L'«insicurezza» (e la voglia di garantire «sicurezza»,
altra faccia della stessa medaglia) sono diventati ormai i temi centrali di
tutte le campagne elettorali, in Francia come in Italia. Da quando la sinistra
si è affidata ai mercati e a una politica economica e sociale subordinata,
è all'ambito della sicurezza che essa circoscrive il suo «bisogno
di stato», sottraendo alla destra i suoi temi tradizionali. Si spiega
così l'importanza crescente di questo tema nella vita politica dei
paesi occidentali. Davanti all'inquietudine suscitata dalla criminalità
e da un assetto urbano in crisi, i responsabili di governo e le loro reti
mediatiche occultano i moventi economici e sociali di queste evoluzioni. Preferendo
aumentare i mezzi a disposizione della polizia o, come negli Stati uniti,
orientare l'azione «civica» verso il controllo sociale e i pattugliamenti
dei volontari.
«Intravedo un mondo in cui la polizia diventa il pubblico, e il pubblico
la polizia»
Joseph Brann, direttore della polizia di comunità, COPS.
Sono le sei del pomeriggio di un caldo giorno di agosto: più di venti
residenti di un quartiere abitato prevalentemente da cechi e ispanici si radunano
in una piccola sala del municipio del
West Side di Chicago.
Discutono vivacemente con alcuni funzionari di polizia venuti ad informarli
sulla situazione della criminalità nella città. I residenti
si lamentano dei
teen-agers che scorrazzano per le strade e delle
sparatorie notturne; domandano che li si protegga dai clienti violenti di
un bar locale; reclamano una migliore illuminazione di alcune vie buie e deplorano
i problemi dati da un palazzo abbandonato. I funzionari replicano che la protezione
del quartiere non dipende solo dalla polizia: «Non possiamo riuscirci
da soli - precisa il tenente responsabile del settore -. È un problema
che riguarda sia noi che voi. Dobbiamo gestirlo insieme». La piccola
folla annuisce scuotendo la testa. Questi discorsi, li ha già sentiti.
È dal 1995 che la polizia locale organizza senza sosta in tutti i quartieri
di Chicago incontri mensili di questo tipo, diventati ormai la forma di interazione
più aperta e popolare tra la forza pubblica e la «società
civile». Versioni moderne della tradizionale riunione comunale o municipale
(
town meetings), questi incontri sono, in conformità con l'etica
contemporanea, amministrati e dominati dalla polizia. Quasi 6.000 abitanti
di Chicago vi partecipano ogni mese, circa 60mila assistono ad un incontro
all'anno e quasi 250mila vi si sono recati almeno una volta negli ultimi quattro
anni.
(1) L'isolamento dei loro compatrioti intriga gli intellettuali americani.
Montagne di
best-seller affermano che la solitudine sociale ha ormai
tolto valore a quel volontariato associativo, a quell'attivismo civile che
tanto impressionarono Tocqueville. Dopo essersi avventati sulle villette unifamiliari
nei sobborghi, essersi rinchiusi in comunità private
(2) e aver reclutato
pattuglie di vigilantes preposte al controllo delle strade, mentre loro rimanevano
incollati alla tv, gli americani si lamentano della crisi della loro comunità.
E si chiedono come abbiano potuto allontanarsi tanto gli uni dagli altri.
L'estate scorsa, la pubblicazione del libro del politologo Robert Putnan,
Bowling Alone, che ha usato la crisi delle sale da
bowling
come metafora per un'atomizzazione sociale sempre più generalizzata,
ha riaperto il dibattito sul declino della vita pubblica americana.
Ma la maggior parte di coloro che sono intervenuti nella discussione non sembravano
essersi accorti che una nuova forma di governo e di organizzazione comunitaria
- la cosiddetta polizia «civica» - si stava diffondendo in tutti
gli Stati uniti. «I cittadini vogliono essere coinvolti nella vita della
loro comunità. La polizia di comunità (
community policing)
fornisce loro questa opportunità», ha spiegato Joseph Brann.
Più del 90% dei commissariati americani ha ricevuto fondi federali
destinati alle polizie comunitarie. Nel paese, fioriscono associazioni simili
di vario genere, dal sistema di vigilanza del quartiere (
neighborhood
watch) e di pattuglia delle strade alle strutture pubbliche che hanno
lo scopo di far avvicinare la polizia e i cittadini. Gli americani sono attratti
dalle forze di polizia comunitaria perché permettono di conciliare
i desideri apparentemente contraddittori di sicurezza privata e di aggregazione
collettiva, che rappresentano il fulcro della cultura politica nazionale.
La paura del crimine, a lungo considerata un ostacolo all'azione collettiva
perché provocava un ripiegamento generale sul proprio universo e sulle
proprie paure, è diventata un motore di integrazione sociale e di rinnovamento
civico. Un motore, tuttavia, un po' particolare: con l'attuale ondata di arresti
e detenzioni, e la loro precisa caratterizzazione sociale e razziale, la «comunità»
fa sentire la propria voce, controllando ed escludendo tutti coloro non ritenuti
degni o capaci di farne parte.
Il programma di Strategia alternativa della polizia di Chicago (
Chicago
Alternative Policing Strategy, Caps) costituisce il sistema di polizia
comunitaria più elaborato del paese, ed è diventato un modello
internazionale per tutte le metropoli affascinate dalla «riforma».
Dietro la guida del sindaco Richard M. Daley, Chicago ha trasformato la sua
polizia comunitaria in uno strumento efficace che permette allo stesso tempo
di consolidare i legami sociali nei quartieri della città, rinnovare
le opportunità di accesso ai servizi pubblici e coordinare in modo
migliore il lavoro delle agenzie governative. I funzionari della polizia di
quartiere sono ormai i rappresentanti dello stato più conosciuti e
accessibili. E la loro parola d'ordine «Insieme possiamo» sembra
riassumere alla perfezione l'ambizione di una città in cui, almeno
nei sogni del sindaco, ogni cittadino dovrebbe dedicare parte della propria
esistenza al pattugliamento
(3).
Anche se queste riunioni sono incentrate su questioni di sicurezza, i residenti
non mancano di sollevare problemi più generali (qualità delle
scuole e delle infrastrutture locali). I funzionari di pubblica sicurezza
incoraggiano gli abitanti a partecipare regolarmente a questi incontri: «Dovete
essere qualcosa di più degli occhi e delle orecchie della polizia -
ha spiegato un sergente durante una riunione a cui abbiamo assistito - partecipate
alla vita del vostro quartiere. Quando si apre un processo contro uno dei
malviventi che vi disturbava, andate in tribunale e reclamate pene più
severe da parte dei giudici. Mobilitate il vostro condominio, fate sentire
la vostra presenza, sorvegliate il quartiere e pattugliate le strade».
Al termine dell'intervento del sergente, un abitante del quartiere si è
alzato in piedi per rincarare la dose: «Sono vecchio e non molto istruito.
Ma quando vado in tribunale, vedo che per il giudice conta qualcosa se ci
mostriamo veramente preoccupati per la nostra sicurezza. Non potete immaginare
quanti buoni risultati si possono ottenere».
Per incoraggiare la partecipazione dei cittadini a queste riunioni, Chicago
ha finanziato (con appositi fondi federali) l'assunzione di 70 persone, 50 delle
quali si recano regolarmente nei quartieri per ricordare agli abitanti la data
degli incontri e promuovere i progetti di polizia comunitaria. Uno di questi
organizzatori ci spiega: «Il nostro lavoro consiste nel trovare punti
di appoggio fidati nella comunità. Andiamo nelle chiese e nelle scuole,
a caccia di leader locali da formare. E incoraggiamo forme di partenariato tra
le organizzazioni di quartiere e la polizia».
Per rendere la cooperazione «civica» ancora più attraente,
le autorità municipali hanno recentemente creato un sistema di priorità
destinato ai residenti che hanno già stretto legami con la polizia.
Le loro richieste vengono esaminate dai servizi municipali con una celerità
e una benevolenza particolari: rimozioni d'auto, cancellazione dei graffiti
dai muri, demolizione di palazzi abbandonati, riparazione di strade e semafori.
«Tutti possono accedere ai servizi municipali - ci spiega un funzionario
comunale - ma diciamo che partecipare ai
Caps rende l'intervento
più rapido». Mentre una richiesta formulata da una persona o
da un gruppo poco propenso a cooperare con le nuove azioni «civiche»
della città verrà esaminata con meno prontezza.
È il bastone e la carota: Chicago aiuta chi aiuta la polizia. I militanti
delle associazioni locali si preoccupano nel vedere che le riunioni che vertono
sulla sicurezza si sostituiscono progressivamente ad altri tipi di interventi
sul campo, e cominciano ad influire sulle priorità delle organizzazioni
di quartiere.
Alcuni responsabili locali contestano i privilegi accordati alle persone impegnate
nelle attività di polizia comunitaria. La città, già nota
per la sua cultura politica di quartiere e per la vicinanza dei dirigenti politici
alla loro base, sta forse delegando alla polizia l'autorità dei rappresentanti
municipali? La «democratizzazione» delle funzioni repressive dello
stato provvederà forse a dare legittimità al più grande
boom carcerario della storia degli Stati uniti?
Gli architetti dei primi progetti di polizia di quartiere non avrebbero mai
immaginato una simile evoluzione. Scarica gratis gli
immagini buongiorno simpatico da condividere con gli amici Negli anni 70, un gruppo di riformisti illuminati
ha concepito la polizia di comunità come un mezzo per avvicinare i commissariati
ai cittadini e facilitare la prevenzione di eventuali problemi. Alcuni dirigenti
di associazioni, difensori dei diritti civili, insoddisfatti dei metodi abituali
dei poliziotti - e preoccupati dall'approccio punitivo al problema della droga
- si sono fatti sostenitori della polizia comunitaria. La consideravano un mezzo
per imporre alla polizia locale una qualche forma di controllo civico e di democratizzazione.
I militanti dei diritti civili progressisti non erano gli unici soggetti sociali
desiderosi di promuovere un cambiamento dei metodi delle forze di polizia. Abbastanza
rapidamente, altri gruppi, compresi i sostenitori conservatori dell'«ordine
pubblico», hanno preso la palla al balzo, dando il loro apporto al movimento
per la polizia comunitaria. All'inizio degli anni 90, il movimento riunì
una così vasta gamma di attivisti da riuscire facilmente a conquistare
l'attenzione dei vertici dello stato, offuscando dietro un'ampia partecipazione
la vaghezza del concetto stesso di polizia comunitaria.
Un concetto diventato oggi onnicomprensivo, utile a promuovere indifferentemente
la repressione delle «gangs» di strada
(4), le giurisdizioni «terapeutiche»
(tribunali per crimini di droga, per la violenza coniugale, per i minori), le
pattuglie, i raid polizieschi che si avvalgono di supporti informatici, la detenzione
di massa e le misure alternative. La flessibilità del concetto di polizia
comunitaria viene usata dalle amministrazioni cittadine per dare risposta contemporaneamente
alle richieste più contraddittorie. Facendo riferimento a tale concetto,
Daleyü nella sua ultima campagna elettorale, ha potuto soddisfare tanto
le minoranze razziali favorevoli ad una riforma della polizia, quanto i conservatori
che chiedevano un inasprimento delle misure repressive. E ha potuto ottenere
per la sua città una parte dei fondi federali destinati a programmi di
questo genere, ritenuti un elemento di rivitalizzazione della vita civica.
Il sindaco e i consiglieri comunali di Chicago si sono mostrati tanto più
solleciti nel richiedere i fondi destinati al mantenimento dell'ordine in quanto
il presidente Clinton e il Congresso, negli anni 90, hanno imposto una severa
riduzione dei finanziamenti alle altre agenzie governative. La Legge contro
il crimine, votata nel 1994 da un Congresso a maggioranza democratica, ha stanziato
30 miliardi di dollari per finanziare i nuovi programmi di repressione e di
giustizia criminale.
Gli effettivi delle forze dell'ordine sono aumentati di 100mila unità.
Nello stesso momento in cui dava il suo consenso all'abolizione dei sussidi
pubblici federali per i più poveri e alla riduzione dei buoni alimentari,
Clinton faceva capire alle agenzie e alle associazioni prive di fondi che avrebbero
potuto trovarne di nuovi grazie alla polizia. Più che dalla ridistribuzione,
la sicurezza sociale sarebbe stata garantita dalla repressione
(5).
Dal 1994, i fondi destinati alla lotta contro il crimine approvati dal Congresso
hanno irrorato la forza pubblica praticamente ad ogni livello. A Chicago, Joseph
Brann spiega così gli obiettivi della sua agenzia: «Dobbiamo ristrutturare
le nostre organizzazioni per fare fronte a nuove sfide. Non è più
sufficiente pensare al mantenimento dell'ordine come compito esclusivo della
polizia. La polizia deve agire nel quadro più ampio del governo comunitario».
I responsabili municipali e le associazioni locali hanno adattato la loro
azione di conseguenza. Una responsabile del
Caps ci confida: «Rendere
la città più sicura è diventato il principio cardine
dell'organizzazione della vita urbana». Parole confermate dall'entità
del bilancio annuale della polizia municipale (1 miliardo di dollari), di
gran lunga superiore a quello delle altre istituzioni cittadine. Il sindaco,
da parte sua, assimila allegramente polizia e qualità della vita, ed
è nell'ambito di quest'ottica di sicurezza che definisce le missioni
affidate ai vari funzionari posti sotto la sua autorità.
In passato, la polizia aveva un ruolo più ridotto nel governo della città:
si limitava a garantire il mantenimento dell'ordine quando veniva infranta la
legge. A partire dagli anni 90, la presenza di 200 milioni di armi da fuoco,
il crescente sentimento di insicurezza e il sostegno generalizzato all'idea
di un aumento delle funzioni repressive dello stato hanno spinto i responsabili
politici a delegare alle forze di polizia l'elaborazione di un fondamento per
la società americana, costituito essenzialmente dalla sicurezza.
E i risultati sono incoraggianti: a Chicago, ad esempio, il programma
Caps
di polizia di quartiere ha ridotto la criminalità e migliorato il rapporto
tra cittadini e autorità municipali. In un rapporto pubblicato nel
1999 dal servizio informativo della giustizia criminale dell'Illinois si può
leggere: «La città di Chicago ha sensibilmente sviluppato una
dinamica di coinvolgimento del pubblico nella sicurezza dei quartieri. I programmi
di polizia comunitaria sono noti a tutti i residenti, o quasi; coloro che
vi partecipano la giudicano efficiente. Il tasso di partecipazione alle riunioni
è sempre piuttosto elevato, anche nei quartieri più poveri e
pericolosi
(6)».
Possiamo tuttavia interrogarci sul significato di un'evoluzione sociale e
di una politica che mettono i programmi di polizia comunitaria al centro della
vita democratica americana. Gli investimenti destinati al mantenimento dell'ordine
hanno portato ad un calo dei finanziamenti di programmi di protezione sociale
di tipo redistributivo. E, man mano che lo stato stanziava miliardi di dollari
per finanziare la sua macchina repressiva, ha delegato al settore privato
le sue reti di servizi sociali e alla polizia le funzioni di tutore della
vita pubblica. Ma la polizia non ha la minima vocazione, né il minimo
interesse, a soddisfare le esigenze sociali e comunitarie delle città
americane. La sua principale missione (la tranquillità delle strade)
e i suoi metodi di addestramento non la rendono adatta ad un simile compito.
Cosa ancora più importante, la promozione della polizia ad agente di
integrazione sociale segna un'evoluzione inquietante verso una società
in cui la diffidenza, il sospetto e la paura diventeranno le forze trainanti
della politica e della cultura. La polizia comunitaria si rivela efficace
quando si tratta di promuovere riforme strutturali nelle istituzioni preposte
al mantenimento dell'ordine. Quando è invece concepita come un modello
di rinnovamento della vita civile, rappresenta la forma più disperante
e perversa di democrazia. Gli americani, che non vanno più come una
volta a giocare a
bowling in gruppo, pattugliano insieme con entusiasmo
le strade dei propri quartieri. Ma è davvero questo il tipo di «comunità»
di cui hanno bisogno?
Fonte: Le monde diplomatique, febbraio 2001. Traduzione
di S. L.
Note:
* Professore di sociologia alla Northwestern University (Illinois - Stati uniti)
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(1) In Community Policing in Chicago, Years Five and Six: An Interim Report,
p. 3.
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(2) Si legga Robert Lopez, «Hautes murailles pour villes de riches»,
Le Monde diplomatique, marzo 1996.
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(3) Su Chicago e la sua organizzazione sociale e razziale, si legga Serge Halimi,
«Un piccolo angolo di paradiso ben difeso», Douglas Massey, «Sguardi
sull'apartheid americano», e Eric Klinenberg, «Autopsia di un'estate
omicida a Chicago», Le Monde diplomatique/il manifesto, rispettivamente
aprile 1994, febbraio 1995 e agosto 1997.
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(4) Si legga Sudhir Venkatesh, «Giovani alla deriva nelle città
americane», Le Monde diplomatique/il manifesto, maggio 1994.
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(5) Si legga Loïc Wacquant, «Quando Clinton "riforma"
la povertà», Le Monde diplomatique/il manifesto, settembre 1996.
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(6) Community Policing in Chicago, Years Five and Six: An Interim Report, op.
cit., p. 107.
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