Detenute tossicodipendenti da Rebibbia al manicomio
Il resto del Carlino
19 aprile 2001
Da due anni nel carcere romano è stato istituito il presidio psichiatrico per intervenire su situazioni di disagio psicologico. "In un' istituzione totale come il carcere - ha detto Castellano - l' intervento psichiatrico può diventare, però, un silenziatore delle contraddizioni ed uno smorzatore delle proteste".
E così avviene, secondo la psicologa, per le detenute tossicodipendenti di Rebibbia: invece di capire le ragioni profonde di reazioni anche violente scatenate, ad esempio, dalla morte di un familiare o da una crisi di astinenza, si preferisce liquidarle come patologie psichiatriche e quindi intervenire con terapie psicofarmacologiche. "Da due anni - ha aggiunto Castellano - vedo tossicodipendenti ridotte allo stato vegetativo a forza di ricevere 150-300 gocce di Valium al giorno e psicofarmaci con dosi da cavallo. Queste sono, comunque, le donne da considerare fortunate perchè le sfortunate vengono trasferite per un mesetto nel manicomio giudiziario per "ragioni sanitarie", senza possibilità di appello. Quando tornano, hanno perso anche la dignità umana".
Secondo la psicologa, "ormai l'obiettivo della disintossicazione in carcere è un miraggio visto che non si completa neanche lo scalaggio del metadone". Mirella Castellano ha detto di condurre da tempo un battaglia solitaria. "Dal gennaio '99 - ha spiegato - ho scritto lettere alla direzione del carcere, al coordinatore sanitario, al responsabile del Sert. La risposta è stata una lettera di richiamo. Ho esposto la situazione al magistrato di sorveglianza, che a quanto ho saputo ha avviato un'indagine, di cui ad un certo punto non si è saputo più nulla".
Una voce a sostegno della psicologa è arrivata da Corrado Stillo, dell'osservatorio per i diritti dei detenuti del carcere di Rebibbia. "Il caso delle detenute trasferite nell' ospedale psichiatrico giudiziario - ha detto Stillo - ripropone ancora una volta il problema del passaggio di competenze dalla medicina penitenziaria alle strutture territoriali sanitarie. Soltanto con il completo passaggio delle competenze sarà possibile curare non solo le malattie, ma anche il disagio sociale dovuto alla tossicodipendenza. Chiediamo ancora una volta alle autorità - ha concluso Stillo - di accelerare il passaggio di competenze per evitare che le tossicodipendenti siano considerate pazze".