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Il detenuto «finge» ma muore di cancro

Lavinia Di Gianvito

Corriere della Sera – Roma, 27 luglio 2004

Se ne sono accorti subito, in ospedale, che il detenuto arrivato da Rebibbia aveva un tumore al cervello. Ma in carcere no, nonostante cinque mesi e più di svenimenti, crisi epilettiche e proteste per le mancate cure. Finzioni da carcerato, disturbi di natura psicogena: queste le ipotesi dei medici. Da ultimo, quando stava per morire, hanno attribuito i sintomi all'isteria. Alla fine il detenuto è stato ricoverato al Pertini, ma ormai era in coma da ore e il chirurgo non è riuscito a salvarlo. Pochi giorni fa i consulenti della procura, Giovanni Arcudi e Roberto Vagnozzi, docenti a Tor Vergata, hanno depositato una relazione che suona come un atto d'accusa per l'intera organizzazione sanitaria del carcere.
Burocratica, disattenta e sbrigativa: così appare la gestione della salute a Rebibbia nelle 40 pagine della consulenza. Per individuare il tumore, sostengono i tecnici, sarebbe bastato sottoporre il detenuto a Tac ed elettroencefalogramma. Esami richiesti ogni tanto, eseguiti mai. Il comportamento dei medici è stato «decisamente censurabile». E Francesco Marrone, 41 anni, di Petrosino, nel trapanese, è morto per la negligenza di alcuni e l'imperizia di altri. Certo, la neoplasia prima o poi l'avrebbe ucciso, ma la mancata diagnosi e la mancata cura "hanno accelerato i tempi del decesso". Che è avvenuto il 16 febbraio scorso.
Nella relazione i due docenti ricostruiscono l'agonia del recluso, che stava scontando quattro anni e nove mesi per il tentato omicidio degli ex suoceri. È il 27 agosto 2003, ore 9, quando Marrone sviene per la prima volta. Da quel giorno è sottoposto a 12 visite psichiatriche e a sei neurologiche, queste ultime sempre con esito negativo. L'elettroencefalogramma, sollecitato otto volte da diversi medici di guardia, non viene mai eseguito. La Tac viene chiesta soltanto il 6 febbraio, quando il detenuto è trasferito in coma al Pertini. Eppure i sintomi che Marrone descrive fin da quella mattina di fine estate dovrebbero suscitare almeno qualche sospetto: il recluso rimette, perde coscienza, ha fortissime sudorazioni. Il 13 dicembre un medico diagnostica una crisi epilettica, ma nemmeno in quel momento scatta l'allarme. Intanto lo psichiatra scrive che Marrone ha «disturbi del comportamento» e «anomalie caratteriali», sostiene che "gli episodi lipotimici (gli svenimenti, ndr) sembrano di natura psicogena". Il 3 febbraio, tre giorni prima del coma, la cartella clinica riferisce: "Si rifiuta di collaborare e simula situazione di incoscienza". Il 4: “Biascica a mezza voce di stare male”.
Per i consulenti non ci sono dubbi: il carcere ha chiesto il trasferimento al Pertini quando le condizioni di Marrone erano disperate. Operato d'urgenza, il detenuto muore dieci giorni dopo. Il fratello Nicola, 45 anni, ex agente di custodia, si è rivolto all'avvocato Micaela Chiriaco per denunciare il caso. E il pm Antonella Nespola ha iscritto dieci medici e il direttore sanitario nel registro degli indagati per omicidio colposo. Nel fascicolo dell'inchiesta ci sono anche due lettere scritte da un detenuto a Nicola. La prima: "Le condizioni di salute di suo fratello sono precarie. Aleggia il sospetto della simulazione. Ho preso il suo indirizzo dalla lettera che lei ha mandato e che Francesco non ha potuto leggere". L'altra: “Da tre mesi tuo fratello veniva curato con un farmaco antiepilettico. Chi poteva entrare nella cella, cercava di dargli da mangiare e pulirlo". Solo, inascoltato, abbandonato alla sua malattia: il detenuto siciliano è morto così.