Storia di un concetto la cui pratica risale a molti secoli fa. Ma che cosa significa oggi esercitare la violenza fisica?
"Tortura", da torquere, indica l´atto del torcere: ad esempio,
filati, rami, tralci, olive, membra umane; così l´aggiustaossa
rimedia alle slogature (nel mio dialetto li chiamano "settimini",
presupponendo abilità particolari nei nati prematuri); hanno fine terapeutico
anche operazioni intese allo scioglimento delle lingue; tortor chi le compie,
mestiere infame. Siccome serve ad eruendam veritatem, il nome dell´interrogatorio
assorbe l´idea dei tormenti: quaestio e question (titolo d´un pamphlet
contro la tortura nella guerra d´Algeria); in tedesco Frage, più
scharf (acuto, tagliente o tutt´e due; e sommato a Richter, giudice, lo
stesso aggettivo indica l´esecutore delle pene capitali). Nel francese
antico la chiamano gehine o jehine, dal verbo franco che significa "confessare":
l´uso popolare vi ritrova il nome biblico dell´inferno; interrogatori
tormentosi (da lì, gêne, il cui significato debole è "disturbo").
Ne parla il Corpus iuris, piuttosto male, come d´un mezzo da prendere
con le molle: «res fragilis et periculosa», nota Ulpiano riferendo
argomenti tramandati nella retorica greco-romana; il colpevole hard boiled resiste
uscendo indenne; l´innocente dai nervi scoperti racconta quel che vogliono,
sputando false confessioni prima che l´abbiano toccato, alla sola vista
degli arnesi (territio, nella nomenclatura medievale).
Sotto quest´aspetto i secoli detti bui sono civili, perché alla
morale individualista degl´invasori ripugna che l´uomo libero sia
coatto a confessare. I giudizi penali diventano affare agonistico. Figura classica
i duelli. Altrove l´accusato "purga" l´accusa giurandosi
puro, ma non basta: deve esibire dei coniuratores nel numero e dignità
stabilito da chi giudica; i quali non testimoniano sui fatti, affermano una
qualità dell´uomo; la coniuratio misura l´ascendente sociale.
Terza tecnica l´ordalia, da Urteil, giudizio. Lo iudicium Dei consiste
nel sottoporre una delle parti (individuata dalla sentenza) a esperimenti d´esito
prevedibile: normalmentee subisce ustioni chi corre a piedi nudi su carboni
accesi o vomeri incandescenti o impugna un ferro rovente (iudicium ferri candentis);
o affonda il braccio nel calderone d´acqua bollente (iudicium aquae ferventis);
quando esca incolume, ha vinto. Tutte le probabilità gli stanno contro,
ma essendo spesso manipolato l´esperimento, gli esiti dipendono da materiali
istruttori occulti. Le purgationes vulgares non soddisfano più un secolo
evoluto qual è il Duecento: erano rito quasi liturgico; le squalifica
il IV Concilio Laterano, 1215, vietando ogni commistione ecclesiastica. Dal
tardo XI secolo sono riemerse le fonti romane: il Corpus iuris viene subito
dopo la Bibbia; la quaestio ad eruendam veritatem vi figura; e nella metamorfosi
inquisitoria ricrescerebbe anche se restassero sepolti i Libri terribiles, perché
la nuova procedura richiede conclusioni storiche sicure. Affare arduo, ma lo
spirito scientifico duecentesco, coniugato a teologie pessimistiche (il male
pullula, l´inferno incombe), suggerisce l´equazione: c´è
una persona i cui interni mentali contengono la chiave del caso; colpevole o
innocente, l´inquisito sa cose utili al processo; bisogna captargli le
memorie; i tormenti favoriscono lo scandaglio introspettivo. L´istruttore
diventa psicanalista. Gl´interrogatori forniscono enormi flussi verbali:
i notai criminali li raccolgono usando solo più carta; costerebbe troppo
la pergamena usata nei vecchi giudizi, dove correvano poche parole.
Nei testi legislativi la gehenna appare a Verona, 1228: forse l´uso precede
le norme, ma consolidamento e diffusione avvengono in tempi piuttosto lunghi
se cade nella terzultima decade del secolo la prima opera didattica sull´argomento
(matrice della letteratura penalistica moderna), l´anonimo Tractatus de
tormentis. Papa Innocenzo IV detta un ordine ai Comuni dell´Italia settentrionale:
i podestà estorcano confessioni da ogni eretico su cui mettono le mani,
costringendoli anche a nominare i correi, «latrones et homicidae animarum»;
basterà che l´esaminato resti vivo e intero (Ad extirpanda, 15
maggio 1252). Così rinasce la quaestio durando oltre mezzo millennio.
Lunghissima, ignobile storia sotto maschera ipocrita. Vigono pseudogarantismi,
ad esempio che i tormenti non siano reiterabili su chi li ha sostenuti «purgando
gl´indizi a suo carico»: formula assurda, fuori della sofisticata
logica inquisitoria; fosse così, la tortura sarebbe un´ordalia,
roba obsoleta; l´incongrua regola, infatti, resta sulla carta, elusa da
deroghe legali e astuzie pratiche. L´inquisito è animale da confessione,
adoperabile finché l´analista vi abbia interesse. Trasudano malafede
i lamenti tramandati nei secoli sugli abusi. Li declamano a freddo, con le stesse
parole, dottori, giudici, consulenti, integrati nel sistema. L´ordigno
dura tanto perché viene comodo: oltre date soglie qualunque paziente
capitola; l´operatore sbroglia i casi come vuole. Gli esami in tormentis
sono materia amorfa: nei lavori preparatori dell´Ordonnamce criminelle
1680, capolavoro d´arte legislativa, Guillaume Lamoignon chiedeva una
disciplina del modo d´eseguirli, visti i frequenti e gravi danni corporali;
no, risponde Henri Pussort, emissario del re, sarebbe indecente «dans
une Ordonnance». Sono i "filosofi" a seppellire l´istituto.
I sovrani assoluti l´aboliscono ignorando gli allarmi delle magistrature
(ad esempio, Gabriele Verri a Milano, autore d´una consulta negativa a
Maria Teresa, 19 aprile 1776): comincia Federico II da Berlino, appena salito
al trono, 3 giugno 1740; ultimo arriva Luigi XVI, in due tempi, 24 agosto 1780
e otto anni dopo.
Stiamo parlando della tortura ufficiale, talvolta rimpianta. Anno Domini 1947
F. Carnelutti deplora le fisime illuministiche d´inviolabilità
della psiche: la pena è una medicina; al reo giova confessarsi colpevole;
se qualche espediente garantisce risposte sicure senza causare «danni
notevoli al corpo», adoperiamolo. Mettere aliquem in perturbatione è
routine nei regimi totalitari (Gestapo, Nkvd, generali sudamericani): i rei
confessi dei dibattimenti moscoviti 1936-38 recitano scene pattuite dietro le
quinte; Arthur Koestler l´aveva intuito (Buio a mezzogiorno). L´ultimo
esempio viene da Abu Ghraib, con una notevole variante: gehenna canonica e residui
himmleriani, stalinisti, ecc., erano lavoro tecnico, eseguito nel modo freddo,
attento, coscienzioso, in cui un sarto taglia e cuce, l´alchimista distilla,
il medico ausculta. Nei documenti iracheni figurano pantomime il cui genere
prossimo sono le Cent Vingt Journées de Sodome, opera postuma del famoso
marchese: piramidi umane, uomini al guinzaglio, spettatori ghignanti, feste
nere; spira allegra Schadenfreude o gusto gratuito del male inflitto ad animali
inermi, meglio se umani. Su un punto però Donad Rumsfeld imita Ippolito
Marsili, titolare della prima cattedra penalistica italiana (Bologna, 1509),
vecchio praticone devoto alla Madonna, testa sconnessa, campione d´uno
stile disinvolto (bastasse negare l´indomani le cose confessate sotto
i tormenti, esclama, la forca rimarrebbe vedova): tutt´e due raccomandano
la tortura del sonno; lo stress ammorbidisce gl´inquisiti.