Una decina di fotografie recapitate ad un organismo per la difesa dei diritti
umani, ha permesso di provare che fra il 1986 e l’inizio dei ’90,
ossia vari anni dopo la fine della dittatura ed il ristabilimento della democrazia,
in Argentina le forze armate utilizzavano la tortura come tecnica di formazione
degli elementi di elite. L’impressionante documentazione, recuperata da
un laboratorio fotografico oggi chiuso, è stata consegnata al Centro
di studi legali e sociali, da questo al sottosegretario per i diritti umani,
Luis Eduardo Duhalde, che l’ha depositata sulla scrivania del presidente
della repubblica Nestor Kirchner.
In essa si vedono scene di addestramento estremo, con «prigionieri»
nudi all’aperto, incappucciati e con le mani legate dietro la schiena,
mentre in una foto è visibile addirittura l’applicazione, su un
corpo infangato e legato con corde, della «picana» (per infliggere
scariche elettriche).
«Osservando il materiale - ha detto in una conferenza stampa il presidente
del Cels, Horacio Verbitsky - abbiamo pensato che si trattasse di scene dell’epoca
della dittatura (1976-1983), ma mai potevamo immaginare che invece appartenevano
ad un’epoca molto più vicina a noi».
Appena tornato dal Vertice delle Americhe di Monterrey, Kirchner ha convocato
il comandante dell’Esercito, Roberto Bendini, ordinandogli di verificare
«in poche ore» dove e quando l’episodio era avvenuto. Le informazioni
raccolte hanno permesso di appurare che il materiale si riferiva ad un Corso
per commandos organizzato, nel 1986, nella «Quebrada de la cancha»
di Cordoba su «Resistenza come prigioniero; evasione e fuga».
Bendini ha ammesso che i corsi, cominciati negli anni ’60 per impulso
di ufficiali francesi della guerra di Algeria e Indocina, sono proseguiti fino
al 1994. In essi, oltre alla «picana» da 12 volt, per temprare gli
allievi si praticavano il «submarino» (affondamento della testa
in acqua) e l’immersione fino al collo degli allievi per giorni in pozzi
d’acqua. E chi non resisteva veniva escluso dal proseguimento della formazione.
Il coordinatore del governo, Alberto Fernandez, ha condannato la realizzazione
di simili corsi sostenendo che «è uno sproposito pensare che si
possa preparare qualcuno a sopportare la tortura, torturandolo». Tutti
gli organismi di difesa dei diritti umani hanno chiesto alle autorità
«una inchiesta approfondita» su quanto accaduto, insinuando che
«i presidenti che si sono avvicendati dopo la fine della dittatura (Raul
Alfonsin e Carlos Menem) non potevano ignorare l’esistenza di queste pratiche».
Hebe de Bonafini, storica leader delle Madri di Plaza de Mayo, ha dichiarato
che queste tecniche di tortura contemplate in passato provano che «nell’
Esercito c’è del marcio» e che le forze armate prediligono
«una formazione nazista». Bonafini ha aggiunto che ora «è
necessario conoscere nei minimi dettagli chi ha partecipato ai corsi»,
perché «quei personaggi sono peggio delle bestie, visto che sono
stati preparati a fare a pezzi le persone, che è quello che è
accaduto durante la dittatura».