I comunisti libertari odierni concepiscono l'Anarchia come un regime
democratico a-statale, basato sul Comune nel quale la maggioranza
stabilirà la regola generale di condotta.
I teorici del socialismo libertario, Bakounin, Kropotkine, Réclus,
Malatesta erano invece più tolleranti. Essi pensavano che nel Comune
futuro il sistema economico da seguire, le norme etiche e sociali da
rispettare, le decisioni collettive da prendere non potranno essere
imposte dal maggior numero, ma dovranno risultare accettate
volontariamente dalla totalità degli associati. Essi credevano
nell'accordo di tutti, nella vita idilliaca, ma ammettevano anche una
minoranza dissidente alla quale la maggioranza dovrà riconoscere il
diritto di tentare le sue esperienze. Solo se la minoranza attenterà
con la violenza agl'interessi della maggioranza, questa sarà costretta,
con la forza, a piegarla.
"Martucci non vorrà - scriveva Malatesta nel 1922 polemizzando con me su
Umanità Nuova- che, per riguardo ai sacri diritti dell'individuo, noi
dovremo lasciare libero di nuocere un feroce assassino o uno stupratore
di bambini. Noi invece lo considereremo un ammalato e lo rinchiuderemo
in un ospedale dove lo cureremo".
lo penso che, come per natura, l'individuo può fare tutto quello che
vuole purché ne abbia la forza, così gli altri, che si sentono lesi
dalla sua azione, possono difendersi con ogni mezzo. La difesa è
anch'essa naturale ed un gruppo può espellere dal suo seno colui che
nuoce ai compagni, può mandarlo altrove o anche ammazzarlo se l'offesa
è stata eccessivamente grave. Ma non deve privarlo della libertà,
rinchiudendolo in una prigione-ospedale, non deve curarlo se egli non
lo vuole. La pretesa di curare, di guarire, di correggere, di
raddrizzare, è quanto mai odiosa perché costringe l'individuo a cessar
d'essere quello che è e vuole rimanere, per diventare ciò che non è e
non vuole diventare.
Prendete un tipo come la sadica Clara di Mirbeau; ditele che deve
curarsi per distruggere le sue tendenze, perverse e anormali, che sono
pericolose per lei e per gli altri. Clara vi risponderà che non vuole
guarire, che intende rimanere com'è, sfidando ogni pericolo, perché
l'appagamento delle sue brame erotiche, eccitate dall'odore del sangue
e dagli spettacoli di crudeltà, le dà un piacere così acuto,
un'emozione tanto forte, che non potrebbe più provare se si
trasformasse in una donna normale e fosse costretta a soddisfarsi con
le solite, insipide lussurie. Ditele ch'essa è un mostro, che dovrebbe
inorridire di sé, e lei vi risponderà:
"mostri... i mostri... In primo
luogo, mostri non ce ne sono! Quelli che tu chiami mostri sono forme
superiori, o semplicemente fuori della tua concezione... Gli dei non
sono mostri? L'uomo di genio non è un mostro, come la tigre, il ragno,
come tutti gli individui che vivono sopra le menzogne speciali, nella
splendente e divina immoralità delle cose? Ma io pure, allora, sono un
mostro".
Un famoso assassino che uccideva le donne non per depredarle ma per
violarle, per ottenere la concordanza del suo spasimo di piacere con lo
spasimo di morte dell'altra, confessava:
"In quei momenti a me sembrava
d'essere Dio e di creare il mondo".
Se vi foste rivolti a lui per proporgli la cura che lo avrebbe reso
normale, egli si sarebbe rifiutato d'accettarla, intuendo che nella
normalità non avrebbe trovato una sensazione tanto intensa, quanto
quella che gli offriva la sua anomalia.
Perciò voler curare, per forza, questi individui; volerli guarire ad
onta della loro volontà, sarebbe come pretendere da un tubercolotico
che si astenga dal fumo e dall'alcool per allungare la sua vita.
"Ma a
me non importa di morire prima - risponderà l'ammalato -
purché possa
ora soddisfarmi a modo mio. È meglio vivere ancora un solo anno,
godendo, e non dieci soffrendo e rinunziando a tutto".
Vorrete costringere a salvarsi quelli che vorranno perdersi? Ma allora
non saranno più essi padroni della loro esistenza. Non potranno
disporne come meglio crederanno, e sentiranno come un male il bene che
intenderete fare.
Se la Clara di Mirbeau o i personaggi di Sade cercano di seviziarvi,
sparate su loro. Ma lasciateli in pace e abbandonate l'idea di indurli
al pentimento, in nome di Dio e della morale, o di curarli e guarirli,
per la gloria della scienza e dell'umanità.
Ed inoltre, è poi vero che tutti coloro che consumano un delitto sono
malati, pazzi degni del manicomio e della doccia?
Se la domanda la rivolgete alla scienza di Lombroso, questa vi risponde
affermativamente. Vi definisce il crimine come un ritorno atavico. Se
la rivolgete alla scienza di Ferri vi dice che il misfatto è un
prodotto del fattore antropologico combinato col fattore sociale. Se
interrogate poi Nordau vi dichiara che anche il genio è un degenerato.
Questa scienza è dogmatica e unilaterale, tende alle facili
generalizzazioni, estende i risultati delle osservazioni su fatti,
sperimentati e compresi, a fatti, non esperimentati e non compresi, e
ne ricava una verità assoluta, una conoscenza pretenziosa ma fittizia,
che riduce ad unità inesistente la pluralità dei fenomeni naturali.
Quindi essa crea un tipo d'uomo che non ha riscontro nella realtà, e vi
assicura che chiunque si distacca da quel tipo è un soggetto patologico
candidato all'ospedale. Ma una tale scienza non ha nulla di comune con
quell'altra scienza relativa, modesta, in continuo farsi, che dubita
sempre delle sue conquiste e continuamente le riesamina, disfacendo le
certezze e avviandosi su nuove strade.
"Vi sono due parti nella scienza - scrive Berth - l'una formale,
astratta, sistematica, dogmatica, specie di cosmologia metafisica molto
lontana dal reale e pretendente nonostante ciò di rinserrare questo reale
diverso e prodigiosamente complesso nell'unità delle sue formule,
astratte e semplici; è la Scienza semplicemente, con una grande S, la
scienza una che pretende negare la religione, opponendole soluzione a
soluzione, e dando del mondo e delle sue origini una spiegazione
razionale. E vi sono le scienze diverse, concrete, aventi ciascuna il
loro metodo proprio, adatto al loro oggetto particolare, scienze che
stringono il reale più da vicino che è possibile e non sono di più in
più che delle tecniche ragionate. Qui la pretesa unità della scienza è
rotta."
I socialisti, i comunisti, i fabbricatori delle città future, non
potendo più accettare la verità, unica ed universale, rivelata dalla
religione che essi hanno ripudiato; ricevono dalla Scienza, unitaria e
dogmatica, l'altra verità, unica ed universale, al di fuori della quale
non può esservi benessere individuale né ordine sociale. Essi sentono
il bisogno di avere i piedi poggiati sulla terra ferma della certezza
assoluta, e perciò Malatesta incamera tutti i responsi scientifici
sulle origini della criminalità.
Ma non è vero che solo quelli che hanno tendenze spiccatamente anormali,
che sono pazzi e ammalati, consumano i delitti. L'esperienza dimostra
che anche uomini perfettamente sani e normali compiono dei misfatti e
non solo per ragioni economiche o per cause determinate dall'ignoranza
o dal pregiudizio. Un giovane, buono, semplice, sincero, che ho
conosciuto in carcere, vi si trovava per scontare la pena
dell'ergastolo, avendo avvelenato la moglie per convivere con l'amante.
Un ragioniere, ch'è stato con me al confino politico nell'isola di
Tremiti, era l'uomo più normale, comune, mediocre che sia possibile
immaginare. Al Confino la polizia fascista l'aveva mandato perché egli
ospitava un fratello comunista acceso. Ma lui, il ragioniere tipo,
sembrava la personificazione della saggezza, pacifica e calcolatrice,
del ceto medio. Pure per poco non finì in galera perché, nascostamente,
corrompeva le bambine e compiva su di esse atti di libidine. Il denaro
col quale tacitò una madre infuriata, lo salvò in quell'occasione. Però
a me confessò che il satiro l'aveva sempre fatto anche quando si
trovava libero, a Milano.
Un mio amico, morto da molti anni, era un giovane generoso, leale,
nobile, dotato di una squisita sensibilità e di un'intelligenza
superiore. Fine poeta, s'innamorò di una donna che poi l'abbandonò.
Incontratala un giorno, nella sua anima sconvolta dall'ira e dalla
gelosia si manifestò imperioso, cieco, istintivo, il bisogno di sparare
sul bambino che la ragazza portava fra le braccia.
"Sentivo - mi diceva -
che doveva ammazzarle il figlio per fare soffrire alla madre tutto
quello che lei faceva soffrire a me. Mi sono trattenuto sovrumano di
volontà. Ma un istante ancora e avrei sparato".
Tutti gli uomini possono commettere delitti, perché nell'anima di
ciascuno si trovano riuniti gli istinti più diversi e le tendenze più
opposte. In me sono maggiormente sviluppate quelle generose, in te le
perverse; però in una circostanza speciale, sotto lo stimolo di
potenti interessi materiali, sentimentali o intellettuali, io posso
uccidere un uomo e tu salvarne un altro. Cosa fa allora la società di
Malatesta? Mi considera pazzo solo perché la mia volontà e la mia
ragione non hanno avuto la forza di trattenere lo scatto istintivo? Ma
non sempre la volontà e la ragione riescono a frenare gl'istinti!
Talvolta lo possono, talaltra no. E poi, in certi casi, anche se posso
trattenermi, non lo faccio perché penso sia bene seguire la spontaneità
che mi sprona ad una azione delittuosa. Ad ammazzare, per esempio,
colui che mi ha offeso o danneggiato. Sono allora pazzo perché ragiono
a modo mio e non come gli altri che condannano la vendetta?
Ma la società di Malatesta mi vuole matto a qualunque costo,
e mi
rinchiude nella prigione-ospedale ch'è peggiore del carcere borghese.
Infatti, in carcere non resta che per un periodo determinato, il tempo
della pena. La giurisprudenza basata sulla scuola classica mi considera
responsabile delle mie azioni, e dopo avermi inflitto un castigo
proporzionato al danno che ho arrecato, mi lascia libero e non si
preoccupa di quello che farò. Invece la giurisprudenza che si fonda
sulla scuola positiva mi giudica irresponsabile, malato, e si
stabilisce che dovrò rimanere nell'ospedale fin quando sarò guarito.
Cioè a tempo indeterminato, fino al giorno in cui ai medici piacerà
dimettermi. E allora pazzo diverrò certamente a furia di subire docce
gelate, camicie di forza ed altri benevoli trattamenti curativi.
La repressione del delitto mediante l'internamento dei criminali nel
manicomio, richiederebbe inoltre la costituzione di un corpo di polizia
che dovrebbe razziare gli ammalati pericolosi. Ma in tal modo
rinascerebbe il meccanismo autoritario-giuridico-sbirresco e non vi
sarebbe più libertà.
Nell'Anarchia non potranno esistere galere camuffate da ospedali, né
poliziotti mascherati da infermieri. L'individuo provvederà alla sua
difesa da solo, o associato con altri, ma senza delegare tale incarico
a specialisti che finirebbero per diventare padroni di tutti.
La spontaneità naturale, non più esasperata dalla compressione delle
leggi, delle morali, dell'educazione, non ci condurrà all'impossibile
paradiso della fratellanza e dell'amore, ma non produrrà nemmeno una
recrudescenza d'assassinii e di violenze.
Se, invece, per mantenere l'ordine ed annientare i criminali, creeremo
un nuovo apparato preventivo e repressivo, ritorneremo fatalmente alla
società che avremo distrutto. Ossia alla società dei governanti e dei
governati.