Condanne di Genova

Direzione Ostinata e Contraria Genova

27 luglio 2004

Mercoledì 21 luglio 2004 mattina si è svolta a Genova l’udienza conclusiva del processo di primo grado a carico dei compagni che avevano partecipato ad un presidio sotto al carcere di Marassi nel maggio 2002.
Il presidio era stato indetto dopo una serie di episodi di autolesionismo da parte dei detenuti e quattro “suicidi” in due mesi, e seguiva una serie di presidi, più o meno partecipati, che si erano svolti nel giro di un anno circa, sia per supportare dall’esterno le proteste dei carcerati, sia durante la permanenza nel carcere di Genova dei compagni arrestati per i fatti del g8.
Questa iniziativa, che per altro non è stata l’ultima, ha visto la partecipazione di un buon numero di persone e si è svolta con le modalità che tutti possiamo immaginare: interventi, musica, raudi, risposta dall’interno con saluti, carta e lenzuola bruciate. Come tutti i presidi precedenti e quelli seguenti non era stata chiesta autorizzazione: per andare a gridare la propria rabbia per un ragazzo appena morto in cella ?
Ma probabilmente proprio il numero dei partecipanti, compagni di situazioni differenti, anche distanti, passanti, parenti, ha messo in allarme la solerte digos, allora capitanata da Spartaco (ironia della sorte!) Mortola, sì quello che in combutta con altri decideva di far ritrovare la molotov alla Diaz e, proprio nei giorni scorsi, promosso questore vicario di Alessandria, come sono stati promossi tutti i peggiori boia del g8.
Inventiamoci la manifestazione non autorizzata, si sono detti in questura, anche se non è successo nulla di particolare, anche se nessuno ha intimato a suo tempo lo scioglimento del presidio, inventiamoci, soprattutto, alcuni capri espiatori ai quali farla pagare, i PROMOTORI (!?), per creare, inoltre, il precedente rispetto ad altre situazioni simili ed altri compagni da “punire” per la loro attività quotidiana.
Ed eccoli a testimoniare, i “responsabili” della piazza, a sottolineare più volte gli stessi nomi, perché volantinavano, parlavano al megafono, parlavano con un poliziotto (sicuramente per dirgli “vai via”). Sono loro che hanno promosso, raccoglie immediatamente il PM, in quattro si prodigavano per far riuscire l’iniziativa, “parlamentavano in qualità di portavoce”, eppoi c’è il video che dimostra. Un video in base al quale eravamo già stati condannati, con decreto penale, in 26, a più di 800 euro, ciascuno, di multa, anche chi quel giorno non c’era!
Ma ci pensa il giudice a rimettere le cose a posto. Partecipare ad una manifestazione non autorizzata non è reato, e i promotori sono solo due, un compagno e una compagna che pur avendo avuto la fortuna di comparire nel video solo mentre stavano parlando tranquillamente con altri, sono stati nominati in udienza prima dalla digos e poi da chi, durante il presidio, comandava i celerini.
La pena non è certo di quelle che ti succhiano la vita, era pur sempre e solo un presidio, anche se non è piacevole quando si aspettano altre sentenze, ma il fatto eclatante è il precedente teso ad intimidire chiunque pensasse di esprimere un suo dissenso (se dai un volantino sei responsabile di QUALSIASICOSA) e studiato a bella posta anche per tentare di stroncare, a giro, prima un collettivo, poi un altro gruppo, a partire dall’esborso di denaro, che poi diventa sommatoria di piccole pene…e nel frattempo cercano di affibbiarti un reato associativo.
Niente che stupisca, comunque e ci scoppieremo anche l’appello. Soprattutto continueremo con la determinazione di sempre, che lascia attualmente ben poche tracce, ma che speriamo sia contagiosa, in una città per la verità troppo indifferente, nonostante il prezzo pagato per un ignobile vertice.

Nella consapevolezza di non essere soli e che, anzi, molto di più si muove in giro per questo paese venendo ancora più brutalmente represso, non possiamo far altro che sottolineare l’attacco pesantissimo ai compagni di Rovereto, gli ultimi colpiti in ordine di tempo, ai quali manifestiamo tutta la nostra vicinanza.
Per il resto, vogliamo solo dire che per noi la rabbia di Genova non passa obbligatoriamente e solo per il ricordo, e tanto meno per la commemorazione, dei nostri morti.
Abbiamo molti altri conti da presentare a questa capitale europea della cultura.

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Carcere di Marassi (Genova)
maggio 2002

Lettera diffusa in rete da croceneraanarchica@hotmail.com venerdì 10 Maggio 2002

cari compagni,
come avrete di certo saputo la notte di martedì 7 maggio nel carcere di Marassi è scoppiata una rivolta in seguito alla notizia di un suicidio, il secondo nel giro di tre giorni, avvenuto nel centro diagnostico terapeutico. La vittima era un ex paziente psichiatrico incarcerato e lasciato senza alcuna assistenza. Questa è stata la causa scatenante, ma il clima era già appesantito dalle dure condizioni alle quali erano soggetti i carcerati:
In primo luogo il sovraffollamento (i detenuti sono più del doppio di quelli che la struttura potrebbe contenere) ;
la presenza di numerosi detenuti anziani e/o malati terminali che non beneficiano delle misure alternative;
la recente decisione da parte della direzione penitenziaria di sospendere ogni forma di assistenza medica e la somministrazione dei farmaci, anche i fondamentali "salva vita".
La sera di martedì è scoppiata la rabbia: lenzuola incendiate, lanci di oggetti dalle finestre sulle guardie, bombolette del gas da campeggio incendiate e lanciate (una di queste ha colpito una camionetta nel cortile interno ed è divampato un incendio), fino all'intervento delle guardie con gli idranti che hanno caricato dentro le celle.
Sabato mattina un gruppo di compagni è stato presente durante l'orario dei colloqui di fronte all'entrata volantinando ed esprimendo la propria solidarietà; parlando con i familiari si è capito che il clima di intimidazione all'interno è molto forte, inducendo i carcerati al silenzio sull'accaduto.
Dopo martedi si è sparsa la notizia che la direzione avrebbe trasferito in altri carceri una settantina di detenuti. La notizia ha fatto riesplodere la rabbia e nuovamente, nella sera di sabato, sono scoppiati disordini all'interno del carcere con nuovi incendi che hanno danneggiato la vettura di una guardia posteggiata nel cortile. Solamente qualche ora dopo sul carcere regnava un silenzio inquietante.
Abbiamo deciso di esprimere nuovamente la nostra solidarietà alla rivolta indicendo un presidio per venerdì 17 alle 18,00 sotto il carcere di Marassi. Il clima è comprensibilmente teso e per questa iniziativa sarebbe importante la partecipazione di più compagni possibile.
abbracci anarchici
alcune individualità

Articolo de il messaggero del 12 maggio 2002
GENOVA - È ripresa la rivolta nel carcere genovese di Marassi dopo la protesta di martedì scorso in seguito al secondo suicidio in 4 giorni all'interno del centro clinico. Ieri sera verso le 20,30 i detenuti hanno ricominciato a bruciare suppellettili e lenzuola fuori dalle finestre, a battere le gavette contro le inferriate e a lanciare bombolette di gas, una delle quali ha colpito una Fiat Uno mandando a fuoco una portiera.
Il dato preoccupante, secondo il segretario regionale del Sappe Michele Lorenzo, è che i detenuti questa volta si sarebbero organizzati, tanto che la protesta riguarda tutti gli 803 carcerati. All'interno del carcere si trova il comandante della polizia penitenziaria Antonio Chessa. Non c'è invece il direttore Angelo Manes. Appreso della protesta, il provveditore dell'amministrazione penitenziaria ligure Franca Sanò ha telefonato per avere informazioni. Una delle ipotesi, secondo Lorenzo, è che i carcerati protestino per le dichiarazioni del ministro della Giustizia Roberto Castelli, che venerdì a Genova ha annunciato il trasferimento di 70 detenuti. Nonostante il sovraffollamento infatti molti carcerati non vogliono lasciare la città in cui si trovano le loro famiglie.
All'interno del carcere ieri mattina è stato un volantino che attribuirebbe alla gestione del carcere gli ultimi suicidi avvenuti all'interno del centro clinico dell'istituto. Nel volantino i detenuti accuserebbero gli agenti di avere usato gli idranti per sedare la rivolta di martedì scorso e si scaglierebbero contro l'intero sistema sociale che incarcera chi non si allinea alle regole. Il volantino, che è stato immediatamente sequestrato per metterlo a disposizione della magistratura, comparirebbe la frase «l'hanno impiccato dopo avergli imprigionato la mente con i farmaci e il corpo in una cella».
Fogli di giornale e alcune lenzuola sono stati incendiati e lanciati dalle finestre delle celle, mentre le gavette venivano sbattute contro le grate. Una bomboletta di gas da campeggio incendiata ha lievemente danneggiato un'automobile in sosta in un cortile interno. La protesta, cominciata intorno alle 20.30, è durata un paio di ore. Intorno alle 22.30 gli agenti di polizia penitenziaria, con il loro comandante Antonio Chessa, sono riusciti a calmare gli animi ed a convincere anche i più esagitati ad andare a dormire. I detenuti erano comunque tutti nelle loro celle.

Lancio d'agenzia del 13 Maggio 2002
Carcere Marassi: Sappe, ben venga supporto del gruppo 'antisommosse' (AGI)
Genova, 13 mag. - "Sarebbe utilissimo se il Dap inviasse un reparto del Gom. Per il trasferimento annunciato dal ministro Castelli di 70 detenuti dal carcere di Marassi saranno necessari 150 uomini che noi non abbiamo, a meno di clonare noi stessi".
Così il segretario ligure del Sappe, Michele Lorenzo, in merito all'ipotesi dell'invio a Genova del Gruppo Operativo Mobile, Corpo speciale di Polizia penitenziaria nato per sedare sommosse e gestire i detenuti condannati per reati di mafia. Secondo Lorenzo, il Gom non servirebbe a sedare proteste, ma quale supporto nello sfollamento.

Lancio d'agenzia del 14 Maggio 2002
Carceri: protesta Marassi, 10 denunce per danneggiamento, difensori detenuti denunciano situazione centro clinico.
Sono dieci i detenuti del carcere di Marassi segnalati alla procura per le proteste di martedì e sabato scorsi, motivate dai due suicidi nel giro di quattro giorni e dal sovraffollamento del carcere. Già 15 detenuti sono stati trasferiti per allentare la tensione: entro la prossima settimana sarà completato il trasferimento di 70 detenuti annunciato dal ministro Castelli. Informs the sports portal “Bet On” mobile sports betting guide.

Articolo de il secolo XIX, 14 Maggio 2002
Carcere di Marassi: mentre il sindacato attacca i vertici dell� organizzazione penitenziaria
Dopo la rivolta esplodono le polemiche
Gli avvocati rilanciano l�allarme per i detenuti malati di Aids
C�è l�aspetto investigativo (dieci detenuti denunciati per i danneggiamenti verificatisi durante le proteste della scorsa settimana con circa 15.000 euro di danni, due le indagini aperte sugli ultimi suicidi) e quello della denuncia degli avvocati: «di lì si esce solo morti e i malati non hanno diritti». E c�è la polemica serrata tra il principale sindacato della polizia penitenziaria (il Sappe) e i vertici dell�amministrazione penitenziaria in Liguria: il provveditore regionale Franca Sanò e il direttore del carcere, Angelo Manes. Le loro "teste", secondo il Sappe, dovrebbero essere le prime a saltare «perché - dice Roberto Martinelli, della segreteria nazionale - non sono all�altezza di gestire i problemi e hanno poco "peso" nel rapporto con i vertici nazionali». Franca Sanò invita a manteneri i toni più bassi. Spiega che i 70 trasferimenti annunciati dal ministro Castelli erano in qualche modo già previsti (15 sono già stati fatti) ma che tali operazioni non si inventano da un giorno all�altro. Come l�impiego dei Gom (l�antisommossa della polizia penitenziaria), condiviso dal Sappe, smentito dal Dap e dal direttore di Marassi. Trasferimenti "spot "come li hanno definiti il presidente della commissione regionale sulle carceri, Fabio Broglia dell�Udc e quello di Antigone, Stefano Anastasia: «un annuncio che rischia di fare salire ulteriomente la tensione». Ma le denunce più pesanti arrivano da due avvocati, Raffaella Multedo e Tambuscio: «Ci sono carenze organizzative e di responsabilità medica. Il tribunale di sorveglianza nega i trasferimenti in altre strutture o le scarcerazioni nei confronti dei malati di Aids. Perché - osserva l�avvocato Multedo che assiste sette detenuti ricoverati al centro clinico - i giudici ritengono che una volta fuori questi pregiudicati, quasi tutti malati di Aids, tossicomani, "utilizzino" la loro malattia come "scudo"per commettere altri reati. Sabato notte un detenuto mi ha raccontato di avere avuto un malore. E l�endovenosa gli è stata praticata facendogli sporgere il braccio dallo spioncino della porta della cella». I detenuti denunciati sono reclusi nelle sezioni dalle quali si è sviluppata la protesta: quella per i malati di Aids e quella degli imputati in attesa di giudizio (in particolare i piani terzo e quarto). Emanuele Tambuscio è invece il legale del compagno di cella di uno dei due detenuti suicidi: «Il mio cliente, affetto da comportamneto autolesionistico, dopo il suicidio del compagno di cella è stato trasferito all�ospedale psichiatrico di Reggio Emilia. In sei mesi trascorsi nel carcere di Marassi è ingrassato di 20 chili per le terapie a cui è stato sottoposto». L�indagine sul caso Marassi prosegue, radio carcere annuncia altre proteste: ieri le "gavette" hanno suonato per protesta anche nel carcere di Savona.