[da I principi cerebro-debilitanti dei trattamenti psichiatrici - Droghe, Electroshock, e il ruolo della FDA - Springer Publishing Company (1997) - Traduzione di Corrado Penna ]
Nell’ultimo decennio è aumentato continuamente il ricorso agli psicofarmaci, non solo all’interno della psichiatria, ma nella medicina nel suo complesso, e persino nell’ambito scolastico. Praticamente ogni paziente che viene ricoverato in una struttura psichiatrica è incoraggiato o forzato a prendere tali farmaci. C’è una tendenza all’interno della psichiatria a rendere più semplice la costrizione di pazienti ad iniezioni di farmaci a lento rilascio (e lunga azione) per una cura extra-ospedaliera. È usanza comune degli psichiatri privati dare ai pazienti un farmaco durante la prima visita e spiegare loro che avranno bisogno di farmaci per tutta la vita. Medici di famiglia, internisti e altri medici prescrivono in gran quantità antidepressivi e tranquillanti minori. Professionisti non medici, come gli psicologi e gli assistenti sociali, si sentono obbligati a consigliare ai loro pazienti una valutazione di trattamento psicofarmacologico. In questo maniera la medicalizzazione farmacologia porta aggressivamente all’esclusione della psicoterapia. Farmaci per adulti vengono prescritti in quantità sempre maggiori ai bambini.
Anche i non professionisti si sono uniti all’entusiasmo per gli psicofarmaci.
A causa del supporto dei mass-media a questa campagna a favore dei farmaci e
delle campagne pubblicitarie e di promozione delle case farmaceutiche, i pazienti
spesso arrivano allo studio del dottore avendo già in mente il nome di
una medicina. I docenti spesso raccomandano agli alunni una valutazione di trattamento
psicofarmacologico.
Come un aspetto di questo complessivo riemergere della bio-psichiatria, l’elettroshock
è diventato sempre più popolare. Persino la psicochirurgia trova
nuovamente chi parla in favore di essa (vedi Breggin & Breggin, 1994b).
Questa "rivoluzione del farmaco" vede gli psicofarmaci come qualcosa
che alla lunga è più utile che dannoso, persino come una cura
in senso assoluto. Alla stessa stregua dell’insulina o della penicillina,
essi sono visti come un trattamento specifico per una specifica malattia. Spesso
viene detto che tali farmaci correggono degli squilibri biochimici nel cervello.
Queste ipotesi hanno creato un ambiente in cui è difficile porre l’accento
sugli effetti nocivi dei farmaci; criticare per principio gli psicofarmaci è
ormai considerata un’eresia, poco diffusa per giunta..
Questo libro difende un punto di vista decisamente differente, ossia che gli
psicofarmaci svolgono il loro ruolo essenzialmente causando disfunzioni cerebrali,
e che a lungo andare fanno molto più male che bene. Mostrerò che
gli psicofarmaci non sono trattamenti specifici per nessuna specifica malattia
mentale. Invece di correggere squilibri biochimici, gli psicofarmaci ne causano
a loro volta cause, a volte in maniera permanente.
La critica in questo libro coincide con un punto di vista alternativo, cioè
che gli approcci sociali, educativi e spirituali sono i più utili nell’aiutare
gli individui a superare i propri problemi personali e a vivere una vita più
piena di significato. Ho già descritto altrove alcuni di tali approcci
(Breggin, 1991a, 1992a, 1997; Breggin & Breggin, 19941; Breggin & Stern,
1996). Molti altri hanno continuato a dar voce, da differenti punti di vista,
ad un forte criticismo del modello organicistica e dei trattamenti medici (Armstrong,
1993; Breeding, 1996; Caplan, 1995; Cohen, 2990; Colbert, 1995; Fisher &
Greenberg, 1989; Grobe, 1995; Jacobs, 1995; Kirk & Kutchins, 1992; Modrow,
1992; Mosher & Burti, 1989; Romme & Escher, 1993; Sharkey, 1994). Qui
voglio ribadire i presupposti impliciti usati per giustificare i trattamenti
con farmaci e con elettroshock in psichiatria, e per documentare i loro effetti
di debilitazione e danneggiamento e del cervello..
I principi che sono introdotti in questo capitolo saranno documentati ed elaborati
lungo tutto il corso del libro.
I. Tutti i trattamenti biopsichiatrici hanno in comune la maniera in cui esplicano
la loro azione, ossia il danneggiamento e l’alterazione delle normali
funzioni cerebrali
I farmacologi parlano di un indice terapeutico delle medicine, il rapporto fra
gli effetti benefici e quelli tossici. In realtà i trattamenti biochimici
sul cervello sono tali che l’effetto tossico e quello terapeutico coincidono.
Lo stesso dicasi per l’elettroshock e la psicochirurgia.
Da quello che sappiamo dalla neurologia appena una sostanza estranea entra in
contatto col cervello, i suoi effetti tossici si manifestano subito anche come
effetti psicoattivi. Senza tossicità il farmaco non avrebbe alcun effetto
psicoattivo.
II Ogni intervento biopsichiatrico causa disfunzioni cerebrali generalizzate
Sebbene trattamenti specifici hanno effetti differenti e riconoscibili sul cervello,
essi hanno in comune la capacità di produrre disfunzioni generalizzate
con qualche grado di danneggiamento su tutto lo spettro delle funzioni emotive
e intellettuali. A causa del fatto che il cervello è altamente integrato,
non è possibile disabilitare in maniera circoscritta alcune funzioni
cerebrali senza danneggiarne varie altre. Per esempio, anche la produzione di
una leggera mancanza di sensitività emozionale, di letargia, o di senso
di stanchezza, danneggia le funzioni cognitive quali l’attenzione, la
concentrazione, la prontezza di riflessi, la coscienza di sé stessi e
la sensibilità sociale.
Elettroshock e psicochirurgia ovviamente producono sempre disfunzioni generalizzate.
Alcuni farmaci a volte possono non produrre tali effetti se vengono presi a
dosaggi minimi, ma è anche vero che difficilmente esplicano il loro effetto
terapeutico a quei dosaggi.
III. I trattamenti biopsichiatrici esplicano i loro effetti "terapeutici"
danneggiando le più alte funzioni umane, inclusa la reattività
emozionale, la sensibilità sociale, l’auto-coscienza e la capacità
di auto-comprensione , l’ autonomia e l’autodeterminazione. Effetti
più drastici possono essere apatia , euforia e una sorta di indifferenza
tipica delle persone lobotomizzate.
Le più alte funzioni mentali, psicologiche e spirituali sono danneggiate
dagli interventi biopsichiatrici. Questo danno è causato da una parte
da una disfunzione generalizzata del cervello, e dall’altra di specifici
effetti sul lobo frontale, il sistema limbico e altre strutture. A volte si
arriva a una indifferenza tipica delle persone lobotomizzate nei confronti di
sé stessi e degli altri, una sindrome che io ho chiamato "deattivazione".
I trattamenti biopsichiatrici sono considerati efficaci quando i medici e/o
i pazienti preferiscono uno stato di funzionalità cerebrale ridotta e
quindi di minore capacità mentale, minore espressione emozionale. Se
l’individuo trattato con psicofarmaci riferisce sentimenti ancora più
forti e potenti, questo è molto probabilmente causato da un stima irreale
di quello che succede, da una danneggiata capacità di giudizio, o euforia.
Quando pazienti che assumono un terapia in "dose di mantenimento"
non provano nessun effetto, o la dose è troppo bassa per avere un effetto
clinico o il paziente è in capace di percepire l’effetto del farmaco.
IV. Ogni trattamento biopsichiatrico produce i suoi effetti primari ed essenziali
di danneggiamento del cervello su ogni persona, compreso volontari e pazienti
con differenti diagnosi psichiatriche.
A dispetto delle radicate convinzioni di chi propone gli psicofarmaci, non ci
sono specifici effetti psicoattivi dei farmaci per specifici disordini mentali.
Esiste ovviamente una certa varietà biologica e psicologica nella maniera
in cui la gente risponde ai farmaci, all’elettroshock, persino alla lobotomia
o ad un’accidentale incidente alla testa. Ad ogni modo, come principio
generale, gli interventi biopsichiatrici hanno effetti non specifici che non
dipendono dallo stato mentale della persona che li assume. Per esempio, sarà
mostrato che i neurolettici e il litio hanno lo stesso effetto su pazienti,
animali e volontari.
V. I pazienti rispondono ai trattamenti cerebro-debilitati con le loro proprie
reazioni psicologiche, come apatia, euforia, accondiscendenza o risentimento.
C’è una qualche variazione nel modo in cui gli individui rispondono
ai farmaci. Per esempio lo stesso antidepressivo addormenterà una persona
e ne ecciterà un’altra. Il Ritalin rende tranquilli molti bambini,
ma agita gli altri.
Può essere molto difficile separare le risposte indotte dai farmaci da
quelle indotte dalla nostra psicologia. Per esempio, quasi tutti gli antidepressivi
possono causare euforia e mania . Allo stesso tempo, alcune delle persone che
ricevono questi farmaci hanno le loro proprie tendenze a sviluppare certi stati
mentali. Similmente una varietà di farmaci sono capaci di generare agitazione
e ostilità nei pazienti, tali risposte possono anche essere sviluppate
senza farmaci. La docilità e l’accondiscendenza che sono state
osservate in seguito alla somministrazione dei neurolettici può essere
causata dalla sindrome da deattivazione indotta dai farmaci, ma può anche
derivare dal fatto che il paziente si rende conto che una ulteriore resistenza
è futile o pericolosa.
Più in là nel corso di questo capitolo, introdurrò il concetto
di "iatrogenic helplessness and denial" riguardo all’effetto
combinato degli effetti neurologici e psicologici dei trattamenti biopsichiatrici.
Nel capitolo 11, discuterò alcuni criteri per determinare che un farmaco
in sé stesso può causare una risposta mentale ed emozionale abnorme,
incluso un comportamento distruttivo.
VI. Le sofferenze mentali ed emotive ordinariamente trattate con interventi
biopsichiatrici non hanno cause genetiche o biologiche.
A dispetto di più di due secoli di ricerca intensiva, di nessun disordine
psichiatrico comunemente diagnosticato è stata scoperta una causa genetica
o biologica, inclusa la schizofrenia, la depressione, il disordine maniaco-depressivo,
i vari disturbi dell’ansia, e i disordini dei bambini come il disturbo
dell’attenzione-iperattività.
Al momento per quanto ne sappiamo non ci sono squilibri biochimici nelle menti
dei pazienti psichiatrici fino a quando non vengono somministrati loro i farmaci.
È puramente speculativo ed è persino naif asserire che antidepressivi
come il Prozac correggono una neurotrasmissione serotoninergica ipoattiva (uno
squilibrio biochimico della dopamina), o che neurolettici come l’Haldol
correggono neurotrasmissioni dopaminergiche iperattive (uno squilibrio della
dopamina). Il fallimento del tentativo di dimostrare l’esistenza di una
qualsiasi anormalità nei pazienti psichiatrici, a dispetto di decadi
di sforzi intensivi, suggerisce che tali difetti biologici non esistono.
Teoricamente è possibile che si scopra in futuro che alcuni dei problemi
trattati dagli psichiatri abbiano una base biologica. Per esempio le funzioni
mentali spesso migliorano quando alcuni disordini fisici, come l’ipotiroidismo
o la Cushing’s Syndrome, sono adeguatamente trattati.
Ad ogni modo, la grande maggioranza dei problemi ordinariamente trattati dagli
psichiatri non sembra neanche lontanamente legata a malattie del cervello (vedi
i capitoli 5 e 9). Per esempio, essi non producono i deficit cognitivi a livello
della memoria o del ragionamento astratto caratteristici dei disordini cerebrali.
Essi non sono accompagnati da febbre o da segni di malattia rilevabili tramite
accertamenti di laboratorio. Al contrario, test neurologici e neuropsicologici
generalmente indicano [nei cosiddetti "malati di mente"] funzioni
cerebrali nella norma o al di sopra della norma, e anche il corpo risulta essere
in salute. È molto difficile pensare che alcuni dei problemi ordinariamente
trattati dagli psichiatri siano basati su malfunzionamenti del cervello piuttosto
che da esperienze di vita di individui con cervelli normali.
Se di alcuni pazienti diagnosticati come depressi o schizofrenici si scoprisse
che abbiano leggeri squilibri biochimici, questo non giustificherebbe le correnti
pratiche biopsichiatriche. Dato che queste supposti squilibri non sono stati
ancora identificati, non ha alcun senso dare farmaci tossici, inclusi gli antidepressivi
e neurolettici attualmente disponibili, dato che tutti danneggiano notevolmente
le funzioni cerebrali.
L’idea che uno stato irrazionale o di stress emotivo sia causato funzioni
cerebrali danneggiate ed alterate è semplicemente falso. Una analogia
con la televisione può illustrare perché sia così. Se un
programma televisivo è offensivo o irrazionale, ciò non vuol dire
che qualcosa sia guasto nella struttura o nell’elettronica del televisore.
Non ha senso attribuire il cattivo programma televisivo a una cattiva programmazione
a una cattiva struttura. Similmente, una persona può essere molto disturbata
psicologicamente senza che ci sia nessun corrispondente difetto nella struttura
cerebrale. Ad ogni modo, l’argomento è irrilevante, dato che nessun
intervento biopsichiatrico contemporaneo può dimostrare realmente di
correggere una disfunzione cerebrale nella stessa maniera in cui un esperto
di elettronica può mettere a posto un televisore. Invece noi somministriamo
ciecamente sostanze tossiche a un cervello che è molto più delicato
e vulnerabile di un televisore. Addirittura noi usiamo l’elettroshock
o mutiliamo il cervello in una maniera che allarmerebbe un riparatore o un venditore
di TV, dato che corrisponde al danneggiamento del televisore stesso.
È stato spesso ipotizzato che persone che soffrono di disturbi emozionali
estremi, come allucinazioni e paranoie, o impulsi omicidi e suicidi, siano sufficientemente
anormali da far pensare all’esistenza di una causa biologica del loro
comportamento. Tuttavia la vita emozionale degli esseri umani ha sempre incluso
un largo spettro di attività mentali e comportamentali. Che un particolare
stato mentale o una particolare azione sia eccezionalmente irrazionale e distruttiva,
non indica di per sé una causa fisica. D’altronde se certi comportamenti
estremi necessitassero una spiegazione biologica, allora sarebbe nostro dovere
reagire con comportamenti estremamente etici, razionali, e amorevoli a tali
situazioni, dato che sono così rare nella vita umana.
Il fatto che un farmaco funziona, cioè, influenza il cervello e la mente
in una maniera che sembra positiva, non conferma il fatto che tale individuo
soffra di un sottostante disordine biologico. In tutta la storia conosciuta,
gli individui hanno medicato sé stessi per una varietà di ragioni
psicologiche e spirituali, dalla richiesta di uno stato superiore di conoscenza
al desiderio di una vita più sopportabile. Bevande alcoliche, caffè
e te, tabacco, e marijuana cono comunemente consumati dalla gente per aumentare
il loro senso di benessere. Lo stesso non c’è nessun motivo di
credere che i risultati che essi ottengono siano dovuti ad un sottostante squilibrio
biochimico.
VII. Se un disordine del cervello o della mente affligge già un individuo,
gli interventi biopsichiatrici attualmente disponibili peggiorano il disordine.
I trattamenti biopsichiatrici attualmente disponibili non sono specifici per
nessun disordine conosciuto del cervello. Senza eccezione essi disabilitano
le normali funzioni cerebrali senza correggere nessuna anormalità del
cervello. Di conseguenza se un paziente sta soffrendo di un qualche noto disordine
cerebrale, i trattamenti biopsichiatrico possono solo peggiorarlo. Un esempio
classico è la somministrazione di Haldol per controllare i soggetti emozionalmente
alterati che soffrono di Alzheimer. Invece che diminuire i sintomi della malattia
il farmaco aggrava la demenza.
Dopo che i farmaci psichiatrici sono stati sviluppati e commercializzati dalle
aziende farmaceutiche, vengono fatti tentativi di giustificare il loro uso sulla
base di presunti squilibri biochimici. Per esempio si è detto che il
Prozac attui i suoi benefici effetti migliorando la neurotrasmissione serotoninergica.
Anche l’elettroshock e la lobotomia sono giustificati dicendo che tali
interventi correggono gli squilibri biochimici. Non c’è nessuna
evidenza che queste intrusioni correggano uno squilibrio biochimico. Una vasta
gamma di agenti cerebro debilitanti sono usati per trattare ogni tipo di disordine,
qualsiasi cosa dal Prozac allo Xanax fino all’elettroshock è prescritto
per la depressione, e ogni trattamento finisce per compromettere numerose funzioni
cerebrali. In realtà, tutti gli interventi biopsichiatrici attualmente
disponibili causano un danno diretto al cervello e quindi alla mente senza correggere
nessuna disfunzione a noi nota.
VIII. I trattamenti biopsichiatrici individuali non sono specifici per i particolari
disordini mentali.
È stato speso detto che la psichiatria ha trattamenti specifici per specifiche
categorie diagnostiche: per esempio, i neurolettici per la schizofrenia, li
antidepressivi per la depressione, i tranquillanti minori per l’ansia,
il litio per la mania, e gli stimolanti, come il Ritalin, per deficit dell’attenzione-iperattività.
Nella pratica attuale il fatto che molti individui etichettati come schizofrenici
vengano inizialmente trattati con neurolettici o che i cosiddetti depressi vengano
trattati con antidepressivi, dipende in parte da una convenzione all’interno
della professione.
Quando un farmaco sembra più efficace rispetto a un particolare disordine,
questo spesso dipende dal fatto che esso abbia un effetto soppressivo o energizzante
sul SNC. Per esempio, se i pazienti cosiddetti depressi sono giù sia
emotivamente che fisicamente, dare loro un neurolettico che causa ritardi a
livello psicomotorio tenderà a farli peggiorare. Di questi pazienti si
dice facilmente che sembrano migliorare quando vengono stimolati artificialmente.
D’altra parte se i pazienti "schizofrenici" sono agitati e difficili
da controllare, non avrebbe senso dare loro degli stimolanti. Di questi si dice
che sono migliorati se assumono un neurolettico che riduce o appiattisce la
loro risposta emotiva complessiva. Questi effetti di massima ad ogni modo sono
ben lontani dall’essere risposte specifiche per malattie specifiche.
IX. Il cervello cerca di compensare fisicamente gli effetti disabilitanti degli
interventi bio-psichiatrici, il che porta frequentemente all’insorgere
di effetti collaterali negativi che si sommano a quelli già presenti,
oltre alla difficoltà di sospensione del trattamento [fenomeni di dipendenza]
Il cervello non accetta favorevolmente i farmaci psichiatrici come se fossero
delle benefiche delle sostanze nutritive. Invece il cervello reagisce ad esse
come fa con un qualsiasi agente tossico e cerca di sopraffare il loro impatto
distruttivo. Per esempio quando il Prozac induce un eccesso di serotonina nella
connessione sinaptica , il cervello compensa riducendo la fuoriuscita di serotonina
nelle terminazioni nervose e riducendo il numero di recettori nella sinapsi
che può ricevere la serotonina. Similmente, quando l’ Haldol riduce
la reattività nel sistema dopaminergico, il cervello compensa, producendo
iperattività nello stesso sistema in cementando il numero e la sensitività
dei recettori della dopamina.
È difficile se non impossibile determinare accuratamente la sottostante
condizione psicologica di una persona che sta assumendo farmaci psichiatrici.
Ci sono così tanti fattori che complicano la faccenda, inclusi gli effetti
di disabilitazione cerebrale dei farmaci, le reazioni compensatorie del cervello
e la risposta psicologica dei pazienti all’assunzione dei farmaci.
A causa del fatto che il cervello cerca di compensare l’effetto di molti
farmaci psicoattivi, i pazienti possono avere difficoltà ad abbandonare
la maggior parte dei trattamenti psichiatrici. Fisicamente, il cervello non
può riprendersi dall’effetto dei farmaci così velocemente
come il farmaco può essere repentinamente tolto, e così il meccanismo
compensatorio può avere bisogno di settimane o mesi per tornare alla
normalità dopo che il farmaco è stato abbandonato. A volte, come
succede nella discinesia tardiva, il cervello non riesce più a tornare
alla normalità. Psicologicamente i pazienti hanno paura che le loro sofferenza
emozionale peggiorerà senza farmaci. Gli può essere stato detto
dagli psichiatri che essi hanno bisogno di medicine per il resto della loro
vita. Ciò può rendere l’abbandono dei farmaci ancora più
difficile.
X. Pazienti soggetti a interventi biopsichiatrici spesso mostrano poca capacità
di giudizio sugli effetti positivi o negativi del trattamento sulle loro funzioni
cerebrali.
Disfunzioni cerebrali generalizzate tendono a ridurre l’abilità
individuale a percepire la disfunzione. Persone danneggiate [dall’uso
dei farmaci o altre sostanze tossiche] non solo tendono a minimizzare la loro
disfunzione, ma spesso hanno una visione di sé stessi come se funzionassero
meglio che mai. Gli individui intossicati dall’alcool, per esempio, spesso
mostrano poca capacità di giudizio nello stimare la loro capacità
di guidare un’automobile o di portare avanti una conversazione sensata.
Molte persone che fumano regolarmente marijuana credono che essa migliori le
loro funzioni psicologiche e sociali, ma se smettono di assumerla, diviene chiaro
a loro stessi che la loro memoria, prontezza mentale, la sensibilità
emozionale, la capacità di relazionarsi socialmente, sono stati danneggiati
durante il periodo di assunzione della droga. Le persone intossicate con stimolanti,
come l’anfetamina, possono sentire di avere capacità superiori
o addirittura superumane, mentre in realtà sono spesso seriamente danneggiate.
Lo stesso è vero per tutti i farmaci psichiatrici. Spesso il paziente
si rende poco conto del grado di danno mentale o emozionale fino a quando il
farmaco non viene sospeso per qualche tempo e il cervello ha il tempo di ristabilirsi.
Nella mia esperienza di esperto medico clinico e forense, ho viso pazienti rimanere
per anni in uno stato di seria intossicazione a causa di uno o più farmaci
senza che se ne rendesse conto. Attribuendo le loro condizioni alle loro stesse
risposte emozionali o a fattori di stress ambientale, essi posso persino chiedere
più medicine.
Dopo l’elettroshock o la psicochirurgia, i pazienti possono anche non
capire la causa iatrogena della loro disfunzione mentale e credere di avere
bisogno di ulteriori interventi.
La difficoltà a percepire l’estensione del danneggiamento indotto
dal trattamento può avere numerose cause psicologiche e fisiologiche.
Rifiuto psicologico. Gli individui sopraffatti da sofferenza emotiva facilmente negano la loro disfunzione psicologica. Non vogliono ammettere di essere seriamente danneggiati a livello mentale. Se essi sperano di sentirsi meglio usando un farmaco, la negazione può essere ulteriormente rinforzata.
Effetto Placebo. I pazienti hanno fede nel fatto che gli interventi biopsichiatrici saranno utili piuttosto che dannosi, e ciò fa sì che non vogliano vedere le disfunzioni indotte dal farmaco o che le attribuiscano ai loro problemi emozionali.
Complicità. In misura molto notevole, i pazienti riferiranno ai dottori quello che i dottori vogliono sentire. Se uno psichiatra chiaramente vuole sentirsi dire che il farmaco è utile, e non dannoso, molti pazienti saranno accondiscendenti dando false informazioni o nascondendo ogni evidenza contraria.
Confusione psicologicamente indotta. Individui psicologicamente alterati possono facilmente perdere l a loro capacità di giudizio riguardo al peggioramento delle loro condizioni. Essi possono persino scambiare un negativo effetto collaterale del farmaco, come l’ansia causata da un tranquillante minore o la depressione causata da un narcolettico, per un peggioramento delle loro condizioni emotive. Tipicamente essi se la prendono con sé stessi invece che con le medicine. Questa confusione è abetted quando il medico esagera nel vantare al paziente I benefici del farmaco e non informa il paziente dei suoi potenziali effetti collaterali.
Confusione indotta dai farmaci. Quasi tutti gli interventi bio-psichiatrici possono a volte indurre confusione, danneggiando la comprensione da parte del paziente delle disfunzioni mentali indotte dai farmaci.
Anosognosia indotta dai farmaci. Anosognosia è un termine che si riferisce alla capacità del danno cerebrale di causare la negazione delle funzionalità perdute. L’ anosognosia è un segno della disabilitazione del sistema nervoso centrale (CNS) (vedi sotto e al capitolo 5). Essa ha basi fisiche in aggiunta ad una base psicologica.
XI. I medici che prescrivono gli interventi biopsichiatrici spesso hanno un
concetto non realistico dei loro rischi e dei loro benefici.
In anni recenti, dubbi sono stati sollevati sull’obiettività delle
prove cliniche nelle quali i farmaci vengono comparati coi placebo o con altri
trattamenti alternativi. Troppo spesso i ricercatori sono influenzati dalle
loro inclinazioni inconsce.
Se gli studi clinici e scientifici possono essere distorti dai pregiudizi di
chi li porta avanti, è ancora più facile che la pratica clinica
quotidiana sia affetta dalle speranze e dalle aspettative del medico prescrivente.
Moltissimi medici hanno prescritto farmaci per anni con entusiasmo eccessivo,
prima che si provasse che gli agenti chimici dei farmaci sono inutili o inaccettabilmente
pericolosi. Le anfetamine, per esempio, furono liberamente dispensate per molti
anni a milioni di pazienti sia per la depressione che per il controllo del peso
senza nessun riguardo per la loro mancanza di efficacia e per la dipendenza
che esse inducevano nelle persone trattate. Similmente, I tranquillanti minori,
quali il valium, furono dati a milioni di pazienti prima che la professione
riconoscesse che essi hanno pochi o nessun effetto a lungo termine e che possono
creare dipendenza. Sia la psicochirurgia che l’elettroshock continuano
ad essere utilizzati, nonostante gli ovvi devastanti effetti sulla vita mentale
dei pazienti e nonostante l’assenza di prove della loro efficacia.
Per contatti
Peter R. Breggin
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Fonte: pubblicato su Carmilla on line il 20 gennaio 2004 http://www.carmillaonline.com/