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La testimonianza di Wladislawa Karolewska

Processo di Norimberga, 20 dicembre 1946

McHaney – Qual è il vostro nome, prego?
Karolewska - Karolewska.
McHaney - Si pronuncia K-a-r-o-l-e-w-s-k-a?
Karolewska - Sì.
McHaney - Lei è nata il 15 marzo 1909 a Yeroman?
Karolewska - Sono nata il 15 marzo 1909 a Yeroman.
McHaney - Lei è una cittadina della Polonia?
Karolewska - Sì, sono una cittadina polacca.
McHaney - Ed è venuta qui come testimone volontariamente?
Karolewska - Sì, sono venuta qui come testimone volontariamente.
McHaney – Qual è il vostro indirizzo?
Karolewska - Varsavia, Via Inzynierska, N. 9, Piano 25.
McHaney - È sposata?
Karolewska - No.
McHaney - I vostri genitori sono in vita?
Karolewska - No, i miei genitori sono morti.
McHaney - Illustrate al tribunale che formazione scolastica avete ricevuto.
Karolewska - Ho finito la scuola elementare ed ho completato la scuola di formazione per insegnanti nel 1928.
McHaney - E che cosa avete fatto fra il 1928 e l'inizio della guerra nel 1939?
Karolewska - Ho lavorato come insegnante in una scuola per bambini a Grudenz.
McHaney - E quando avete lasciato il posto di lavoro?
Karolewska - Ho terminato il mio lavoro nel mese di giugno del 1939 e sono andata in vacanza.
McHaney - E siete tornata di nuovo al lavoro dopo le vacanze?
Karolewska - No, non sono tornata indietro perché la guerra era scoppiata e perciò rimasi a Lublino.
McHaney - E che cosa avete fatto mentre eravate a Lublino?
Karolewska - Ho vissuto con mia sorella e non ho lavorato.
McHaney - Era un membro del movimento di resistenza polacco?
Karolewska - Sì, lo ero.
McHaney - E che cosa avete fatto nel movimento di resistenza polacco?
Karolewska - Ero una messaggera.
McHaney - E siete stata arrestata per la vostra attività nel movimento di resistenza?
Karolewska - Sono stata arrestata il 13 febbraio 1941 dalla Gestapo.
McHaney - Vostra sorella è stata arrestata con voi?
Karolewska - Due sorelle e due cognati sono stati arrestati insieme a me lo stesso giorno.
McHaney - Che cosa è accaduto dopo che foste arrestati?
Karolewska - Sono stata presa dalla Gestapo.
McHaney - E cosa ha fatto la Gestapo con voi?
Karolewska - Il primo giorno la Gestapo ha registrato i miei dati personali e mi ha fatto trasferire in prigione a Lublino.
McHaney - Ed allora che cosa è accaduto? Esponga la storia completa e ci dica che cosa ha fatto la Gestapo e dove vi hanno portati.
Karolewska - Sono rimasta 2 settimane nella prigione di Lublino.
Poi sono stata nuovamente prelevata dalla Gestapo. Mi hanno interrogata ed hanno cercato di farmi confessare con la forza il mio ruolo nel movimento di resistenza. La Gestapo voleva che dessi i nomi dei miei compagni. Mi rifiutai e perciò venni picchiata. Sono stata picchiata da un uomo della Gestapo - con brevi intervalli - per un tempo molto lungo.
Poi venni chiusa in una cella e, due giorni dopo in piena notte, venni prelevata per un nuovo interrogatorio. Mi picchiarono ancora.
Rimasi nell'ufficio della Gestapo un'altra settimana e poi venni nuovamente trasferita nella prigione di Lublino.
Rimasi in prigione sino al 21 settembre 1941. Quel giorno venni trasportata con altre prigioniere al campo di concentramento di Ravensbrück, dove arrivai il 23 settembre 1941.
McHaney - Ora, testimone, prima che continuiate, volete dire al al tribunale se siete stata processata da una corte per la vostra appartenenza al movimento di resistenza?
Karolewska - Sono stata interrogata soltanto dalla Gestapo e penso che la sentenza debba essere stata pronunciata in mia assenza perché nessuna sentenza è stata mai pronunciata di fronte a me.
McHaney - Bene. Esponete ora al tribunale cosa vi è accaduto a Ravensbrück
Karolewska - A Ravensbrück ci sono stati tolti i nostri vestiti ed abbiamo ricevuto
il vestito normale da prigioniere. Poi sono stata trasferita al blocco e vi sono rimasta in quarantena per 3 settimane.
Dopo 3 settimane siamo state portate al lavoro. Si trattava di un duro lavoro fisico.
In primavera sono stata trasferita ad un altro lavoro e venni trasferita all'officina, che era chiamata "Betrieb". Il lavoro era molto duro e in una settimana dovetti lavorare tutto il giorno e nella successiva tutta la notte.
In quella primavera le condizioni del campo peggiorarono e la fame cominciò a regnare nell'accampamento. Le razioni erano diventate più piccole. Eravamo denutrite, esauste,
e non avevamo più la forza necessaria a lavorare.
In quella stessa primavera ci furono tolte scarpe e calze e fummo costrette a camminare a piedi nudi. La ghiaia nell'accampamento ci feriva i piedi.
La cosa più dura era il cosiddetto "appello", dovevamo stare in piedi molte ore, a volte anche quattro ore di seguito.
Una prigioniera che aveva tentato di mettersi sotto i piedi un piccolo pezzo di carta venne picchiata e malmenata in modo inumano.
Dovevamo stare in piedi e prestare attenzione alla chiamata e non ci era concesso di muovere le labbra perché si sarebbe pensato che stessimo pregando e pregare era vietato.
McHaney - Ora, testimone, mentre eravate a Ravensbrück siete stata operata?
Karolewska - Sì, sono stata operata.
McHaney - Quando è accaduto?
Karolewska - Il 22 luglio 1942, 75 prigioniere del nostro trasporto che veniva da Lublino
vennero convocate dal capo del campo. Rimanemmo in piedi fuori dell'ufficio del comandante. Erano presenti Kogel, Mandel ed una persona, che più tardi, ho riconosciuto come il dottor Fischer. In seguito siamo state trasferite di nuovo al blocco e ci venne detto di attendere ulteriori istruzioni.
Il 25 luglio tutte le donne del trasporto giunto da Lublino venne convocato dalla Mandel, che ci disse che da allora in poi non ci era più concesso lavorare fuori del campo. Insieme a noi vennero convocate 5 donne che erano arrivate con un trasporto da Varsavia. A tutte non fu più concesso di lavorare fuori dal campo.
Il giorno seguente vennero convocate 75 donne e fummo fatte schierare davanti all'ospedale del campo. Erano presenti Schiedlausky, Oberheuser, Rosenthal, Kogel e l'uomo che in seguito ho riconosciuto come il dott. Fischer.
McHaney - Testimone, vedete Oberheuser tra gli accusati qui in quest'aula?
Interprete - La testimone chiede il permesso di andare più vicino al banco per poterli vedere.
McHaney - Prego.
(La testimone cammina verso il banco e indica la dottoressa Oberheuser.)
McHaney - E Fischer?
(La testimone indica il dott. Fischer.)
McHaney - Chiedo che venga registrato che la testimone ha correttamente
identificato gli accusati, Oberheuser e Fischer.
Giudice Beals - Si registri che il testimone ha correttamente identificato gli imputati Oberheuser e Fischer.
McHaney - Testimone, avete detto al tribunale che nel mese di luglio del 1942, circa 75 ragazze polacche, che erano nel trasporto da Lublino, furono convocate dai medici dell'accampamento di Ravensbrück
Karolewska - Sì.
McHaney - Tra queste ragazze ne furono selezionate alcune per qualche esperimento?
Karolewska - Quel giorno non capimmo perché fummo selezionate direttamente dai medici. Lo stesso giorno 10 ragazze su 25 vennero ricoverate nell'ospedale ma non capimmo perché quattro di loro ritornarono e sei rimasero ricoverate.
Sempre quello stesso giorno le 6 ragazze vennero dimesse dall'ospedale e ritornarono al blocco dopo che gli era stata praticata una iniezione ma nessuno sapeva che genere di iniezione fosse.
Il 1° agosto quelle sei ragazze vennero ricoverate di nuovo all'ospedale e non potemmo rimanere in contatto con loro. Alcuni giorni più tardi una delle mie compagne passò vicino all'ospedale e venne a sapere da un'altra prigioniera che erano tutte a letto ed avevano le gambe fasciate.
Il 14 di agosto venni convocata all'ospedale ed il mio nome era stato scritto su di un pezzo di carta. Non ho mai saputo perché io e altre otto ragazze fummo convocate. Ricordo che fummo convocate in un periodo nel quale solitamente venivano eseguite le condanne a morte ed io pensai che stessero per ucciderci anche perché in precedenza avevano sparato ad altre compagne.
All'ospedale fummo messe a letto e la camerata in cui eravamo venne chiusa. Nessuno ci disse il motivo per cui ci avevano condotte in ospedale e quando una delle mie compagne lo domandò non ebbe risposta ma soltanto un sorrisetto ironico.
Poi arrivò un'infermiera tedesca che mi praticò un'iniezione in una gamba. Subito dopo venni colta da conati di vomito e cominciai a sentirmi debole. Venni presa, messa su una barella e trasportata nel luogo dove venivano praticate le operazioni.
C'erano il dottor Schiedlausky e Rosenthal che mi fecero una seconda iniezione endovenosa al braccio. Poco prima avevo notato il dottor Fischer che - allontanatosi dal tavolo operatorio - stava indossando dei guanti clinici.
A quel punto persi conoscenza e quando mi risvegliai mi accorsi di essere di nuovo all'ospedale. Recuperai conoscenza per poco e avvertii un dolore intenso alla gamba. Poi persi di nuovo i sensi.
Solo al mattino mi svegliai nuovamente e vidi che avevo la gamba fasciata dalla caviglia sino al ginocchio, sentivo un gran dolore e sentivo di avere la febbre alta. Notai anche che la gamba si era gonfiata dalla punta dei piedi sino all'inguine. Il dolore e la temperatura crebbero e il giorno successivo vidi che dalla mia gamba usciva del liquido.
Il terzo giorno mi misero sopra una specie di carrellino e mi portarono in uno spogliatoio. Fu allora che rividi il dottor Fischer. Indossava i guanti di gomma e il camice da sala operatoria. Mi coprirono il viso con una coperta e non riuscii a vedere cosa mi stavano facendo ma sentii un dolore fortissimo ed ebbi la chiara sensazione che qualcosa mi stava tagliando la gamba.
C'erano anche Schiedlausky, Rosenthal e Oberheuser. Poi il dottor Fischer e gli altri mi cambiarono la fasciatura e durante tutta questa operazione rimasi bendata. Infine mi rimandarono nella camerata dell'ospedale.
Due settimane più tardi venimmo tutte richiamate ancora una volta alla sala operatoria e distese sui tavoli operatori. Le bende vennero rimosse e per la prima volta vidi la mia gamba. L'incisione era così profonda che si poteva vedere l'osso. Ci dissero che che c'era un dottore, il dottor Gebhardt, che veniva da Hohenlychen e che voleva visitarci. Aspettammo per tre ore il suo arrivo sdraiate sui tavoli operatori. The wager set for wagering the prize amounts is x50. In addition, the N1 casino website has a six-level VIP program. Players of higher levels are rewarded with a series of free spins in certain slots and cash prizes. Using promo codes distributed at n1casino-online.com N1 casino, which are sent by mail to especially active players, you can get personal prizes and special privileges of the service. Quando arrivò mi misero un pezzo di carta sugli occhi ma per un momento me lo tolsero e io riuscii a vederlo. Dopo la visita venimmo rimandate nuovamente nella camerata dell'ospedale.
L'otto settembre venni rinviata al blocco. Non riuscivo a camminare. Dalla gamba mi usciva pus, era tutta gonfia e non riuscivo a stare in piedi. Rimasi sdraiata nel blocco per una settimana intera.
Venni richiamata in ospedale ancora una volta. Non potevo camminare e fui trasportata di peso da alcune compagne. All'ospedale incontrai alcune compagne che stavano lì dopo essere state operate.
Quella volta ero veramente sicura che mi avrebbero uccisa perché avevo visto una ambulanza che sostava davanti all'ufficio e con quell'ambulanza trasportavano le persone destinate alle esecuzioni. Invece venimmo portate allo spogliatoio dove la dottoressa Oberheuser e il dottor Schiedlausky ci esaminarono le gambe.
Venimmo nuovamente messe a letto e lo stesso giorno nel pomeriggio venni riportata in sala operatoria ed eseguirono un'altra operazione sulla mia gamba. Venni addormentata ancora una volta allo stesso modo con una iniezione. Anche questa volta vidi il dottor Fischer. Venni nuovamente rimandata alla camerata dell'ospedale e avvertì dolori intensissimi e la febbre altissima. I sintomi erano gli stessi. La gamba era gonfia e dalla ferita usciva pus. Dopo questa operazione le fasciature mi vennero cambiate ogni tre giorni dal dottor Fischer.
Circa 10 giorni dopo venimmo nuovamente portate alla sala operatoria e fatte distendere sui tavoli. Ci venne detto che sarebbe venuto a visitarci il dottor Gebhardt. Aspettammo ancora a lungo. Quando arrivò e esaminò le nostre gambe venni nuovamente bendata. Questa volta arrivarono altre persone insieme a Gebhardt ma non saprei dire i loro nomi e non ricordo le loro facce. Finita la visita venimmo trasportate di nuovo nella camerata dell'ospedale.
Dopo l'ultima operazione mi sentivo molto peggio e non potevo muovermi. Mentre mi trovavo in ospedale la dottoressa Oberheuser mi trattò con crudeltà.
Quando fui nella camerata dissi ad alcune prigioniere che eravamo state operate in condizioni orribili e che non avevamo alcuna speranza di guarire. Questa frase venne sentita dall'infermiera tedesca che sedeva nel corridoio perché la stanza dove eravamo aveva la porta aperta. L'infermiera entrò nella nostra stanza ci disse di alzarci e di vestirci. Le rispondemmo che non potevamo eseguire l'ordine perché eravamo piene di dolori alle gambe e non eravamo in grado di camminare. Allora l'infermiera entrò nella stanza insieme alla dottoressa Oberheuser. La dottoressa ci disse di vestirci e di venire nello spogliatoio. Prendemmo i nostri abiti e, non potendo camminare, saltellavamo su una gamba ma già dopo un paio di saltelli dovemmo fermarci per riposare. La dottoressa Oberheuser non permise che qualcuno ci aiutasse. Quando arrivammo eravamo esauste. Allora riapparve la Oberheuser e ci disse di tornarcene indietro perché per quel giorno non ci avrebbero cambiato le fasciature. Non potevo più camminare ma una prigioniera di cui non ricordo il nome mi aiutò a tornare indietro.
McHaney - Testimone, avete detto al tribunale che siete stata operata una seconda volta il 16 settembre 1942? Vero?
Karolewska - Sì.
McHaney - Quando avete lasciato l'ospedale dopo questa seconda operazione?
Karolewska - Dopo la seconda operazione ho lasciato l'ospedale il 6 ottobre.
McHaney - La sua gamba era guarita?
Karolewska - La mia gamba era gonfia e ciò mi causava grande dolore e dalla ferita usciva pus.
McHaney - Poteva lavorare?
Karolewska - Non potevo lavorare e dovetti rimanere a letto perché non riuscivo a stare in piedi.
McHaney - Si ricorda quando si è alzata e ha potuto riprendere a camminare?
Karolewska - Sono rimasta a letto per parecchie settimane poi mi sono alzata e ho provato a camminare.
McHaney - Quanto tempo è passato prima che la gamba guarisse completamente?
Karolewska - Il pus fuoriuscì fino al giugno del 1943 e a quell'epoca la gamba guarì.
McHaney - Ed è stata ancora operata?
Karolewska - Sì, sono stata operata ancora una volta nel "bunker"
McHaney - Nel bunker? Non in ospedale?
Karolewska - No non nell'ospedale nel bunker.
McHaney - Vuole spiegare al tribunale come accadde tutto ciò?
Karolewska - Vorrei avere il permesso di dire qualcosa su un fatto accaduto nel marzo del 1943, marzo o febbraio del 1943.
McHaney - Certo, dica.
Karolewska - Alla fine del febbraio 1943, la dottoressa Oberheuser ci ha chiamate e ci ha detto "queste ragazze sono i porcellini d'India [cavie]" e da allora venimmo chiamate così nel campo.
Capimmo così che eravamo destinate agli esperimenti e abbiamo deciso di protestare contro quegli esperimenti condotti su persone in buona salute. Abbiamo preparato una protesta scritta e siamo andate dal comandante del campo. [...]
Vorrei leggervi il contenuto della nostra petizione: "Noi, sottoscritte, prigioniere politiche polacche domandiamo al comandante del campo se è a conoscenza che dall'anno 1942 si sono svolti all'interno dell'ospedale esperimenti medici su cosiddetti "porcellini d'India" il che già spiega il significato di tali esperimenti. Chiediamo di sapere se siamo state operate come conseguenza di una sentenza pronunciata contro di noi perché, per quanto ne sappiamo, il diritto internazionale proibisce simili esperimenti su prigionieri politici". Non ricevemmo nessuna risposta e non ci fu permesso di parlare al comandante.
Il 15 agosto, 1943, una delle guardie femminili venne da noi e lesse i nomi di dieci nuove prigioniere e disse di seguirla in ospedale. Ci rifiutammo di obbedire perché pensammo che si trattasse di una nuova serie di esperimenti. La guardia ci disse che probabilmente ci avrebbero inviate a lavorare in una fabbrica fuori del campo. Noi però sapevamo che l'ufficio addetto ad assegnare le persone al lavoro era chiuso perché era domenica. La guardia ci disse allora che in ospedale un medico ci avrebbe esaminate prima di andare al lavoro. Rifiutammo ancora una volta di seguirla perché eravamo sicure che ci avrebbero mandate all'ospedale dove ci avrebbero nuovamente operate.
Allora arrivò la sovrintendente Binz che lesse ad alta voce i 10 nomi e tra questi c'era anche il mio. Uscimmo fuori dal gruppo e rimanemmo in piedi, in linea davanti al Blocco 9. La Binz ci guardò e ci chiese: "Perché state allineate come se doveste essere fucilate?" Le rispondemmo che gli esperimenti erano talmente dolorosi che avremmo preferito essere fucilate piuttosto che operate di nuovo. La Binz ci disse che ci stava portando al lavoro e che non si trattava affatto di una operazione ma di uscire dal campo per andare a lavorare. Noi le rispondemmo che avrebbe dovuto ben sapere che alle prigioniere del nostro gruppo era stato proibito di uscire dal campo per andare al lavoro. Allora ci disse di seguirla in ufficio dove ci avrebbe mostrato il documento che le ordinava di condurci a lavorare fuori dal campo.
La seguimmo e rimanemmo ad aspettarla fuori dell'ufficio. Rimase per un po' nell'ufficio e poi andò allo spaccio bevande dove si trovava il comandante del campo per chiedergli che cosa doveva fare. Rimanemmo in attesa davanti all'ufficio per circa mezz'ora. Nel frattempo una prigioniera che lavorava allo spaccio bevande ci passò a fianco e ci disse che la Binz aveva chiesto aiuto alle SS perché ci trascinassero a forza all'ospedale.
Poco dopo la Binz venne fuori dallo spaccio seguita dal comandante.
Noi tememmo che le SS stessero arrivando e abbiamo cominciato a correre via mischiandoci alle altre prigioniere.
La Binz e le SS arrivarono e ci trascinarono fuori dal gruppo a forza e ci dissero che saremmo state punite per non aver eseguito i suoi ordini. Così venimmo condotte al "bunker" e chiuse in due gruppi di cinque in due celle che potevano contenere soltanto una persona. Le celle erano buie senza alcuna luce. Rimanemmo chiuse tutta la notte ed il giorno seguente. Dormimmo sul pavimento perché c'era una sola branda disponibile.
Il giorno successivo ci venne data la colazione che consisteva in una tazza di caffè e un pezzo di pane nero. Venimmo chiuse dentro nuovamente [...].
Quello stesso giorno nel pomeriggio venimmo a sapere quale sarebbe stato il nostro destino. La donna di guardia aprì le celle e mi fece uscire, pensai che mi avrebbero interrogata o picchiata.
Mi fece percorrere il corridoio, aprì una porta e aldilà vidi il dottor Trommel delle SS che mi disse di seguirlo su per una scala. Seguendolo mi accorsi che c'erano altre celle ed altri letti. Trommel mi spinse dentro una cella e mi chiese se ero disposta ad accettare una piccola operazione. Gli risposi che non intendevo assolutamente sottopormi ad un altro intervento perché ne avevo già subiti due. Mi rispose che sarebbe stata una operazione molto piccola e che non mi avrebbe procurato alcun danno. Gli dissi allora che ero una prigioniera politica e che gli interventi chirurgici non potevano essere eseguiti su prigionieri politici senza il loro consenso. Mi rispose di stendermi sul letto. Mi rifiutai e lui me lo ordinò altre due volte e poi uscì dalla cella ed io lo seguii, Trommel scese velocemente le scale e chiuse la porta.
Stando dinanzi alla cella mi accorsi che c'era un'altra cella dall'altra parte delle scale e che c'erano alcuni uomini vestiti con abiti da sala operatoria. C'era anche una infermiera tedesca pronta per fare una operazione. Vicino alla scala c'era una barella. Tutto questo mi fece capire chiaramente che stavano per operarmi nuovamente.
Decisi che mi sarei difesa sino all'ultimo. In quel momento arrivò Trommel insieme a due SS. Una delle due mi ordinò di entrare nella cella e di stendermi sul letto, visto che mi rifiutavo mi costrinse con la forza. Trommel mi afferrò il polso sinistro e mi torse il braccio all'indietro con l'altra mano cercò di chiudermi la bocca con uno straccio per impedirmi di urlare. L'altro SS mi afferrò la mano destra, due altre SS mi immobilizzarono i piedi e avvertii che qualcuno mi stava facendo una iniezione. Mi dibattei difendendomi a lungo ma diventavo sempre più debole, l'iniezione stava facendo effetto e persi i sensi mentre sentivo dire a Trommel: "Bene è tutto a posto".
Ritornai cosciente ma non so quanto tempo dopo, vidi che una infermiera delle SS aveva preso i miei abiti e persi di nuovo conoscenza e soltanto al mattino ritornai in me. Vidi allora che tutte e due le gambe erano strette in una armatura metallica ed erano fasciate dalle dita dei piedi sino all'inguine. Avvertivo un dolore intenso e sentivo di avere la febbre alta. Nel pomeriggio dello stesso giorno una infermiera tedesca nonostante le mie proteste mi fece una iniezione nella coscia dicendomi che doveva farlo.
Quattro giorni dopo l'operazione arrivò un dottore da Hoehnlychen, mi fecero ancora un'altra iniezione che mi fece perdere i sensi poiché protestavo mi dissero che dovevano cambiare la fasciatura. Sentivo ancora un gran dolore alle gambe e la febbre sempre alta. [...].
McHaney - Quante volte vide Gebhardt?
Karolewska - Due volte
McHaney - Le chiedo di alzarsi e di andare vicino al banco degli accusati e vedere se vede tra di loro l'uomo chiamato Gebhardt.
(la testimone si alza e indica l'accusato Gebhardt).
McHaney - Grazie, torni pure al suo posto. Chiedo che venga messo agli atti che la testimone ha correttamente riconosciuto l'accusato Gebhardt.
Presidente Beals - Sia messo agli atti che la testimone ha identificato l'accusato Gebhardt.
McHaney - Non ho altre domande per il momento.

Fonte: pubblicato on line sul sito Olokaustos http://www.olokaustos.org/