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La tortura: «Una pratica universale»

Nello Scavo

Avvenire, 26 giugno 2004

Sono 132 i Paesi del mondo nei quali la tortura è ancora usata per estorcere confessioni, punire colpevoli di reati o anche solo i sospettati. Ogni anno vengono denunciati circa 10 mila casi, ma la grande maggioranza rimane sconosciuta. Ed oggi in occasione della Giornata internazionale per le vittime della tortura, la Sezione Italiana di Amnesty International organizza a Roma una manifestazione-spettacolo a Campo de' Fiori per chiedere al Parlamento l'approvazione, dopo quindici anni di continue promesse, di una legge che introduca definitivamente il reato di tortura nel nostro codice penale. Nella lista nera stilata annualmente da Amnesty ci sono sigle inaspettate, come quelle dell'Italia, Spagna, Usa. Certo in molte realtà si tratta di casi isolati, ma in troppe nazioni sistemi giuridici arcaici riconoscono gli abusi sui detenuti come "sistema" di repressione e prevenzione del crimine. Una macchina mostruosa: c'è chi dà l'ordine di torturare, c'è chi si occupa di addestrare i torturatori, e chi - quasi a offrire una ridicola "garanzia" all'opinione pubblica - fa presenziare alle violenze perfino un medico. Poi ci sono le omissioni, le negazioni, le indagini farsa e l'impunità degli aguzzini. Ma oggi il grido che arriva dalle prigioni segrete e dalle camere della morte si fa più straziante. Perché stando alle informazioni raccolte dalle organizzazioni umanitarie, la guerra al terrorismo mondiale sta diventando un pretesto per far regredire i sistemi repressivi di Paesi che invece si erano incamminati sulla via del rispetto dei diritti umani. «Ci hanno attaccato il 28 agosto dell'anno scorso. Durante il primo attacco hanno ucciso 82 persone, nel secondo altre 70». Il racconto di un rifugiato sudanese della regione del Darfur è spaventoso. La sua gente è stata assediata dalle milizie alleate al governo centrale. «Hanno dato fuoco al villaggio bruciando vivi anche anziani e bambini. Hanno preso le donne e le hanno spogliate. Poi hanno ucciso gli uomini e hanno torturato e stuprato le donne». Una bestialità organizzata. E le distanze culturali, quando di mezzo c'è la brutalità, di colpo si annullano. «La porta si apre, sulla soglia appaiono sei uomini. Ti picchiano, ti trascinano nelle loro stanze e ti picchiano ancora». Siamo a Chernokozovo, Cecenia. Parla un ex detenuto condannato all'isolamento. «Faccia al muro, manette. e giù con i martelli di legno. Con quegli stessi martelli ci facevano correre da una stanza all'altra. Ti picchiano a destra, corri a sinistra. Ti bastonano a sinistra, corri a destra. E così arrivi in un posto dove è seduto un uomo, uno che ci gode a tormentarti». Allora ti rifà la stessa domanda. Secca: «Dov'è Maskhadov?». Risposta: «Non lo so, non ne ho idea». E allora si ricomincia. «Giù con le pinze. Con la corrente elettrica in tutto il corpo.». Le immagini provenienti dal carcere di Abu Ghraib hanno trasformato le denunce di presunte torture segnalate da Amnesty International in prove schiaccianti della brutalità e degli orrori compiuti dai militari angloamericani nelle prigioni irachene. La conferma di come la tentazione di tornare ai "rimedi" barbari del passato tocchi da vicino anche le democrazie più evolute.