È finita la privacy per i navigatori italiani
Pier Luigi Tolardo, ZEUS News 29 dicembre 2003

Un decreto blitz di fine anno del Governo obbliga tutti i gestori telefonici e gli Internet Provider a conservare i "dati di traffico" dei loro clienti degli ultimi 5 anni. Il Garante della Privacy protesta.

In genere alla fine dell'anno gli italiani sono molto impegnati a farsi gli auguri, a impacchettare i regali e a cercare di dimenticare l'anno trascorso che il Governo, qualunque sia il suo colore, approfitta della distrazione "natalizia" per rifilare qualche provvedimento negativo e/o impopolare che in un altro momento sarebbe più difficile far passare.
Così è stato anche a fine 2003 con un decreto del Governo Berlusconi che riforma il Codice della Privacy, emanato dallo stesso Governo, solo lo scorso 27 Giugno e non ancora entrato in vigore, perché la sua decorrenza è a partire dal 1 Gennaio 2004.
Il nuovo Codice della Privacy, cambiato prima di entrare in vigore, avrebbe dovuto porre fine alla prassi delle società telefoniche di conservare a fini di documentazione del traffico i dati dei contatti telefonici per ben 5 anni, i contatti significa il numero del chiamante, del chiamato, la data e l'ora e la zona per i telefoni mobili, non i contenuti che rimangono riservati e si devono intercettare apposta, con l'autorizzazione della magistratura o anche senza ma allora è un reato.
Il nuovo Codice della Privacy stabiliva in 30 mesi il termine massimo di conservazione di questi dati, il decreto Berlusconi stabilisce che devono essere conservati fino a 5 anni, ma dopo i 30 mesi, possono essere richiesti da un magistrato solo all'interno di indagini su terrorismo, mafia, rapimenti ed estorsioni.
In pratica il Governo ritorna sui suoi passi rispetto alle telefonate dopo l'allarme gettato dai magistrati del delitto D'Antona a proposito di colpevoli. a cui non sarebbero potuto risalire se la legge avesse limitato a 30 mesi la conservazione dei dati del traffico telefonico, dopo cui devono essere inesorabilmente cancellati. Bisogna, ragionevolmente, chiedersi perché, nel caso del delitto D'Antona, le indagini abbiano girato a vuoto per così tanto tempo ma il Governo ha raccolto questo grido d'allarme e ha reso legge una prassi delle società telefoniche che, invece, aveva deciso di cambiare.
C'è di più però: oltre alla conservazione dei dati del traffico telefonico il Governo introduce un obbligo, a carico degli internet Service Provider, di conservare i dati relativi a tutte le connessioni agli stessi da parte dei loro clienti. A disposizione dei magistrati, ma anche degli avvocati degli indagati, dovranno rimanere per 60 mesi dati come il tragitto di una comunicazione, mittente e destinatario, numero dei caratteri inviati per e-mail.
A differenza però della comunicazione telefonica, nel caso della comunicazione elettronica, sarà molto più difficile distinguere tra contatti e contenuti. E infatti lo stesso Garante per la Privacy Stefano Rodotà ha dichiarato con un suo comunicato ufficiale: "La nuova disciplina sui dati relativi alle comunicazioni elettroniche e alle utilizzazioni di Internet può anche entrare in conflitto con le norme costituzionali sulla libertà e segretezza delle comunicazioni e sulla libertà delle manifestazioni del pensiero. Il Garante confida in un attento esame del decreto da parte del Parlamento".
La preoccupazione che dai file di log si possano ricostruire quali pagine internet sono state visitate, da chi e per quanto tempo, oppure quando è stata spedita una determinata e-mail, quanto pesava, quando è stata scaricata, ricostruendo gli interessi culturali, religiosi, politici, sessuali, la sua cerchia di relazioni, creando dei dossier sui cittadini, tranne naturalmente chi è escluso dalla Rete.
La stessa Assoprovider, l'Associazione che raggruppa gli Internet Provider, è preoccupata anche per i riflessi economici di questo provvedimento, che potranno produrre un aumento di costi per gli utenti stessi e in suo comunicato dichiara: "Assumendo che nella media i 24 milioni di utenti Internet ricevano solo un megabyte di posta al giorno, la conservazione di questo traffico per 5 anni genererebbe un archivio di circa 80 milioni di Cd-Rom".
All'Unione Europea era allo studio una normativa comunitaria sulla conservazione dei dati delle comunicazioni elettroniche che prevedeva un tempo massimo di conservazione di 12 mesi ma la trattativa tra i diversi Paesi si è bloccata perché per alcuni era un tempo eccessivo.
Bisogna anche sottolineare che il Governo non tiene in nessun conto il parere delle Authority indipendenti, che pure il Parlamento ha eletto, basta considerare il fatto che i giudizi negativi di Antitrust e Autorità delle Comunicazioni in materia di radio-televisione e telefonia rimangono inascoltati, non solo quello della Privacy e, d'altra parte, né le Authority né un singolo cittadino o un'associazione possono ricorrere alla Corte Costituzionale se ritengono che una legge sia lesiva dei loro diritti costituzionali, ma, fortunatamente, questo diritto è riconosciuto presso la Corte Europea dei Diritti dell'Aja.

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Bomba natalizia dal Governo
Punto Informatico, 24 dicembre 2003

Insorge tutto il mondo internet, gli operatori e persino il Garante della privacy. A poche ore dal Natale nasce il Piccolo Fratello italiano. Stanca e Castelli sotto accusa. Si spera nel Parlamento

Roma - C'è chi sorride dinanzi al decreto legge varato dal Governo in queste ore, una normativa che riguarda internet e i cittadini italiani e che è riuscita nell'arco di 24 ore a scatenare un'ondata di polemiche come raramente si è visto. Il sorriso, in effetti, è espressione della natura umana quando viene posta, all'improvviso e inaspettatamente, dinanzi ad una enormità come quella presentata a Palazzo Chigi da due ministri: Castelli (Giustizia) e Stanca (Innovazione).
Il testo varato dal Governo concretizza con pochi semplici concetti un quadro orwelliano paventato dai più pessimisti all'alba della rivoluzione digitale. I provider internet e gli operatori di telefonia devono conservare fino a cinque anni tutti i dati del traffico, quello internet, appunto, e quello telefonico. Per dati di traffico si intendono i contatti, chi manda o spedisce un messaggio, a chi viene fatta una telefonata e da chi, e quando. Dati che l'autorità giudiziaria potrà richiedere alla bisogna a provider ed operatori. La giustificazione di tutto questo è quella di sempre: sicurezza e anti-terrorismo. Non si intendono, come si era creduto in un primo tempo, i contenuti delle email o delle telefonate. Nella conferenza stampa di presentazione Stanca ha sottolineato che "è importante registrare che mi sono collegato, che mi sono collegato a quella persona, per questo periodo di tempo, in quella data, a quell'ora, eccetera". Ed è stata esplicitamente esclusa la registrazione dei contenuti delle comunicazioni.
Il progettino che vuol essere progettone appare ai più fallato.
Il primo problema, evidenziato ieri da una nota diffusa da AIIP e Assoprovider, le due associazioni di settore, sono le strutture necessarie a registrare i dati di traffico. Gli oneri per archiviare la mole di dati richiesta, per garantirle la giusta sicurezza e integrità, sarebbero presto eccessivi per operatori che oggi conservano quei dati per soli pochi giorni esclusivamente per rispondere a problemi di instradamento.
Ma soprattutto c'è il problema della privacy. Il Garante della privacy in seduta collegiale subito dopo il varo del provvedimento ha emesso - fatto rarissimo - una nota in cui sottolinea come possa confliggere con il dettato costituzionale che protegge la segretezza e la libertà delle comunicazioni. Il Garante si attende che il Parlamento metta pesantemente mano al provvedimento non appena giungerà alla sua attenzione per l'esame e l'eventuale successiva traduzione del tutto in legge dello Stato. L'iniziativa governativa, peraltro, arriva a pochi giorni dall'introduzione del nuovo Codice della privacy che ne esce, evidentemente, stravolto.
"Ogni ulteriore estensione della fattispecie di dati raccolti - scrivono ancora i provider a questo proposito - deve essere soppesata con estrema cautela, sia sotto il profilo della quantità di dati da memorizzare, sia e soprattutto perché comporterebbe la creazione di archivi dai quali si potrebbe risalire (...) alla cerchia di relazioni di ciascun utente creando, nei fatti un dossier a carico di ciascun cittadino da cui rimarrebbero esclusi, in una sorta di paradossale digital divide alla rovescia, solo coloro che ancora non usano la rete".
Ad attaccare a spada tratta il provvedimento sono anche riferimenti storici per la rete italiana, come Alcei, l'associazione per le libertà digitali, che in una nota ricorda come "l’accumulazione preventiva del traffico internet ha una scarsissima efficacia investigativa e non aggiunge sostanziale valore all’operato della polizia giudiziaria. Le attuali tecniche di indagine di cui dispone la magistratura, insieme alla cooperazione offerta dagli internet provider e dagli operatori telefonici già consentono, infatti, di svolgere investigazioni di polizia senza bisogno di emanare norme pericolose che, a parte la discutibilità tecnica, danno licenza di spiare tutto e tutti".
"Solo in caso di indagine - ha spiegato ieri Stanca - abbiamo consentito alla magistratura l'accesso ai dati della comunicazione telefonica e internet. È un esempio, perché tutti i paesi si stanno muovendo in questa direzione". Lui lo chiama "un altro passo avanti".

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Conservazione dei dati: un tentativo di ricostruzione
Massimo Mantellini
31 dicembre 2003

Si parla molto del decreto del governo approvato il 23 dicembre sui nuovi obblighi di conservazione del traffico telefonico e internet. Su Quinto Stato c'è addirittura una petizione da firmare ed inviare ad alcuni soggetti istituzionali. Come spesso accade la confusione regna sovrana e circolano versioni contrastanti ed assurde su quanto accaduto negli ultimi giorni. Provo a ricostruire. Il decreto del governo del 23 scorso non dice grandi cose, sostanzialmente impone l'obbligo di conservazione dei log telefonici e dei collegamenti internet per un periodo di 5 anni. Ecco la parte che ci interessa:
vengono inoltre previsti nuovi e più lunghi tempi di conservazione dei dati di traffico telefonico per favorire indagini su gravi fatti connessi alla criminalità organizzata ed al terrorismo; per il medesimo fine, e con le adeguate garanzie determinate dal Garante per la privacy, i fornitori di accesso ad internet sono tenuti a conservare per un periodo di trenta mesi (prorogabili di ulteriori trenta mesi) i dati relativi alle connessioni, con tutti gli elementi utili ad individuare data, ora e durata del collegamento, esclusi comunque i contenuti;
A questo punto il Garante della Privacy un poco si inalbera. Un po' a ragione e un po' (diciamolo) per opposizione politica. Questo il suo comunicato del giorno stesso (23/12):
Il Garante nella sua piena collegialità (Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello, Gaetano Rasi e Mauro Paissan) prende atto con preoccupazione del decreto legge approvato oggi dal Governo sulla conservazione dei dati del traffico telefonico e su Internet. In particolare, la nuova disciplina sui dati relativi alle comunicazioni elettroniche e alle utilizzazioni di Internet può anche entrare in conflitto con le norme costituzionali sulla libertà e segretezza delle comunicazioni e sulla libertà di manifestazione del pensiero. Il Garante confida in un attento esame del decreto da parte del Parlamento.
Tutta la faccenda qui sarebbe bella e conclusa (almeno fino alle valutazioni sulla costituzionalità del provvedimento) ma sfortuna vuole che nello stesso giorno (guarda te il caso) il Corsera pubblichi una intervista a Pietro Saviotti magistrato che si occupa delle inchieste sulle nuove BR che dichiara il suo compiacimento perché finalmente si potranno archiviare tutte le email per 5 anni ed il suo compito investigativo sarà così facilitato (purtroppo non ho trovato l'articolo). Non ha importanza che il giudice abbia con ogni probabilità preso fischi per fiaschi (il governo non ha mai proposto l'archiviazione del traffico email ne potrebbe pretenderlo dagli ISP per evidenti ragioni di spazio disco), Assoprovider e Aiip se ne partono con un preoccupate comunicato stampa congiunto sulla vicenda.
L'ipotesi, ventilata nell'intervista, di una archiviazione coatta di tutte le E-mail (e relativi allegati) scaricate dagli utenti italiani di Internet si scontra con la realtà fisica e con l'articolo 15 della costituzione ed avrebbe l'effetto di far dirottare il traffico di posta elettronica verso paesi più rispettosi della dignità della persona.
A questo punto la frittata è fatta e in un crescendo di confusione, qualche articolo di stampa che mescola sapientemente il tutto e vibranti prese di posizione di politici dell'opposizione si arriva al documento-protesta di QS pubblicizzata anche su PI di oggi. La lettera firmata anche da Cortiana e da Monica Frassoni ed inviata a Pera, Casini e Berlusconi è un curioso mescolone di tutti i gossip sentiti in questi giorni:
Con la presente, intendo protestare per il decreto che il consiglio dei ministri ha improvvisamente varato lo scorso 23 dicembre. Ritengo che la conservazione coatta dei siti che visito, dei destinatari delle mie telefonate e delle mie email per un periodo non inferiore ai 5 anni costituisca una violazione inaccettabile dei diritti inviolabili che mi spettano in quanto cittadino, così come sancito dall'art. 15 della Costituzione.
E ditemi voi se questa è una cosa seria...