Un recinto o un muro non sono mai sufficienti da soli. Dovrebbero essere
indistruttibili, il che è impossibile. Ogni separazione materiale necessita
dunque di riparazioni, migliorie e soprattutto di sorveglianza. E un filo
spinato deve essere tanto più sorvegliato quanto più è materialmente
vulnerabile. Paradossalmente, il filo spinato è molto vulnerabile: leggerezza e
flessibilità comportano anche una certa fragilità. Se nessuno è lì a proteggere
il filo, è facilissimo tagliarlo, basta un buon paio di cesoie. Per questo i
recinti dei terreni vengono sorvegliati dai loro
proprietari.
Davanti alle trincee, le vedette scrutano la no man's
land e i loro fucili sono puntati su chi cercasse di tagliare i fili. Nei
campi di concentramento, nonostante il recinto sia carico di corrente elettrica,
senza le torrette il campo non sarebbe chiuso. I rari esempi di evasione
mostrano che il problema principale è rappresentato dalle torrette e non da i
fili spinati.
A Mauthausen, nel 1945, i prigionieri di guerra sovietici,
sottoposti a un trattamento particolarmente duro volto a sterminarli, tentano di
evadere."L'evasione cominciò prendendo d'assalto una torretta di guardia. [...]
Poineutralizzarono la recinzione carica di corrente provocando dei corto
circuiti con delle coperte bagnate, e si impadronirono di un'altra torretta
usando learmi prese nella prima" (Nota 1).
La sorveglianza legata ai fili spinati
non è uno sguardo verso l'interno o versol'esterno, ma uno sguardo miope puntato
sul contorno protettivo. È per questo che, per quanto riguarda i campi, non si
può parlare di una sorveglianza visiva normalizzatrice e permanente, di una
sorveglianza panoptica. Che un certo numero di campi sia stato costruito secondo
un quadrilatero regolare e a volte a stella (Sachsenhausen), non basta a farne
dei dispositivi in grado di realizzare l'utopia architettonica di Bentham (Nota 2).
Il panopticon,
progetto di prigione ideato alla fine del XVIII secolo dal precursore
dell'utilitarismo inglese, Jeremy Bentham, era stato pensato al fine di
realizzare un consistente risparmio, permettendo a un solo sorvegliante, posto
al centro di un edificio circolare, di vedere tutti i prigionieri rinchiusi in
celle, disposte lungo il perimetro, richiuse da una grata. La presenza del
sorvegliante, che non può essere visto dai detenuti, diventa superflua e la
sorveglianza automatica, virtuale; basta pensare di essere potenzialmente
sorvegliati per agire come un sorvegliato di fatto.Vediamo che questo principio
architettonico può metaforicamente designare una delle principali strategie del
potere moderno, dove non si tratta tanto di rinchiudere quanto di produrre degli
individui disciplinati (Nota
3).
Il funzionamento della coppia filo spinato-sorveglianza è di un altro
ordine.
Anche se perfettamente compatibile con un controllo panoptico, non
verte sul comportamento generale dei sorvegliati ma semplicemente sul loro
rapporto con la delimitazione che li costringe. Proibisce a loro unicamente di
uscire dal perimetro autorizzato e di entrare nel perimetro vietato. C'è
certamente un effetto di dissuasione di tipo panoptico, poich´ chi tenta
di forzare lo sbarramento non è certo di essere osservato (per esempio dalla
trincea o dalle torrette). Fa necessariamente sua questa
sorveglianza,assumendola come propria. La zona davanti ai fili spinati carichi
di corrente è sempre percepita come vietata, mortale. Se il panoptismo consiste
nell'esporre ciascuno a una sorveglianza normativa virtuale al fine di indurre
comportamenti determinati, la coppia filo spinato-sorveglianza mira solo a
produrre una delimitazione permanente e senza falle. Virtualmente reattiva, gli
indesiderati devono considerarla come sempre attualmente attiva.
Ovviamente,
nulla impedisce che la sorveglianza del limite sia a sua volta collegata ad altri
dispositivi di sorveglianza, quella del contadino sul suo terreno, dell'
allevatore sulla sua mandria, degli aerei spia sopra il territorio nemico, del
kapo sul detenuto del campo di concentramento. Ma questa non è la funzione
specifica della coppia filo spinato-sorveglianza, che riguarda soltanto le
soglie e i loro passaggi.
Filo spinato e sorveglianza formano dunque un unico
dispositivo di potere applicato allo spazio. La loro unione è tanto
più giustificata in quanto essi non sono soltanto connessi ma legati e
inseparabili. Mentre lo sguardo veglia sul filo spinato, quest'ultimo protegge
l'occhio che scruta. La sorveglianza sta necessariamente dalla parte positiva del
recinto: sono impensabili delle torrette all'interno della recinzione del campo
di concentramento. Non si può decidere se è più importante la torretta o il
filo spinato, perch´ il recinto protegge la sorveglianza che a sua volta
protegge il recinto.
Più precisamente, mentre la sorveglianza utilizza il tempo concesso dalla
barriera per organizzare una risposta adeguata, la barriera si regge sulla
velocità di reazione della sorveglianza. L'idea è di produrre un ritardo
temporale nell'aggressione del dispositivo, e nello stesso tempo una difesa
rapida ed efficace grazie alle informazioni fornite dalla sorveglianza. Come si
vede, nel suo funzionamento, il dispositivo filo spinato-sorveglianza è più
temporale che spaziale (Nota
4).
Il filo spinato sembra così dimostrare che i problemi moderni di
gestione politica dello spazio possono essere risolti solo attraverso un
alleggerimento del segno che delimita e una intensificazione dell'azione che
respinge. È pressoch´ finito il tempo delle separazioni pesanti, sono troppo
vistose e offrono troppi pretesti. Con il passaggio progressivo dal fisico del
recinto all'ottico della sorveglianza, il controllo dello spazio si fa discreto e
interattivo. Rovesciare il gioco delle visibilità: furtivamente si poteva
attaccare una barriera visibile; ora è il limite che si sottrae
agli sguardi e alle mani di chi cerca di superarlo e, sorpresi, si resta in
piena luce, esposti alla reazione.
L'innovazione del filo spinato è già un farsi virtuale del limite spaziale,
perch´ privilegia il leggero sull'imponente, la velocità sulla staticità, la
luce sull'opacità e il potenziale sull'attuale. Virtualizzare qui non significa
rendere meno reale, ma operare un trasferimento dai dispositivi di
potere materiali e statici ai dispositivi energetici e informazionali dinamici.
Invece di concentrare una grande quantità di energia sotto forma di torri e
mura, il potere moderno tende a creare dei dispositivi mobili che agiscono, e
dunque consumano, solo quando è necessario. Virtualizzazione non significa
minore controllo dello spazio. Al contrario, l'alleggerimento della presenza in
atto delle separazioni va a diretto vantaggio della capacità operativa del
potere, cioè della sua potenza.
Il filo spinato può dunque essere considerato come un punto fondamentale di una
storia del farsi virtuale della gestione politica dello spazio. Il simbolo del
potere rappresentato dalla capacità di chiudere gli spazi, di ostruirli con
prepotenza, tende a indebolirsi, cioè a divenire l'immagine
negativa di una sovranità brutale che privilegia i simboli del dominio piuttosto
che gli strumenti dell'efficacia. Ma a partire dalla Seconda Guerra Mondiale,
anche il filo spinato comincia ad apparire come una tecnologia pesante, arcaica,
e soprattutto come un simbolo quasi universale
dell'oppressione.
Note:
1. G.J. HORWITZ, Mauthausen, ville d'Autriche. 1938-1945, Seuil,
Paris 1992, p.196.Torna
2. Cfr. J.-L. COHEN, "La mort est mon projet":
architecture des camps, in F.DARIDA e L. GERVEREAU (dir.), La d´portation, le
système concentrationnairenazi, La D´couverte, Paris 1995, pp. 35-36.
Diversamente da Jean-Luis Choen, anoi non sembra che l'architettura del campo
sia panoptica. La discussionepotrebbe vertere sul carattere panopico, per
analogia politico, dellasorveglianza dei kapo o dell'effetto del terrore.Torna
3. Sul Panopticon, cfr. J. BENTHAM, Panopticon, ovvero la casa d'ispezione,
trad.it. di V. Fortunati, a cura di M. Foucault e M. Perrot, Marsilio, Venezia
1983.E sulla sua diffusione come principio disciplinare generale, cfr. M.
Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, trad. it. A. Tarchetti,
Einaudi, Torino 1976, pp. 213-247.Torna
4. L'effetto prodotto è spaziale ma il modo di funzionamento
è principalmentetemporale.Torna