamento degli istituti di pena non solo parlando della costruzione di nuove strutture. Grande è il bisogno di aumentare il numero di operatori civili, da cui dipende l'osservazione dei detenuti. Chiediamo sia data concreta attuazione alle leggi che garantiscono il lavoro esterno, la semilibertà e tutte quelle forme che possano e devono facilitare il ritorno d'uomini e donne nella società. Chiediamo una migliore sanità tra queste mura. Chiediamo la cessazione dei trasferimenti a centinaia di chilometri di distanza dalle residenze delle nostre famiglie, perché il modo migliore per preparare individui all'inserimento e lasciare che essi possano vivere con serenità i rapporti personali. In particolare modo chiediamo per questo istituto l'assegnazione di un Direttore fisso (da anni il posto è vacante) per potere avere un punto di riferimento sia per noi che per gli agenti di custodia.
A scanso di equivoci e di eventuali ritorsioni garantiamo che i nostri intenti sono assolutamente pacifici e dettati dal buon senso.

Nuoro, 01.09.02

Dalle profondità della galera, ancora una volta
Ancora una volta dalle profondità della galera arriva a noi "liberi" la voce dei rinchiusi.
Chi sono costoro? Sono gli uomini e le donne che hanno violato le leggi dello Stato; sono quelli/quelle che il potere costituito, e dietro sua indicazione la società civile, identificano come i destabilizzatori del buon andamento del quieto vivere; sono, infine, i cattivi soggetti che dopo aver minacciato la sicurezza dell'altrui vita e degli altrui averi, vengono imprigionati nelle galere per non più nuocere. Come se tutto questo bastasse ai bravi cittadini "fuori" per considerare la loro vita più dignitosa, veramente degna di essere vissuta e priva di contraddizioni. L'idea della galera, e la sua realtà, si è radicata nella mente umana, da qualche secolo ad oggi. Così che pare non possa non esistere un luogo, possibilmente lontano dai centri abitati, dove ad una gran massa di esseri umani viene negato il diritto ad esistere dignitosamente, allo scopo di soddisfare la sete di vendetta che voi bravi cittadini all'esterno delle carceri chiamate giustizia!
Anche stavolta una parte dei reclusi ha deciso di smuovere le acque stagnanti di "Badh''e karros", con 3 giorni di "sciopero del carrello" a partire dal 9 settembre, sintonizzandosi così con quanto stanno attuando in questi giorni altri prigionieri di diverse galere.
Come redattori di "Su Gazetinu" e componenti del Comitato Amici e Parenti dei detenuti, ancora una volta ribadiamo la nostra solidarietà ai prigionieri in lotta, sostenendo le loro proteste e cercando di estenderle nel sociale.
Invitiamo amici e parenti dei reclusi a contattarci presso uno dei seguenti recapiti:
- Guasila, Via M. Melas n. 24
- Nuoro, Via Buonarroti 2

PER L'AZIONE DIRETTA
Da quando Papillon, il 3 agosto dell'anno scorso, ha lanciato la proposta riprodotta nella pagina precedente, e dal 9 settembre ha dato inizio alle proteste nei carceri, quasi tutti i penitenziari italiani ne sono stati coinvolti, fino ad oggi. Nel frattempo, a livello politico istituzionale ne son successe di cotte e di crude, evidenziando ancora una volta come la disgrazia dei più diventa cavallo di battaglia per i potenti ai fini delle guerre intestine tra diverse fazioni del potere per accaparrarsi maggiori fette di dominio. L'ultimo documento in nostro possesso di Papillon, del 27 gennaio scorso, che riproduciamo nella colonna a fianco, manifesta la rabbia e la delusione per la strumentalizzazione della protesta dei prigionieri, ma d'altro lato ripete instancabile e quasi pateticamente l'errore di partenza: quello di appellarsi a partiti presunti progressisti per trovare in essi i fautori della forza sociale in grado di imporre al governo le rivendicazioni avanzate.
Non possiamo che prenderne atto e solidarizzare con i detenuti, anche in questo frangente, ma non vogliamo tacere di fronte alle ingenuità e prese di posizione di Papillon, di già contenute nella proposta di agosto e le cui conseguenze hanno portato dritto dritto, per la natura stesse delle cose, a quanto è oggi oggetto di delusione. Non vogliamo fare della demagogia, ma non dimentichiamo la diretta responsabilità di partiti e fazioni oggi all'opposizione nel richiedere maggiore repressione, l'estensione del 41 bis, ulteriori restrizioni a scapito dei reclusi. Per tutte le forze al potere il detenuto è un criminale ed in quanto tale in galera deve stare: che poi quel detenuto sia in galera per aver rifiutato l'ordine vigente che garantisce ai potenti dominio e ricchezza ed ai subalterni solo un lavoro (se gli va bene) ed il giogo al carro del comando, per nessuna di esse costituisce un problema che va risolto. La rivolta dei prigionieri è per tutte loro un carrozzone ed una bandiera a cui appellarsi oggi al fine di trarre profitto nell'immediato o nel futuro.
In primo luogo, siamo onesti, con noi stessi anzitutto! Papillon ha ritenuto valido fin dall'inizio il discorso del potere (al governo o all'opposizione attuale, non fa alcuna differenza) sulle galere, sui detenuti, e sui ruoli degli uni e degli altri. Non solo, ma ha ritenuto valido anche il discorso del rimbambito capo del Vaticano che ha capovolto dati storici inconfutabili per trarre acqua al proprio mulino, cioè per rendere più credibile la propria maschera "umanitaria". Così facendo Papillon non ha fatto altro che attizzare la pratica strumentalizzatrice del potere costituito che regge il sistema che genera e rigenera la galera ed i ruoli di coloro che la galera riempiono.
L'associazione di Rebibbia ha ritenuti validi e (quasi) risolutivi, fin dall'inizio, i dibattiti sulle varie proposte che esponenti di questa o quella fazione politica avanzavano a livello parlamentare. Ora, o siamo davvero sciocchi, ed allora ben poco vi è di che discutere, oppure dobbiamo seriamente valutare le cose per ciò che sono in realtà e non secondo i nostri più o meno pii desideri. E da quando in qua i politici si sono mai mossi onestamente, intendo dire senza strumentalizzare a fini elettoralistici ogni cosa di cui si occupano? Se Papillon, e tanti prigionieri, credono davvero che la soluzione delle rivendicazioni avanzate si trovi semplicemente nell'operare dei politici, significa che mal ripongono le loro speranze e soprattutto le loro proteste! Ma se si realizza, anche solo per pura ipotesi, che la strumentalizzazione è connaturata alla politica - di qualunque tendenza sia - allora ci si dovrà pur rendere conto che è necessario cambiare strategia di lotta, e conseguente metodologia. Il punto di partenza errato, della proposta di Papillon, consiste nell'aver posto la soluzione delle rivendicazioni non nella stessa forza delle proteste, e pertanto dei detenuti, dei loro familiari, dei loro amici, di quella piccola fetta del sociale, che pure vi è, disponibile ad affrontare unitamente ai prigionieri proteste e lotte e battaglie diffuse, bensì nel tavolo da gioco dei potenti, ove ciascuno ha in mente esclusivamente le questioni di equilibrio e disequilibrio nella stanza dei bottoni.
Questa delega ai politici viene ribadita e rafforzata nel documento che Papillon ha redatto il 28 settembre 2002, in cui invitano tutti i loro "amici Parlamentari ... ad astenersi dal partecipare ad un inutile e fuorviante ping-pong", e pregano "tutte quelle forze politiche che finora non lo hanno ancora fatto, ... , di far conoscere finalmente ai cittadini quali sono le loro proposte concrete sulla materia". Per finire, rivolgono "una preghiera alla Chiesa Cattolica affinché levi di nuovo alta la Sua voce", confermando la validità tutta cristiana della spudorata falsità storica secondo cui "La punizione detentiva è antica quanto la storia dell'uomo". Tale presa di posizione viene rimarcata ancora in un documento del 26 ottobre della medesima Associazione.
Ma qui vi è dell'incredibile!
La punizione detentiva, ovvero la reclusione come punizione per la messa in discussione dell'ordine sociale vigente, è "invenzione" storica relativamente recente (appena 500 anni, se si vuole esagerare) e proprio la cattolica cristiana chiesa romana non è affatto immune dalla responsabilità della sua istituzione, essendo proprio lo Stato Vaticano ad aver ideato e costruito uno dei primi carceri moderni nella storia dell'umanità: esattamente il carcere S. Michele, nel 1700, fonte primaria da cui hanno trovato ispirazione tutti i costruttori successivi di galere, a livello planetario, tanto è orripilante nella sua struttura architettonica e nella funzionalità atta a deprivare il prigioniero di qualsiasi alito di individualità propria. È ben triste che prigionieri di oggi facciano appello, per trovare soluzione alla loro pur disgraziata condizione, alla solidarietà delle istituzioni che per millenni hanno squartato, impalato, torturato, arso vivi, mutilato e massacrato milioni e milioni di uomini e donne e bambini, e che farebbero altrettanto oggi se fosse loro permesso, così come continuano a fare là ove non trovano valida opposizione.
È necessario rendersi conto che per tutte le forze di potere, e l'opposizione politica attuale unitamente al Vaticano sono potere reale, la galera è istituzione indispensabile per il perpetuarsi del dominio dell'uomo sull'uomo, per cui nessuna di esse vi rinuncerà mai, anche se sul piano della strumentalizzazione di 56 mila anime recluse e dei loro familiari tutti concorrono a chi arriva prima. Compreso questo fatto semplice, si comprende anche il passo successivo, consistente nell'intendere e praticare la lotta, la protesta, come sola azione in grado di obbligare il potere non a concedere, ma a cedere sui punti rivendicati. Ed infine, il passo successivo e conclusivo che ne consegue naturalmente: che la lotta, per non essere strumentalizzata da alcuno, deve seguire scadenze proprie, metodologie basate sull'azione diretta (e non sulla delega), sul coinvolgimento diretto delle persone che la galera la soffrono o direttamente, perché imprigionate, o indirettamente, perché parenti ed amici dei detenuti.
Solo praticando le proteste dentro e fuori la galera, coinvolgendo in primo luogo familiari, amici ed ex detenuti che all'esterno sostengano ed estendano le proteste dentro il carcere, si creano le condizioni reali per il dispiegare di una forza reale che imponga al potere costituito la soluzione delle rivendicazioni avanzate.
Noi staremo sempre al fianco dei prigionieri in lotta, così come abbiamo dimostrato in mille occasioni e nello specifico l'11 settembre a Nuoro città, ed attorno alla galera di Badh''e karros, ma mai ci disporremo a dare man forte ad alcuna delle fazioni di quel potere che della galera e della disumanizzazione dei prigionieri e dei loro amici e familiari trae il proprio alimento.

Costantino Cavalleri

Papillon: sulle proteste e strumentalizzazioni in corso
Caro/a amico/a
Siamo nauseati dallo sporco giuoco di potere e clientelismo elettorale che quasi tutti i partiti stanno facendo sulla pelle dei detenuti. Ancora una volta, la politica italiana ha perso il treno della civiltà, sul quale insieme ai detenuti, sono saliti il Presidente della Repubblica Italiana, il capo della chiesa cattolica "il Papa", il presidente del Consiglio, i presidenti di Camera e Senato, il Procuratore generale della Cassazione e gran parte del mondo culturale Italiano. Facciamo appello al partito di Rifondazione Comunista, ai Verdi, a tutte quelle forze politiche democratiche e moderate che ci sono vicine, di organizzare una mobilità esterna, affinché la cultura fascista e seces-sionista non passi; noi daremo il nostro contributo continuando ad attuare manifestazioni pacifiche e non violente, sino a quando non ci sarà una risposta da parte della Camera dei Deputati. La sospensione pena è un'autentica patacca che si vuole propinare ai detenuti e non risolve i problemi del sovraffollamento e della giustizia Italiana; non chiediamo clemenza, ma il ripristino della legalità e della dignità nelle carceri Italiane. Noi del carcere di Rebibbia n.c. stiamo effettuando lo sciopero della fame, in gruppi di 50 persone per tre giorni a rotazione ed andremo avanti ad oltranza, o almeno finché non avremo una risposta da parte del Parlamento e non sarà messo nuovamente in discussione il provvedimento di indulto, ritirato dalla commissione giustizia, dopo la vergognosa bagarre in Parlamento.
Ogni carcere sceglierà la manifestazione di protesta che riterrà opportuno, purché sia rigorosamente pacifica.
Le nostre richieste sono:
- Indulto generalizzato di 3 anni.
- La riforma del codice penale, a partire dell'ergastolo e della depena-lizzazione dei reati minori.
- L'aumento della liberazione anticipata a 4 mesi.
- Espulsione degli stranieri che ne facciano richiesta.
- Un aumento delle misure alternative al carcere.
- Il passaggio della sanità penitenziaria alla Sanità pubblica.
- L'abolizione delle prescrizioni contenute nell'art. 4 bis.
- L'abolizione dell'anticostituzionale art. 41bis.

Roma, lì 27 Gennaio 2003
Papillon

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Lettera dei detenuti ai dimostranti del 21 settembre
"Un grazie dal carcere"
I detenuti della casa circondariale di Trento fanno sapere, con una breve lettera inviata ai mezzi di comunicazione, che ringraziano tutti coloro, gli anarchici cioè, che hanno partecipato alla manifestazione davanti al penitenziario di Trento del 21 settembre scorso, contro le attuali condizioni di vita nelle carceri italiane e per solidarietà con i detenuti.
"Vorremmo ringraziarli tutti di cuore - dice la lettera - e così anche coloro che hanno manifestato davanti al carcere di Rovereto per portare a noi la loro espressione di solidarietà".

Notizia apparsa su "L'Adige" del 1° ottobre 2002 in cui si apprende della lettera inviata al quotidiano dai detenuti delle carceri di Trento e Rovereto per "ringraziare" i compagni anarchici che il precedente 21 settembre organizzarono dei presidi ai penitenziari in solidarietà ai prigionieri il lotta. I compagni organizzarono anche, in quei frangenti, sia un'assemblea all'università di Trento che dei volantinaggi sul tema delle lotte nelle galere. Un'altra dimostrazione della possibilità di estensione delle lotte.

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Dal reclusorio militare di S.Maria Capua Vetere
Disertori dell'ordine di Stato
Siamo uomini e non buffoni a comando.
Lo Stato ci ha rubato all'affetto delle nostre famiglie, all'amore dei nostri cari, alla bellezza dei nostri mari e delle nostre montagne, al profumo delle nostre terre, poiché in varie forme ci siamo messi sotto i piedi le sue brigate, i suoi battaglioni, i suoi reparti.
Ci chiamano disertori di un esercito che non abbiamo mai voluto formare, mancanti a chiamate alle quali abbiamo rifiutato di rispondere. Ma né una brigata, né un battaglione, né un reparto intieri valgono la forza e la dignità di uno solo di noi, noi che riteniamo la nostra libertà inviolabile, affermandolo senza pentimenti, con la risolutezza degli uomini liberi.
Lo Stato che vorrebbe farci provare l'onta cacciandoci dal consorzio civile ottiene l'effetto contrario, rinserra i legami fra noi e le nostre genti, pronte alle mille dimostrazioni d'amore, ostili alle guerre e agli interessi economici che le muovono, ritte in piedi e mai in ginocchio.
Lo Stato ci sfrutta, facendoci penzolare dalle sue forche militari, ammucchiati in questa immonda struttura, per terrorizzare coloro che debbono a forza vestire le sue divise, così come ci ha sfruttato le mille volte prima di questa galera, chiamando orrori le nostre giustizie, crimini le nostre libertà, libertà il nostro lavoro forzato.
Noi non abbiamo patria, riconosciamo liberi gli individui di tutte le latitudini, riconosciamo nemici i prepotenti e gli sfruttatori che calpestano il nostro stesso suolo.
Noi non difendiamo che i nostri pari, ricambiando la solidarietà e la meravigliosa complicità che solo i pari sanno profondere, rifiutiamo di tener conto di qualsiasi confine risultato dalle guerre atroci per la spartizione diseguale del mondo, che è di tutti indistintamente.
Con calore e umanità

i detenuti del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (CE)
(9 sottoscrittori del documento)

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CONDANNATA MA LIBERA
comunicato di Silvia Guerini
Il 3 giugno 2002 si è svolto il processo a rito abbreviato nei miei confronti per l'attentato del 7 luglio [2001] a Bergamo ad un ripetitore televisivo e telefonia. Reati di: incendio doloso ad impianti di pubblica utilità, fabbricazione di esplosivi, porto d'armi ed esplosivi in luogo pubblico. GUP: Vito Di Vita. Mi trovavo ai domiciliari dal 22 ottobre.
I "gravi indizi di colpevolezza": 3 bulloni trovati a casa mia dopo una perquisizione risultati uguali a quelli reperiti in una seconda ispezione sotto il ripetitore (oh, che caso, chissà perché non li han trovati nella prima ispezione, ma solo dopo aver visto i miei ... ); una bomboletta risultata uguale a quella trovata presso il ripetitore; il mio essere anarchica. Mi negarono la condizionale perché fui ritenuta "ingenua, pericolosa, incline a compiere reati criminosi" ciò anche per il mio "comportamento temerario e la mancanza di freni inibitori di fronte alla DIGOS". Ma avendo 20 anni se la pena è fino a 2 anni e 6 mesi la condizionale la potevo avere ugualmente ('sta cosa fino a quando uno/a ha 21 anni). Verdetto: colpevole. Condanna: 3 anni, fino all'appello non più ai domiciliari, ma libera. Colpevole? E di cosa? Ripudio la logica colpevole-innocente, ma se proprio devo usarla allora riconosco che i reali colpevoli sono ben altri. Chi opprime, governa sfrutta e uccide ogni giorno: ogni industriale, capitalista, politico, ogni Stato, potere e lo stato di cose attuale, chi acconsente a testa bassa, chi è indifferente ed apatico, chi è consumista e mangia gli animali (e derivati). Allora anche io emetto il mio verdetto. Verdetto: Colpevoli. Condanna a morte. Nessuna pietà.
Ci volete annientare, ma non riuscirete mai. Potrete reprimerci, incarcerarci, massacrarci, ma non ci riuscirete per il semplice motivo che non abbiamo nulla da perdere. Perché tutto quello che abbiamo non è nelle vostre città di cemento, nelle vostre fabbriche, scuole, chiese, istituti, ospedali, nei vostri falsi bisogni indotti e società alienante. Tutto quello che abbiamo è nella nostra rabbia, nel nostro disprezzo, nel nostro odio, nel nostro amore per la terra e la libertà, nei nostri sogni e nella nostra lotta. Ormai non si può più tornare indietro, avete prodotto troppo marciume, ma non per questo ci adageremo e non avremo pace finché non sarete tutti morti. La pietà e la compassione non ci appartengono e come un giudice con la toga punteremo l'indice gridando il verdetto: Colpevoli! Condanna a morte. Nessuna pietà, nessun rispetto intolleranza totale per chi nega la vita e uccide ogni giorno. Colpevoli. Condanna a morte.
Mi han detto che giudicare è sbagliato, che non bisogna erigersi a giudice, che bisogna sempre e comunque rispettare l'uomo, che bisogna condannare solo la divisa: ma quella divisa qualcuno ha accettato di portarla e qualcuno accetta a testa bassa che qualcun'altro la porti. Il rispetto per tutto e tutti è solo ipocrita e falso e per quanto riguarda il giudicare prova solamente a immaginare di essere rinchiuso in una gabbia per poi venire sgozzato/a per diventare una bistecca, prova a immaginare il tuo corpo fatto a pezzi, sezionato, predato, immagina di dover lavorare 15 ore in uno scantinato per poi essere stuprata/o, immagina di sputare sangue per delle radiazioni e avere una figlia leucemica, immagina di venire soffocata/o da cemento e asfalto bollente per diventare una strada, immagina tutto ciò e poi vediamo come tu non giudicheresti i colpevoli di tutto ciò. Dopo aver visto/provato sofferenza, disperazione, morte i buoni sentimenti si perdono. Colpevoli. Condanna a morte. Nessuna pietà. Aspettate, è solo una questione di tempo, alla fine qualcuno ballerà nel buio sulle vostre teste. Colpevoli. Condanna a morte. Nessuna pietà. Chi nega la vita non deve averla.

"Io sono un anarco-individualista. Il mio ideale è il libero sviluppo della personalità individuale nel senso più completo del termine e il rovesciamento della schiavitù in tutte le sue forme ... Noi saliremo sulla forca con orgoglio e coraggio, lanciandovi uno sguardo di sfida. La nostra morte, come una fiammata, accenderà molti cuori. Noi moriremo da vincitori. Avanti dunque! La nostra morte è il nostro trionfo".
(Ultime parole di Matrena dopo la sentenza di morte nella Russia del 1905, per una spedizione contro una fabbrica di zucchero, omicidio di un prete e tentativo di assassinare un funzionario di polizia).

Non mi avrete mai
Silvia

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La cayenna di Spoleto
Nel carcere di Spoleto si sono lentamente accumulate una serie di situazioni di detenuti in particolare stato di malattie gravi, tanto da far pensare ad un lazzaretto. La condizione di Paolo Dorigo, di Antonio Mormorio (apprendiamo poco prima di andare in stampa della concessione degli arresti domiciliari), di Francesco Catgiu e di chi chissà chi altri è veramente disumana. Il decesso di Carmelo Altomonte, avvenuto a fine gennaio, è frutto della volontà assassina delle strutture carcerarie e degli addetti alla custodia, al "reinserimento", alla "valutazione", alla "salute", dal più inetto degli addetti fino al ministro ed al potere centrale. Non possiamo continuare ad assistere passivamente e ad inorridire alla notizia di simile strage quotidiana.
Noi crediamo nella possibilità e necessità di mobilitarci, dentro e fuori le prigioni, in sintonia con i detenuti, con i loro amici e familiari affinché la società cosiddetta "civile" non possa più permettersi il pacificato consumo della propria esistenza all'ombra del potere assassino e stragista.
Noi crediamo nella possibilità di un intervento concentrico di situazioni di movimento, di Comitati, di gruppi di base che, pur dislocati in territori distanti, possono agire in sintonia quando lo si ritenga opportuno e far esplodere - nelle piazze e nelle strade, ovunque si annidino l'apatia, l'indifferenza dei più ed i gangli del potere - la rabbia e la rivolta contro i responsabili dello sterminio instillato quotidianamente su persone spesse volte impossibilitate a difendersi.
Ed allora proponiamo ancora una volta la costituzione di comitati di solidarietà in cui amici, familiari di detenuti ed ex-detenuti, fuori dalle mura concordino l'opposizione, le azioni, il da farsi contro questo indecente stato di cose.
Proponiamo che tra i detenuti, i familiari, i comitati e le più disparate situazioni di movimento si stabiliscano delle scadenze di lotte, di proteste e che queste siano autogestite dagli interessati, senza alcuna pretesa di imporre, da parte di chicchessia, a nessuno, le modalità di azione.
Proponiamo che a caratterizzare gli interventi, qualunque essi siano, debba essere l'azione diretta, il rifiuto della delega, e che siano metodologicamente portati avanti in modo tale che la forza di imporre al potere costituito il rispetto della dignità dei prigionieri, la loro salute, l'abolizione delle torture bianche e di ogni colore, derivi dalla lotta medesima e non sia riposta nei giochi del potere costituito e delle sue diverse fazioni.
Proponiamo che fra i comitati, i prigionieri, le situazioni che si catalizzano attorno alla bruttura carceraria, si creino "spazi" di socializzazione e "coordinamento", si creino momenti di scambio di esperienze, di progetti, di metodologie e di energie affinché periodicamente si stringano accordi per iniziative comuni.
Che si attivino i prigionieri, che si attivino gli ex-detenuti, che si attivino i loro familiari, che si attivino i compagni, in prima persona perché nessun altro concederà loro gratuitamente né dignità né altri diritti.
Fino a quando ciò non si farà la rivolta e l'attacco continueranno ad essere manifestazioni di isolati individui che, pur benefiche, non saranno in grado di scalfire neppure il putrefatto intonaco delle più anguste e logore carceri.
Le nostre poche ma, riteniamo, valide energie le disponiamo, in Sardegna ed altrove, in funzione di simili e eguali proposte, ed il nostro strumento editoriale è sempre disposto a fungere da luogo di dibattito, incontro, contatto per tutti coloro che hanno da proporre, da dire e soprattutto da fare in merito.
L'esperienza che realizzammo lo scorso anno a Cagliari, in merito alle iniziative di solidarietà a tutti i detenuti ed in particolare a Dessì e Piludu, finalmente messi agli arresti domiciliari per gravi motivi di salute; l'esperienza della solidarietà a Marco Camenisch, le cui iniziative hanno imposto allo Stato svizzero di trarlo dall'isolamento e di trasferirlo in un carcere certamente più adeguato alle esigenze dei suoi cari per recarsi ai colloqui; l'esperienza della solidarietà a Francesco Catgiu, che malgrado non abbia imposto ancora allo Stato il suo trasferimento in una colonia penale, come chiede da quasi due decenni ormai, ha bensì imposto il suo trasferimento dal lager di Sulmona gestito da quella psicopatica qual è la direttrice (pardon! IL direttore ... ); tutte queste esperienze dimostrano che la lotta rende, che la lotta portata avanti contemporaneamente nelle piazze e nelle strade - luoghi della comunità, non del potere -, nonché nei luoghi più sensibili agli interessi del potere politico-economico, di giorno e di notte, ma con una certa continuità temporale ed una progettualità che riesca a creare connessione tra tutti gli interventi è la sola che potrà ottenere il raggiungimento degli obiettivi che ci si pone, senza rinunciare alla propria dignità.
Ci auguriamo che queste lotte fungano da referenti per tutti coloro che ancora sono disposti a non soccombere dietro le brutture dello Stato-capitale, e son pronti a sollevare la testa.

compagni e compagne della redazione

Dal carcere di Spoleto
di Antonio Mormorio

Della condizione di Antonio abbiamo di già sommariamente scritto in altro numero di Su Gazetinu. Qui sotto riportiamo l'ennesima sua protesta per le condizioni in cui versava all'inizio dello scorso autunno. Da una sua lettera recentissima apprendiamo che finalmente è agli arresti domiciliari dal 24 settembre. Gli sono stati concessi non per il gravissimo stato di salute in cui versava, ma perché il suo fine pena era ormai al di sotto dei due anni. Un augurio ad Antonio, di libertà e salute.
Egregi compagni,
vi scrivo per farvi sapere le mie ultime disavventure che sono costretto a vivere.
Il 20 giugno 2002 ho fatto una Camera di Consiglio presso il Tribunale di sorveglianza Perugina, nella quale si discuteva della mia detenzione domiciliare. Il P.M. testualmente diceva: "Il dirigente sanitario nella relazione inviata dice e non dice, quindi chiedo che venga inviato un perito tecnico per constatare le condizioni attuali del detenuto".
Ad oggi non si è visto alcun perito tecnico, se poi si tiene in considerazione che tra due giorni (19-09-2002) mi è stata rifissata una Camera di Consiglio, c'è da sospettare che salti tutto con un nuovo rinvio. E io sono qui in un carcere dove non vengo curato, costretto a muovermi 24ore su 24 con l'ausilio di una sedia a rotelle, senza le cure specifiche di cui ho bisogno.
La cosa è stata da me più volte denunciata al Tribunale, al Giudice, alla Procura, chiedendo di essere spostato in un Centro clinico-giudiziario; ad oggi mi sento sequestrato.
Tenete in considerazione che la mia condanna complessiva è di anni 6, di cui 4 già scontati nella carcerazione presofferta.
Non ho rapporti disciplinari quindi sono un detenuto modello, però forse questo non basta per beneficiare dei permessi premio; perché qui esiste una "associazione interna" tra educatori, assistenti sociali, ispettori, direttore, ecc. Finché loro non vogliono, il detenuto rimane ad attendere il sospirato permesso.
Infatti se fai l'istanza, il Giudice diplomaticamente te la rigetta, dicendoti che non ti può dare il permesso in quanto non c'è la sintesi chiusa, quella dei permessi; ti metti in udienza con gli operatori attinenti e loro ti dicono: "Mormorio, lei non è che non ci va in permesso, abbia fiducia, prima o poi ci va, per adesso dobbiamo aspettare ancora un po'". Ed io non capendo gli dico: "Ma un po' in che senso? Sono qui, in questo carcere, da un anno e 4 mesi! E in tutto questo tempo per via della distanza ho fatto un solo colloquio con mia moglie, e i miei figli non li vedo da un anno e 5 mesi".
Credetemi, sono sull'orlo della disperazione, non riesco più a concentrarmi e mi sono lasciato andare perché non ho fiducia in questa gente così falsa, che lo Stato paga per cercare di reinserire nella società la gente come me, disagiata e malata, con i soldi dei contribuenti.

Distinti Saluti
Antonio Mormorio

Lettera di Paolo Dorigo sullo sciopero della fame
28 novembre 2002
Le posizioni pietistiche rispetto alla forma di lotta dello sciopero della fame e quelle ostiche, od assolutamente oppositive, prescindono politicamente dalle condizioni materiali oggettive che in certi casi (non nelle brevi occasioni di iniziative a scopo politico propagandistico o di solidarietà) data la desolidarizzazione imperante nei fatti (e non nelle belle parole e negli atteggiamenti di facciata) rende tale forma di lotta se non necessaria addirittura indispensabile.
Rispetto all'esame specialistico fondamentale ripeto che non è la TAC, che consiste in una serie di immagini stratigrafiche soggette ad interpretazione, ma la risonanza magnetica che consiste in un rilievo anche elettromagnetico di tutta un'area (la testa) o di varie parti del corpo. Dato che è il ministero l'ostacolo perché la TAC pare ci sia nel lazzaretto di Pisa (dove sono stato ieri, assolutamente non all'altezza del nome che porta: Centro Clinico) a livello carcerario, mentre la R.M. pare di no, ma indipendentemente, dato che fare esami in carceri o centri clinici non è il massimo, specie in un caso così sospetto come questo, io chiedo sin dal 24/05 questi accertamenti all'ospedale, con urgenza, e alla presenza di medico chirurgo-psichiatra di fiducia. Farlo in un ospedale, data la continua sequela di allarmismi sulla mia persona a livello carcerario da parte della custodia di ogni carcere ove transito, viene difficile, e si va di rinvio in rinvio, di dilazione in dilazione, di trasferimento in trasferimento. Per questo è inevitabile la forma dello sciopero della fame ad oltranza, a costo di far effettuare questa risonanza magnetica sul mio cadavere (sperando non intervengano manomissioni) come ho detto al mio avvocato.
I recenti dati sui cervelli dei compagni Raf spariti (dopo essere stati estirpati dai loro corpi martoriati dai lager di stato), quelli sui microscopi MEMS della Difesa USA usati anche da I-Q-Tel della CIA, le ricerche di Wamick in Inghilterra, la ricerca bionica sulla mano artificiale Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, nonché gli impianti con traduttore per sardi, legittimano le mie ipotesi, fatte quando di queste cose non ne sapevo un'acca, a Biella.
Il particolare della scatolina nella mano della psicologa che si recò al mio letto, non invitata certo da me, a Torino al CTO, Grandi Ustionati, autorizza l'ipotesi dell'attrazione di uno strumento innestatomi forse nella testa dal 4/1/'96 al 10/1/'96 all'epoca del mio ricovero e operazione chirurgica di esarectomia ed innesti al collo ed alle mani.
Le ripetute documentazioni che ho fornito sia alla mia difesa sia alle autorità che sono attualmente inadempienti circa la verifica di tipo ricerca segnali radio sulla mia persona, per precedenti (Procura di Biella, dott.ssa Soffio, e Procura di Livorno, dr. Rizzo), attestano che non sto "dando i numeri" né inventandomi dati tecnici, del resto il cosiddetto (da un otorinolaringoiatra frettoloso) "acufene" a 1000 hz che mi è [... manca parola] in cartella clinica all'orecchio sinistro, ha già determinato una decrescente capacità uditiva all'orecchio sinistro a cui non è seguita una grandissima riduzione di volume dei "disturbi" che ho denunciato.
La particolare attenzione delle "voci" a cui resisto [... testo incompleto] indagini in corso, verso il mio passato, i miei processi, verso l'ambiente dei prigionieri politici e l'ambiente della solidarietà nei loro confronti, attestano che questa provocazione è ordita dai servizi segreti con ogni probabilità collegati ai servizi USA. Tale dato autorizza all'ipotesi che certi ritardi per questi accertamenti siano in realtà VOLUTI. Risulto indagato per associazione sovversiva, senza alcun ordine di cattura, senza conoscenza dell'istruttoria e delle accuse, senza interrogatori (non ne hanno bisogno: mi spiano in testa da oltre 6 mesi, forse da anni), a Torino, Pordenone, Bologna, Roma, forse anche qui. Denuncio sequestri non notificatimi di corrispondenza e documenti in varie sedi d'Italia, e nessuno si preoccupa. Le rivendicazioni sono volutamente di largo respiro.
Questa iniziativa è utile e necessaria, purtroppo. Questo problema è di tutta l'Umanità, purtroppo.
Saluti comunisti e rivoluzionari. Il problema esiste, si chiama Imperialismo e tortura dei Prigionieri.

Paolo

Uno stato di emergenza per la difesa dei capitalisti
Paolo Dorigo dal 1993 sta scontando la condanna a 13 anni di galera per un attentato alla base americana di Aviano. Da oltre un anno accusa forti cefalee e perenni disturbi uditivi che si stanno trasformando sempre più in ininterrotta tortura. Paolo è convinto che la cefalea e il continuo "fischio" uditivo che lo tormentano, derivino dalla installazione nella sua struttura cranica di una fonte emittente di onde radio e per tale motivo, ormai fin dalla prima metà dello scorso anno, richiede analisi cliniche ed esami specialistici di diversa natura che possano accertare la reale origine delle sue sofferenze. D'altro canto il suo avvocato, come da recenti notizie apparse sul quotidiano "Il Manifesto", è convinto che se Paolo sta male, è anche a causa "delle torture subite nelle carceri di Livorno e Biella che l'hanno spinto qualche anno fa a gravissimi atti di autolesionismo. "La tortura bianca - denuncia il legale .. - è quella che non lascia segni e viene attuata per tramite di sofisticatissimi mezzi tecnologici: deprivazione sensoriale, isolamento diurno e notturno, impedimento a dormire di notte, ora d'aria saltuaria, sedativi e botte che non lasciano tracce"". Tortura "bianca" o microchip incorporato nel cervello del compagno, ancora una volta siamo di fronte allo stesso potere dalle molteplici facce e metodologie repressive che è necessario attaccare in tutti i modi per impedirgli di continuare nelle stragi che sta perpetrando. La solidarietà verbale è risibile a fronte di tutto ciò.
Il 17 novembre Paolo iniziò lo sciopero della fame per ottenere le visite richieste in adeguati ospedali esterni, in presenza di un medico di fiducia, e lo portò avanti fino a quando non gli vennero garantite dalle autorità del carcere di Spoleto, ove si trova da diversi mesi. In concomitanza dello sciopero della fame di Paolo, diverse iniziative (poche a dire il vero) vennero intraprese fuori dalla galera, ed in particolare apprendiamo da Internet della diffusione di manifesti murali a firma "Alpi libere", e di un "incatenamento" stradale che, con striscioni e volantini riferiti alla protesta di Dorigo, interruppe per circa mezz'ora il traffico in una via principale a nord di Milano. Nel documento che segue, Paolo esplicita la sua situazione e le ragioni della protesta.

- 25 ANNI FA gli arresti provocatori di avvocati di compagni guerriglieri carcerati, aprirono la mente a ben pochi garantisti, e così fu per molti anni. Con vecchie e nuove analogie la caccia alle streghe continua. A volte tornano.
- 23 ANNI FA la montatura del 7 aprile utile allo Stato per cercare di "combattere" chi combatteva dalla parte giusta.
- 18 ANNI FA gli uomini che erano al seguito dell'allora cap. Giampaolo Ganzer, che a Padova era il comandante dei ROS, imbastirono una provocazione senza precedenti contro il movimento della solidarietà ai prigionieri politici. Appoggiandosi alla ben nota procura veneziana che aveva coperto le torture del gennaio-febbraio 1982, questi uomini del gruppo del gen. Dalla Chiesa degli anni '70, costruirono sulle indicazioni dei servizi segreti (relazione dell'ottobre 1983 di Craxi) una ignobile montatura contro il diritto di pensiero e di espressione delle proprie opinioni, criminalizzando "Il bollettino" e l'area del coordinamento dei comitati contro la repressione, cercando di costruire blitz su blitz in tutta Italia, ma riuscendoci solo in alcune località e fracassando clamorosamente nell'arco di un solo anno e mezzo. Andò avanti così fino al 1988, con successive montature in aree più limitate (Veneto). Ma tali "indagini" si conclusero sempre con l'assoluzione dalle accuse dei reati associativi. I castelli non reggevano più. Come se gli "investigatori", oggi lo si sa, in assenza di "pentiti", non sapessero cavare un ragno dal buco.
- 9 ANNI FA gli arresti prodotti dalla "testimonianza'" dell'ex-pappone e malandrino "politicizzatosi in carcere" Dalla Longa, produssero l'operazione "base 3" dal nome della caserma USA-F attaccata il 2-9-1993 dalle BR, portarono in carcere 4 compagni, tra cui io, che già avevo potuto godere dell'esperienza galeotta a causa delle ripetute montature succitate. Il processo, fuori dal diritto internazionale, è stato dichiarato "iniquo" a Strasburgo invitando l'Italia a riprocessarmi, potendo questa volta obbligare all'interrogatorio ed al controinterrogatorio l'infame collaborazionista.
- OGGI, indagato senza diritto di difesa né di conoscere gli atti "a mio carico", come dicono gli inquirenti sui media, nelle "inchieste" su D'Antona, Biagi, tribunale Venezia, NTA, e su associazioni sovversive sorte dal nulla per la gloria di pm criminali quanto leggeri nelle loro "indiscrezioni" alla stampa ("La Repubblica" 31.5.99, "L'Espresso" 8.7.99, "La Stampa" 19.1.00, "Il Giornale" 12.8.01), mi trovo "puntato" ed attaccato da un incredibile ed innovativo sistema tecnologico di intercettazione dello stesso pensiero, di tortura (alterazione del sistema percettivo, dolori, stimoli nervosi) e di controllo permanente acustico. Iniziata a Biella e, dopo la mia azione del 24.5.02 contro due sgherri, quest'infamia che perdura ovunque mi si trasferisca (di qui la certezza che tale sistema sia radio, e forse addirittura satellitare), da Biella a Livorno, da Spoleto a Sulmona, da Pisa ai percorsi stradali, non è stata affrontata con la dovuta attenzione dalle procure cui ho rivolto denuncia (Biella, Livorno) per questi fatti e per abusi e pestaggi dalle guardie in tali istituti. Il potere medico cerca, nonostante la mia lucidità, chiarezza, tranquillità e costanza politica ed umana, ovunque io sia trasferito, di riprodurre la interpretazione "psichiatrica" di tali "disturbi" che subisco, senza peraltro approfondire la diagnosi ed il controllo sulla patologia definita frettolosamente "acufene o tinnito" mentre si tratta di un segnale radio che emette una certa potenza elettrica in uscita (fisico) dall'orecchio sinistro.
Tale situazione è diventata, dopo il primo mese di tentato omicidio bianco (7 crisi cardiache tra le altre cose che soffrii a Livorno), intollerabile nonostante la tattica più "morbida" delle torture.
Si continua così a rinviarmi l'effettuazione della "risonanza magnetica" con trasferimenti e dilazioni. Chiedo questo accertamento (al primo momento parlai di TAC per ignoranza medica) fin dal 24.5.[2002]. Tale esame va effettuato in presenza del mio avvocato di fiducia e di un medico specialista di fiducia.
Per tali gravissimi motivi sono in sciopero della fame sin dal 17.11.02 e chiedo alle autorità giudiziarie di Spoleto (magistrato di sorveglianza Grazia Manganaro) di disporre ex art. 11 O.P. tale accertamento, con altri, in un ospedale esterno (avuto un incontro con la stessa il 2.12.02, si è impegnata, appena avrà la relazione sull'elettroencefalogramma di Pisa del 27.11, a disporlo, quindi ho sospeso questo sciopero della fame che riprenderà come rifiuto del vitto dell'amministrazione penitenziaria il 9.12.02). Ho richiesto sia a Biella (dottoressa Soffio, procura), sia a Livorno (dottor Rizzo, procura) una perizia-incidente probatorio atto a verificare la presenza di segnali radio sul mio corpo in uscita. Lo sviluppo tecnologico (MEMS, ricerche di Warwick, satelliti, bionica) autorizza tale ipotesi.
Oggi, gli uomini che sono sotto il comando nazionale del generale dei ROS Ganzer, ci riprovano al Sud dove la magistratura opera con più dispregio dei diritti fin dall'avvio dell'emergenza anti-droga ed anti-mafia. Trovano però forze più vaste davanti a loro, dato che colpiscono a caso nell'opposizione pacifista, cercano di demonizzare le gloriose giornate genovesi e la stessa memoria del compagno Carlo Giuliani. Più alte alzano le pietre, più pesantemente gli schiacceranno piedi e stinchi di maiali.
Oggi che la guerra imperialista agisce direttamente contro le rivoluzioni popolari (e non solo contro l'Islam) in tutti i continenti, le forze nere dei servizi, dei mafiosi collusi al Potere, delle congreghe fasciste, massoni, sabaude e monarchiche, con i loro addentellati nelle carceri, collaborano direttamente anche alla repressione controrivoluzionaria negli stessi paesi imperialisti come l'Italia. Quindi occorre estendere la solidarietà ai compagni prigionieri in questi tempi di così acuta criminalizzazione finanche dei più pacifici movimenti sociali, e pertanto la mia lotta, tesa a svergognare gli apparati controrivoluzionari dello Stato imperialista, va vista anche in relazione a:
- oltre al sistema di tortura che sto denunciando da 7 mesi, è in atto selettivamente, sulla base delle manipolazioni dell'apparato controrivoluzionario, una aggressione continua ai prigionieri rivoluzionari nelle carceri da parte dell'apparato, sensibile ai "venti" forcaioli del regime;
- avvio della dispersione dei prigionieri politici rivoluzionari nel circuito EIV, in altri carceri senza prigionieri politici, provenienti da Biella e da Trani;
- limitazione dei diritti interni.
- attacco alla ricezione di corrispondenza con continui trattenimenti (nel mio caso, notificati ossia ufficiali, 2 a Biella, ? a Livorno, 6 a Spoleto, in arrivo, oltre a vari non comunicati qui a Spoleto (una decina), e diversi trattenimenti in partenza (a Biella, comunicati di aprile e maggio, e 3 a Sulmona)
- pestaggi, tentativi di annientamento psico-fisico (nel mio caso, 3 pestaggi tra maggio e giugno, alla partenza da Biella ed a Livorno);
- trasferimenti con pochissimi effetti personali;
- attese e controlli sul contenuto dei propri effetti personali già controllati mille volte;
- sequestri di corrispondenza, anche già censurata, inviata all'autorità giudiziaria ed alla DIGOS (nel mio caso, a Pordenone, al dr. Pietro Montrone, e a Spoleto), senza notifica giudiziaria;
- atti di sospensione interna dal diritto penitenziario motivati su base giudiziaria inquisitoria o puramente "ipotetica";
- continue perquisizioni, numerose perquisizioni giudiziarie, con sequestro finanche della macchina da scrivere (Biella, 4.4.2002);
- non rispetto delle norme internazionali della convenzione dei diritti dell'uomo, né della convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra.
La paranoia è una buona dimostrazione della natura fascista e filo-americana dei governi del nostro paese, in particolare di quelli succedutisi dalla cacciata del patriota curdo Ochalan in poi. La violenza emergenzialista del governo durante il periodo di tangentopoli volta a "combattere la mafia" per tornare a fare i loro propri comodi, si è ora estesa ad ogni territorio, ad ogni ambiente sociale, e nelle carceri questo si fa sentire in modo particolare.
Va superata una volta per tutte la situazione di quegli ambiti ristretti di solidarietà, estendendola e riconsiderando il tutto [al]la luce più ampia della lotta di classe, sia quel timore auto-terroristico che da sempre contraddistingue le nuove generazioni in lotta nei riguardi di questi magazzini di carne umana.
Superando gli -ismi, soprattutto gli specialismi ed i settarismi, si potrà avanzare; viceversa si fa il gioco dell'imperialismo.
La macelleria imperialista faticherà ancora, come già in molte aree del meridione, a ritagliarsi spazi di "legittimità" per proteggere gli interessi ed i colossali privilegi, lussi, denari e poteri di un po' di milioni di borghesi e di loro lacchè. Occorre capirlo.
La delegittimazione degli interessi di chi possiede i mezzi di produzione e di sfruttamento avanzerà positivamente solo se accompagnandosi a questa si saprà costruire una nuova capacità di valorizzazione della lotta e della costruzione rivoluzionaria.

Spoleto, 2-12-02
Paolo Dorigo
militante comunista prigioniero

Comunicato (3°) di Paolo Dorigo
del 2.12.2002
Ho avuto conferma oggi del Magistrato di Sorveglianza che vi è la disponibilità a concedere appena secondo i pareri medici sia fattibile ossia serva a definire la diagnosi, cosa che avverrà appena visti i tracciati dell'elettroencefalogramma, il ricovero in ospedale per effettuare la risonanza magnetica potenziali evocati ed altri accertamenti alla presenza del medico di fiducia. La concessione del permesso con scorta in un ospedale esterno avviene secondo l'art. 11 O.P. Le difficoltà sono state anche e soprattutto provenienti rispettivamente dal Ministero e dalla "classe" medica carceraria, dopo la criminale decisione della direzione sanitaria biellese di chiedere il mio ricovero in osservazione psichiatrica al Tribunale di Sorveglianza di Vercelli che delego a quello di Torino il 25/5/02, la decisione.
Quindi sospendo temporaneamente in attesa di questa decisione l'iniziativa di lotta per la verità sull'infame tortura che mi è imposta, iniziata con il 17/11 con lo sciopero della fame.
La settimana prossima riprenderò lo sciopero del carrello dell'amministrazione Penitenziaria dipendente dal Ministero di Giustizia. Seguirà comunicato.

Paolo Dorigo

Per chi volesse corrispondere con Paolo il recapito è:
Paolo Dorigo,
Via Maiano 10
Spoleto (PG)

Carcere di Spoleto: la morte di Carmelo Altomonte
Il giorno 1 febbraio 2003, nella cayenna di Spoleto è deceduto il detenuto Carmelo Altomonte, di 46 anni.
Fino a poco tempo prima Carmelo era un mare di salute. Pare che dal 15 gennaio, in seguito ad un forte diverbio con il medico del carcere in merito alla visita oculistica che da tempo aveva richiesto, sia iniziato a star male, tant'è che dal giorno ha iniziato ad accusare forti dolori pettorali. Una delle sere successive stette malissimo, per cui il suo compagno di cella chiamò i secondini diverse volte per intervenire con urgenza, ma soltanto dopo che tanti dei prigionieri della sezione fecero un bel po' di frastuono con una "battitura", accorsero finalmente. Alla visita medica risultò che "non aveva niente".
Il 25 gennaio, durante i colloqui, cadde a terra: i familiari in lacrime, i compagni a tentare di sorreggerlo fino all'arrivo di una barella, che... non arrivò.
Gli venne finalmente diagnosticata una ... influenza.
Il primo febbraio, mentre si recava ai colloqui, cadde di nuovo a terra, stavolta definitivamente: Carmelo Altomonte, in "cura" nei reclusori di Stato, nell'anno di grazia del 2003, muore finalmente rieducato ai valori ed all'ordine della civiltà del capitale.
Ennesimo delitto che nessuno dovrebbe pagare.

Carcere di Spoleto: Francesco Catgiu
La situazione di Francesco pur se certamente migliorata rispetto a Sulmona, continua ad essere delle peggiori, dato il suo stato di salute.
Può usufruire dell'ora, o mezz'ora di socialità con gli altri suoi compagni (dipende da quanto riesce a resistere in quel luogo chiuso), ma i problemi relativi alla galera permangono in lui amplificati a cagione della malattia.
Inoltre, se pure può usufruire dell'aria, essendo lo spazio privo di copertura, che vi sia vento o pioggia, neve o gelo, per poterne godere deve subire gli uni e le altre.
Ogni tanto, poi, non mancano certo le provocazioni di qualche secondino, magari dovute al fatto che il detenuto sardo malato di claustrofobia,
ha pure ... il coraggio di lamentarsi e di rompere per le sue necessità.
Forse, un giorno si avrà vittoria anche per questo proletario, forze permettendo.
Per ora un saluto a Francesco da parte di quanti non dimentichiamo.

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"Nonsolochiacchiere" e le aspirine
di Nino Faro - galera di Nuoro
La lettera che segue, indirizzata alla redazione di "Nonsolochiacchiere", periodico che si occupa anche di galere e galeotti, per la pubblicazione, non è mai stata da quel giornale pubblicata, per chi Nino l'ha inviata a Su Gazetinu affinché venisse finalmente resa pubblica; cosa che facciamo ben volentieri.

Gentilissimo Direttore,
quando si parla di argomenti relativi al "Pianeta carcere", credo sia difficile riuscire, per molte persone, a non cadere nella facile e scontata retorica; questo perché, da quello che leggo negli articoli degli opinionisti del sapere sulla vita carceraria, mi creda, è difficile trovare della gente che abbia un po' di coerenza e non metta del suo quando parla. Bisogna essere umili e sapere riconoscere quelli che sono i limiti di accettazione essenziali per ogni persona umana senza mai uscire fuori dalle buone regole della vita. Questo ci porta ad esprimere con sane parole la verità vera su tutte le cose. Un grande matematico, che per il fatto di conoscere la matematica pretende di sapere pilotare una nave, è un presuntuoso. Nella maggior parte dei casi la gente poco intelligente non si rende conto dei propri limiti, manca di questo tipo di umiltà ed è difficile dire se essa sia sciocca per un deficit intellettuale o proprio per deficit morale; la presunzione riesce a prevaricare anche il buonsenso. Questo tipo di persone immaginano di sapere ciò che non conoscono e si pongono mete che non possono raggiungere. Se non si è in grado di capire che l'intelligenza è la flessibilità della mente, che induce gli uomini ad esprimere solo la verità, prendiamo in giro noi stessi e gli altri e questo non è corretto. Quello che voglio dire che è molto difficile parlare delle carceri e non come quelle persone che per tramite del Suo Giornale vogliono dare delle soluzioni ai gravi e molteplici problemi, usando l'aspirina come panacea di tutte le malattie.
Ho letto l'articolo di Giancarlo T. Direttore di "Nonsolochiacchiere" e detenuto semilibero nella C.C. di Rebibbia; molto bene, perché parla della realtà dell'ergastolo, ma non condivido le sue opinioni quando si riferisce a persone che non conosce bene, perché negli uomini la coerenza deve essere la prima cosa. Nell'altro articolo, scritto da una persona affidata dal carcere di Pavia alla "Comunità Tutor, casa dei giovani di Pavia", non riscontro quella vasta esperienza carceraria che lui vuole dimostrare. Chi scrive deve armarsi di modestia e umiltà e deve manifestare queste doti, perché la modestia e l'umiltà sono l'opposto della presunzione. Gli esseri umani che hanno modestia hanno un concetto equilibrato delle proprie capacità e del proprio valore e non sono né saccenti, né vanitosi, sono sempre consapevoli dei propri limiti, perciò rispettano e tengono in debita considerazione i sentimenti e le opinioni altrui. La persona modesta è saggia, perché mantiene una condotta di vita nobile e sa evitare le tentazioni e le vanità che portano al disonore. Sa che la sapienza, insita nella modestia, insieme alle buone cose e alle tradizioni della vita, è la regola aurea per tutte le persone che vogliono essere coerenti con se stessi e con gli altri.
Leggo molto attentamente i tuoi articoli ed hai tutta la mia ammirazione, ma credo che devi fare una riflessione quando parli di detenuti, perché devi sapere che ci sono nelle Carceri Italiane detenuti e molti carcerati che lottano ogni giorno per sopravvivere, quindi c'è una grande differenza fra quelli che parlano nel tuo Giornale e quelli che lottano e soffrono ogni giorno per vivere con dignità. Diciamo questo perché non si può parlare di persone che si trovano nei collettivi da diversi anni e che sono anche fuori (non giudichiamo, sono scelte personali ), però ci vuole misura quando si vogliono dare dei pareri o dei giudizi sulla gente che soffre veramente. Cerchiamo di non essere ipocriti e non di farci prendere in giro dalle belle parole, quello che vogliamo dire è che quando la gente scrive o parla abbia la compiacenza e la coerenza di dire la verità su come stanno le cose e su come si trovano loro, perché la sincerità porta, per forza di cose, l'ammirazione. Cerchiamo di essere sinceri e non dire delle falsità, perché quest'ultime hanno le gambe corte. Vediamo che ci sono persone che si trovano in carcere da 27 o 30 anni, ma tutti sofferti, senza che hanno mai avuto dei benefici o usufruito di amnistie, condoni o quant'altro e che ancora oggi, dopo tutti questi anni, si trovano isolati o con il 41bis, perché ancora stanno scontando l'isolamento diurno o perché sono nelle carceri come Nuoro, Sulmona, Palmi ecc. ecc., dove vi sono le Sezione E.I.V. (elevato indice di vigilanza) e la vita non è molto bella per vari motivi, come qui a Nuoro, dove da più di tre anni non c'è il Direttore, quindi ci si può immaginare di come vadano le cose e, malgrado tutto ciò, non ci sono stupide lamentele e si lotta ogni giorno con dignità e con grande altruismo pensando anche a chi vive in condizioni ancora peggiori.
Le persone coerenti devono promuovere la verità a tutti i costi e non l'egoismo, perché la falsità è una brutta cosa, quindi certuni prima di dare dei pareri devono farsi un onesto esame di coscienza, perché per coltivare uno spirito altruistico bisogna essere persone coerenti e sincere; questo aiuta a sapere equilibrare diversi aspetti della propria vita e permette di ragionare con giuste motivazioni; quindi, prima che gli uomini esprimano delle opinioni o dei pareri, bisogna che abbiano una giusta conoscenza delle cose, perché è facile fare i sapienti, senza avere il coraggio di dire come veramente stanno le cose su se stessi.
In questi giorni ho sentito alla televisione e nei giornali che alcuni politici si stanno facendo il giro delle carceri, ma quali carceri? Credo che ciò non serva a niente, vengono solo perché le loro poltrone traballano, e pensano di riavere i voti attraverso le famiglie dei carcerati. Sono così meschini e accattoni che pensano solo al loro benessere materiale, è stato sempre così e la povera gente viene presa in giro e continua a soffrire. È stato detto e ripetuto, che una società viene anche giudicata dal livello di civiltà delle sue carceri; credo che l'Italia, in ambito europeo non sia nei primi posti. I signori Parlamentari traggono le loro conclusioni sulla vivibilità delle carceri visitando quegli istituti che comunque sono tra i più vivibili; esistono delle realtà periferiche prive di effettivo controllo. In queste realtà non è ancora stata concretamente realizzata nessuna riforma, e solo parzialmente la riforma del 1975; il nuovo Ordinamento Penitenziario dicono che apporterà piano, piano dei miglioramenti, ma ci chiediamo: "quanto tempo ci vorrà per diventare interamente operativo"? In una società civile il carcere deve essere concepito come un momento di recupero e di reinserimento delle persone e questo non potrà avvenire nell'attuale struttura carceraria. Tutti ne sono coscienti dei trattamenti disumani delle persone prigioniere in alcune strutture carcerarie, come tutti quelli che si trovano con il 41bis, questo, inoltre, pone un problema morale: ogni Stato che usa la repressione, non può essere a sua volta libero. Tutti quelli che hanno un minimo di coscienza devono sentirsi responsabili, se non altro per non aver fatto sentire la propria voce.
Oggi le "ideologie forti " sono cadute, gli ideali di giustizia sociale e di liberazione nei quali masse di persone hanno risposto la loro fede, come ad esempio nel marxismo e nelle sue più ambiziose realizzazioni, hanno subito rapide eclissi, dimostrando esiti fallimentari e incapacità a rispondere alla più alte attese umane; sono venuti così a mancare sicuri punti di riferimento e bussole orientatrici, in una società sempre più complessa e diversificata e imprevedibile nel futuro. Da qui il senso del vuoto e dell'angoscia che ne deriva, con la spinta verso forme irrazionali e compensatrici, crisi etiche e religiose; nel firmamento morale odierno molte stelle sono cadute, perché la crisi etica non investe soltanto le norme del comportamento ma lo stesso senso del vivere, dell'educazione dei buoni propositi, del sorridere, del rispetto per gli altri, della solidarietà umana che dovrebbero essere la principale ragione per le persone che lottano ogni giorno per sopravivere, non solo nelle prigioni, ma nella prigione del mondo, dove tanta gente combatte per vivere con dignità.
Quando gli uomini pensano in termini politici, non sono mai obiettivi e non sanno dare un giudizio morale coerente, perché i giudizi morali sono asserviti alle passioni; qualunque cosa faccia l'amico è buona, qualunque cosa faccia il nemico è turpe storta non giusta.
L'obiettivo morale, la capacità di vedere le indegnità nostre e le virtù del nemico, è una conquista di pochi, che sanno guardare con intelligenza a tutte le cose della vita e sanno essere obiettivi in qualsiasi circostanza: un frutto di un lungo esercizio, non facile avere.
Sig. Direttore, La ringrazio per l'ospitalità che darà alla mia lettera.

Distinti saluti
Faro Antonino - Nuoro, Badh''e karros

Da Badh''e karros cayenna nuorese

Lettera aperta al nuovo Direttore in missione
P.c. al Magistrato di Sorveglianza e al Provveditorato Regionale del DAP

I detenuti della prima sezione di Badu e Carros rilevano che l'art. 13 comma 4 del vecchio regolamento d'esecuzione prevedeva che il vitto poteva essere assunto in locali accessibili a gruppi limitati di detenuti, che pure l'art. 13 comma 3 del nuovo regolamento prevede la stessa cosa da attuare entro 5 anni.
Considerando che in quest'istituto a differenza di tutti gli altri istituti non c'è consentito di consumare un pasto in compagnia (diritto a socializzare) nonostante che prima della lotteria della girandola dei direttori in missione anche in quest'istituto si attuava;
ritenuto che il rito del cibo nella cultura umana ci differenzia dagli animali perché è anche un mezzo d'incontro e dialogo;
considerando che se abbiamo l'opportunità di passeggiare e giocare a pallone fra di noi non si comprende perché non possiamo mangiare in compagnia;
ritenuto che per molti di noi il fine pena è mai e che mangiare guardando negli occhi e scambiando due parole con un'altra persona è un mezzo per sentirsi vivi;
considerando che fra poco ci sono le feste natalizie e mangiare da soli anche per le festività è ancora più triste, si chiede nei modi e nelle modalità che la direzione dell'istituto riterrà opportuno di dare la possibilità della socialità in cella per consumare i pasti in compagnia.
Grazie dell'attenzione.

I detenuti della prima sezione di Nuoro

(seguono 40 firme salvo incompletezza delle fotocopie. Al momento non sappiamo se il direttore abbia concesso tale socialità per il periodo natalizio né se lo abbia dato in seguito. N.d.R.)

Il direttore ad interim, fresco di nomina, il sig. Daniele Di Blasio, in tutta risposta alla richiesta dei detenuti osserva il totale silenzio fino alle ore 12 del 25 dicembre. A quell'ora infatti comunica ai detenuti, dopo che diversi di essi avevano di già consumato il pranzo natalizio, che potevano fare socialità, però specificando che il regalo di natale - e cioè la valida socializzazione per il progressivo reinserimento dei detenuti di Badh''e karros - poteva essere beneficiato solo a due a due (non si sa mai, la troppa socializzazione dei reclusi potrebbe anche essere nociva alla salute!).
Ovviamente i prigionieri hanno rifiutato la "buona" disposizione del novello (proprio come il vino) direttore di uomini in catene.

***

Dichiarazione di Marco Camenisch
Contro la tortura e l'isolamento

Dal 18.01.03 inizio uno sciopero della fame nel braccetto della tortura da isolamento totale e di deprivazione nel carcere di Thorberg, cantone di Berna, Svizzera, per un minimo di 30 giorni, a disponibilità assumendo tisane alle erbe dolcificate con miele o zucchero. L'iniziativa è diretta contro la guerra dall'alto verso il Basso, condotta per mantenere ed allargare il dominio, gli interessi ed i privilegi di una esigua minoranza sempre più esigua ai danni di tutte e tutti ed ogni espressione di vita non asservita. Questa guerra è condotta anche con la repressione, l'assassinio e la tortura applicate ai popoli, ai gruppi ed individui resistenti ed anzitutto tale guerra si prosegue anche contro le persone prigioniere comuni e della resistenza a questa guerra, torturandole ed assassinandole. A subire il tentativo continuo e sistematico d'annientamento fisico e dell'identità individuale, sociale, politica e culturale sono in prima linea le prigioniere ed i prigionieri appartenenti ai movimenti rivoluzionari e popolari della resistenza per l'indipendenza, la liberazione, la lotta di classe ed ambientale: con l'assassinio e la tortura bianca e lenta tramite l'isolamento individuale e di piccolo gruppo; tramite la dispersione e la deportazione; tramite il rifiuto di cure adeguate, o in toto, per persone malate e gravemente malate ed il rifiuto di liberarle; tramite la deprivazione degli effetti e mezzi personali, la deprivazione di attività fisica ed intellettuale; tramite condizioni di vita e di detenzione invivibili; tramite l'umiliazione e la persecuzione dei familiari e degli affetti solidali.
È una guerra di conquista, occupazione, genocidio, sfruttamento della vita umana, animale, vegetale e di tutta la natura nell'unica maniera possibile: quella devastante. È razionalizzata con il razzismo, il sessismo, la xenofobia, la gerarchizzazione tra gli umani e tra le cose del mondo, dividendo tutto mediante la scienza, fomentando la distruzione della solidarietà sociale e delle conquiste sociali popolari e proletarie, distruggendo le basi di vita e l'abbondanza nostre e delle generazioni future. La sua arma di distruzione di massa è la civilizzazione industriale e tecnologica diffusa, arma necessaria per l'affermazione e la sopravvivenza del modello di dominio gerarchico del mondo mercantile di produzione e di consumismo della modernità del capitale.
Questa iniziativa è un segno di solidarietà con ogni espressione d'autentica resistenza contro questa guerra, le sue razionalizzazioni, i suoi aspetti, le sue cause, i suoi obiettivi a breve e medio termine, contro il suo obiettivo finale. È solidale con le seguenti lotte dentro le galere: contro l'F-Typ turco, i braccetti della tortura FIES in Spagna, gli speciali ed il 41bis in Italia, contro tulle le sezioni di tortura e d'annientamento di "Massima Sicurezza" in Europa, negli USA, in "America Latina" ed ovunque. È solidale con le lotte della resistenza esterna alle carceri contro il carcere, la tortura e l'isolamento, per la difesa e la liberazione delle persone detenute della resistenza e "comuni" fino alla sparizione di tutte le mura e di tutti i recinti, di ogni reclusione ed esclusione. È un segno di solidarietà con le lotte radicali-rivoluzionarie contro il dominio, il militarismo, il patriarcato, la civiltà capitalistica, la gerarchia, la disuguaglianza ed ogni ingiustizia.
Contro il WEF (World Economic Forum)
Solidarietà con la resistenza radicale
Contro il Wef dei guerrafondai e profittatori della guerra a Davos, dappertutto e sempre!
Questo reiterato incontro ripugnante della comunità d'interessi mondiale e servitori, dei padroni ed assassini di massa con l'aureola della santità per organizzare la loro guerra totale e la loro III Guerra Mondiale contro tutto il resto e contro quel che resta del mondo, si svolge nel mio piccolo paese d'origine dei Grigioni. Si svolge sulla pelle di chi subisce lo sfruttamento dei prigionieri, della Svizzera e sulla pelle della moltitudine sfruttata ed oppressa dei paesi di tutto il mondo. Si svolge grazie alla devota lealtà ed all'attivismo interessato dei padroni locali e dei loro apparati repressivi, mano nella mano con i padroni e gli apparati repressivi di tutti i paesi. Il ridicolo pretesto per sospendere (manu militare) i cosiddetti diritti fondamentali e le ultime rimembranze dell'autodeterminazione locale dal basso è la "sovranità", "l'ospitalità" e la "sicurezza". Mentre in realtà si tratta di completare la privatizzazione, il dominio, lo sfruttamento fino alla devastazione, per mani dei pochi padroni, del mio piccolo paese e di tutti i paesi del mondo con la loro gente, il loro ambiente, le loro risorse ed istituzioni!
La nostra resistenza la fa finita con il WEF se è radicale e si svolge e sviluppa nella continuità e nella solidarietà attiva, critica e reciproca tra ogni livello e metodo della lotta, poiché ogni livello e metodo son necessari ed insostituibili. Davos è sempre e dappertutto, e contro il tentennare e sperare del "POSSIBILE" si affermerà definitivamente e con facilità.
Il dialogo, la collaborazione e gli accordi con il WEF sono già una scissione in "buoni e cattivi", ed una scelta di campo che forniscono all'aureola degli assassini una forza accecante. Nel migliore dei casi farà di noi delle patetiche comparse nel teatrino dei "disobbedienti", delle guardie bianche e degli addomesticati, dove ancora una volta i padroni possono inscenare in modo costruttivo la rappresentazione della resistenza contro se stessi. La scissione tra "cattivi e buoni"; la condanna dei primi da parte degli ultimi, in coro con la propaganda della menzogna dei media dei padroni; la condanna della controviolenza ed autodifesa necessaria dal Basso, oscurando e rimuovendo le cause e la pur tanto evidente immensità e brutalità della violenza dei padroni e dei loro stati, in ultima analisi son solo una dichiarazione di lealtà con i padroni e la proprietà. È la lealtà supina e timorosa verso una violenza strutturale e crudamente sanguinaria-militare, con la predisposizione al suo impiego, smisurata, estremista ed intimamente terroristica tipica dei padroni e dei loro stati. La lealtà con la proprietà è anche lealtà con lo sfruttamento e l'oppressione di sé stessi/e e degli altri. È lealtà con lo sfruttamento, l'oppressione e l'annientamento delle basi di vita nostre e delle generazioni future, per il dominio, i privilegi e l'accumulo di ricchezza astratta priva d'ogni senso dei padroni sempre meno numerosi e sempre più pericolosi.
Perciò: VIA CON QUESTO MONDO SOLO PER POCHI! QUESTO MONDO NON È POSSIBILE, ED UN ALTRO MONDO È NECESSARIO, SUBITO!
Con questa iniziativa informo e protesto anche contro la continuazione della guerra del terrore dei padroni, con l'obiettivo dell'annientamento, contro il mio ambito sociale e politico solidale, pertanto anche contro la resistenza radicale e la resistenza autentica in generale. Guerra del terrore consistente in:

  1. Le deprivazioni della comunicazione, degli affetti, dell'informazione, del confronto e dell'attività sociale e politica, grazie ai procedimenti concentrati della Giudice Inquirente (GI) Claudia Wiederkehr della Proc. di Zurigo (ZH), della Minitodt (esplico in seguito) Grigionese (GR) in Svizzera (CH) e del carcere di Thorberg, cantone di Berna (BE).
    Anche ad inchiesta e determinazione giudiziaria conclusa la G.I. mantiene il controllo, le registrazioni, i sabotaggi ed i divieti oggettivamente infondati della corrispondenza, dei colloqui e delle telefonate. La G.I. tocca il fondo della infamità vietando tuttora le telefonate anche con i familiari nonostante mia madre, per l'età molto avanzata, le malattie e la distanza, non sia in grado di eseguire i viaggi per i colloqui. La posta non strettamente familiare, se non allegata alla posta familiare è sottoposta a restrizioni quantitative e tematiche; parzialmente anche gli invii di francobolli, libri e riviste, non mi sono mai stati consegnati da parte della G.I.. Le telefonate sono autorizzate esclusivamente con l'ufficio della difesa. Nel braccetto di Massima Sicurezza c'è il divieto di tenere macchina da scrivere, matite, gomme per cancellare, libri e stampa in generale (salvo rare eccezioni) con contenuti politici in varie lingue. Se tutta la stampa inviata dalla G.I. mi sia stata consegnata è ancora incerto. La corrispondenza tra la mia compagna e moglie italiana e me, pur essendo in una delle lingue ufficiali svizzere, subisce dei ritardi di 15 giorni ed oltre.
    La G.I., C. Wierderkehr è figlia dell'oligarca e capo della NOK-Axpo (compagnia elettrica e monopolio delle forniture per una grande parte della Svizzera nonché parte importante della mafia dell'atomo elvetico ed internazionale): Peter Wiederkehr di Altstàtten (Zurigo). Ho attaccato la NOK 25 anni fa nei Grigioni, nel quadro della lotta militante di classe ed antinucleare. La G.I. attualmente procedeva contro di me, nello stesso quadro, per accuse basate su dei fatti avvenuti 23 anni (evasione) e 13 anni (uccisione di un finanziere) fa. In Italia, per oltre 10 anni prima dell'estradizione avvenuta nel 2002 e dopo 10 anni di latitanza, svolgevo regolare ed illimitata corrispondenza socio-politica con accesso senza limiti a stampa anche politica in varie lingue; effettuavo colloqui senza vetro divisorio e telefonate con mia madre, mio fratello e mia moglie. Di conseguenza il pretesto della collusione e dell'oscuramento è ridicolo. In Italia e nella Casa Circondariale di Pfàffikon (in quest'ultimo salvo l'iniziale mese e mezzo in regime di massima sicurezza) avevo accesso a macchine da scrivere e computer. Perciò queste deprivazioni concertate possono essere considerate come parte di una vendetta politica e personale di classe da parte della G.I., ed indirettamente come l'applicazione della responsabilità penale estesa alla comunità d'appartenenza e familiare come nel regime nazista e nei regimi totalitari. Possono essere considerate il mezzo per mantenere il silenzio sulla montatura sbirresco-giudiziaria tesa alla denigrazione della mia militanza e per estensione della resistenza radicale in generale: dopo l'immediata dichiarazione, extra-legale ed ufficiale delle autorità del Grigione e svizzere, e dei loro mass-media, di colpevolezza, la montatura è costruita su misura con più o meno destrezza, con passi investigativi anche molto distanti tra di loro mediante la costruzione, il plagio e la costrizione, con dei ricatti, alla falsa testimonianza dei testimoni, senza pur tuttavia eliminare le stridenti contraddizioni.
  2. Il provvedimento della Minitodt GR (il Dipartimento costruzioni, traffico e forestale con accorporato ufficio per l'esecuzione delle misure e delle pene, accoppiata che ricorda vagamente l'Amministrazione Todt nella Germania nazista fino al 1945 per l'assegnazione alle industrie ed opere statali del lavoro forzato delle persone detenute del regime) [secondo cui sarei] "da assegnare, per l'esecuzione della pena in oggetto (8 anni e 16 gg.), fino a nuovo ordine nella sezione di Massima Sicurezza del penale di Thorberg".
    La Minitodt GR, con a capo il consigliere di Stato, cioè membro del governo del Grigione, nonché capo negoziatore del WEF - con riformiste/i provviste di auto delega del dissenso del WEF - Stefan Engler, e con il firmatario del provvedimento dell'ufficio in questione K. Prader, ovviamente è strettamente legata con il settore privato e statale della produzione elettrica e della mafia dell'atomo, e la pena suesposta ancora da espiare è parte dei 10 anni della condanna del 1981 di Coira (capoluogo grigione) per i miei attacchi militanti nei Grigioni contro la NOK-mafia dell'atomo. Il provvedimento sorvola tra l'altro: A) le mie istanze per l'avvicinamento ai familiari, nel Ticino, dove mia madre e mio fratello, domiciliati nella Valle di Poschiavo, soltanto potrebbero eseguire degli eventuali colloqui e dove anche mia moglie, domiciliata in Toscana, sarebbe costretta ad un solo giorno di viaggio invece dei 3 necessari attualmente. Queste istanze sono sostenute invece dal Ministero della Giustizia di Zurigo tramite la C.C. di Pfàffikon, dove dopo 1 mese e mezzo in Massima Sorveglianza sono stato collocato in regime giudiziario comune; B) l'assenza di eventi di "rilevanza disciplinare e penale" nei più di 10 anni di carcere Italiano e nei nove mesi di detenzione (fino al mio trasferimento in loco appena avvenuto) nella C.C. di Pfàffikon; C) il grande periodo di tempo passato, la cospicua detenzione già sofferta, le modifiche oggettive avvenute nelle premesse in generale come l'età, lo stato di salute e socialmente con una improponibilità personale di una ulteriore attività rivoluzionaria che comprende anche la militanza clandestina-armata; 4) la prospettiva del "reinserimento sociale", dopo una lunga ed efficace de-socializzazione della reclusione e della esclusione, entro l'ambito geografico, sociale e culturale di lingua italiana corrispondente a mia moglie ed a me stesso. Va però affermato con chiarezza che, anche senza queste premesse e comunque, un provvedimento per l'isolamento totale e la deprivazione corrisponde solo alla volontà di vendetta e d'annientamento e non a ciò per cui è spacciato, cioè la Massima Sicurezza, poiché questa realmente ha nulla o semmai solo molto marginalmente a che fare con la sicurezza oggettiva.
  3. Un ulteriore pesante attacco alla difesa in un processo politico già sufficientemente ambiguo.
    Il 20.12.2002 il mio difensore di fiducia B. Rambert mi voleva visitare. Il carcere insisteva che il colloquio doveva svolgersi con il vetro blindato divisorio visto che sono M.S. Il difensore rifiutò il colloquio in queste circostanze. Una sala con il vetro divisorio e con i dispositivi di ascolto e registrazione impedisce un effettivo lavoro di difesa, orale e scritto, ed è una violazione di fatto del segreto della difesa e del diritto ad una difesa adeguata. Già in precedenza, su iniziativa della G.I. e del vicepresidente del tribunale circondariale di Zurigo, Hauri, si tentava di eliminare una difesa adeguata, credibile ed efficace. Dopo che l'avv. Rambert era stato per anni il mio difensore di fiducia in Svizzera, all'improvviso gli viene attribuita una collisione di interessi, ed a me un difensore d'ufficio scelto dal Sig. Hauri. Dopo il ricorso al tribunale Superiore questo ha annullato il provvedimento rinominando il mio legale di fiducia. Durante tutta la detenzione giudiziaria in Svizzera i colloqui con la difesa si sono svolti senza vetri divisori.
    I regolamenti interni del Thorberg sulla Massima Sicurezza, tra l'altro prevedono che in cella si posson tenere le carte della difesa solo in numero limitato! Questa regola per ora forse non mi è applicata solo perché attualmente ho una esigua quantità di carte processuali appresso. Le telefonate con la difesa le devo fare con un apparecchio mobile sulla porta della cella a blindato aperto e con le guardie in ascolto.
  4. Nel penale del Thorberg la tortura bianca, con l'isolamento totale e le deprivazioni, è applicata dettagliatamente con un particolare zelo ed un particolare atteggiamento sadico. Alcuni dettagli gli ho già esposti, così come è stato rilevato che le applicazioni della M.S. poco o nulla hanno a che fare con la sicurezza oggettiva. Vi sono invece misure, regole e deprivazioni prive di ogni senso, se non il tormento e l'umiliazione quotidiana sistematica ed arbitraria della persona, a prescindere dalle sue "premesse" e dal suo "comportamento", con l'obiettivo principale di rappresentarla e collocarla sul massimo livello come killer psicopatico e rincretinito. Le "misure" e "regole" sono infatti in gran parte ad altissimo e esclusivo contenuto di cretinismo sadico che nel seguente lacunoso riassunto può essere illustrato e compreso in modo solo limitato.
    La "esecuzione speciale della pena" nella Casa B "Di nuova costruzione" del Thorberg conta 40 posti, dei quali 32 in cella singola, in due sezioni "sicurezza II". La "1" è il braccetto M.S. con 4 celle, l'ascensore come accesso, docce, spogliatoio (ed altro-i...?). Ora siamo in due, senza alcun contatto tra di noi e/o con altri detenuti. Ogni apertura degli spioncini e movimento fuori cella e fuori dal braccetto avviene con le manette ai polsi, possibilmente evitando incontri con altri detenuti. Il lato detenuti della sala colloqui, è accessibile direttamente dal braccetto senza controlli corporali. Ad ogni lato del vetro divisorio, sul soffitto, è fissato un microfono per l'ascolto/registrazione, dal lato visite si accede attraverso detector/radiografia (?).
    Cella singola: circa 3x6 m., pareti bianche, soffitto in cemento grezzo, pavimento in catrame. Un mezzo muretto divide cesso, lavandino, citofono con radio incorporata a 5 canali, dal resto della cella. Porta doppia, quella esterna blindata, l'interna a sbarre, sempre ambedue chiuse. Abbondanti stipetti in legno, fissi; sedia, tavolo, tavolo da TV e branda non fissi ed in legno (falegnameria della "casa"). Due finestre a feritoia su tutta l'altezza, una stretta ed una larga in mezzo alle pale per l'areazione autonoma: una con apertura laterale, ed in alto una basculante. Gli infissi, molto larghi, fanno passare ben poca luce. Vetro blindato, esterno, alle apribili; una grata fine in acciaio e poi sbarre "norma". Luci da 60W con lampadari in vetro opaco: una a parete sopra il lavello, e l'altra al soffitto. Luce sufficiente per leggere e scrivere, in pratica solo con il sole, articolo molto raro in questo postaccio nebbioso. Luce da tavola/lettura: "vietata". Il riscaldamento incorporato nel pavimento è del tutto insufficiente quando fa freddo; richieste di riscaldamento adeguato al direttore, al medico ed ai secondini, senza esito. Acqua calda (nel lavandino) 3 ore al giorno negli orari dei pasti.
    Fornitura della cella: un cuscino inconsistente, uno più consistente o un altro vietato. TV a colori non fissa. Cestino in vimini (della "casa"), pulizia pavimento con paletta e spazzolino e pezze piccole da cucina, per il resto OK. Per bevande calde è concesso un bollitore a spirale ed una brocchetta in acciaio. Spesa alimentare e generi vari: frutta e verdura fresca OK. Nella M.S. sono tra l'altro vietato cucinare ed i seguenti oggetti: pentole, colla stick, borsa per l'acqua calda. Dietro nullaosta medico son permessi: perette per doccia naso ed intestino. Medicinali di erbe ed omeopatici mi sono stati subito consegnati come anche miele, tisane e zucchero; col contagocce mi son stati consegnati articoli personali (dai miei effetti) per l'igiene corporale.
    Vitto: decente, vegetariano, stoviglie usa e getta in plastica; in vetro son vietati.
    Vestiario: di proprio un pigiama ed un pantalone di tuta leggera. Vestiario della "casa" in parte in condizioni pietose, biancheria abbondante, per il resto insufficiente per proteggere dal freddo: anzitutto le calze, sintetiche e solo estive, e l'unico paio di scarpe da tennis in tela. Le richieste avanzate, ai secondini ed al medico, per calze di lana e scarpe proprie, illustrando i problemi sanitari di ipersensibilità dovuti alle lesioni invalidanti da arma da fuoco, son rimaste senza alcun esito; argomento (anche "medico"): vietati. Anche con ghiaccio, neve, pioggia e vento non c'è fornitura di mantelli o giacche invernali, per quanto stabilito e visto (anche altri detenuti all'aria "comune") sinora.
    Servizio sanitario: cartella clinica inesistente, è ritenuta superflua dal medico. Visite mediche, così come il relativo tragitto, in manette ma perlomeno con il solo personale sanitario. Il medico non è responsabile per nulla delle condizioni patogene: luce, freddo, tortura bianca e prescrive la "buona condotta" per uscirne, indicando è competenza solo della direzione. Non risponde inequivocabilmente al quesito se porta il camice del medico o la divisa del secondino. Secondo il regolamento della "casa" e dei penali del cantone di BE il prelievo urine e sangue ed il controllo rettale su ordine medico o dei secondini è obbligatorio. Appena arrivato, rifiuto il prelievo delle urine richiestomi in cella da un'infermiera, con riferimento ai diritti costituzionali e deontologici-medici.
    Doccia: 3 per settimana rigorosamente "proposta" la mattina presto prima di un giorno lavorativo (e, per ipotesi utopica, d'attività fisico-sportiva). Non è "obbligatoria". Sono arrivati al punto da "propormi" la doccia porgendomi nel contempo la colazione.
    Aria: 1 ora al giorno, la mattina presto prima dell'alba. Nello spogliatoio, spogliarello integrale, cambio integrale del vestiario con un cambio completo collocato in situ, con scarpe da tennis troppo grandi, logore e sporche. In manette il breve tratto dall'ultimo piano al tetto nella gabbia a sbarre con una tettoia di circa m. 3x1. Gabbia: circa 12x8 m. Le manette vanno tolte dall'esterno attraverso uno spioncino. Con la pioggia, il vento ed il freddo anche marciando si gela fino all'osso: con una maglia leggera ed una giacca da salotto, pantaloni da lavoro, calzettoni e scarpe estive da barbone come inesistenti dal freddo e dalla pioggia. L'orario per metà è notturno; umiliazione gratuita del doppio spogliarello integrale, le manette oltre alla scorta di non meno di 3x100 kg (di muscoli): in pratica è la privazione dell'ora d'aria mediante condizioni insostenibili (sinora ne ho "usufruito" una sola volta).
    Lavoro: coatto, se disponibile, dentro una cella confinante, monotono, cretinerie da montaggio ecc., retribuzione reale ignota secondo un prestampato settimanale (?), un titolo "peculium" (dal latino, paga degli schiavi). Vi si ritrovano segnati il punteggio giornaliero, massimo 16 punti, moltiplicato per i giorni lavorativi segnati, p.g. suddiviso in 4 caselle "qualificazioni" (prestazione, comportamento/impegno, assenze/puntualità, servizio interno-pulizia cella?). O=inutilizzabili, 1=insufficiente, 2=sufficiente, 3=bene, 4=molto bene. È un sistema perfido meritante alla vessazione ed all'arbitrio e del tutto aderente ad un penale che sembra particolarmente reazionario (anche se pure in un futuro dovessi ottenere il "massimo dei voti"). Il direttore, un teologo, sostiene di non essere un seguace di Calvino.
    Attività/tempo libero (in regime di massima sicurezza): oltre ai 4 dizionari, un libro di yoga ed uno terapeutico-medico, gli altri libri personali son vietati. Non esiste, nel regolamento della "casa" e dei penali cantonali, un regolamento specifico per la massima sicurezza, ma temo non vi sia accesso a nessuna delle tante attività elencate nel regolamento accessibile. Secondo il quale l'amministrazione può ritenere di rimandare al mittente la spesa del detenuto, qualsiasi stampa, e negare la visita se ritenute di "cattiva influenza sul detenuto", cioè arbitrariamente ed in sospensione d'ogni diritto fondamentale. Cultura del confronto/dialogo: rudimentale. Salvo una visita iniziale in cella del direttore, per informarmi dell'ordine della Minitodt GR ed esortarmi alla "buona condotta", ed una visita di una collaboratrice del servizio sociale per presentarsi come la CIA interna - addetta fra l'altro alla censura ed al controllo postale (se non già disposto altrimenti) - e per informarmi che ulteriori colloqui con lei in regime di M.S. avvengono con i vetri divisori!, nemmeno con ripetuti tentativi sono riuscito ad ottenere che tra i secondini mi si presentasse un responsabile ed un referente; di loro spontaneità non sono date neanche le più basilari informazioni sul funzionamento delle cose quotidiane. La corrispondenza della difesa è consegnata chiusa su ricevuta firmata, deve essere aperta in proprio e riconsegnata per il controllo: per eventuali "oggetti vietati".
Ovviamente questo documento è diretto alle compagne ed amiche, ai compagni ed amici, alla resistenza radicale ed alla resistenza autentica, nonché al pubblico; è accessibile anche agli uffici ed alle autorità responsabili, di cui aggiungo qui gli indirizzi per eventuali richieste di chiarimenti ed informazioni ulteriori.
Sono l'unico responsabile per i contenuti di questo documento e per la sua diffusione che auspico più ampia possibile.

Carceri:

Anstalten Thorberg
Dir. Hans Zoss
CH-3326 Krauchtal/BE

Bezirksgefàngnis Pfàffikon
Hòrnlistr. 55
CH-8330 Pfàffikon/ZH

Procura ZH, GI C.W:
BAZ/A-1
Molkenstr, 15/17
CH-8026 Zùrich

Minitodt:
Bau-, Verkehrs- und Forstdepartement GR
Stadtgartenweg 11
CH-7000 Chur

Ufficio misure e pene:
B.-,V.-, u. F. dep. GR
Amt f. Massnahme- u. Strafvollzug
Hofgraben 5
CH-7000 Chur

Dallo sciopero della fame al trasferimento nel carcere di Chur, nei Grigioni
Ancora una volta la determinazione di Marco e dei compagni e compagne di tutto il mondo che hanno in mille modi accettato la sfida dello Stato che lo tiene rinchiuso, stavolta quello elvetico, dimostra che la lotta, se qualificata metodologicamente, rende eccome!
Di Marco, e del suo tragitto esistenziale, in galera e non, abbiamo di già scritto diverse volte nelle pagine di Su Gazetinu, per cui rimandiamo i lettori ai nn. 5 e 7. La volontà di non lasciarsi fare dalla "giustizia carceraria" elvetica, l'ha determinato ad intraprendere lo sciopero della fame, a partire dal 18 gennaio scorso. Le finalità della lotta, specificate nel volantino redatto da amici e compagni che gli stanno da sempre vicini, e riprodotto nelle pagine successive, hanno trovato sostenitori in tutto il mondo, tanto che alla fine le autorità elvetiche hanno dovuto mollare almeno su alcuni punti: il rispetto della dignità personale di Marco, il trasferimento in un carcere accessibile ai suoi familiari, la fine della tortura "pulita" dell'isolamento assoluto e deprivazione sensoriale.
La sintonizzazione dell'agire dentro e fuori le galere, con opere di boicottaggio degli interessi politici ed economici dello Stato-capitale svizzero, con iniziative nei pressi delle galere in cui il nostro compagno è tenuto rinchiuso, con la metodologia della continuità, anche nel corso di anni e col dispiegamento di infinite energie, non vi è sistema di dominio che infine non debba cedere alle rivendicazioni dal basso.
Ancora una volta l'azione diretta dentro/fuori delle galere, l'autogestione delle lotte e delle iniziative, il rifiuto a monte, di ogni prassi che dia adito a strumentalizzazioni, la determinazione nel non scendere a patti col potere, risultano vincenti.
Non chiedere, ma pretendere!
Non elemosinare, ma imporre!
Non delegare, ma agire!
Non attendersi nulla dal potere, e dalle sue fazioni, ma estendere la lotta, coinvolgendo in essa gli strati sociali, i familiari, gli amici, gli ex-detenuti, tutte le carceri in modo che all'interno ed all'esterno la ribellione sia irrecuperabile all'ordine costituito ed ai suoi sgherri, lasciando piena libertà affinché ciascuno, individuo o gruppo che sia, si rapporti alla protesta nei modi che più gli aggradano.
Solo in questo modo non vi sarà speculazione da parte di alcuno, laico o religioso che possa essere.
Non ci è possibile dare neanche un elenco delle iniziative attuate in tanti luoghi, per ovvi motivi di spazio, ma di seguito, oltre alla dichiarazione di Marco, pubblichiamo le ultime notizie sul suo stato di salute dopo 20 giorni di sciopero della, sul trasferimento al carcere di Chur, sulla sua attuale situazione di detenuto.

Che la sua e nostra lotta sia un esempio per tutti!

3 febbraio 2003
La condizione fisica di Marco è discreta, anche se le conseguenze dello sciopero della fame intrapreso in data 18/1/03 si fanno sentire. In tredici giorni (dal 18/1 al 30/1) Marco ha perso 5 Kg. Il suo peso attuale è di 55 kg. Marco intende proseguire lo sciopero della fame sino al 7/2, data in qui saranno passati 20 giorni dal suo inizio. Un'ulteriore estensione del periodo di sciopero della fame è subordinata alle condizioni di vita e al trattamento che gli saranno riservati nel carcere di Chur/Coira (Cantone dei Grigioni), dove dovrebbe essere stato trasferito proprio oggi (4/2/2003). Manuela ci comunica che Marco, nonostante visibilmente affaticato, le è parso tranquillo e felice per il calore e le energie profuse dai compagni e le compagne che sostengono la sua lotta in tutta Europa e in Sud America. Il nuovo trasferimento nel carcere di Chur, sulla cui struttura non circolano buone voci, ha gettato Marco nello sconforto. In primo luogo perché a Pfaffikon i rapporti umani erano decisamente migliori rispetto al clima e agli atteggiamenti nazisti subiti al Thorberg. In secondo luogo perché questo ennesimo trasferimento ripropone in maniera eclatante il problema del disinteresse delle autorità medico-carcerarie nei confronti del suo stato di salute.
Anche in un paese come l'Italia, che non brilla certo per la sua sensibilità verso il rispetto dei diritti umani dei prigionieri, un qualsiasi detenuto in sciopero della fame da più giorni non sarebbe stato sottoposto allo stress di un ennesimo trasferimento e avrebbe ricevuto maggiori attenzioni mediche. Complimenti alle autorità svizzere!
16 febbraio 2003
A Chur la situazione di Marco è decisamente migliorata, almeno rispetto alle precedenti esperienze carcerarie. Al momento le guardie hanno un atteggiamento meno sprezzante. Marco non è più in isolamento e, nei limiti del tempo a sua disposizione, può intrattenere rapporti di socializzazione con gli altri detenuti. Attualmente lavora 8 ore al giorno nel laboratorio del carcere. La settimana scorsa ha potuto effettuare colloquio con i familiari, finalmente senza vetri divisori. Sul fronte delle restrizioni della corrispondenza, permane la discrezionalità delle autorità, ma in questi giorni alcuni amici hanno ricevuto sue recenti lettere di risposta.

Per quanti volessero comunicare con Marco Camenisch, il suo attuale recapito è:

Marco Camenisch
Sennhofstrasse, 17
7000 Chur (CH)
Svizzera

Volantino (uno dei tanti) che hanno accompagnato le iniziative di solidarietà a Marco
LIBERTÀ PER MARCO CAMENISCH

Nel gennaio 1981, davanti al tribunale cantonale di Coira, Marco Camenisch legge una lunga dichiarazione. Ne riportiamo alcuni stralci:

"Se ora parlerò a lungo non è per giustificarmi o per chiedere clemenza. Vorrei soltanto chiarire il perché si è fatto qualcosa e perché bisogna fare qualcosa. Non voglio dimostrare che abbiamo agito in modo strategicamente corretto. Abbiamo risposto alla guerra del capitale in quanto vittime del capitale... Non siamo né egoisti né idealisti; siamo esseri umani critici e consapevoli, senza nessuna ambizione di assurgere al ruolo di martiri o di eroi. Per elencare tutti i delitti perpetrati dai veri criminali, i dittatori, i politici, i capitalisti e i loro servi, ci vorrebbero degli anni. Nel 1977 a una sessione delle organizzazioni non governative dell'ONU a Ginevra, è stato presentato il Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Siccome questo messaggio esprime molto bene sentimenti anche nostri ne cito alcuni passaggi: "... La cultura occidentale è stata atrocemente sfruttatrice e distruttrice per il mondo naturale. Più di 140 specie di uccelli e di animali furono totalmente distrutte, principalmente perché esse erano inutilizzabili agli occhi degli invasori. Le foreste furono livellate, le acque contaminate, il popolo nativo sottoposto a genocidio... Oggi la specie umana è posta di fronte alla questione della sopravvivenza della specie stessa. Il modo di vita conosciuto col nome di civiltà occidentale è su un cammino di morte sul quale la sua cultura non ha risposte vitali da dare".
È difficile non essere d'accordo. A meno che non si abbiano interessi economici da difendere; a meno che non si faccia parte di milioni di individui che, complici perché rassegnati e indifferenti, consumano quotidianamente con la propria misera vita sempre più merci e veleni, convinti che tutto ciò sia ormai inevitabile. Sono considerazioni che trovano le loro motivazioni nelle scelte di lotta di Marco, e che hanno comportato il prezzo durissimo della galera, anni e anni di galera, di violenza, di soprusi, di negazioni di rapporti affettivi e sociali, di attacco alla sua identità. Anni e anni durissimi, vissuti con grande dignità e dove la sua umanità, i valori, gli ideali non sono stati seppelliti dall'odio di quella struttura disumana e violenta che è il carcere. E una società che ne ha bisogno non può essere giusta. In una società un po' più giusta, la vita di migliaia e migliaia di uomini e donne che sopravvivono, e a volte spesso muoiono, nelle galere, sarebbe stata indubbiamente diversa. Avrebbe avuto sicuramente un destino diverso. Questa società invece li condanna tutti e tutte alla sua legale violenza, quella dell'isolamento, della deprivazione affettiva e sociale, dei pestaggi, dei trasferimenti da un carcere all'altro lontani dalla famiglia, delle perquisizioni umilianti, delle lettere sequestrate, dei colloqui di mezz'ora dopo migliaia di chilometri, dei colloqui rifiutati, dei colloqui con il vetro divisorio, della negazione ai malati terminali di AIDS di morire tra i propri cari, e a moltissime altre violenze ancora. Li condanna a tutto questo in nome delle sue ingiustizie sociali e della sua legale violenza, quella di Bhopal e di Seveso, di Chernobyl e di Hiroshima e Nagasaki, quella dei bombardamenti umanitari contro la Yugoslavia, l'Afganistan e l'lrak, quella del democratico occidentale massacro di un milione di bambini iracheni con l'embargo, quella degli omicidi sul lavoro, della manipolazione genetica, dell'inquinamento, dell'avvelenamento e delle migliaia di vittime, in grandissima parte bambini, che saltano sulle mine delle sue fabbriche di morte.
Condanna Marco all'isolamento totale e alla deprivazione, con cieca volontà di vendetta e di annientamento. Dopo i dieci anni di detenzione scontata in Italia, la sua estradizione, la dichiarazione alle autorità svizzere che di fatto escludeva come improponibile (per età, stato di salute e impegni sociali e affettivi) una sua ulteriore attività rivoluzionaria intesa come militanza, lo Stato svizzero lo condanna alla deprivazione della comunicazione, degli affetti, a un'ora d'aria al giorno all'alba, all'umiliazione quotidiana, sistematica e arbitraria, condotta con vigliacco sadismo dai suoi carcerieri, arrivando perfino alla infamità di negare a Marco le telefonate con i familiari, malgrado che sua madre, in età molto avanzata e malata, non sia in grado di affrontare i viaggi per i colloqui.
Questa è persecuzione e vendetta personale e politica della giudice Claudia Wiederkher: figlia del presidente della NOIK, la compagnia elettrica che Marco 23 anni fa aveva attaccato nel quadro della lotta militante di classe e antinucleare. Isolamento, persecuzione e montature giudiziarie che mirano crudelmente persino a soffocare di fatto una prospettiva di reinserimento sociale, annichilendo le aspettative di una vita diversa, possibile, intravedibile anche se non vicinissima: la fine della carcerazione, la possibilità di vivere pienamente e senza sbarre gli affetti con la moglie, la madre e il fratello.
Mercoledì 22 gennaio Marco è stato di nuovo trasferito al carcere di PfaffiKon, dove le condizioni di detenzione sono meno pesanti. Sta comunque continuando lo sciopero della fame contro la guerra e contro la repressione, l'annientamento fisico e dell'identità individuale di ogni prigioniero in qualsiasi carcere. Invitiamo a sostenere solidalmente la campagna che nell'ottica della liberazione di Marco, concretamente e nell'immediato pone i seguenti obbiettivi per una carcerazione meno dura:
- il trasferimento al carcere di Lugano, raggiungibile senza grossi problemi dall'anziana madre e dalla moglie;
- fine della censura e delle forti limitazioni della corrispondenza;
- colloqui con persone non strettamente familiari;
- ricusazione della magistrata Claudia Wiederkehr, ravvisando nel suo ruolo istituzionale la possibilità di influenzare negativamente l'esito del processo. Processo previsto a fine anno e che lo vede accusato dell'omicidio di un doganiere svizzero in Val Poschiavo, pochi chilometri dall'abitazione dei suoi familiari e dalla tomba del padre dove, sfortunatamente, si era recato in quel periodo di latitanza. La sua figura di latitante si è ben prestata come capro espiatorio per un caso di omicidio irrisolto costruendo su di lui un infame castello accusatorio che costituisce una pesante ipoteca per la sua libertà. Far cancellare questa montatura è oggi l'obiettivo prioritario di ogni iniziativa di solidarietà.
Libertà per Marco è libertà per tutti/e e lotta per una società liberata da profitto inquinamento e galere.

Individualità ribelli - Pietrasanta
Alpi in resistenza - Sondrio
29/01/2003

***

NO PASARAN!
Carcere di Messina
La lettera di Francesco Puglisi, uno dei compagni arrestati il 4 dicembre per ordine dei magistrati genovesi Canepa e Cianciani, è significativa su come i prigionieri vengono trattati nel caso rimangano isolati rispetto all'esterno. L'appello di Paolo Dorigo, affinché non passino due pesi e due misure - atteggiamenti spesse volte dovuti a leggerezza di valutazioni o dimenticanze involontarie - non può cadere nel vuoto. Forse non riuscirà sempre ad evitare che provocazioni e torture e pestaggi non si verifichino, ma in ogni caso saranno utili per non far sentire soli i compagni e le compagne caduti nelle mani dello Stato e dei suoi servi.

Dal giorno del mio arresto e portato qui, in 2 mesi è successo questo, durante l'isolamento di 10 giorni, al quale ho reagito con uno sciopero della fame e altri tipi di proteste. Ma non sono servite a nulla.
Il 23 Dicembre 2002, 5 guardie del carcere vengono a prendermi nella mia cella dove fino a quel momento malvolentieri stavo, e portato in una cella di punizione, arrivati dentro questa cella, mi hanno invitato a spogliarmi del tutto nudo, ma al mio rifiuto, sono stato preso e sbattuto sul muro con una certa forza (il giorno dopo ero pieno di lividi sulla spalla sinistra). Ma non è finita qui, uno di loro, esaltato, al grido ci penso io a questo coglione, che voi no global siete tutti pezzi di merda, sono stato preso a pugni, per quasi 4 ore sono rimasto nudo in quella cella. Mi sono sentito umiliato e solo.
Da due mesi non faccio colloquio con i miei familiari, mia madre è stata respinta per 2 volte, arrivata apposta da Catania con notevoli difficoltà economiche.
Avuta notizia che per la seconda volta mia madre non era stata fatta entrare, prima mi sono rifiutato di salire nella "mia" stanza per circa 30 minuti, e poi, con uno sciopero della fame durato 5 giorni finché non avevo ottenuto il nulla osta da Genova per questa settimana. LA LOTTA PAGA!!!
Sono stato successivamente minacciato da Ispettori corrotti, che con terzi mi minacciavano di farla finita, se no mi sarebbe finita male.
Vi pregherei di far sapere quello che qui accade. Adesso è arrivata anche una squadretta, pronta al pestaggio.
NO PASARAN

Francesco Puglisi
07/ 02/ 2003

Appello alle strutture di solidarietà di classe
Risultano due pesi e due misure anche nel "come" la "sinistra" affronta e gestisce la questione delle nuove montature contro il movimento antagonista e contro le giornate di lotta che si sono sviluppate a Genova nel luglio 2001 da parte di un nuovo movimento proletario di giovani e ribelli allo stato di cose esistenti. In un caso, quello di Francesco, compagno impegnato da anni nella solidarietà a noi prigionieri rivoluzionari, l'origine di classe sottoproletaria e la etichetta di "cattivo" appiccicatagli dai media al servizio degli inquisitori, sta costando, oltre la galera, pure un'assistenza difensiva scarsa ed insufficiente. La causa, al solito in questo genere di problemi (vero avvocatini che vi sbattevate un anno e mezzo fa?), è economica.
Il compagno ha bisogno di sostegno economico perché privo di adeguato sostegno familiare, e per la sua difesa legale.
Mi sto interessando per questo secondo aspetto. In entrambi i casi, scrivetegli e soprattutto mandategli contributi economici di solidarietà. In questo regime, ancora non è un reato, come invece in altri paesi europei (vedi Euskadi).
Questo appello è spedito a:

- Panetteria Occupata - Milano
- Centro sociale Transiti - Milano
- Gruppo di lavoro contro la repressione - Padova
- Spazio di documentazione - Cuneo
- Linearossa - Viareggio
- Rossoperaio - Taranto
- Su Gazetinu - Guasila/Nuoro

Paolo Dorigo
militante comunista prigioniero
8.1.03

Il recapito di Francesco è:
Francesco Puglisi
Via Consolare Valeria, 2
98100 MESSINA-Gazzi

Su perquise ed arresti
Mercoledì 4 dicembre
Su ordine della magistratura di Genova vengono perquisite a Milano due case occupate e un'abitazione privata. Tre compagni vengono prelevati e portati in questura, due di loro vengono arrestati con le accuse di devastazione, porto di materiale esplosivo e resistenza aggravata e trasferiti a Genova: Vincenzo al carcere di Marassi e Marina a Pontedecimo. La sera stessa un concentramento in piazza Fontana vede partecipi un centinaio di compagni di differenti realtà. Si trasforma in un breve corteo, che raggiunge piazza San Babila dove decide di mutare nuovamente in presidio a causa delle scarse forze abbinate agli improponibili percorsi imposti dagli sgherri della digos, volti noti certo... ricordo più fresco per alcuni, 4:15AM.
Giovedi 5 dicembre
Ieri si è tenuto a Genova un corteo in solidarietà agli arrestati. Il corteo, partito da piazza De Ferrari si è mosso tra i vicoli della città ed alcune strade principali, circondato da una iperattiva digos non è riuscito a raggiungere la prefettura cosi come ci si era proposti. Scioltosi il corteo, alcuni compagni dei due arrestati si sono spostati prima al carcere di Marassi e poi a quello di Pontedecimo per gridare la loro rabbia e la loro solidarietà. Marassi era pieno di luci e voci e da dentro erano molto ricettivi. Pontedecimo è rimasta silenziosa, anche a causa della posizione delle celle con cui è difficile comunicare senza mezzi di amplificazione, gli unici a dare "segni di vita" sono stati i vicini, svegliati dalle nostre urla.
Venerdì 6 dicembre
Questa mattina siamo andati davanti a quel lurido posto che è il lager di via Corelli, aspettando che rilasciassero Dave. Dave è un ragazzo statunitense di Sacramento, la notte delle perquisizioni era ospite alla Villa Occupata. Quella mattina tre "stranieri", due dalla Villa ed una ragazza sudamericana dalla casa Occupata di via Raimondi (quest'ultima rilasciata dalla questura con decreto di espulsione in tasca) sono stati portati in questura all'ufficio immigrazione. Dave è stato portato al CPT di via Corelli, dove rimane tuttora rinchiuso fino all'udienza prevista in base all'avviato ricorso da lui esposto dopo la decisione di espulsione del giudice.
Per i nostri compagni e per i prigionieri tutti, ai detenuti in lotta contro le condizioni di vita nelle carceri e ai rivoluzionari prigionieri, ai migranti rinchiusi nei lager di Stato...

Genova (aggiornamenti) "operazione 4 dicembre"
Il 4 dicembre 2002 i magistrati genovesi Canepa e Canciani danno il via ad una operazione terroristica per tutto lo stivale, rendendo pubblica una inchiesta per i "fatti" accaduti nella città durante il vertice dei G8. Perquisizioni, sequestro di un'infinità di materiale cartaceo, avvisi di garanzia ed arresti coinvolgono direttamente 24 persone di diversi luoghi.
Vengono arrestate 9 persone, di cui 5 restano in carcere: Carlo Cuccomarino, Alberto Funaro, Francesco Puglisi, Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi. A nulla servono le reiterate richieste di scarcerazione avanzate dagli avvocati della difesa, richieste respinte ora dall'uno ora dall'altro organo della magistratura con pretesti i più stupidi ed inopportuni che fanno pensare - e largamente intravedere - la volontà di vendetta degli organi inquirenti nei confronti di chi ha osato mettere in discussione non soltanto la politica - e la presenza a Genova - degli attuali dominatori del mondo, ma anche l'operazione di sterminio delle forze armate di stato che in quel luglio assassinarono Carlo Giuliani e massacrarono migliaia di manifestanti.
Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi fin dal primo interrogatorio hanno rivendicato la loro identità anarchica, la posizione conseguente di essere contro i G8 e la loro presenza a Genova durante il loro raduno, ma si son rifiutati vuoi di rispondere a domande concernenti altre persone, vuoi di avvalorare in qualche modo l'operato delle istituzioni repressive e giudiziarie.
Poco prima di chiudere questo numero del giornale apprendiamo le novità in merito ai cinque compagni.
Il 20 febbraio, il Tribunale del Riesame di Genova, costretto ad accogliere la nuova istanza degli avvocati di Marina, ha concesso alla compagna misura alternativa alla custodia cautelare in carcere, per cui da tale data si trova agli arresti domiciliari.
Inoltre, il 28 febbraio, Vincenzo è stato trasferito dal carcere di Marassi a quello di Albate. Comunica che sta bene.

Ecco pertanto i recapiti (aggiornati) dei compagni arrestati il 4 dicembre, ancora detenuti

Vincenzo Vecchi (nuovo recapito)
C.C. Via al Piano 11
22100 ALBATE (Como)

Francesco Puglisi
Via Consolare Valeria 2
98100 Messina - Gazzi

Alberto Funaro
C.C. Rebibbia - Via R. Maietti
00156 Roma

Carlo Cuccomarino
C.C. Vibo Valentia - Contrada Cocari 29
89900 Vibo Valentia

A Genova è attivo un Comitato di solidarietà che si sta occupando anche del sostegno agli ultimi arrestati. Riportiamo i suoi recapiti e chiarimenti per quanti volessero porsi in contattato, inviare soldi ecc.

Comitato Anarchico di Difesa e Solidarietà
Piazza Embriaci 5/13
16123 Genova
Tel.:+39.10.255.797 [Mer 18.30-23.30] Email: anarcos@ghostmail.net

Conto Corrente Postale n°37158185
intestato a: "Circolo culturale Biblioteca Libertaria F.Ferrer"
causale:
"Pro CADS" [genericamente a favore del Comitato]
"Pro CADS/detenuti" [Difesa Legale e supporto Diretto]

Il Comitato raccoglie fondi a favore dei compagni/e anarchici e libertari. Difende - nel limite del possibile - tutte le vittime della repressione post-G8 ma cura in primo luogo gli interessi di quei compagni/e che si rifanno al movimento anarchico e libertario e infine risponde solo ed esclusivamente dei fondi che esso amministra.

Per i magistrati "eroina" vuole restare in carcere
Le incredibili motivazioni con cui i magistrati hanno rifiutato ogni richiesta di scarcerazione, o di misure alternative alla permanenza in galera, per i 5 compagni ancora detenuti dopo l'atto repressivo del 4 dicembre
Il tribunale della libertà di Genova ha emesso oggi, mercoledì 18, altri tre provvedimenti sulle istanze di scarcerazione degli arrestati del 4 dicembre, inquisiti per devastazione e saccheggio e altri reati.
Sono stati scarcerati Carlo Arculeo e Antonio Valguarnera, palermitani di 25 e 21 anni, accusati tra l'altro di aver rubato i due motorini con i quali si muovevano in mezzo agli scontri: il primo passa dal carcere ai domiciliari, il secondo dai domiciliari all'obbligo di firma in commissariato.
La stessa decisione era stata presa martedì per Massimiliano Monai, il genovese indagato anche per piazza Alimonda e noto ormai in tutto il mondo come "l'uomo della trave".
Per tutti, sia pure confermando gli indizi, il tribunale ha considerato "attenuate" le esigenze cautelari, cioè la pericolosità e il rischio di reiterazione dei reati, con motivazione che fanno ben sperare anche per gli altri, ancora in attesa della decisione.
È invece sconcertante l'ordinanza su Marina Cugnaschi, l'anarchica milanese di 37 anni indicata dalla procura e dal gip come protagonista di otto episodi di devastazione ad opera del black bloc, tra i quali l'incendio al carcere di Marassi.
A parte la conferma degli indizi, che per la verità non sono stati neanche contestati dall'avvocato Mirko Mazzali che preferisce discuterli in altra sede, sono incredibili le motivazioni circa il pericolo di reiterazione dei reati.
Come nell'ordinanza d'arresto, all'indagata viene contestata in primo luogo l'appartenenza a gruppi anarchici e - cito testualmente - "l'esistenza di stretti legami con le frange più radicali e violente dei movimenti anarchici, note come 'insurrezionaliste', che si sono sviluppate a partire dal '99 con episodi delittuosi posti in essere nella città di Milano ma anche altrove nell'ambito di un movimento denominato Solidarietà internazionale che ha una struttura clandestina".
Cugnaschi ne fa parte?
Questo i giudici non lo scrivono, si limitano a dire che "appare solidale con".
E aggiungono che "Solidarietà internazionale svolge attività di propaganda nelle cosiddette "case occupate"" e che "l'indagata risulta essersi trasferita proprio quest'anno" in una casa occupata a Milano.
Scrivono poi che era "presente fra il pubblico del processo a Cadeddu Maria Grazia (condannata per l'attentato del '97 contro Palazzo Marino a Milano), a processi nei confronti di appartenenti all'area 'punk anarchica' a Torino e alle manifestazioni in favore del detenuto Camenish Marco" nonché a riunioni a Milano con un'ex brigatista semilibera.
L'unico precedente di polizia citato è per "radunata sediziosa", altri elementi di pericolosità "una fionda e un passamontagna nero" trovati durante una perquisizione. Ma il bello deve ancora venire.
I giudici scrivono infatti che Cugnaschi deve restare in galera perché ha esercitato la nota facoltà di non rispondere al gip e non si è presentata (come ha diritto di fare) all'udienza del riesame, dimostrando così - a loro dire - che la sostituzione del carcere con gli arresti domiciliari non le interessa nemmeno, nonostante l'avvocato Mazzali l'abbia chiesta.
Cito ancora dall'ordinanza: "L'inserimento dei fatti nel preoccupante contesto ideologico descritto, la circostanza che l'indagata si sia avvalsa della facoltà di non rispondere davanti al gip, peraltro formalizzando in tale sede la sua residenza e dimora stabile in immobili abusivamente occupati, e non abbia voluto presenziare all'odierna udienza, né abbia fatto pervenire personalmente una istanza di arresti domiciliari, lascia emergere seri dubbi sulla circostanza se - allo stato - la Cugnaschi voglia effettivamente essere soggetta a tale misura, che implica un riconoscimento dell'autorità giudiziaria e del suo agire, estraneo parrebbe al suo vissuto fino al suo recentissimo arresto. Non appare concretamente certo né che la donna accetterebbe il provvedimento di sostituzione, né tanto meno che spontaneamente vi si adeguasse (tra l'altro facendo scemare la propria immagine di eroina/prigioniera politica agli occhi del proprio gruppo, immagine chiaramente emergente dalle ricognizioni delle scritte a lei inneggianti apposte a Genova nel corso dell'ultima recentissima manifestazione", quella cioè di sabato 14 dicembre.
Siamo all'assurdo.
L'esercizio di diritti processuali come quello di non rispondere ai giudici è motivo di conferma della pericolosità e dunque dell'arresto in carcere.
L'avvocato Mazzali ha detto all'agenzia Ansa: "Quando mi hanno letto l'ordinanza ho pensato che i miei colleghi stessero scherzando. È incredibile infatti che i giudici sostengano che la Cugnaschi voglia rimanere in carcere per fare l'eroina".*

*Il documento è stato tratto da internet

Marina agli arresti domiciliari
dal 20 febbraio
Ieri 20 febbraio 2003 i magistrati genovesi hanno deciso di concedere i domiciliari a Marina, compagna anarchica arrestata il 4 dicembre scorso nell'ambito delle inchieste sulle giornate di rivolta genovesi in cui vennero contestati e attaccati i G8, il capitale e alcune delle sue sedi. A 2 mesi dall'arresto cadono le motivazioni della necessità di custodia cautelare in carcere ...
Nel frattempo i magistrati, le forze dell'ordine e la stampa hanno cercato di "spremere" i compagni, schiacciandoli nella morsa di pesanti accuse (devastazione! ... ma il T.A.V. è devastazione, i tralicci e i ripetitori lo sono, le petroliere e le guerre dei padroni, il cemento e le fabbriche ... il carcere è devastazione!!!) e il tentativo di creare il vuoto intorno a loro.
Ma hanno ricevuto picche! Perché la solidarietà ai compagni è arrivata, calorosa e allargata, con o senza l'amplificazione degli odiati mass-media! Certo non da tutti, ovviamente! ... ma ... avevamo dubbi?! Dicevamo: non da tutti, ma da molti.
A Milano, per il corteo spontaneo del 4 dicembre, sono stati denunciati dei compagni per "organizzazione di una manifestazione non autorizzata" e per aver "offeso" quegl'infami servi dello Stato che sono le Forze dell'Ordine. Questa è l'ennesima riprova della criminalizzazione della solidarietà da parte del Potere che vede in essa un potenziale "luogo d'incontro e di unione" per gli sfruttati. Lo abbiamo visto da sempre. E di recente lo abbiamo letto negli atti del processo contro gli anarchici a Roma (il cui appello, tra l'altro, si è concluso con 3 egastoli ed una condanna a 15 anni per il cosiddetto gruppo romano, e 6 anni ad Alfredo Bonanno!); lo abbiamo letto nelle motivazioni del rifiuto della scarcerazione per Vince e Marina (... avevano, tra l'altro, presenziato ad alcuni processi e manifestazioni di solidarietà); lo si capisce dalle perquisizioni a Bergamo di alcuni giorni fa ...
Lor Signori confermano questa nostra convinzione: La solidarietà è un'arma!
E allora
Solidarietà a Francesco Puglisi (rinchiuso nel carcere di Messina-Gazzi) e a Carlo Cuccomarino (nel carcere di Vibo Valentia)! Solidarietà a Vince, Marina, Alberto!
Solidarietà ai detenuti in Svezia per i fatti di Goteborg in sciopero della fame!
Solidarietà a quelli che la romana inquisizione ha voluto trattenere tra le sue squallide grinfie; a quanti non si sono fatti intimidire dalla repressione ed hanno dimostrato il loro appoggio agli insorti ed ai detenuti nelle patrie galere!
No al 41bis, al fies, alle celle di tipo f, alle fosse! No ai c.t.p., alle espulsioni; no alle leggi della fortezza Europa volute dalle elite politiche di sinistra e accettate dalle masse grazie ai contenuti della propaganda di destra!
Fuoco ai distruttori! Fuoco alle carceri! Liberi tutti!

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A Bergamo, il 7 febbraio
11 PERQUISE

All'alba del 7 febbraio, a Bergamo, la DIGOS locale, ha eseguito una serie di perquisizioni ai danni di 11 compagni bergamaschi, che non hanno dato alcun risultato significativo.
Le perquisizioni sono scaturite in merito all'attentato avvenuto nella notte tra il 29 ed il 30 gennaio scorsi ad un ripetitore RAI sito sul colle della Maresana, nel comune di Ponteranica alle spalle della città.
L'imponente azione delle forze dell'ordine era mirata ufficialmente alla ricerca di agende contenenti indirizzi e altro materiale generico. Sono stati sequestrati: un volantino distribuito pubblicamente sull'arresto dei compagni per la vicenda del luglio 2001 a Genova, una tanica ed una bottiglia contenente petrolio rettificato utilizzato da un compagno per la sua attività di teatrante di strada e fotocopiate alcune agende.
La modalità e la tempistica di tali perquisizioni ci fanno trarre alcune considerazioni che hanno una loro pertinenza.
Innanzitutto le forze dell'ordine locali hanno agito (brancolando nel buio) su pressioni esterne. I potentati locali attraverso la stampa, docilmente asservita alla loro bisogna, hanno nei giorni scorsi spinto prepotentemente alla costruzione di un percorso di criminalizzazione totale delle espressioni anarchiche che vi sono in città, rimarcando e cercando di collegare forzatamente ogni fatto, ogni azione politica ed ogni iniziativa che negli ultimi mesi è stata condotta a Bergamo, nel non malcelato tentativo di arrivare alla criminalizzazione totale dell'agire anarchico, politico e sociale.
La scelta dei compagni perquisiti non appare casuale. L'essere anarchico o libertario o aver recentemente frequentato compagni della nostra area, sembra sia il comune denominatore. Alcuni compagni fanno riferimento al Circolo Freccianera, altri non più, ma lo hanno assiduamente frequentato in passato, e qualcuno ha avuto la "colpa" di partecipare ad iniziative politiche, come manifestazione antimilitarista di La Spezia, il presidio per Camenisch a Milano, la manifestazione antifascista a Crema. Il tentativo che comunque appare maggiormente evidente e preoccupante è quello di cercare di creare ad ogni costo un clima in città che riporti ad un'emergenza terrorismo, "ecoterrorismo" per rimanere al passo con i tempi, che possa in qualche modo giustificare futuri e più incisivi interventi ai danni dell'area anarchico libertaria. Analizzando attentamente le stesse informazioni che compaiono sulla stampa si può notere che a livello nazionale vi è in atto lo stesso tentativo che stiamo vedendo attuato qui in città.
L'assurda campagna "ecoterrorista", abilmente montata dai media e suggerita da importanti settori della magistratura, pare mirare esclusivamente ad una totale criminalizzazione del movimento anarchico, con lo scopo di trovare l'alibi giuridico per procedere poi con tutta una serie di reati associativi che permetteranno la messa al bando e l'arresto, senza riscontri oggettivi, di un'area politico sociale che potrebbe avere delle potenzialità di lotta e di radicalizzazione sul territorio. All'interno dell'attuale crisi (dopo il riassorbimento istituzionale delle espressione più belle e significative del movimento antiglobalizzatore) il sistema di potere economico e sociale ha l'impellente bisogno di creare un'antagonista facilmente attaccabile (e non difendibile da parte dei vecchi politicanti della sinistra) da dare in pasto al popolo affamato di falsa sicurezza ed incantato dai media addomesticati.
Ci sentiamo di ribattere alle accuse di stampa e televisione che tendono a descrivere come terrorismo atti di sabotaggio miranti a colpire i templi di questa moderna religione, che sullo sviluppo insensato applica una politica di accumulamento del capitale e del potere.
Gli anarchici, i libertari, coloro che hanno a cuore il risollevamento di questa Terra devono fare il punto per riuscire a rispondere compatti ed uniti all'abbozzato tentativo in atto da parte delle forze del controllo sociale, rispondere con analisi chiare e con forme politicamente ineccepibili.
Esprimere solidarietà ai compagni rinchiusi e torturati nelle carceri, lottare per la libertà di pensiero, contro la guerra, la distruzione del pianeta e delle nostre vite non dev'essere interpretato come un atto criminale o terroristico.
Lottare per la libertà è un atto doveroso

Circolo Freccia Nera
Collettivo Liberazione Animale
FAI Bergamo

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Su di una Interrogazione Parlamentare
di M. Lucia Mesina e Rita Piga
In data 7 ottobre 2002, è stata presentata un Interrogazione parlamentare da Russo Spena e Mascia riguardo la situazione carceraria in Italia, dove vengono riportati i nomi di alcuni detenuti che stanno subendo violenze, con la negazione del diritto alla salute, all'interno di varie strutture.
Nello specifico vengono menzionati:
- Diego della Libera, detenuto presso l'istituto penitenziario di Secondigliano a Napoli: affetto da ischemia cardiaca, avrebbe in corso una protesta pacifica dal 28 giugno 2002, consistente nello sciopero della fame e nella rinuncia della terapia;
- Francesco Catgiu (Sirbone) attualmente detenuto presso la sezione infermeria del Carcere di Sulmona [trasferito nel frattempo a Spoleto, n.d.r.], secondo quanto attestato dalla perizia di parte non deambulerebbe autonomamente e sarebbe altresì affetto da evidenti disturbi claustrofobici. Nel carcere di Sulmona gli sarebbe impedita l'apertura del blindato della cella e l'uso della carrozzella. La stessa direttrice di Sulmona, in un'intervista rilasciata al settimanale "Io Donna" del 15-11-97, avrebbe sostenuto che "I trattamenti risocializzanti sono boiate e che gli unici detenuti simpatici incontrati sono quelli con le palle".
- Emanuele Calfapietra attualmente detenuto a Secondigliano, verserebbe in condizioni estremamente gravi, costretto sulla sedia a rotelle a seguito di un tumore progressivo che gli renderebbe difficile l'uso delle mani.
- Salvatore Ercolano, sottoposto da 10 anni consecutivi a regime di cui all'art. 41bis, secondo comma dell'ordinamento penitenziario, così mettendo a grave rischio la sua condizione psico-fisica e configurando un'ipotesi di vero e proprio trattamento inumano.
- Raffaele D'Agostino, in data 4 agosto 2002, a seguito di una sua protesta per le condizioni di detenzione nel carcere di Reggio Calabria, di cui è stata fatta menzione sul quotidiano L'Unità, sarebbe stato trasferito prima a Vibo Valentia e poi a Roma a Rebibbia, dove gli sarebbe stato applicato il regime di cui all'art. 41bis secondo comma dell'ordinamento penitenziario.
- Gianluca Frani costretto da anni sulla sedia a rotelle il 4 agosto 2002 è stato trovato impiccato nella sua cella della Casa Circondariale di Bari.
Riportiamo il contenuto di questa Interrogazione Parlamentare evidenziando il linguaggio usato (verbi al condizionale, per es.) e le richieste di due parlamentari che in sintesi sono:
- conoscere i parametri che hanno portato a ritenere aumentata la capienza tollerabile delle carceri italiane di ben 11mila posti letto;
- conoscere misure e provvedimenti che lo stato intende adottare per assicurare il definitivo passaggio di competenze della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario nazionale;
- conoscere i provvedimenti che lo stato intende adottare per garantire il diritto alla salute dei sig. D. Della Libera, F. Catgiu, E. Calfapietro;
- conoscere i provvedimenti che lo stato intende intraprendere per migliorare le condizioni igienico-sanitarie dell'istituto di Caltanissetta;
- conoscere le ragioni di politica criminale che richiedono l'applicazione del duro regime di cui all'art. 41bis, nei confronti di S. Ercolano e R. D'Agostino;
- infine sapere quale sia lo stato dell'inchiesta amministrativa e se sia stata avviata l'inchiesta penale riguardante la morte per presunto suicidio di G. Frani.

A parte il fatto che la realtà della condizione di questi detenuti (di tutti i detenuti) è evidente e non fittizia, a parte che G. Frani è evidentemente morto impiccato, a parte tutto ciò, noi come redattrici de "Su Gazetinu" appoggiamo e sosteniamo le lotte di rivendicazione dei detenuti, non per assicurargli l'intervento salvifico dello Stato (che è colui che oltre ad averli privati della libertà, li tiene sotto sequestro in condizioni disumane) ma per fare in modo che ogni singola lotta per la dignità o per il cibo, o per qualsiasi altra cosa, degeneri in uno stato di rivolta permanente, di continua tensione sì per il miglioramento delle condizioni carcerarie ma soprattutto perché la condizione stessa di detenuto - prigioniero - chiuso a chiave venga a mancare del tutto.

M. Lucia Mesina e Rita Piga

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Iniziativa a Milano contro il carcere ed il 41 bis
SABATO 14 DICEMBRE ALLE ORE 15 PRESSO LA SALA DELL'USI, VIA BLIGNY 2 (SCALA SINISTRA), MILANO

Ci hanno abituati a sopportare la prepotenza dell'autorità e dei suoi uomini; ad avere vergogna dei nsotri amici e parenti imprigionati; a subire il ricatto delle istituzioni che li tengono sequestrati; ad essere trattati, anche noi, liberi, con disprezzo, senza rispetto dai secondini che per il solo fatto di d'indossare la divisa del mestiere più infame del mondo (quello di guardiano di uomini in catene) ritengono di poter fare di noi e dei nostri cari ciò che vogliono.
Noi riteniamo che sia ora di farla finita con tali prepotenze!
Ma per farla finita dobbiamo rompere l'isolamento a cui ci hanno costretto, dobbiamo unirci e organizzare la nostra forza, socializzare i problemi di ciascun detenuto, amico e familiare affinché si trovino le ragioni di un agire assieme contro la prepotenza spesse volte assassina delle autorità carcerarie, secondini, direttori e Magistrati di Sorveglianza.
Se le condizioni di detenzione sono diversificate per ciascun detenuto, i problemi relativi alla prigionia sono gli stessi per tutti.
In questi giorni il governo si prepara ad approvare in via definitiva l'articolo 41bis che colpirà, oltre i detenuti per reati "di mafia", anche i rivoluzionari (in carcere da più di 20 anni) che mai si sono pentiti o dissociati e che, coerentemente, si mantengono sulle posizioni per le quali sono finiti in carcere.
Sempre in questi giorni sono riprese le proteste dei detenuti al fine di ottenere alcune migliorie, un indulto generalizzato, la fine dell'art. 41bis e dell'ergastolo.
Noi non riteniamo di provare vergogna per essere ex detenuti, parenti ed amici di prigionieri, riteniamo che sia vergognoso sostenere ed alimentare una società che produce direttamente e indirettamente degli esclusi dal godimento della vita, quindi dei necessari "delinquenti" o "terroristi" che lo Stato intende spersonalizzare oppure rinchiudere in galera allo scopo di isolarli dal corpo sociale e criminalizzarli.
L'unico vero crimine è quello di coloro che producono, gestiscono ed impongono un sistema sociale che crea privilegio e miseria, padroni e servi.
È proprio per affrontare queste tematiche e per approntare insieme una possibile lotta contro il 41bis, a fianco di tutti i prigionieri che vi invitiamo a questo incontro pubblico.

Amici e familiari contro il carcere e la repressione

PER CONTATTI:

Panetteria occupata, Via Conte Rosso 20,
Milano
rossoconte@hotmail.com

Villa occupata
Via Littamodignani 66, Milano
villaria@hotmail.com

Rivoluzione
Piazza Toselli 3, 35138 Padova
rivoluz@libero.it

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Buoncammino: ennesima perquisa a Federico Pais per reati associativi
Federico ci comunica che il 12 febbraio ha subito un'altra perquisizione, dietro mandato di uno dei magistrati Cagliaritani del pool "antiter-rorismo" diretto da Mario Marchetti, per reati associativi. Sotto sequestro in pratica quasi tutti gli incartamenti e la corrispondenza in suo possesso, mentre l'indirizzario dei suoi corrispondenti è stato fotocopiato e restituito. Al momento, ad eccezione appunto di quanto appare sul mandato di perquisizione in relazione a reato associativo, non è in possesso neppure lui di ulteriori notizie. Tantomeno sappiamo se è stato emesso nei suoi confronti anche avviso di garanzia o ci si fermi al momento alla perquisa. Quanti corrispondevano con Federico ne tengano conto e magari gli facciano pervenire lettere e cartoline per confermare gli attuali indirizzi.

Galera di Buoncammino
Educatori?
Sono in molti ad essere convinti che la scarcerazione dei prigionieri per motivi terapeutici o per i vari affidamenti al lavoro previsti dalla "legge Simeone", così come i "permessi premio" siano concessi a discrezione esclusiva del Magistrato di sorveglianza di turno.
Così non è. Infatti, attorno a questo losco personaggio ne ruotano altri/e ben più loschi e losche proprio perché non tutti/e sanno il compito che svolgono all'interno delle galere al soldo delle varie procure. Così ecco comparire personaggi come psicologi, psichiatri, assistenti sociali e, per ultimi (non per importanza, in questo tema che andiamo affrontando) gli educatori. Questi ultimi hanno un ruolo assai fondamentale nella scarcerazione dei detenuti, essendo coloro che stilano le cosiddette "sintesi", le quali consisterebbero, in parole povere, nei pareri personali accompagnati dalle relazioni dei secondini: se "socializza" o meno; se ha preso rapporti disciplinari, ecc.
Insomma i parametri con i quali l'educatore chiude la sintesi, in negativo o in positivo che sia, variano a seconda dell' "operatore" o "operatrice" in questione. Per farla breve fanno, sulla libertà dei prigionieri o sul farli incontrare con i loro affetti al di fuori di queste mura, il bello ed il cattivo tempo e non vi è nessuna norma, nessun "binario" che questi devono seguire.
Ma nel carcere di Buoncammino vi è un educatore (?) un po' particolare che supera di gran lunga l'infamia del suo stesso operare. Costui è un ex-carabiniere gran giustizialista e molto solerte nel non concedere nessuno dei benefici che di norma dovrebbero spettare ai reclusi. Così, tarda nello stilare le sintesi per far uscire in permesso o usufruire dei benefici di legge quanti più prigionieri possibile; non pago, naturalmente con chi se lo può permettere, insulta e sfida coloro che hanno la sfortuna d'averci a che fare, in modo poi da compromettere la sintesi qualora vi sia una reazione ... Insomma, da solerte cane da guardia continua a fare ciò che faceva prima: lo sbirro.
Per carità, con questo non vogliamo certo menar vanto agli altri educatori ed educatrici, ma mai si permetterebbero di assumere certi atteggiamenti. È chiaro che qui si ha a che fare con un frustrato ed è facile intuire i motivi per cui ha lasciato "la fedelissima". Per codardia. Già, qua perlomeno è protetto. Con coloro che aumentano questa struttura, certe angherie se le può permettere. Figurarsi: è stato più volte richiamato dal tribunale di Sorveglianza e di recente è passata una petizione per chiederne l'allontanamento.
Gli altri "operatori" del ramo, stilano sintesi senza averti mai visto in faccia ... Ci chiediamo, al di là delle posizioni e dei punti di vista: è appropriato il termine "educatore"?
Noi pensiamo proprio di no.

Cagliari, carcere Buoncammino (Kena 'e die - senza data)
Riccardo Piras
Federico Pais

Servizi igienico-sanitari?
Dunque il 27 di luglio, dopo aver scontato dieci giorni di isolamento a causa di una dermatite e di scabbia, l'una e l'altra causate dalle scorse condizioni igieniche delle docce e delle altre strutture ad uso comunitario, ritorno nella "mia" cella con un certificato medico che autorizzava due docce giornaliere.
All'ora consentita per le docce chiedevo all'appuntato di turno, mostrandogli il certificato medico, di poter fare la doccia. Questi mi rispondeva che "non era ora di docce". Dopo un po' di casino, sono intervenuti altri di questi custodi di carne umana che con arroganza e prepotenza, consentite dalla divisa che portano e dall'imparità del rapporto di forza, continuavano ad insistere che doccia non me ne facevano fare.
Così, una volta andati via questi vermi, ho fatto scoppiare diverse bombolette di gas e cercato d'incendiare il "blindo" (che in realtà è di legno...). Ed ecco arrivare pronta la "squadretta", in compagnia di un fedele cane da guardia graduato, con estintore al seguito. Beh! il fuoco è stato spento... e guarda caso mi hanno fatto fare pure la doccia.
Ciò sta a dimostrare che con la lotta, con l'autodeterminazione, senza lacrimevoli "richiestine" si può ottenere ciò che ci spetta, in quanto prigionieri...
E questo sia d'esempio agli altri...
È chiaro che la loro intenzione di non concedermi ciò che mi spettava fa parte di quell'annientamento psicologico insito nella bestia carceraria. Mai arrendersi!
Infine, un'altra considerazione: le condizioni igieniche di questa struttura di morte non sono di competenza dell'apparato sanitario? Come mai nelle galere non si rispettano quelle norme igieniche che regolamentano le altre strutture collettive come scuole, alberghi, asili?
La risposta è scontata...
Ah! dimenticavo: per aver fatto valere le mie ragioni ho preso un rapporto disciplinare... ancora isolamento.

un caro saluto
Giuliano Pois

In seguito a tale fatto Giuliano è stato sottoposto ad isolamento punitivo e poco di poi trasferito alla colonia penale di Isili. Siamo ben lieti di manifestargli la nostra solidarietà ed augurargli libertà immediata.

I compagni e le compagne della redazione

Una sola entrata un'unica uscita, per tutti
Il 13 giugno, tramite lo scrivano, consegno alla matricola per effettuare delle fotocopie, un documento a firma "Sos fizos de Kamo", redatto da alcuni prigionieri comunisti sardi. Solitamente la consegna delle fotocopie avviene nell'arco di circa 3-4 giorni, ma stavolta ciò non avviene. Più o meno dopo una settimana, un mio compagno di cella viene chiamato in matricola per il ritiro di un orologio e così ho colto l'occasione per sollecitare i cani da guardia e chiedere spiegazioni di così tanto ritardo. Mi hanno mandato a dire: "Di' a Pais di aspettare".
Dopo circa due settimane, esattamente il 26 giugno, vengo chiamato nell'ufficio comando dove mi aspettavano due solerti "mastini" della Digos per rendermi il materiale cartaceo sequestratomi nella perquisa del 26 aprile con cui, sotto la regia del P.M. De Siervo della procura di Roma, cercavano materiale inerente all'attentato al Viminale, attacco compiuto il 26 febbraio, data in cui ero prigioniero da oltre un anno.
Dal momento che l'ufficio comando è sito nella stessa struttura ove si trova la matricola, ne approfitto per chiedere spiegazioni in merito al documento di cui sopra. Mi vien detto che lo scrivano non aveva mai consegnato quel materiale ... pertanto di rivolgermi altrove.
Ho capito subito che era un vile tentativo per mettermi contro il lavorante, prigioniero anch'esso, il quale appena saputo quanto mi era stato detto si precipitò all'ufficio comando. Di ritorno mi disse che il comandante Lepori mi mandava a dire che quel documento era stato mandato in visione all'autorità giudiziaria e quindi sequestrato ... (notate come neppure un quarto d'ora prima non mi disse di persona quanto mi a aveva mandato a dire).
Iniziò così una "battaglia" per ottenere il verbale di sequestro e ciò perché so che qualora i custodi di uomini effettuano un sequestro, deve durare al massimo 48 ora salvo che il magistrato di turno (in questo caso Marchetti o chi per lui) non ne disponga il sequestro vero e proprio. Comunque il verbale dev'essere consegnato all'atto del sequestro.
Il direttore Pala, lavandosene le mani (" ... Ero in ferie ... " ) mi disse che "teoricamente ho ragione", frase il cui significato mi è ancora dubbio. Se, come sostiene chi dirige questa struttura di morte, "teoricamente ho ragione", come mai non salta fuori questo verbale di sequestro?
La confisca, così com'è avvenuta, cioè arbitraria, non ha alcun valore in sede legale e ciò che più mi stupisce è che dal momento che la mia corrispondenza in entrata ed in uscita viene controllata, falsata e non di raro non consegnata, potevano benissimo, se proprio ritenevano interessante quel documento, fotocopiarselo e la cosa si chiudeva lì. Il tutto mi fa presumere che oltre alle tante inchieste ufficiali in corso ve ne siano delle altre gestite da chissà chi, e ove non si bada ad illegalismi Questo è quello che penso in merito.
Ma la cosa non finisce qui.
Dopo oltre un mese di "diverbi" sul fatto in questione, sabato 17 agosto faccio un casino in sezione ed interviene un brigadiere a cui espongo le mie ragioni. Si allontana, prende nota e poco dopo vengo chiamato in un ufficio dove vi erano due ispettori con in mano un librone con su scritto "detenuti [o sorvegliati] speciali". Questi mi dicono che se il direttore aveva disposto così, essi non potevano farci niente. Uno di questi miseri, a mo' di sfotto, mi disse che per lui ero un detenuto qualsiasi e che, dopotutto, lì c'ero venuto da solo. A questo punto ho perso le staffe ed ho fatto presente a quei vermi in divisa che non riconoscevo né la legge che ha codificato la mia condanna, né la corte che me l'ha inflitta e che come anarchico non riconoscevo il "privilegio" di alcuni uomini, mercenari al soldo dello Stato, di disporre sulle vite e sulla libertà di altri uomini; e rispetto al fatto che qui vi sarei giunto da solo, ho ricordato ad entrambi che mi ci avevano portato, ammanettato e con la forza, dei vili cani da guardia. Sono stato sbattuto fuori dall'ufficio mentre i due miseri mi minacciavano un rapporto.
Alcuni giorni dopo, ed esattamente martedì 20 agosto, durante l'ora d'aria mattutina, vengo chiamato da un brigadiere (visibilmente sbronzo) che aveva in mano una sola fotocopia del documento "sequestratomi"; naturalmente l'ho rifiutato dicendogli che le fotocopie dovevano essere due più il verbale di sequestro con le date esatte. Al mio rifiuto mi fa presente che ero addirittura obbligato a firmare come rifiutavo la copia e ... finalmente l'ho mandato là da dove probabilmente era venuto.
Tutt'oggi, alla fine di agosto, non so ancora nulla del seguito.
Mi fa sorridere la non consapevolezza di questi miseri custodi di uomini che ancora non si rendono conto che son fatti di carne ed ossa proprio come noi, e che come noi hanno degli affetti, una famiglia, una casa. L'arroganza che mostrano qua dentro, fuori da queste mura si trasforma in rigida anonimità, scartati da metà delle loro parentele a causa del merdoso lavoro che svolgono, e costretti ai margini della vita sociale nei paesi in cui vivono. E sono tutti delle vicinanze di Cagliari: Assemini, Senorbì, Pimentel, Sinnai, Elmas, Flumini di Quartu, Quartu, ecc. E la galera di Buoncammino ha un'unica entrata, che è anche l'unica uscita.
A buon intenditore ...
"La guerra sociale non ha occhi né cuore"

Carcere di Buoncammino, Kastedhu, fine agosto 2002
Federico Pais

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Sentenza emessa al processo romano
Ai primi di febbraio è stata emessa la sentenza al processo di 2° grado promosso dall'ormai famigerato Antonio Marini.
Anche in appello la volontà genocida del magistrato affetto da manie tutorie onnipotenti dell'ordine imposto dallo Stato che lo paga lautamente, non ha sortito tutti gli effetti che desiderava; ciononostante la sentenza della giustizia di Stato non poteva coprire di ridicolo il magistrato, e pur raffazzonando dati tra loro scollegati e quindi sostenendo almeno in parte le molteplici montature messe in piedi in quasi un decennio ormai, la corte è pervenuta a emettere una sentenza vergognosa e pesantissima a carico di diversi compagni e compagne.
Ecco le condanne:
- È stata riconosciuta l'accusa di banda armata, 306 cp, e associazione sovversiva, 270 cp, per reati commessi fino al 1991 a: Francesco Porcu, Orlando Campo, Gregorian Garagin, Rose Ann Scrocco e Angela Maria Lo Vecchio
- Orlando Campo, pertanto è stato condannato a 10 anni (primo grado: 5 anni);
- Rose Ann Scrocco, condannata a 30 anni più 15 (primo grado: 30 anni più 10)
- Angela Maria Lo Vecchio, condannata a 15 anni con la revoca della libertà vigilata (primo grado: 12 anni);
- Francesco Porcu, condannato all' ergastolo più isolamento diurno per 18 mesi (stessa condanna del primo grado);
- Gregorian Garagin, condannato a 30 anni più 9 anni (primo grado: 30 anni più 6 anni unificati alla pena complessiva);
- Alfredo Maria Bonanno, condannato a 6 anni più 2000 euro (primo grado: 3 anni e 6 mesi).
Assolti gli altri compagni.

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La pagina internazionale

Grecia: Arrestata Eva Tziutzia
L'8 gennaio è stata arrestata a Conitza (Grecia) la compagna anarchica Eva Tziutzia. La polizia greca ha agito per conto dell'Interpol italiana che le ha fornito notizie del tutto false. In particolare, da quanto ha potuto apprendere la difesa, la polizia italiana avrebbe indicato Eva come ricercata per traffico illegale d'armi, in merito alla famigerata "cantina" scoperta dalle forze dell'ordine nel 1991, a Roma in V.le Colombo. Da notizie certe, la polizia greca null'altro al momento addebita alla nostra compagna. Il 17 febbraio gli sono stati negati gli arresti domiciliari e la prima udienza del processo a suo carico si terrà, in Grecia, il prossimo 4 aprile.
Per quanti volessero scriverle il recapito è:
Eva Tziutzia
Prison of Coridallos
Athena (Grecia)
* Eva capisce anche l'italiano e lo scrive.

Spagna: arrestati 5 compagni
Il 21 febbraio vengono arrestati nello stato spagnolo 5 compagni anarchici: 4 in Catalogna ed 1 in Almerìa. Di quest'ultimo al momento non si sa in quale carcere sia stato rinchiuso. Tre dei compagni catalani sono stati messi in libertà uno perché minorenne all'epoca dei fatti, e due dietro pagamento di cauzione (3.000 e 12.000 euro). Fernando (Nando) non potrà essere invece scarcerato perché secondo l'accusa del giudice Garzòn, sarebbe colui che ha "istruito" gli altri per compiere i delitti di cui li si accusa. Tutti sono dentro infatti per collaborazione o partecipazione a banda armata, pur se la "banda" non pare sia stata al momento specificata neppure ai difensori. I quattro compagni catalani sono stati sottoposti a pestaggi e tortura (elettrodi, busta di plastica in testa fino all'asfissia e chissà cos'altro ancora). Al momento di andare in stampa non disponiamo di ulteriori notizie. Il recapito di Nando è il seguente:
Fernando Sirera Infante
- Modulo 8 - C.P. Madrid V (Soto del Real)
Ctra Comarcal 611 - Apdo 200
28791 Soto del Real-Madrid (España)
Il compagno di Almerida pare che (contrariamente a tutti gli altri) non sia stato rinchiuso nel carcere di Madrid. È certo che ci sono altri compagni inquisiti, fra i quali due giovani italiani, accusati di un fatto specifico avvenuto nel 2001 a Barcellona.
"I compagni e gli amici dei detenuti stanno facendo il possibile per raccogliere i soldi per le cauzioni. Dopo quest'attacco possiamo fare molte cose: continuare nelle nostre dinamiche autistiche, nel nostro discorso superficial-ideologico, che non ha alcun senso quando usciamo fuori dalle quattro mura del nostro locale-gruppo-organizzazione. O possiamo immergerci nella realtà sociale e dotarci dei mezzi necessari (analitici, organizzativi e metodologici...) per intervenire in maniera rivoluzionaria". Così scrivono "Individualidades Anarquistas" che stanno dando notizie in merito. In accordo con compagni anarchici spagnoli sta per essere avviata una raccolta internazionale di fondi per sostenere Nando e per affrontare le spese legali. A breve verrà diffuso un comunicato in merito.
Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere a:
Stefano Fosco
casella postale 67
66010 Ari (Chieti)

Cipro: l'arresto di George Karakasian
Il 4 settembre il compagno anarchico George Karakasian è stato condannato dalla corte suprema di Nicosia a sette mesi di carcere per aver picchiato uno sbirro alla manifestazione all'esterno dell'ambasciata israeliana, nell'occasione delle celebrazioni dell'anniversario della nascita dello Stato di Israele, il 18/04/02.
È stato anche multato di 120 sterline per "possesso di materiale esplosivo", un vecchio proiettile trovato durante la perquisizione a casa sua dopo la manifestazione.
Dinanzi alla corte Gorge ha dichiarato che non intendeva scusarsi, che non si riteneva colpevole delle sue azioni perché lo sbirro è un servo dell'autorità e del sionismo ed ha dichiarato che non intendeva chiedere clemenza alla corte.
Non ha menzionato il fatto di essere stato duramente picchiato dopo l'arresto per farsi medicare le ferite e che il giorno dopo le sue cartelle cliniche erano scomparse dai registri dell'ospedale.
Il giudice ha affermato che Gorge sostiene "un'ideologia violenta", che i reati commessi sono molto gravi e che non poteva fare altro che trattenerlo in carcere.
Questa è la prima volta che un anarchico viene processato sull'isola ed è questo il vero motivo per cui il giudice ha deciso di trattenerlo agli arresti.
Noi non abbiamo dubbi su chi siano i veri criminali: i giudici come Michael Papamikael che distribuisce anni di prigione come se niente fosse; i cani da guardia del capitale come quelli alla manifestazione che hanno scatenato la loro violenza psicotica su coloro che erano presenti per esprimere il loro disgusto e la loro indignazione contro quella vergognosa festa di morte; tutti quelli che sono coinvolti nella costruzione e nella gestione delle prigioni; i media che distorcono la realtà fornendo opinioni prefabbricate per mantenere la passività e la rassegnazione; i soldati che obbediscono all'ordine e massacrano uomini e donne indifese e bambini.
La lista è infinita.
Il più bel momento è quando lo scontro con tutto ciò che ci opprimono è il nostro modo di esprimere la nostra passione per l'uguaglianza e la solidarietà. Questa passione non può essere distrutta.
Il fuoco dell'insurrezione passerà attraverso le sbarre delle prigioni e dei tribunali. Perché non possono rinchiudere un uomo libero in una cella. Anche il più disumano potere dell'autorità non basta a cancellare quello che abbiamo dentro di noi.
Non possono schiacciare ciò per cui combattiamo, ciò che ci spinge e per cui noi spingiamo, tutti: la rivoluzione sociale, momento in cui la libera espressione della natura umana non sarà più solo un concetto astratto, ma prenderà vita dalla stessa passione che ci infiamma per combattere.

Libertà per Gorge Karakasian
Distruggere tutte le prigioni
I compagni del gruppo anarchico di Cipro

Volantino dei compagni di Cipro, per i turisti dell'isola, sull'arresto di George
Benvenuti a Cipro!
Prima di iniziare le vostre vacanze sulle spiagge di questa bellissima isola vi invitiamo a leggere quanto segue:
Lo Stato di Cipro, che si definisce democratico, cerca in ogni modo di contrastare e prevenire qualunque tipo di lotta sociale e il fatto di criticare lo Stato stesso.
In questo momento, il compagno anarchico George Karakasian viene tenuto in ostaggio nelle mani di questo Stato dal 27/08/2002. L'unico reato commesso da questo compagno è stato contestare non solo l'esistenza dello Stato, ma anche la sua logica di passività, la schiavitù del salario o la "reclusione" all'interno dei bisogni artificiali richiesti per la sopravvivenza non solo dello Stato cipriota, ma di ogni altro Stato e dell'autorità in generale.
Lo scorso aprile, un periodo contrassegnato dal continuo e massiccio massacro da parte degli assassini sionisti, George Karakasian non è rimasto passivo. Ignorando lo stile di vita che vuole la gente rinchiusa in un personale "punto morto" in cui essere giudicati dalla cosiddetta "giustizia borghese", ma poiché noi vogliamo mostrare lo schifo, l'ipocrisia e ogni altra cosa rappresenti la "giustizia", la dolce parola che hanno sempre sulla bocca.
Così per distruggere le illusioni che le leggi contribuiscono ad incoraggiare: Accusa 1: violenza contro un pubblico ufficiale: se l'afferrare simbolicamente il cappello di uno sbirro (mostrando l'odioso ruolo della polizia) che più tardi ha parlato di fronte alle telecamere può essere definita "grave violenza fisica", allora come dobbiamo definire la cattura del compagno da parte di questi sbirri, trascinato a forza dentro l'ambasciata di Israele e picchiato su tutto il corpo da cinque di questi che urlavano "affanculo la tua anarchia". Gli hanno anche procurato ferite sugli orecchi strappandogli gli orecchini. La portata delle ferite era tale che è stato portato in ospedale.
La procedura democratica non ha interrotto tutto ciò. Il giorno dopo, quando George Karakasian è tornato all'ospedale per avere la sua cartella clinica, era misteriosamente scomparsa.
Abbiamo già chiarito che non abbiamo presentato denunce contro di loro. Il comportamento dignitoso tenuto dal nostro compagno in aula (cosa vista per la prima volta a Cipro) e il fatto che non ha chiesto clemenza mostra chiaramente quale sia il feeling degli anarchici nei confronti della cosiddetta "giustizia borghese".
Noi come compagni dell'anarchico George Karakasian ci sentiamo certamente tristi per il fatto che sia stato imprigionato dall'odioso Stato di Cipro, ma allo stesso tempo abbiamo la gioia di sapere che il nostro compagno è rimasto fermo sulle sue posizioni e conosciamo la portata che avrà il suo atteggiamento in futuro sul movimento rivoluzionario dell'isola e nelle lotte in generale.
La nostra solidarietà fino al giorno del processo (4/09/2002, ma continuerà anche dopo), avrà le dimensioni che ha già avuto, affinché tutti coloro che esprimono la miseria del potere capiscano che l'attacco che hanno iniziato contro gli anarchici e tutti coloro che lottano non rimarrà senza risposta.

Libertà per il compagno anarchico George Karakasian
Solidarietà all'anarchico Sotiri Marango processato per lo stesso reato il 19/09/2002.

Gruppo anarchico di Cipro
Per contatti: exegersi2002@yahoo.com

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Sequestro Melis, sentenza di 2° grado: tutti assolti
Poco prima di natale dello scorso anno è stata emessa la sentenza della Corte d'Appello di Cagliari per il sequestro di Silvia Melis.
Abbiamo ampiamente documentato, in numeri precedenti di Su Gazetinu, come si pervenne agli arresti e come si mise in piedi il processo.
Sequestro "strano", questo della Melis, sia per come la sequestrata affermò che si svolse, sia per i personaggi che vi ruotarono attorno (dalla buonanima di Lombardini a Grauso ad altre personalità di tutto rilievo), sia per come sarebbe avvenuta la "liberazione" dell'ostaggio, sia infine per il modo in cui gli inquirenti raffazzolarono i pochi indizi che in anni di indagini son riusciti a mettere in piedi.
Eppure la sentenza di Primo Grado fu a dir poco sconcertante, la sola "prova" messa in campo essendo le dichiarazioni di una ragazza con problemi evidenti, e che in ambito processuale vennero da lei ritrattate perché, per sua stessa ammissione di fronte ai giudici, quelle dichiarazioni vennero fatte solo per la gran paura che suscitarono in lei gli inquirenti.
Così, una donna anziana di Orgosolo, tzia Grazia Marine, suo figlio Antonio (Totoni) Marini e Pasqualino (Paskale) Rubanu, non solo finirono in carcere e vi rimasero per anni, ma vennero condannati rispettivamente a 25 anni e 6 mesi, 30 e 26 anni di galera.
La Corte d'Assise di Cagliari ha assolto tutti, finalmente, e l'anziana donna, unitamente al figlio ed all'altro orgolese, il 21 dicembre scorso hanno potuto lasciare Buoncammino.
Non possiamo che gioire profondamente per la loro libertà e oggi quanto e più di ieri siamo al loro fianco.
Ma non possiamo affatto definire questi procedimenti "giusti", né slegare il primo dal secondo processo.
Come può essere definito giustizia un meccanismo che prevede arresti, galere per anni, torture inaudite, isolamenti, patimenti, immani sacrifici finanziari il tutto per soddisfare la coreografia farsesca di processi in cui l'imputato è soltanto lo strumento di cui si alimentano ingranaggi e prassi e tecniche che vorrebbero rinchiudere l'esistenza entro carte bollate?
Chi mai ridarà in gioie e sorrisi e divertimenti gli anni di galera imposti a tzia Grassia, a Totoni e Paskale?
Ecco, la gioia della riacquistata libertà non potrà mai far dimenticare l'ingiustizia de "sa justissia"!

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Anche Nando è in libertà
Apprendiamo, quando ormai stiamo per andare in macchina, che il compagno Nando, di Barcellona, ha anch'egli ottenuto la libertà dietro cauzione di 12 mila euro.
Arrestato assieme ad altri compagni il 21 febbraio, e tenuto in galera fino al 10 di questo mese col pretesto, pare, di essere il "capo" della "banda armata" in grado di dare ordini ed istruzioni operative ai coimputati, Nando è l'ultimo dei 5 di questa che si evidenzia come l'ennesima trappola intimidatoria della magistratura spagnola, che non riesce a venire a capo dell'infinita attività di sostegno ai prigionieri FIES in lotta, e della miriade di attacchi che quotidianamente vengono inferti allo Stato-capitale.
Un saluto a Nando e gli altri compagni

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Comunicato editoriale

Sono usciti, per conto delle Editziones Arkiviu-Bibrioteka "T. Serra" i seguenti titoli:

Collana "I Refrattari":

1 - Dal Processo agli anarchici di Lione all'attentato di C. Gallo alla Borsa di Parigi, 2^ edizione, 160 p., € 5,16
4.3 - C. Duval, Memorie autobiografiche, Terzo Volume, 288 p., € 6,20
4.4 - C. Duval, Memorie autobiografiche, Quarto (e ultimo) Volume, 240 p., € 6,20
5 - B. Thomas, La banda Bonnot, 2^ edizione, 240 p., € 6,20

Altri titoli:

Un "Copain", Ricordi su Jules Bonnot e il suo gruppo, 112 p., € 5,00

È ancora disponibile, tra gli altri titoli:

C. Cavalleri, Dalla lotta contro le galere all'assalto del capitale-Stato postindustriale: La prospettiva insurrezionalista della lotta dentro e fuori la prigione, 82 p., € 2,58

Le richieste vanno avanzate mezzo del bollettino di ccp n. 15936099, intestato a Costantino Cavalleri, Via M. Melas n. 24 - 09040 GUASILA (CA).
È necessario specificare la causale del versamento nell'apposito spazio.

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Nonsoloversi
Valeria Muledda, Chiodi, editziones Arkiviu-Bibrioteka "T. Serra", marzo 2003, 32 p., 4 Euro per sostegno a Su Gazetinu.
Una sorta di Introduzione-presentazione dell'opuscolo che ne vuole mettere in risalto la profondità del contenuto, la sua ricchezza, la sensibilità che traspare da un ritmo ed un linguaggio che trascinano il lettore attento a penetrare nella vita quotidiana, propria ed altrui, ed esaminarla da una prospettiva critica che ne mette a nudo le miserie. Ma che riesce a trovare anche, nelle cose e momenti solo apparentemente insignificanti, la forza e la gioia che ci riempiono la vita.

Forse è vero che l'anima del poeta riesce a penetrare nell'intimità delle cose, nella più remota realtà degli avvenimenti. Così che coglie l'essenza degli enti e delle relazioni nella spontaneità stessa del loro manifestarsi. Forse è proprio questa sensibilità che permette all'animo poetico di esprimere in poche parole quanto il linguaggio comune non riesce ad esplicare in molteplici pagine, se non proprio in diversi volumi.
Se così è per davvero, allora Valeria è poeta. Delle più profonde e sensibili.
Non vi è parola, nei suoi scritti, che non concentri in modo magico una infinità di descrizioni, sentimenti, relazioni, colti in quel preciso frangente del loro presentarsi reale, mai cristallizzati nei momenti deformanti del nostro pretendere un universo a senso unico, oggettivati in res private del flusso esistenziale dell'ignoto inafferrabile alle sole mani della ragione.
Eccola allora penetrare nel quotidiano della vita, trasformata nelle moltitudini in mera esistenza circoscritta ad un fare che soffoca ed imprigiona in un angoscioso tran-tran le pulsioni castrate di enti spenti e smunti dalla nullità che riproducono.
Sperimenta Lucia la sua attitudine al salto mortale.
Sale le scale.
Scende dalle nuvole.
Si butta tra i banchi del mercato. E voci e budella al bar.
...
Corri. La teglia. La radio. I fiori. La lavatrice.
Le mutandine nuove te le puoi mettere alle 14.33 tra lo sport e "Ciao amiconi"
Ed eccola ancora a dar vita ad un chiodo, o a una chitarra, per i più cose morte, res, ma che nella relazione profonda che instaurano con la vita risultano invece animate da profonde sensazioni che incutono ora nostalgia, ora gioia, ora tristezza; ora illusioni ... forse, ma pur sempre valide per non ridurre noi stessi a res.
La chitarra
mi ha ucciso
una domenica mattina
di nascosto da tutti.
Ha simulato il mio suicidio
si è strappata di dosso
tutte le corde
Ed infine eccola, Valeria, sentire e sentirsi la sua terra, che non tocca con i piedi a causa della distanza mediterranea che le separa, ma di cui è perennemente toccata nel cuore, tanto da sentire
... le montagne avvisare i pastori
che le divise stanno tornando per mietere dolore.
Forse, in una sensibilità così profonda si concentrano i dolori del mondo disumano che siamo costretti ad abitare, ma anche la rabbia di quanti dicono di no ad una esistenza che espropria la vita.
Ed allora eccola, Valeria, arrivare
Sino alla finestra della palazzina davanti
a sussurrare rivolta
sciolta in aria con simboli speciali.

C. Cavalleri

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In sostegno di Su Gazetinu
Per sostenere il nostro giornale e continuare ad inviarlo gratuitamente ai prigionieri i compagni dei gruppi musicali "Kenze Neke", "Keret Korria" e del gruppo estemporaneo di Guido Coradhu hanno fatto donazione di alcuni loro loro lavori, gli ultimi permettendoci la riproduzione del bellissimo loro CD.
Le tre opere sono disponibili al costo di 7,50 euro ciascuna, postali incluse.

Kenze Neke / Liberos Rispettatos Uguales. In cassetta audio.
Contiene i seguenti brani: LATO A - Liberos; Pantanu; 'Entula; Happ'olatu / LATO B - Gridu de vitoria; Pratobello; Mira; Muru 'e preta; Black Panther.
Di tutti i brani l'allegato pieghevole riproduce sia la versione in sardo che la traduzione in italiano.
Keret Korria / Radio sardegna. In CD audio.
Contiene i seguenti brani: Guvernu de rapina; Basta; Yankee go home; Radio Rahim; Attaccu a sa vida; Palenque; Allerta guerriglia; Fottuta bustina; Sa truffa de su rock'n roll; Maskamente sa Sardinna; Sa notte apache; 1979 Nicaragua sandinista; Siniscola paranoica.
Dei testi in sardo, e di quello in castigliano vengono date anche le versioni in italiano, nell'allegato opuscolo.
Treulas. In CD audio.
Guido Coradhu: pianoforte; Giovanni Murgia: batteria e percussioni; Riccardo Zucca: basso.
"Queste musiche nascono dalla nostra tensione di sardi, urbani contemporanei verso la cultura tradizionale isolana. Non con intento filologico, anzi. Abbiamo avuto l'intenzione di ricercare una modalità espressiva che avesse oggi sigificato per noi, convinti che una una cultura è viva finché è in grado, modificando se stessa, di soddisfare le esigenze di trasformazione delle persone che la elaborano".
Contiene i seguenti brani: Cannonau; Andende a cazza; Pensamentos; Dillu; Anninnia; S'emigranti; Mariedha et s'abba; Cumpangiu de tassa; Rantantina; Attitidu; Ballos; Duos sunt sos coros; Passu torrau; Transumanza.

Magliette pro Su Gazetinu
Ivo, Roberto e Michela hanno realizzato delle magliette antimilitariste, di ottima qualità, a quattro colori, la cui diffusione ha permesso, unitamente ad altri contributi (Costa e Michela) di dare alle stampe due altre magliette.
La prima, con la scritta "S'unika pessona ki 'intrat in parlamentu kin intentzionis onestas" (L'unica persona che entra in parlamento con oneste intenzioni), riproduce la macchietta di un Anarkik che tiene in mano una bomba la cui corta miccia accesa;
la seconda porta la scritta "Su sardu est una linba... su sardu" (Il sardo è una lingua... il sardo) riproduce una brutta faccia da cui fuoriesce una lingua dalla forma della Sardegna.
Le due magliette, in cotone di ottima qualità, vengono diffuse al prezzo di 6 Euro ciascuna (+ 1 Euro per costi di spedizione).

Versi ed altro pro Su Gazetinu
È in corso di stampa il testo Chiodi, di Valeria Muledda, per le Editziones de su Arkiviu-Bibrioteka "T. Serra". L'opuscolo, 32 pag. in edizione grafica veramente curata, viene posto in diffusione al costo di 4 Euro (postali incluse).

Cassette, CD , magliette ed opuscolo si possono richiedere all'amministrazione di Su Gazetinu, specificandolo nella causale del bollettino di ccp. Si inviano solo per pagamenti anticipati.
Ricordiamo ai lettori che i costi maggiori sostenuti per mantenere in vita il nostro periodico sono quelli relativi all'invio (in pratica quasi un Euro per singola copia spedita, eccetto che per i diffusori di oltre cinque copie). A queste condizioni la vita di Su Gazetinu è possibile soltanto con il continuo contributo e sostegno finanziario di tutti coloro che lo ritengono un valido strumento nella lotta contro le galere, fermo restando che ai detenuti vorremmo continuare ad inviarlo gratuitamente. Invitiamo pertanto a rinnovare l'abbonamento, a sottoscriverne di nuovi, a diffondere il periodico. Invitiamo i diffusori che ancora non lo hanno fatto al pagamento delle copie diffuse ed eventualmente a precisare il quantitativo di cui necessitano.

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Resoconto entrate per il 2002
2.01 - R. Sanna, Guasila (£ 30.000) € 15,49; 12.01 - a m/Mauro, dif. Orgosolo (£ 160.000) € 82,63; 13.01 - Ivo, Santadi (£. 50.00) € 25,82; 21.01 - S. Fosco (£ 50.000) € 25,82; 25.01 - Rita, Nuoro, diffusione € 20,00; 25.01 - C. Coccone, diffusione € 15,00; 31.01 - Olbia, diffusione (£ 12.000) € 6,20; 2.02 - diffusione € 48,55; 4.02 - C. Serra, pro fondo detenuti € 90,00; 6.02 - D. Uccheddu, pag. copie € 4,00; 7.02 - Ivo, Santadi, sottoscr. € 10,00; 9.02 - C. Gozzoli, abbon. € 15,49; 23.02 - F. Sicari, abbon. € 20,00; 3.04 - diffusione Nuoro (Ivano ecc.) € 50; 9.04 - S. Signore, pagam. copie € 23,20; 20.04 - D. Uccheddu, pagam. copie, € 5,00; 27.04 - biblioteca L'Idea, pagam. copie € 9,87; 30.04 - S. Signore, pagam. copie € 16,00; 11.05 E. Lomo, sottoscrizione € 60,00; 15.05 - G. Marchetti, abbon. € 20,00; 18.05 - M. Secci/P. Verdelli sottoscrizione € 10,00; 30.06 - diffusione a Siniscola € 9,20 + 2 copie CD "Treulas" pro gazetinu € 10,00; 30.06 R. Arcieri, da diffusione CD Treulas pro gazetinu € 95,00; 24.07 - S. Signore, diffus. dossier Catgiu € 10,00; 31.07 - R. Arcieri/Michela ricavato diffusione magliette pro gazetinu € 150,00; 1.08 - E. Masitti, pagam. copie € 18,00; 19.08 - G. Pizzi € 10; 19.08 - G. Martignoni € 5,00; 20.08 diffusione una audiocassetta dei Kenze Neke pro gazetinu € 5,00; 1.09 - Ivo, Santadi pagam copie € 5,00; 6.10 diff. una audiocassetta Kenze Neke pro gaz. € 7,50; 7.10 - R. Fiorin € 4,00; 8.10 - P. Paladino, in francobolli € 4,51; 10.10 - F. Sgarbul pagam. copie € 15,00; 13.10 diffusione una maglietta pro Gazet. € 11,00; 14.11 - G. Campana, abbonam. € 15,00; 28.11 - A. Budini, pag. copie diffusione € 55,90; 28.11 - diffusione alla libreria Calusca € 17,00.

Totale entrate per complessivi Euro 1.020,18.

Nota importante
È possibile che dall'elenco di cui sopra manchino dei contributi datoci durante viaggi o altro che, trasformati in francobolli, sono stati utilizzati per le spedizioni avvenute finora parte a Guasila, parte a Nuoro,
senza che siano stati in qualche maniera registrati.
Invitiamo pertanto i compagni a segnalarci eventuali manchevolezze dovute ala difficoltà che incontriamo nell'allargamento
della redazione da Guasila a Nuoro, che in ogni caso pensiamo di risolvere al più presto (dopo varie tentate "soluzioni" sperimentali).

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Come prima più di prima
Riproduciamo nella colonna a fianco, la pagina relativa al mese in corso, del calendario realizzato da quattro detenuti di Badh''e karros, che ce lo hanno gentilmente inviato, unitamente alla lettera che l'accompagna.
Come sempre, però, molte delle iniziative autonome dei prigionieri, quelle che riescono a concretizzare ben al di là delle bestiali condizioni in cui vorrebbero ridurli direzione e carcerieri, scatenano la gelosia di chi comanda.
Per cui, puntuale come la morte arriva l'ordine della direzione carceraria di smantellare la sala computer e di mettere sotto sequestro il personal di Carmelo Musumeci, per altro indispensabile al nostro amico per proseguire gli studi universitari in Giurisprudenza.
E poi che la colpa non è, manco a dirlo, della instabilità della direzione carceraria!
Come fa un direttore provvisorio a permettere che quattro detenuti realizzino un bellissimo calendario, senza che gli si rompano le scatole? Com'è possibile che 4 galeotti, senza chiedere la pietà del direttore, dei secondini, del prete, dell'assistente sociale, del psicologo, del sociologo, del psichiatra, dell'associazione umanitaria di turno ... si permettono di realizzare qualcosa di veramente loro?
Sarebbe inaudito!
Ed allora giù la mannaia del potere assassino.
Ma non vi è solo un calendario a Badh''e karros galera.
Anche un altro ve n'è realizzato da ben altra "zenìa": è quello che ha realizzato la Cisl territoriale dei lavoratori pubblici, cioè i secondini non solo della galera nuorese ma, appunto, di tutto il territorio circostante.
Si lamenta, in siffatto calendario, che ovviamente si pone in concorrenza con quello dei detenuti, la precarietà dei direttori. Come se vi sia la necessità di capi per garantire non dico la vita dignitosa ma quel minimo di umanità che dovrebbe sgorgare spontaneamente da ogni essere umano. Ma evidentemente, nel caso nostro, non si tratta che di bestie.
E poi dicono che la triplice, Cisl inclusa quindi, non abbia di che lamentarsi...

Gent. Red. de "Su Gazetinu"
Noi detenuti il più delle volte abbiamo le mani legate, i nostri movimenti sono lenti e goffi, in compenso abbiamo una gran voglia di parlare, di fare, di esprimerci, di instaurare relazioni che ci permettano di uscire fuori da una condizione di abulia che per cause di forza maggiore ci vuole costretti.
Siamo 4 detenuti del carcere di Nuoro che per ammazzare il tempo, prima che il tempo ammazzi noi, abbiamo realizzato questo calendario, di cui vi facciamo dono, con le sole nostre forze, per dimostrare che siamo vivi e che si può scontare la pena in modo costruttivo e positivo, se solo qualcuno ci ascoltasse e ci desse una mano.
N.B.: ovviamente siamo consapevoli che le immagini del nostro calendario non possono competere con gli altri calendari esterni delle varie attrici, veline e letterine.
Cordiali Saluti
Carmelo Musumeci
Salvatore Sechi
Giovanni Mocci
Antonino Faro

Su Gazetinu de sa luta kontras a sas presones;
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