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L'ultimo giorno di un condannato: il libro

Gianluca Torrini

Squilibrio, 6 marzo2003

Victor Hugo raccolse in questo libro lo sdegno contro la condanna a morte degli intellettuali del diciannovesimo secolo.

L'ultimo giorno di un condannato: il libro
Leggere Le Dernier Jour d'un Condamné vuole dire tuffarsi in mare di sentimenti, convulsioni, emozioni, provocate dalla descrizione dello scorrere del tempo per un condannato a morte.
È il 1829 l'anno che vede pubblicato per la prima volta questo scritto di Victor Hugo, ma l'autore rimane anonimo. L'Europa sta passando tempi in cui la ragione dell'uomo sembra potere portare il mondo verso una sorte migliore, priva di guerre ed inutili barbarie: eppure, in Place de Grève, vengono giustiziati uomini, sotto i colpi della ghigliottina, davanti ad un pubblico di benpensanti che paga i posti a sedere sulle terrazze intorno alla piazza per vedere meglio rotolare la testa del condannato, come una sorta di cinema dell'Ottocento.

Victor Hugo, non con argomentazioni da giurista, ma con la descrizione di sentimenti umani, porta avanti la sua arringa a difesa dei diritti umani, e lo fa con un'opera rimasta nella storia, al pari di Dei Delitti e delle Pene del Beccaria. Il romanzo parla degli ultimi giorni di un condannato di cui non sappiamo nulla: vengono dati pochi indizi sul crimine commesso, sull'età, sull'estrazione sociale, come per far rappresentare al suo condannato la totalità dei giustiziati. Che valga per un re o per l'ultimo brigante del popolo, la vita non può essere tolta a nessuno se non da Dio.

Strutturato in brevi capitoli, il romanzo racconta di un condannato che accarezza l'idea di potere lasciare ai posteri una testimonianza della sua storia, e, riuscito a procurarsi alcuni fogli, racconta gli ultimi tragici giorni che lo aspettano. Lo scorrere del tempo è scandito da violenti cambi di umore e pensieri, in continuo contrastarsi di emozioni: lui è il condannato, trattato come un signore dai carcerieri, è il protagonista dello spettacolo, acclamato come fosse un re.

Ciò che resta vivido durante la lettura, è la continua tortura del tempo. È come camminare rasente ad un abisso, e sperare nella grazia o nella fine dell'attesa. Argomento ad oggi più che attuale, in tempi in cui i prigionieri attendono per anni, nel braccio della morte, di essere giustiziati, messi di fronte costantemente alla fine dei loro giorni.


L'ultimo giorno di un condannato: alcuni passi.
Brevi citazioni del libro di Victor Hugo
Le citazioni sono tratte da "L'ultimo giorno di un condannato e altri scritti sulla pena di morte", 1956, Milano, Rizzoli Editore.

"Gli uomini che giudicano e che condannano proclamano la pena di morte necessaria, prima di tutto: perché è importante scindere dalla comunità sociale un membro che le ha già nociuto e che potrebbe nuocere ancora. Si trattasse solo di questo, il carcere a vita basterebbe. Perché la morte? Voi mi obiettate che da una prigione si può scappare? Fate meglio la guardia...niente carnefici dove bastano carcerieri." p.46

"Ma mi si risponde, la società deve vendicarsi, la società deve punire. Né una cosa né l'altra: vendicare è un atto dell'uomo, punire appartiene a Dio." p. 46

"Resta la terza e ultima ragione, la teoria dell'esempio. Bisogna dare esempi...allora ridateci il XVI secolo, siate veramente formidabili: ridatecì la varietà dei supplizi, ridateci i tormentatori giurati, ridateci la forca, la ruota, il rogo, i tratti di corda, il taglio delle orecchie, lo squartamento...ecco l'esempio in grande; ecco la pena di morte ben intesa; ecco un sistema di supplizi che ha una certa proprozione...ma dite un po', siete davvero seriamente convinti di dare un esempio quando scannucchiate miserabilmente un povero diavolo nel punto più deserto dei boulevards esterni?" p. 47-48

"...pensano senza dubbio che, per il condananto, non ci sia niente né prima né dopo. Questi fogli li trarranno d'inganno. Pubblicati, forse, un giorno, costringeranno il loro spirito ad arrestarsi sulle sofferenze dello spirito; perché proprio di queste non hanno la minima idea. Trionfano al pensiero di potere uccidere senza far quasi soffrire il corpo. Ah, ma non di questo si tratta! Che cos'è il dolore fisico paragonato al dolore morale? Leggi così fatte dovrebbero ispirare orrore e pietà." p. 89

"Il ricorso è una corda che vi tiene sospeso al di sopra dell'abisso, e che si sente cedere a ogni momento sino a che si spezza; è come se il coltello della ghigliottina impiegasse sei settimane a cadere." p. 108

"Il secondino è entrato in cella, si è tolto il berretto, mi ha salutato, si è scusato perché mi disturbava e, addolcendo il meglio che poteva la voce rude, mi ha chiesto che cosa desiderassi da colazione...ho avuto un brivido. Che sia per oggi?" p. 113

"Oh povera bambina mia, ancora sei ore e sarò morto...mi uccideranno. Capisci ciò, Maria? Mi uccideranno a sangue freddo, in grande cerimonia, per il bene della società." p. 130

"Si dice che sia cosa da nulla, che non si soffre, ch'è una fine dolce, che in questo modo la morte è molto semplificata. Eh, che cosa sono questa agonia di sei settimane e questo rantolare di un intiero giorno? Che cosa sono le angosce di questa giornata irreparabile, che passa così lentametne e così in fretta? Che cos'è questa scala di torture che termina sul patibolo?" p. 145