I fatti di ottobre

"Il 1° ottobre la Colonna di Ferro lascia il fronte di Teruel per andare a imporre a Valenza la propria concezione di 'ordine rivoluzionario'. Attacca e disarma le guardie, invade il tribunale e ne distrugge gli archivi, scende nei locali notturni e nei cabaret, spoglia i clienti dei gioielli e dei portafogli. Ci vorrà una vera battaglia per farli smettere: tra i morti ci sarà anche un dirigente socialista, José Pardo Aracil.
     Sempre a Valenza il 30 ottobre i funerali di uno dei capi della Colonna di Ferro, Ariza Gonzales - forse ucciso per rappresaglia - si trasformarono in sommossa armata. Alla fine, accerchiati in piazza Tetuan da unità comuniste armate di mitragliatrici, i manifestanti subiscono delle forti perdite, circa una cinquantina di morti". (Pierre Broué e Emile Temime, La rivoluzione e la guerra di Spagna, ed. Sugar, Milano, 1962, pag. 247).
     Questo il testo integrale del manifesto diffuso dalla Colonna di Ferro per difendersi dalla campagna denigratoria montata nei suoi confronti dai comunisti e dal governo, in conseguenza degli incresciosi avvenimenti di cui era stata protagonista.
     "La 'Colonna di Ferro', composta da elementi della FAI e della CNT e da altri che senza appartenere a nessuna organizzazione, si identificano con le idee e il modo d'agire degli anarchici, di fronte alle conseguenze che la sua attività ha comportato a Valenza e di fronte ai commenti che certi settori fanno al suo riguardo, sente imperiosa la necessità di divulgare ovunque le ragioni della sua condotta affinché nessuno provi a fare opera di parte a nostre spese.
     "Noi, che sotto la denominazione comune di 'Colonna di Ferro' lottiamo contro la reazione clericale e militarista sul fronte di Teruel, in quanto anarchici, ci preoccupiamo, oltre che dei problemi del fronte, anche di quelli delle retrovie. Perciò, quando abbiamo visto che a Valenza le cose non procedevano nella direzione che avevamo desiderata, quando constatammo che le retrovie, lungi da essere una sicurezza per noi era motivo di preoccupazione e di dubbio, decidemmo di intervenire, e a questo fine inviammo alle organizzazioni interessate le seguenti richieste:
     "1. Disarmo totale e scioglimento della Guardia Civil.
     "2. Immediata partenza per il fronte di tutti i corpi armati al servizio dello stato (Asaltos, Carabineros, Seguritad, ecc.).
     "3. Distruzione di tutti gli archivi e schedari di tutte le istituzioni capitaliste e statali.
     "Queste richieste erano fondate su considerazioni rivoluzionarie e ideologiche. Come anarchici e come rivoluzionari consideravamo pericolosa l'esistenza della Guardia Civil, corpo reazionario che durante tutta la sua esistenza e particolarmente in questo sommovimento, ha manifestato chiaramente il suo spirito e le sue intenzioni.
     "La Guardia Civil ci era odiosa per molteplici ragioni, non avevamo fiducia in essa. Per questo ne chiedemmo il disarmo e per questo la disarmammo.
     "Chiedemmo che tutti i corpi armati si recassero al fronte, perché al fronte mancano uomini ed armi, mentre in città, dato lo stato attuale delle cose, la loro presenza più che una necessità era ed è un disturbo. Questo obbiettivo l'abbiamo raggiunto a metà e continueremo fino alla sua completa realizzazione.
     "Infine chiedevamo la distruzione di tutti quei documenti che rappresentavano tutto un passato di tirannia ed oppressione, davanti al quale la nostra coscienza libera si ribellava. Distruggemmo le carte e pensammo a requisire quegli edifici che, come il Tribunale, sono serviti in altri tempi a seppellire i rivoluzionari nelle galere e oggi, che ci troviamo agli albori di una società libertaria, non hanno alcuna ragione di esistere.
     "Questi obiettivi ci portarono a Valenza e ciò fu quanto facemmo, nel modo che ci sembrò più adatto.
     "Più tardi, nella nostra permanenza a Valenza osservammo che mentre i tentativi di acquistare armi fallivano per mancanza di denaro, in molti posti c'era grande quantità di oro e di altri metalli preziosi, e ciò ci indusse a requisire l'oro, l'argento e il platino di alcune gioiellerie, quantità insignificanti che furono consegnate all'Organizzazione.
     "Tutto quanto prima esposto è ciò che abbiamo fatto. Adesso guardiamo cosa non abbiamo fatto.
     "Ci accusano di saccheggiare gli edifici. È una menzogna. Sfidiamo chiunque a presentarci il conto di quanto abbiamo fatto e a dimostrare che i nostri uomini non obbediscono ad una necessità, ma al capriccio e al desiderio di confusione. Ci accusano di assassinare la gente per divertimento. Questa è una canagliata. Cosa abbiamo fatto per meritare questa qualifica? Quali crimini abbiamo commesso? Un disgraziato incidente che siamo i primi a deprecare e a condannare, sembra essere la prova di accusa. Alla morte del compagno socialista José Pardo Aracil siamo completamente estranei. La notte stessa del fatto è stato dimostrato che nessun elemento della nostra colonna vi partecipò. NON ABBIAMO MAI PENSATO DI ATTACCARE I SOCIALISTI E NEANCHE GLI ALTRI SETTORI ANTIFASCISTI, e tantomeno nel modo proditorio con cui fu aggredito Pardo. Questo non vuol dire che rinunciamo ai nostri scopi, che sono la nostra unica ragione di lotta; noi ci rendiamo conto però che una lotta tra di noi al momento presente sarebbe criminale. Abbiamo davanti un nemico formidabile, tutti i nostri sforzi devono rivolgersi a distruggerlo.
     "La nostra posizione, in questi momenti decisivi per lo sviluppo della Spagna, è chiara e precisa. Con tutti i nostri uomini, con tutte le nostre energie, con tutto il nostro entusiasmo lotteremo per sconfiggere per sempre il vile fascismo. Lottiamo per realizzare la RIVOLUZIONE SOCIALE. Marciamo verso L'ANARCHIA. Per questo adesso e dopo, difenderemo tutto ciò che permette di vivere con più libertà, di infrangere i giochi che ci opprimono, di distruggere le vestigia del passato.
     "Diciamo a tutti i lavoratori, a tutti i rivoluzionari, a tutti gli anarchici: al fronte e nelle retrovie, dovunque siate, lottate contro tutti i nemici della vostra libertà, strangolate il fascismo. Ma impedite anche che col frutto dei vostri sforzi si instauri un regime dittatoriale, che non sarebbe che la continuazione, con tutti i suoi vizi e difetti, di quello stato di cose che stiamo tentando di far scomparire. Adesso con le armi, poi con gli attrezzi da lavoro, imparate a vivere senza tiranni, ed emanciparvi da voi stessi, che è l'unica via verso la libertà. Questa è l'idea della 'Colonna di Ferro', chiaramente esposta.
     "Compagni! Morte al fascismo! Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Anarchia!". (José Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, ed. Antistato, Milano, 1977, pagg. 306-308).
     Non fu un'azione isolata. "La Colonna di Ferro, costituì il braccio armato del popolo in cinque province: Castellòn della Plana, Valenza, Alicante, Murcia e Albacete, con una popolazione nel 1936, di 3.300.000 abitanti dei quali la metà appartenevano alle collettività libertarie" (A. Guillen, Bollettino del C.D.A. , n° 24, dicembre 1980, ed. CDA, Torino). La colonna formò dei veri e propri gruppi d'intervento che effettuavano delle incursioni nelle retrovie per ristabilire l'ordine rivoluzionario dove era in pericolo.
     Fragua Social del 10 ottobre '36 commenta una di queste, avvenuta a Castellon de la Plana. "questi furono degli autentici proletari, i centurioni della Colonna di Ferro che vennero a Castellon. Essi vennero a compiere un'opera eminentemente rivoluzionaria di profilassi sociale (…) La Colonna di Ferro e il gruppo Los Inseparables hanno realizzato a Castellon un'opera di giustizia e di orientamento. Abolire le ingiustizie e orientare le coscienze, bruciare in bracieri purificatori verbali, istruttorie giudiziarie e dossier criminali istituiti contro i poveri di spirito, i deboli, gli umili". (N. Romero, op. cit., pag. 38). La Colonna di Ferro formulò inoltre una proposta di esproprio di ben altre dimensioni e conseguenze. "Questa colonna, in risposta al boicottaggio del Governo Centrale, elaborò un progetto di 'espropriazione' alla Banca di Spagna, ma i dirigenti della CNT-FAI vi si opposero". (Carlos Semprun Maura, Rivoluzione e controrivoluzione in Catalogna, ed. Antistato, Milano, 1976, pag. 200). La stessa idea ebbe Durruti e naturalmente ottenne dai vertici confederali lo stesso rifiuto.



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