Il rumore delle sbarre
Solidarizziamo con la lotta dei detenuti,
liberiamoci dalla necessità del carcere.
Ma a quel blocco sociale che preferisce occultare e nascondere, la varia
umanità che abita le galere patrie ha deciso di opporre la rivendicazione
ad
un'esistenza dignitosa e libera, nella forma più fastidiosa: quella che si
fa sentire.
Infatti, lo sciopero dei carcerati, oltre al rifiuto del vitto o all'astensione dal lavoro da parte dei detenuti lavoranti, prende la forma e
il
suono di gavette che battono contro le sbarre delle celle, in giorni e ore
non prestabiliti.
Dai supercarceri di Spoleto, Rebibbia e Secondigliano allargandosi a più
di
90 istituti di pena, passando per S Vittore a Milano, le Vallette di
Torino,
Poggio Reale a Napoli, fino ad arrivare recentemente anche al Castello di
Pordenone, le rivendicazioni cercano ascolto.
Cosa chiedono?
Lo smaltimento immediato del sovraffollamento (57.000 "ospiti" per 41.000
posti), indulto generalizzato per tre anni, riforma del codice penale a
partire dall'abolizione dell'ergastolo e dalla depenalizzazione dei reati
minori, aumento delle concessioni delle misure alternative, abolizione
dell'
articolo 41bis, abolizione delle prescrizioni contenute nell'art.4bis
(norme
sulla maternità delle detenute), riaprire la vertenza sugli stipendi per
gli
oltre 11.000 detenuti che vi lavorano, fermi ai contratti del 1993.
Quest'ultimo aspetto è molto importante ed è quello che preoccupa di più
il
DAP (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria).
Se, infatti, lo sciopero dei lavoranti interni, dei detenuti addetti alle
cucine, alle pulizie o alla manutenzione (fabbri, elettricisti, falegnami)
dovesse consolidarsi rischierebbe la paralisi dell'azienda-carcere.
In Italia la popolazione carceraria è cresciuta di 17.000 unità in meno di
vent'anni, il 47,33% non è mai stato condannato, non ha sulle spalle una
sentenza passata in giudicato.
Per l'Europa è un record: va peggio solo in Lussemburgo, ma lì i "presunti
innocenti" sono 200 (su 400 detenuti), non 25.000.
Sono già alcuni giorni che gli "ospiti" del carcere pordenonese attuano la
rumorosa protesta e cui va la nostra più sentita solidarietà come già
facemmo due anni fa, quando l'allora ministro Piero Fassino, oggi
"girotondino" DOC, alla protesta dei detenuti in lotta promise più
carceri,
maggiori secondini e maggiori facilità d'espulsione per gli immigrati
colpevoli di non avere un permesso di soggiorno.
Certamente l'attuale maggioranza di centro-destra, capitanata dal ministro
Castelli che non tradisce lo spirito fascista che colora lo schieramento
politico d'appartenenza, non è da meno, anzi, arriva a sostenere che i
carcerati vivono in alberghi, e per di più di lusso, e sostiene riforme
peggiorative più in linea con il "castigo" che lo stato ha inflitto loro.
Così la triste performance del centro-sinistra in visita alle carceri e
alla
quale il governo di centro-destra addossa ipotesi di sommosse s'inserisce
nella solita bieca bagarre politica di chi è pronto a sfruttare la
sofferenza e la disumanità di una vita carcerata per i propri fini
elettorali.
Ai detenuti va il nostro pensiero, le nostre lotte di libertà e l'appoggio
alla protesta.
Ci uniamo al rumore delle sbarre delle celle, perché nella zona d'ombra in
cui la punizione opera la sua vendetta, possa insinuarsi una luce
rivelatrice, che, in una lotta comune, riesca a sbarazzarsi di stato,
capitale e catene.
Pordenone
Novembre 2002