La mattina del 14 maggio 1999 a Milano avviene una tentata rapina ai danni
di un furgone portavalori, a seguito del quale si sviluppa un conflitto
a fuoco fra rapinatori e forze dell'ordine.
Resterà ferito
mortalmente l'agente di polizia Vincenzo Raiola, prestante servizio su
una delle volanti intervenute sul luogo.
Passata alla cronaca
come "la rapina di via Imbonati", è l'ultima di una serie di rapine
avvenute a Milano,il cui inizio (stando alle ricostruzioni degli
inquirenti) risale al luglio 1997.
A detta degli stessi
investigatori non furono rinvenute sul luogo tracce utili
all'individuazione dei colpevoli, fino a che, poche ore dopo, la
conversazione di due pregiudicati (da tempo sottoposti a
controllo tramite microspie e apparati G.P.S. sulle autovetture) da la
svolta alle indagini. Non appena essi apprendono la notizia della
tentata rapina dai mezzi d'informazione, si prodigano in sciorinati
oracoli per tentare di capire chi fossero gli autori. Dalle
trascrizioni delle intercettazioni si evince chiaramente che tali
soggetti non sono assolutamente a conoscenza dei fatti, tant'è che con
stupore commentano i particolari della vicenda che i cronisti dei vari
radiogiornali si prodigano a raccontare, ipotizzando chi potrebbero
essere gli autori del fatto.Vengono fatti dei nomi.... tal "Francesco",
tal "Sebastiano", tal " Fabio", tal "Nicola"......
Proprio da
questa conversazione prende corpo l'ipotesi degli inquirenti che i due
pregiudicati fossero a conoscenza o addirittura facessero parte del
"gruppo"che ha commesso il fatto, e che in quell'occasione non avessero
partecipato per varie ragioni. Questo è fondamentalmente il teorema
centrale dell'"indagine".
Si giunge al 25 luglio 1999, giorno
in cui avverranno una serie di arresti (tra cui il sottoscritto).
Per
meglio comprendere il "modus operandi" degli "investigatori" torniamo
agli eventi del 14 maggio 1999. Durante il conflitto a fuoco i
rapinatori esplosero circa 230 colpi con fucili d'assalto Kalasnikov
che utilizzano il calibro 7,62 x 39 soviet; le forze di polizia
esplosero per l'esattezza 10 colpi con le armi d'ordinanza (Beretta
M.12 mitraglietta e Beretta 92 SB pistola semiautomatica), calibri
entrambi 9 mm parabellum ossia 9 x 19 ( 9 mm NATO).
L'agente
di polizia rimasto ferito fu prontamente trasportato all'Ospedale
Niguarda di Milano, e fu sottoposto a T.A.C. preoperatoria per vedere
la natura del trauma ed estrarre il proiettile. Almeno da parte dei
medici curanti l'iter fu eseguito come il protocollo richiede, il
professor Viola eseguì l'operazione di estrazione del proiettile dal
cranio ed in seguito redattò la cartella clinica del paziente apponendo
in calce la seguente frase: "la lesione presente nel cranio dell'agente
Raiola è da attribuire ad un proiettile di pistola". Indubbiamente il
medico chirurgo non è uno specialista in balistica, ma crediamo che
durante la sua decennale esperienza abbia spesso avuto a cha fare con
lesioni causate da proiettili. E qui hanno fornito giochi di questo tipo come applicazioni e giochi online friv, che sono giocati su dispositivi e gadget, come laptop, telefoni cellulari e altri. Molti di questi friv giochi possono essere trovati su vari siti Web e alcuni di essi sono gratuiti.
C'è da sottolineare che
sebbene a riguardo nulla di ufficiale ci sia, immediatamente dopo la
rapina le armi in dotazione agli agenti che presero parte al conflitto
a fuoco vennero sequestrate e sottoposte ad analisi balistica per
stabilire da chi e da quale arma sia partito il colpo quasi mortale, in
quanto la morte avvenne dieci giorni dopo il ferimento. I periti
balistici della scientifica si resero conto immediatamente da quale
arma partì il colpo..... e di conseguenza chi lo esplose.
Il
proiettile fu rinvenuto nel cranio del ferito e dopo l'estrazione fu
consegnato dai medici del Niguarda al
presidio di polizia dell'ospedale stesso (di questo ci sono documenti
agli atti).
Da questo punto della vicenda in avanti avvengono
i fatti inquietanti, sporchi, miserabili e che inoltre costituiscono
illeciti penalmente perseguibili.
Resosi conto che a causarne
il ferimento mortale non furono i rapinatori bensì gli stessi
colleghi dell'agente Raiola, l'allora questore di Milano
Finazzo, il capo della Procura della Repubblica di Milano S. Monelli,
funzionari della squadra mobile tra cui il commissario J. M.
Falcicchia, il P.M a cui fu affidata l'inchiesta Lucilla
Tontodonati, senza tralasciare l'allora Ministro degli Interni
Iervolino si accordarono per sostenere la tesi che il ferimento era da
attribuire ai rapinatori, ma per fare ciò era indispensabile e
necessario commettere un falso, un imbroglio! Come? Semplicemente
facendo sparire il vero corpo del reato ossia il proiettile, ben
visibile nelle lastre della T.A.C. come
un 9 mm. Parabellum,
e sostituendolo con un nucleo di proiettile calibro 7,62 x 39 soviet di
Kalasnikov in uso ai rapinatori. Si trattava appunto non del proiettile
integro come fuoriesce dall'arma dopo lo sparo, ma bensì del nucleo
interno del proiettile (ogiva) ovviamente ben più piccolo di diametro
che non il 7,62 x 39 soviet integro. Furono "costretti" ad acquisire
solo il nucleo in quanto tra i vari reperti rinvenuti sul selciato
stradale adiacente al luogo della rapina non vi erano proiettili
rimasti interi ma.... tutti frantumati, sostenendo il ritrovamento dei
soli nuclei in acciaio in quanto i proiettili si sarebbero "scamiciati"
(lo scamiciamento consiste nella frantumazione della parte esterna del
proiettile).
Ma non solo...... secondo la prassi tale
reperto sarebbe dovuto essere conservato tra gli elementi probatori
come corpo di reato e portato in tribunale. Invece fu tenuto nascosto
fino al giorno precedente la sentenza di primo grado e dopo che tutte
le difese degli imputati chiesero con molta insistenza di visionare il
reperto, fu portato in aula il giorno dopo da alcuni
poliziotti (interni all'indagine). Non fu preso comunque in
considerazione dal P.M. che sostenne di non sapere nulla di ciò e di
dolersene molto. Anche il presidente Luigi Martino non diede importanza
alla cosa, fu addirittura negata anche la possibilità di ascoltare la
testimonianza del chirurgo che effettuò materialmente l'estrazione del
proiettile e che stilò il referto medico, ritenendolo come al
solito ininfluente. Era più che evidente che l'unico scopo era
condannare all'ergastolo gli imputati e chiudere quanto prima il caso.
In
secondo grado riuscimmo a far periziare il falso corpo del reato
(nucleo del proiettile di Kalasnikov), ma si riuscì solo ad accertare
la natura del "tondino d'acciaio",mentre ciò che le nostre difese
richiedevano era di poterlo comparare con la tac preoperatoria, così da
stabilirne la compatibilità o meno con l'oggetto mostrato nelle
radiografie. Ebbene, ci negarono anche questa possibilità! E la
condanna all'ergastolo fu riconfermata.
La difesa del mio
coimputato Mazzeo riuscì, dopo il secondo grado e prima della
discussione in Cassazione, ad entrare in possesso della T.A.C.,
pertanto fece periziare da due consulenti il reperto a sequestro
confrontandolo con quanto la T.A.C. stessa mostra. Le perizie sono
sotto i vostri occhi ed è pleonastico evidenziare quali tipologie di
reato si delineano (dal dolo commesso in atti pubblici, al
falso ideologico e altro ancora) ..... rasentiamo la beffa! Tutto è
stato ed è un susseguirsi di ignobili falsi, il P.M., e chi con lui,
hanno pagato i periti del tribunale, (il radiologo Garbagna e il
balistico Benedetti), per affermare il falso nella prima perizia, tanto
che lo stesso mio coimputato Mazzeo li ha denunciati e conseguentemente
l' incidente probatorio è stato spostato al Tribunale di Brescia (per
competenza territoriale). Infatti, il Procuratore Generale di Brescia
ha iscritto e ravvisato il dolo derivante dal falso affermato dai
periti nominati dal P.M. Tontodonati. Purtroppo giudice non mangia
giudice...... così il G.I.P. di Brescia ha rispedito tutto il fascicolo
al G.I.P. di Milano Paolo Ielo, il quale ha messo sotto chiave la
vergognosa vicenda.
Dopo l'esito favorevole e il responso di
non compatibilità fra il reperto a sequestro e ciò che è visibile nella
T.A.C., il mio coimputato Mazzeo inoltrò una denuncia contro ignoti
(eufemisticamente parlando) nel tentativo di accertare i fatti e far
emergere la verità. Più di due anni di battaglie verbali e perizie, e
un nutrito carteggio tra lui e i vari Uffici della Magistratura, a
nulla sono valsi per cambiare la situazione, neppure l'insistenza e le
ingiurie che i magistrati hanno dovuto subire. Eppure il Mazzeo per
questo non è mai stato denunciato perché i solerti giudici implicati
nella vicenda non hanno nessuna intenzione di rischiare la riapertura
del caso. Parte del carteggio è allegato alle perizie e si può
osservare come il Mazzeo non si sia mai tirato indietro dall'accusarli
di falso, di costruzione di prove false, dell'aver compiuto nefandezze
sin dalla mattina del 14 maggio 1999 fino ad oggi!
L'impeto
mediatico forcaiolo subito dopo l'arresto degli imputati (ci davano per
assassini certi) si accanì in maniera inaudita su di noi, per mesi
martellarono ossessivamente sui criminali che commisero la rapina di
via Imbonati e, come se non bastasse, enfatizzando sul fatto che tre
delle persone implicate nei fatti avevano fatto parte, negli anni '80,
di formazioni armate di sinistra, per cui si ipotizzava (tra le altre
stupidaggini) di un possibile riaffioramento di frange eversive tramite
appunto un eclatante azione di autofinanziamento.
L'atteggiamento
dei giudici implicati in questa trama delinquenziale si rese ancor più
evidente dopo che il sottoscritto fece pervenire al Guardasigilli
Clemente Mastella, al Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano e,
per conoscenza, al P.M. Lucilla Tontodonati, una missiva
chiarificatrice dei fatti oltremodo stigmatizzante le varie nefandezze
compiute da questa banda di criminali che include, oltre ai già citati
personaggi,anche il collegio giudicante della Corte d'Assise di Appello
di Milano, e il presidente della 1° Sezione Penale di Cassazione Mario
Sossi. Missiva inoltrata tramite Ufficio Matricola del Carcere di
Livorno con numero di protocollo. Tutt'oggi nessuno mi ha chiesto
spiegazioni.... probabilmente passerà sotto silenzio com'è stato per il
carteggio del Mazzeo.
Ciò che questi criminali temono
maggiormente è la cattiva pubblicità oltre alla possibilità di
formulare ulteriori perizie con apposta firma in calce le quali
riaffermino i principi dell'onestà, della giustizia e del buon senso,
come la prima perizia effettuata dai nostri consulenti il Dr. Luca
Valvassori e il Dr. Carlo Montaperto, valenti esperti in materia. I
periti nominati dal P.M. invece hanno volutamente commesso
reati in successione dando atto ad un disegno criminoso.... in teoria
non rispettoso delle istituzioni cui essi dicono di appartenere e
difendere! Il falso è sotto gli occhi di tutti, cercano di nasconderlo
ma non è possibile in quanto quella T.A.C. non si può distruggere, ne
manomettere e dirà la verità all'infinito. Se fossero stati onesti,
dopo la nostra perizia avrebbero dovuto scarcerarci, ma questo sarebbe
costato loro carriera, soldi e quant'altro.
Tutta questa
operazione attuata per gettare la responsabilità sui rapinatori e
risparmiarsi la grama figura è soltanto l'apice delle infamie compiute
da alcuni funzionari della Questura di Milano e da alcuni
magistrati del Tribunale di Milano, e quelli di Brescia non sono esenti
da responsabilità gravissime. Le cosiddette "indagini" dal 14 maggio
1999 fino agli arresti del 25 luglio 1999 sono infarcite di reati che
il codice di procedura penale punisce, anche per gli inquirenti. Per
non parlare di come venne usato e "imboccato" il pentito di turno, con
una filastrocca mal memorizzata secondo la quale avrebbe partecipato a
preparativi e sopralluoghi con Mazzeo e il sottoscritto, ma che ben
presto ha rivelato l'infondatezza delle affermazioni del pentito
stesso, che nell'arco della sua deposizione in Tribunale è stato
smentito una novantina di volte in quanto palesemente in contraddizione
con altri testimoni o con ricostruzioni di altre fonti. Tutti i vari
gradi di giudizio si sono svolti con la volontà di una condanna certa
all'ergastolo, e le violazioni del cosiddetto "giusto processo"si sono
rese palesi: ad ogni richiesta delle difese le varie Corti ci risposero
con una negativa....persino la richiesta della difesa di poter
interpellare l'Ufficio Meteorologico di Milano per verificare se il 14
maggio 1999 in città piovesse o no fu respinta, adducendo che il fatto
era di scarsa rilevanza quando è noto invece che la pioggia ed altri
fenomeni metereologici sono molto importanti al fine dell'integrità dei
reperti (soprattutto organici) per poter espletare successive analisi
di laboratorio.
Potrei andare avanti a raccontare cose di
questo genere, ma le carte, i documenti sono inequivocabili, parlano
chiaro, hanno stravolto ogni diritto alla difesa, dalle intercettazioni
infondate, ai riconoscimenti, alle analisi di procedura sui test del
D.N.A., agli omissis dei collaboratori di giustizia, alle affermazioni
di perizie balistiche firmate e controfirmate dal R.I.S. di Parma poi
successivamente smentite in giudizio, testimoni del P.M. che hanno
palesemente dichiarato il falso... complici in parte alcuni legali di
fiducia degli stessi imputati, quasi mai schierati col
proprio assistito ma piuttosto accondiscendenti e servizievoli con gli
stessi P.M..
Tale atteggiamento è abbastanza usuale e rende
il legale sottomesso ai voleri di alcuni magistrati non conformi ai
principi deontologici dell'onestà e della giurisprudenza. Quindi più
che la Giustizia della democratica Italia abbiamo provato sulla nostra
pelle tutta l'ingiustizia del potere. Fa rabbia constatare che dei
palesi criminali con la toga possano commettere qualsiasi abuso: è una
mafia! Chiunque può subire la logica del capro espiatorio, ma mai
finiscono in questa rete certi magistrati! Sembrano essere immuni dal
male, dal commettere reati. Il loro è un Potere di casta, un
Potere che supera il maquillage delle Istituzioni, rappresentato da una
banda di criminali in seno alla Magistratura, che attua colpi di mano
ogni volta che ritiene necessario.
Con questi scellerati
abbiamo da scontrarci. Paradossalmente, in questa vicenda, il
sottoscritto e il mio coimputato Mazzeo possiamo offendere i giudici
implicati nei suddetti fatti e per contro non subire nulla. Due come
noi che trinciano con la penna il fior fiore dei magistrati di Milano e
Sossi della Cassazione a Roma! Per ora incassano stoicamente ogni sorta
di nostro sfogo, sono dei vigliacchi e non hanno altra scelta.
Tutti
gli imputati, (compreso il sottoscritto), a cui viene contestata la
rapina di Via Imbonati si sono sempre dichiarati estranei ai fatti, sia
per il fatto specifico che per i restanti reati contestati.
Francesco Gorla - Livorno 25/03/07