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La fine della privacy

The Economist, 1 maggio 1999

Ricordate, qualcuno vi tiene sempre sott'occhio. Usate i contanti quando vi è possibile. Non comunicate il numero di telefono, il numero della previdenza sociale o l'indirizzo se non quando assolutamente necessario. Non compilate questionari e non rispondete a chi vuole vendervi prodotti per telefono. Esigete dalle imprese di credito e dalle società di commercializzazione dati di conoscere tutte le informazioni di cui dispongono nei vostri riguardi, di far correggere eventuali errori e di togliere il vostro nominativo da elenchi di destinatari dei prodotti offerti. Controllate spesso la vostra cartella sanitaria. Se sospettate che un ente governativo abbia un fascicolo contenente dati che vi riguardano, chiedete di visionarlo. Bloccate la funzione di identificazione delle chiamate sul vostro telefono, e non fate inserire in elenco il vostro numero. Non usate mai i varchi elettronici per il pagamento di pedaggi stradali. Non lasciate mai acceso il cellulare - i vostri movimenti possono essere ricostruiti. Non utilizzate carte di credito o di debito per fare acquisti presso supermercati. Se dovete servirvi di Internet, cifrate la posta elettronica, rifiutate tutti i "cookies" e non indicate mai il vostro vero nome nel registrarvi presso i vari siti Web. Meglio ancora, usate il computer di qualcun altro. Nelle ore di lavoro, partite dal presupposto che tutte le chiamate, i messaggi nelle caselle vocali, la posta elettronica e l'uso del computer vengono continuamente monitorati.

Sembrano le elucubrazioni paranoiche di Unabomber, ma in effetti si tratta dei consigli offerti dai più zelanti fra gli attuali sostenitori della privacy. In un mondo sempre più cablato, ciascuno di noi crea di continuo informazioni che lo riguardano e che vengono registrate e spesso vendute o associate ad informazioni provenienti da altre fonti. L'obiettivo dei difensori della privacy non è eccessivo; chi decidesse di adottare le precauzioni indicate non farebbe altro che cercare di garantirsi un livello di riservatezza di cui tutti godevano fino a 20 anni fa. Eppure un comportamento del genere oggi sembrerebbe davvero rasentare l'ossessione paranoica.

È un segno della rapidità con cui le cose sono cambiate. Tentare di ripristinare il livello di riservatezza diffuso a tutti i livelli negli anni '70 è come inseguire una chimera. Lo sviluppo delle tecnologie informatiche procede in modo talmente spedito che è difficile prevederne le applicazioni future. Ci sono però alcune linee di tendenza già oggi nettissime. Il volume di dati personali registrati continuerà a crescere in modo esponenziale; le controversie in materia di riservatezza si faranno più aspre, e si intensificheranno i tentativi di porre un freno alla società della sorveglianza attraverso nuove disposizioni di legge. I consumatori dovranno affrontare costi maggiori per i servizi che garantiscono il rispetto della loro riservatezza, e le tecnologie di protezione della riservatezza avranno sempre più mercato.

Continuamente sotto osservazione

Ma ci arrischiamo a fare una previsione: tutti questi sforzi per respingere la marea montante delle interferenze elettroniche nella vita privata sono destinati al fallimento. Può darsi che garantiscano una breve pausa di sollievo a chi è seriamente intenzionato a tutelare se stesso, costi quel che costi. Ma di qui a 20 anni la maggioranza della gente scoprirà che la riservatezza che oggi diamo per scontata sarà altrettanto difficile da raggiungere del livello di privacy esistente negli anni '70. Alcuni faranno gli indifferenti dicendo "Chi se ne importa? Non ho niente da nascondere"; molti altri saranno però turbati dall'idea che gran parte dei propri comportamenti lascia una traccia permanente e facilmente ricostruibile. Bisognerà partire dal presupposto puro e semplice che la privacy non esiste più. Si tratterà di uno dei maggiori mutamenti sociali dell'epoca moderna.

Il destino della privacy è segnato per lo stesso motivo che ha portato alla sua rapida erosione nel corso dell'ultimo ventennio. Messi davanti alla prospettiva della sua scomparsa, molti potrebbero trovare preferibile la rinuncia agli enormi benefici che promette la nuova economia dell'informazione. Di fatto, non ci sarà però la possibilità di scegliere. Ciascun beneficio conseguibile - strade più sicure, minori costi di comunicazione, maggiori opportunità di divertimento, servizi pubblici migliori, esercizi commerciali più comodamente raggiungibili, disponibilità di una gamma più ampia di prodotti - sembrerà valere la perdita di un altro pezzetto dei propri dati personali. La privacy è un valore residuale, difficile da definire o tutelare in astratto. L'effetto complessivo di questi baratti - ognuno dei quali esercita di per sé un potere di attrazione - sarà la fine della privacy. Per un motivo analogo, i tentativi di proteggere la privacy attraverso nuove disposizioni di legge sono destinati al fallimento - come già è avvenuto in passato. La direttiva sulla protezione dei dati approvata dall'Unione europea, che ne costituisce l'esempio recente più significativo, attribuisce ai singoli un potere di controllo sui propri dati personali che non ha precedenti. Potrebbe essere uno strumento di tutela rispetto alle violazioni più eclatanti della privacy, ma c'è da dubitare della possibilità effettiva di applicarne le disposizioni se saranno in troppi a tentare di farvi ricorso. Già oggi gli europei fanno capire di non avere intenzione di applicare le rigide disposizioni della direttiva per quanto riguarda gli USA, dove vigono forme meno rigorose di tutela.

Regolamentare la proliferazione di database e il fiorente commercio di dati non sarebbe soltanto costoso di per sé: comporterebbe un aggravio enorme per l'intera economia. Inoltre, questa legislazione si basa su un principio del tutto nuovo: quello per cui le persone hanno un diritto proprietario sulle informazioni che le riguardano. Un'applicazione estesa di tale diritto ne farebbe un elemento ostativo alla creazione di una società aperta; esso finirebbe per costituire una minaccia non solo per il commercio, ma anche per la libertà di stampa e per gran parte delle attività politiche - per non parlare delle normali conversazioni. È più probabile che la nuova normativa verrà utilizzata non tanto per ostacolare la registrazione e la raccolta di dati, quanto per individuare chi usa queste informazioni per scopi impropri. Per fortuna, la stessa tecnologia che sta distruggendo la privacy rende più facile anche individuare gli spioni, scoprire le truffe, perseguire i criminali e chiedere conto allo Stato dei comportamenti adottati. In ultima analisi tutto ciò potrebbe certo implicare meno privacy - ma anche più sicurezza per chi rispetta la legge.

Quali che saranno i nuovi mezzi giuridici di tutela, la scelta di non partecipare alla raccolta delle informazioni non può che divenire sempre più difficile e meno appetibile. Se la maggioranza delle strade in città saranno tenute sotto controllo da videocamere intelligenti in grado di identificare i criminali, chi mai vorrà abitare in una strada che ne è priva? Se la maggioranza di noi si porterà dietro l'anamnesi medica su un tesserino di plastica che i servizi di pronto soccorso finiranno per trovare indispensabile, il rifiuto di portare con sé questo tesserino potrebbe avere conseguenze letali. Per avere un assaggio del mondo che verrà, provate a noleggiare un'automobile o a prenotare una camera in un hotel di alto livello senza usare la carta di credito.

In un certo senso, il futuro sarà forse uguale al passato, quando pochi, tranne i ricchi, potevano permettersi il lusso della privacy. Per le generazioni precedenti, la fuga dall'ambiente claustrofobico del paese, in cui tutti sanno tutto di tutti, verso il relativo anonimato della città ha rappresentato uno degli aspetti più liberatori della vita moderna. Ma l'era dell'anonimato urbano già sembra un semplice intermezzo storico. C'è però una differenza fra il passato ed il futuro: nel paese, tutti che sapevano tutto di tutti. In futuro nessuno potrà sapere con certezza chi è a conoscenza di fatti che lo riguardano. Tutto ciò sarà poco piacevole, ma probabilmente il consiglio migliore che si può dare è quello di farci l'abitudine.

"Il diritto di essere lasciati in pace". Per molti questa frase, resa famosa da Louis Brandeis, giudice della Corte suprema americana, descrive l'essenza di un concetto notoriamente sfuggente ma di importanza fondamentale. Tracciare i confini della privacy è sempre stato un compito arduo; da tempo la maggior parte di noi ha accettato la necessità di fornire informazioni sul proprio conto per poter votare, lavorare, fare acquisti, esercitare una professione, socializzare o anche semplicemente prendere in prestito un libro dalla biblioteca. Ma anche la possibilità di controllare chi è a conoscenza di informazioni che ci riguardano viene ormai considerata una caratteristica fondamentale della società civile.
Gli eccessi del totalitarismo hanno fatto del "Grande Fratello" uno degli spauracchi più terribili del XX secolo. Una delle differenze principali fra democrazie e dittature è da sempre l'esistenza di un diritto alla privacy, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche. Un diritto esplicito alla riservatezza è sancito oggi in numerose costituzioni nazionali e in trattati internazionali sui diritti dell'uomo. Se manca il "diritto di essere lasciati in pace", di poter chiudere fuori della porta di casa, in certi casi, la curiosità e le impertinenze del sistema e della società, le altre libertà politiche e civili appaiono in tutta la loro fragilità. Oggi, nelle società del benessere, la maggior parte di noi ritiene di avere il diritto di godersi la propria privacy quando più le aggrada, purché rispetti la legge.
E' un errore. Nonostante l'impalcatura di leggi, trattati e norme costituzionali, l'erosione della privacy prosegue da decenni. Si tratta di una tendenza destinata probabilmente a subire una brusca accelerazione, per lo stesso motivo che aveva suscitato allarme in Brandeis quando aveva pubblicato l'articolo contenente la celebre frase, nel 1890: l'evoluzione tecnologica. All'epoca era la diffusione delle tecniche fotografiche e di stampa a basso costo a costituire la minaccia più immediata per la privacy. Oggi è il computer. La mole di informazioni personali di cui attualmente dispongono governi e imprese avrebbe orripilato Brandeis. Tuttavia, la capacità di raccogliere e diffondere dati per via elettronica cresce in modo talmente rapido da sollevare un altro quesito, ancora più inquietante: ci sarà ancora una privacy da tutelare di qui ai prossimi 20 anni?
Il dibattito sulla privacy verte soprattutto sulle interferenze da parte dei mezzi di comunicazione, che è poi l'aspetto che preoccupava anche Brandeis. Eppure, la minaccia più grave per la privacy oggi non proviene dall'attività dei media, i cui contorsionismi interessano solo una minoranza del pubblico, ma da quella più banale che consiste nella registrazione e nella raccolta di un numero sempre maggiore di dati sulle operazioni che compiamo quotidianamente. La maggior parte di noi sa che vengono raccolti dati che ci riguardano, ma non ha la certezza dell'entità di tale raccolta. Molti si sorprendono o si stizziscono quando trovano nella cassetta delle lettere posta che mai avevano chiesto di ricevere. Eppure questa posta-spazzatura non è che la punta visibile di un iceberg informazionale. Il volume di dati personali contenuti in basi di dati sia private che pubbliche è andato crescendo a passi da gigante negli ultimi anni, insieme ai progressi compiuti dalle tecnologie informatiche. Gli Stati Uniti, che rappresentano forse la società più informatizzata del mondo, sono all'avanguardia in questo senso, ma altri Paesi non sono molto distanziati.
I progressi dell'informatica stanno avendo un effetto duplice: non solo permettono di raccogliere informazioni che in passato per lo più non venivano registrate, ma rendono relativamente facile anche memorizzare, analizzare e ricuperare queste informazioni con modalità impensabili fino a pochissimo tempo fa.
Basti pensare alla mole di dati che vengono già raccolti su base routinaria: qualsiasi acquisto effettuato con carte di credito o tipo bancomat, la maggioranza delle operazioni finanziarie, le chiamate telefoniche, tutte le pratiche che coinvolgono la pubblica amministrazione a livello locale o nazionale. I supermercati registrano ogni articolo acquistato da clienti che utilizzano buoni sconto. Le società di telefonia cellulare stanno installando apparecchiature che permetteranno loro di localizzare chiunque abbia un telefono cellulare acceso. I varchi elettronici per il pagamento di pedaggi e i sistemi di monitoraggio del traffico veicolare possono registrare i movimenti di singoli veicoli. Le telecamere a circuito chiuso, un settore in cui la Gran Bretagna ha fatto da apripista, oggi controllano porzioni sempre maggiori di aree urbane anche in altri Paesi. Negli ultimi dieci anni il commercio di dati relativi al consumo è cresciuto in misura impressionante; una singola società, la Acxiom Corporation di Conway, in Arkansas, possiede una base di dati che associa informazioni pubbliche e relative ai singoli consumatori, giungendo a coprire il 95% delle famiglie americane. C'è ancora qualcuno sulla faccia della Terra che non sa che da qualche parte c'è qualcuno che registra l'uso che ciascuno di noi fa di Internet?
Alle imprese interessa il comportamento dei dipendenti tanto quanto quello della clientela. Un'indagine condotta nel 1997 dalla American Management Association su 900 grosse imprese ha mostrato che quasi 2/3 ammetteva il ricorso a forme di sorveglianza elettronica dei dipendenti. Nuovi e potenti programmi consentono di monitorare e registrare con facilità non soltanto tutte le conversazioni telefoniche, ma anche qualsiasi utilizzo della tastiera di un computer ed ogni messaggio di posta elettronica.
L'informazione è potere, cosicché non stupisce davvero il fatto che gli Stati mostrino un interesse pari a quello delle imprese verso l'utilizzo di tecnologie di elaborazione dati. I motivi sono tanti e pienamente legittimi: monitorare la distribuzione di sussidi e indennità, fornire un'assistenza sanitaria migliore, combattere la criminalità, perseguire i terroristi. Ma ciò comporta, inevitabilmente, un aumento della sorveglianza da parte dello Stato.
Una legge controversa approvata nel 1994 per favorire l'attività delle forze dell'ordine prevede che le imprese di telecomunicazione operanti in America installino apparecchiature che consentano allo Stato di intercettare e monitorare tutte le comunicazioni telefoniche e informatiche; una serie di controversie fra le imprese e l'FBI ne hanno però ritardato l'attuazione. I servizi segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda effettuano congiuntamente il monitoraggio di tutte le telecomunicazioni internazionali satellitari attraverso un sistema detto "Echelon" in grado di individuare singole parole o frasi fra centinaia di migliaia di messaggi.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Australia stanno inoltre realizzando database nazionali del DNA di malfattori sottoposti a condanne penali. Molti altri Paesi stanno valutando l'opportunità di fare altrettanto. L'idea di basi di dati comprendenti il DNA dell'intera popolazione di uno Stato è ancora assai controversa, ma database del genere costituirebbero uno strumento di tale potenza per la lotta al crimine e alle malattie che appare inevitabile una forte spinta favorevole alla loro creazione. Il Parlamento islandese ha approvato un progetto per la vendita del database del DNA dell'intera popolazione ad una società di ricerche mediche - un atto aspramente osteggiato da alcuni per ragioni legate alla tutela della riservatezza.

A ciascuno il suo numero

L'opinione pubblica forse ha solo una vaga idea del proliferare delle attività di raccolta dati, ma quando si presenta l'opportunità di sbirciare dietro le quinte alla maggior parte di noi non piace quello che c'è da vedere. Un'indagine condotta dalla Federal Trade Commission degli USA ha mostrato che l'80% degli americani si preoccupa per il destino delle informazioni raccolte nei loro riguardi. Divengono sempre più frequenti le controversie fra sostenitori della privacy e soggetti che fanno raccolta di dati.
Quest'anno Intel e Microsoft sono state sommerse dalle critiche quando si è scoperto che i loro prodotti - i chip e i programmi presenti nella maggior parte dei PC - trasmettevano numeri univoci di identificazione ogniqualvolta l'utente del PC si collegava a Internet. Entrambe le società si sono affrettate a commercializzare programmi che consentissero agli utenti di eliminare i numeri di identificazione, ma i loro detrattori affermano che qualsiasi sistema basato su altri programmi può essere tranquillamente violato. Il fatto è che un numero crescente di apparecchiature elettroniche e pacchetti software contiene numeri identificativi che dovrebbero facilitare le interazioni reciproche.
A febbraio ha suscitato scalpore la notizia che Image Data, una piccola ditta del New Hampshire, aveva ricevuto finanziamenti e assistenza tecnica dai servizi segreti americani per creare un database nazionale delle fotografie utilizzate nelle patenti di guida. La società aveva già provveduto a comprare le foto di oltre 22 milioni di guidatori dai governi di Carolina del Sud, Florida e Colorado. Image Data afferma che il database, il quale permetterebbe a negozianti o poliziotti in tutto il Paese di confrontare immediatamente nome e foto, intende in primo luogo contribuire alla lotta contro le truffe basate su assegni o carte di credito; tuttavia, dopo aver ricevuto oltre 14.000 messaggi di reclamo per posta elettronica, tutti e tre gli Stati hanno deciso rapidamente di annullare la vendita.
Non è mai facile prevedere l'impatto di una nuova tecnologia, ma all'orizzonte già si profilano vari sviluppi che, se il passato recente ha qualcosa da insegnarci, sono destinati a servire ad una qualche forma di monitoraggio. L'armamentario dello spionaggio, legale o meno, sta raggiungendo un livello temibile di sofisticazione ed è ormai alla portata di tutti. Già oggi esistono minuscoli microfoni in grado di registrare conversazioni sussurrate dall'altra parte di una strada; è possibile registrare una conversazione anche servendosi delle vibrazioni normalmente impercettibili delle lastre di vetro di una finestra. Alcuni esperti di nuove tecnologie ritengono che le minuscole telecamere alle quali stanno lavorando le forze armate americane per l'utilizzo a fini di ricognizione sui campi di battaglia saranno facilmente commercializzabili per altri usi. Un giorno, piccole videocamere non più grandi di una vespa potranno penetrare volando in una stanza, fissandosi al soffitto o ad una parete, e registrare tutto quello che avviene in quella stanza.
Anche le forme palesi di monitoraggio sono probabilmente destinate a diffondersi. Sistemi computerizzati intelligenti sono già in grado di scandire e identificare le persone sulla base di immagini videografiche. Grazie alla riduzione vertiginosa dei costi e delle dimensioni delle videocamere, questi sistemi in ultima analisi dovrebbero permettere di utilizzare la videosorveglianza pressoché dovunque e comunque. Ciò consentirebbe allora di monitorare e identificare con facilità eventuali malfattori che agissero per le strade di una città.
Il settore in piena espansione delle tecniche "biometriche" renderà possibile disporre di sistemi infallibili e a basso costo per identificare le persone sulla base della voce, della cornea, delle impronte digitali o di qualsiasi altra parte anatomica passibile di misurazione. Ciò vorrebbe dire eliminare una volta per tutte l'ingombrante armamentario attuale fatto di lasciapassare di sicurezza, tessere e persino carte di credito. Un'altra possibilità è l'uso di carte "intelligenti" tascabili che entro breve dovrebbero permettere di registrare tutta l'anamnesi medica o i dati sulla solvibilità di una persona, fra l'altro, unitamente ai dati biometrici necessari per verificarne l'identità.
Fra qualche anno avremo forse dispositivi in grado di monitorare il funzionamento degli elettrodomestici e di chiamare il tecnico per riparare o sostituire parti malfunzionanti ancora prima che si verifichi un danno. I supermercati di quartiere potranno controllare cosa contiene il frigorifero dei clienti, e compilare una lista della spesa se risulta che il cliente ha finito il burro, il formaggio o il latte; chi lavora in un ufficio potrà controllare dal proprio computer se a casa i bambini stanno bene.
Ma tutti questi vantaggi, dal miglioramento dell'assistenza sanitaria e delle tecniche anti-crimine alle più banali meraviglie della casa "intelligente", si associano ad un inconveniente di tutta evidenza: una traccia di dati elettronici sempre più lunga. Poiché anche i costi di memorizzazione ed analisi dei dati scendono in modo vertiginoso, in pratica tutte le nostre attività lasceranno una traccia semi-permanente. Per quanto intelligenti possano essere le modalità di impiego delle tecniche di elaborazione dati, quel che appare certo è che si moltiplicheranno i rischi per le nozioni tradizionali di riservatezza/privacy.
Questa prospettiva evoca tutta una serie di reazioni, nessuna delle quali è del tutto adeguata:
- Altre leggi. L'articolo di Brandeis era una petizione a favore del diritto di chiedere un risarcimento in caso di violazioni della privacy, ed è all'origine di numerose leggi in materia approvate negli USA e altrove. Purtuttavia, le cause intentate per violazione della privacy solo di rado si concludono positivamente, se non in Francia, e anche qui sono molto rare. Per i tribunali risulta quasi impossibile individuare una definizione giuridica di privacy sufficientemente precisa.
Una serie di leggi in materia di credito al consumo approvate negli USA durante gli anni '70 ha riconosciuto ai singoli il diritto di esaminare i dati sulla propria solvibilità e di chiedere eventuali correzioni. L'Unione europea ha di recente compiuto un passo ulteriore. La Direttiva dell'UE sulla protezione dei dati, entrata in vigore lo scorso mese di ottobre, intende dare ai cittadini il controllo dei propri dati, imponendo la prestazione di un consenso "inequivocabile" prima che tali dati siano sottoposti a trattamento da un'impresa o da un altro organismo, e vietandone l'utilizzo per scopi diversi da quelli per cui erano stati inizialmente raccolti. Ogni Stato membro dell'UE è tenuto a nominare un'autorità per la privacy con il compito di agire per conto dei cittadini i cui diritti siano stati violati. La direttiva vieta inoltre l'esportazione di dati verso Paesi che non dispongono di una tutela analogamente rigorosa.
Nella maggioranza dei Paesi dell'UE devono ancora essere approvate le leggi nazionali di recepimento della Direttiva, per cui è difficile dire quale ne sarà l'operatività in concreto. Gli americani la ritengono comunque una misura draconiana, ed è nata una controversia commerciale per la minaccia ventilata dall'UE di bloccare l'esportazione di dati verso gli USA. Sarà forse possibile raggiungere un compromesso che consenta alle imprese americane di seguire linee-guida su base volontaristica, anche se questo approccio rischia di innescare semplicemente un gigantesco circolo vizioso. Se, d'altro canto, l'UE rimarrà ferma sul divieto di esportare dati, c'è il rischio non soltanto che scoppi una guerra commerciale, ma anche che subisca una brusca battuta d'arresto lo sviluppo del commercio elettronico in Europa - il che avrebbe gravissime ripercussioni per l'economia dell'UE.
In ogni caso è tutt'altro che evidente quali saranno gli effetti della nuova disciplina anche in Europa. Può darsi che essa si traduca nell'obbligo di offrire un numero maggiore di prodotti e servizi insieme allo stesso tipo di fervorino in "giuridichese" che oggi accompagna tutti i pacchetti software per computer. Ma come avviene per questi prodotti, è probabile che la maggioranza dei consumatori firmino senza neppure leggere il testo. Può darsi che la nuova disciplina dia alle persone uno strumento prezioso per combattere alcune delle forme peggiori di abuso - come è stato per la legislazione sul credito al consumo. Tuttavia, come nel caso di quest'ultima legislazione (in effetti, di tutta la normativa concernente la libertà di informazione), bisognerà possedere determinazione e testardaggine per esercitare i propri diritti. Imprese e pubbliche amministrazioni riescono spesso a trovare il modo di ritardare o evitare singole richieste di informazione. La regolamentazione della marea montante di attività di raccolta e commercializzazione di dati esula probabilmente dalle capacità di qualsiasi Stato, a meno di ricorrere a misure repressive talmente imponenti da arrestare il progresso della nuova economia dell'informazione.
- Soluzioni di mercato. Gli americani tendono a preferire l'autoregolamentazione e contano sui meccanismi di mercato. Tuttavia, gli approcci basati sull'autoregolamentazione sono stati finora un clamoroso fallimento. Secondo un'indagine condotta dalla Federal Trade Commission su 1.400 siti Internet americani, solo il 2% aveva pubblicato un codice di comportamento in materia di privacy conforme alle indicazioni fornite dalla Commissione, anche se è probabile che il numero di questi siti successivamente sia aumentato - non in ultimo a seguito della crescente preoccupazione con cui in America si guarda al tema della privacy. Studi condotti da ricercatori indipendenti su membri della Direct Marketing Association statunitense hanno indicato che oltre il 50% di questi soggetti non rispettava neppure le direttive assai blande emanate dall'Associazione.
Tuttavia, le soluzioni elaborate dal mercato potrebbero offrire una risposta in termini di tutela se le preoccupazioni dei consumatori dovessero farsi sentire in misura maggiore. Su Internet, che rappresenta la prima linea per quanto riguarda la guerra della privacy, sono già nati i "reindirizzatori anonimi": ditte che inoltrano messaggi di posta elettronica privati di qualsiasi elemento identificativo. Un sito web (all'indirizzo www.anonimyzer.com) offre la possibilità di navigare su Internet in forma anonima. Può darsi che il denaro elettronico, spendibile su Internet o al di fuori di esso, offra in futuro una certa misura di anonimato, ma probabilmente verrà utilizzato come il contante fisico odierno solo per le spese di minore entità.
Avanti con l'informediario.Secondo John Hagel e Marc Singer della McKinsey, una società di consulenza gestionale, dai servizi sopra descritti nasceranno gli "informediari": ditte che fungeranno da intermediari di informazioni fra consumatori ed altre società, offrendo ai consumatori la tutela della privacy e raccogliendo per loro conto profitti in cambio delle informazioni che essi saranno disposti a cedere. Se i consumatori fossero disposti a pagare in cambio di questo servizio di intermediazione, gli informediari potrebbero trovare terreno fertile su Internet; inoltre, avrebbero tutto l'interesse a mantenersi la reputazione di tutori della privacy. E' difficile però immaginare che possano prosperare se i consumatori non accetteranno di rivolgersi ad un unico informediario per tutte le operazioni da effettuare; ed anche ammesso che ciò sia possibile, cosa difficile da dirsi, molti consumatori forse non vorranno affidarsi in misura così estesa ad un unico soggetto. Del resto, molti consumatori già oggi possiedono più carte di credito.
Intanto molte società già dichiarano di non vendere ad altri i dati raccolti sulla propria clientela, ma molte altre trovano più proficuo non prendere (o non rispettare) un impegno del genere. I consumatori che desiderano tutelare la propria privacy devono stare costantemente in guardia, e ciò supera le capacità della maggioranza di noi. Persino le società che pubblicizzano il proprio impegno a non vendere informazioni non promettono di non acquistarne. Si può star certi che conoscono più cose sui propri clienti di quanto questi ultimi possano immaginare. In ogni caso è improbabile che le soluzioni di mercato (compresi gli informediari) riescano a far fronte alla mole crescente di informazioni gestite dalle pubbliche amministrazioni o al ricorso sempre più diffuso a sistemi di sorveglianza dei luoghi pubblici.
- Tecnologie. Internet ha innescato un'aspra tenzone fra sostenitori della crittografia e governi, soprattutto americani, che sostengono l'esigenza di accedere alle chiavi dei programmi di cifratura utilizzati sul Web nell'interesse della giustizia. La controversia si trascina da vari anni, ma, considerata la disponibilità diffusa di codici cifrati sempre più complessi, è probabile che i vari governi dovranno accettare la sconfitta - il che garantirebbe una maggiore privacy non solo agli utenti del Web "buoni", ma anche a quelli "cattivi". Eppure anche le tecniche di cifratura non faranno che ripristinare per gli utenti di Internet il livello di privacy di cui la maggioranza di noi suppone di godere nell'utilizzare la posta tradizionale (ossia, cartacea).
La gara tecnologica fra spioni e anti-spioni indubbiamente proseguirà anche al di fuori del Web. Tuttavia, la tecnologia non può che offrire una risposta parziale: la privacy si ridurrà non solo per lo spionaggio messo in atto dallo Stato o dai privati, ma anche per la registrazione incessante di tutte le informazioni che ciascuno di noi deve fornire per ricevere prodotti o servizi - e ciò vale sia su Internet sia al di fuori di esso.
- Trasparenza. Non confidando nell'efficacia dei tentativi compiuti per proteggere la privacy all'avvicinarsi del diluvio tecnologico, David Brin, fisico e autore di fantascienza americano, propone un'alternativa radicale: l'abolizione della privacy. Nel libro "The Transparent Society" (Addison-Wesley, $25), Brin sostiene che in futuro saranno i ricchi e potenti (e, cosa ancor più gravida di conseguenze, i singoli governi) a trarre il massimo profitto dalla tutela della privacy, e non tanto i singoli cittadini. Si dovrebbe allora adottare un principio molto semplice: tutti dovrebbero avere accesso a tutte le informazioni. Ogni cittadino dovrebbe avere la possibilità di infilarsi in qualsiasi database, privato o pubblico, che contenga dati personali. Le immagini registrate dalle telecamere per la videosorveglianza delle strade cittadine dovrebbero essere visionabili da chiunque, e non solo dalla polizia. أفضل أفلام الجنس العربي، www.xnxx xnxx 2021 مشاهدة الأفلام العربية xnxx ، xxnxx ، xxnx ، xnxx.com
L'autore riconosce che l'idea può sembrare sconcertante, ma afferma che il destino della privacy è comunque segnato. La trasparenza permetterebbe alle persone di sapere chi è in possesso di informazioni che le riguardano, e ai governati di tenere sott'occhio il comportamento dei rispettivi governanti. Le videocamere registrerebbero non soltanto le attività dei malfattori, ma anche quelle dei poliziotti che abusano del proprio potere. I dirigenti d'azienda saprebbero che chiunque può disporre dei loro dati personali così come essi dispongono dei dati sulla clientela o sui dipendenti. Il mero potere deterrente di questa situazione favorirebbe la moderazione nella raccolta di informazioni, e forse aumenterebbe anche la cortesia reciproca.
Tuttavia, Brin non spiega cosa potrebbe accadere a chi viola il principio di trasparenza, o se siano previste limitazioni. E cosa succederebbe dei dati che riguardano la sicurezza nazionale o il segreto industriale? E degli archivi di polizia o sanitari? I criminali li potrebbero trovare assai interessanti. Per di più, dare attuazione giuridica a questo principio di trasparenza risulterebbe difficile quanto lo è oggi attuare i principi di tutela della privacy. In effetti, è l'idea stessa di criminalizzare la privacy a sembrare aliena.
E' improbabile che esista una sola risposta al problema rappresentato dallo scontro fra la privacy ed il potere crescente delle tecnologie dell'informazione. Ma a meno che la società nel suo complesso rinunci ai vantaggi che la tecnologia può offrire (il che costituisce senz'altro l'eventualità più improbabile), il dibattito sulla tutela della privacy non può che crescere di intensità. Nel "mondo nuovo" dell'era dell'informazione, è certo che il diritto di essere lasciati in pace sarà preso di mira come non mai.