Invio questa pubblica denuncia sull'uso di psicofarmaci nei reparti di Diagnosi e Terapia, nei Centri Igiene Mentale, nei Sert d'Italia. È una mia testimonianza che voglio condividere e diffondere per denunciare.

Paola Gandin
Osservatorio Etico Ambientale
Monfalcone, 15 febbraio 2002
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Le carceri invisibili

Siamo testimoni. Molti di noi sono testimoni di squarci di realtà sociale, di situazioni pubbliche. Ne siamo solo testimoni spettatori a volte, delle altre ci ritroviamo dentro accidentalmente o fatalmente.
    È successo a me, fin dall'infanzia, di avvicinarmi e visitare gli ospedali psichiatrici della mia terra, l'Isontino, patria del dottor Basaglia.
     Uno zio, un cugino, la cooperativa sociale ed un amico mi hanno portata a vivere la realtà degli ex-manicomi.
     La mia testimonianza guarda all'approccio e alla strategia terapeutica di questi reparti; non ho visto catene e sporcizia, né camicie di forza, ma ho visto elettroshock ed oggi vedo la Terapia dell'Alienazione.
     Voglio raccontarvi i fatti perché solo così ci si può rendere conto dell'abominio psichiatrico che devasta migliaia e migliaia di fragili creature.
     I medici responsabili del reparto "DIAGNOSI E TERAPIA" diagnosticano uno "stato confusionale da stress" e imbottiscono il "confuso-stressato" di un mix di tranquillanti. Beh, direte voi, gli hanno dato una rallentata così si dà una calmata e gli riprende pian piano il sorriso e la gioia di vivere con equilibrio.
     Ora, tutta la mia analisi verterà su questa convinzione che il mix di tranquillanti sia senz'altro la via giusta per raggiungere la salute mentale del malcapitato.
     Nel frattempo la panoramica è questa:
  1. Non si esce dal reparto nemmeno sul terrazzo -, se non accompagnati, in gruppo, una volta ogni tanto (e solo alcuni)
  2. Il grigiore assoluto del posto (ad esclusione di due enormi poster nella sala TV di mare e montagna)
  3. La stanza ricreativa dispone di una televisione, mazzi di carte, giornali e basta.
L'effetto collaterale di alcuni psicofarmaci fa reagire l'attività motoria in maniera incontrollata e nel corridoio c'è un via vai di drogati che non riescono a smettere di camminare avanti e indietro, o di dondolare sulle gambe.
     Altro effetto è l'incessante stimolo a fumare sigarette, consentito solo nella sala TV, dove aleggia una cappa nefasta poiché le finestre sono categoricamente sbarrate; senza contare che il fumo invade il corridoio ed entra ovunque. Un cartello recita di avvisare il personale ospedaliero quando l'aria diventa irrespirabile. : -(
     Ogni paziente è nel suo bozzolo psicotropo e oltre gli occhi, gli sguardi sono senza coscienza di sé, appannati e alienati.
     Questa visione così tragicamente involutiva e fonte di sofferenza mi ha spinto a scrivere questa testimonianza. Sono disgustata dall'uso del punturone a lento assorbimento, dai mix chimici, dal metadone, dall'arroganza di questi macellai del cervello che andrebbero rimossi senza esitazione dai loro incarichi di responsabilità.
     Lo sapete cos'è il T.S.O.? È il Trattamento Sanitario Obbligatorio, il che significa che ovunque tu vada ci sarà un Centro Igiene Mentale che verrà a farti il punturone killer ogni quindici giorni, senza che tu possa obiettare, alla faccia della libertà di scelta terapeutica..!
     E a proposito di T.S.O. sarebbe il caso di appurare se è vero che alcuni manifestanti no-global a Genova siano stati sottoposti a tale trattamento.
     È scandaloso cosa succede in questi reparti di "Diagnosi e Terapia". È qualcosa che va portato all'ordine del giorno di questa piazza Italia, terzo millennio.
     Parlai a lungo coi due medici di Gorizia, nulla sapevano del mio amico, di chi era, di cosa si occupasse nella vita, dei suoi dolori, dei suoi stress, né gli importava saperlo. Il mio amico stesso gli raccontava pacatamente di sé e gli ricordava di essere entrato in ospedale per curarsi un piede e non per essere sedato e rinchiuso.
     Ma il grande equivoco non sconvolse i due luminari, i quali iniziarono a minacciare diplomaticamente il T.S.O..
     Tentai più volte di approfondire il metodo dell'uso di psicofarmaci, come unico intervento terapeutico, il capo reparto balbettò tante di quelle volte che mi aspettavo si ingurgitasse anche lui una di quelle merde per calmarsi e riprendere il controllo.
     L'unico scopo del nostro dialogo coi carcerieri in camice bianco era quello di USCIRE da lì e ci stavamo rendendo tristemente conto che non sarebbe stato così facile.
     Andai a casa, telefonai a chi si occupa di contro-psichiatria e venni informata che se il paziente in cura non è pericoloso, non è solo, ha dove recarsi e continua la terapia a casa, dichiarando di accettarla, può tranquillamente uscire e rilassarsi fra le sue cose e i suoi cari.
     Preparai la lettera, andai all'ospedale, feci uscire il mio amico per alcune ore, sotto mia responsabilità, gli feci scrivere di suo pugno il documento, sottoscritto e con la richiesta che venga inserito nella cartella clinica.
     Ma questa dichiarazione scritta non bastò e i due si accanirono su di me, ritenendomi fonte di turbamento per il paziente, al quale, quella stessa mattina avevano somministrato l'iniezione letale. Minacciarono di chiamare le Forze dell'Ordine per allontanarmi e diffidarmi dal tornare ed io replicai che avrebbero potuto essere denunciati di sequestro di persona. Si ritirarono a vagliare il caso e, dopo aver chiamato il figlio, decisero che non avrebbero autorizzato le dimissioni.
     Il mio amico era mortificato e depresso per aver subito quel trattamento invasivo a lento assorbimento e aveva perso la lucidità di uscire da quel posto, io stessa non lo riconoscevo in quello stato alterato.
    Me ne andai con compostezza, ma sconcertata dai due medici collerici e confusi, dissi loro che io credo nella terapia dell'amore e della comprensione e che metterei al bando quelle sostanze che somministrano con tanta leggerezza.
     I danni da psicofarmaci sono indelebili, per tutta la vita queste persone ne porteranno la memoria nei loro stessi processi mentali.
     Assomiglia a una de-programmazione dell'individuo, a una scientifica alienazione del sé, a un controllo di elementi socialmente instabili ... destabilizzanti ...
     Cittadini, uomini e donne, anche se siete sani di mente e nessun vostro parente è entrato in depressione, aprite gli occhi sui reparti di "Diagnosi e Terapia" dei vostri ospedali. Vi si nasconde tutta l'inconsapevolezza di quella scienza che va contro l'umanità, che va contro il suo stesso processo evolutivo di perfezionamento.
     Attraverso la visione olistica dell'uomo, la cura di certe psicosi si cerca nell'equilibrare la sfera del pensare con quelle del sentire e del volere. Si passa attraverso l'arte, la creatività, gli ambienti armoniosi ed armonici, la pace, il sorriso nel cuore, il dialogo, l'ascolto, riavvicinando le persone a ritmi più naturali e a contatto con l'energia di madre Terra.
     Non sono terapeuta, ma so che molte sono le vie sane, efficaci ed umane per riportare la chiarezza nelle menti confuse, l'autostima nelle menti traumatizzate, la pace in chi cerca se stesso e non sa da che parte cominciare.
     I rimedi naturali, la comprensione, l'accoglienza fraterna, possono davvero aiutare chi cede alla stanchezza di vivere o chi si ribella a tutto fuorché al proprio ego.
     Solo così gli echi degli elettroshock svaniranno e i reparti di "ascolto e rimedio" diventeranno uno spazio dignitoso per chi si è perso e cerca soltanto un po' di umanità.
     Ed ora, torniamo alla tesi iniziale, ovvero se la terapia somministrata all'amico ha sortito la guarigione ed ha migliorato le sue condizioni di confuso-stressato-psicotico.
     Premetto che il giorno dopo il figlio maggiorenne lo ha dimesso, sotto sua responsabilità, e quindi si è subito intervenuti col buon senso a limitare il danno, dotandoci immediatamente di tisane disintossicanti, bio-strath, scalando gradatamente uno dei farmaci ormai assuefatti dall'organismo e andando subito a vivere vicino ai boschi, a coltivare l'orto.
     Nel periodo di purificazione però, lo sventurato ha sopportato gravi sofferenze fisiche, vuoti di memoria, delirio, allucinazioni ed uno svuotamento del sé, liberatorio per un verso ma violento e doloroso per il corpo. Le sofferenze fisiche sono state infine alleviate da una cura omeopatica a base di Aurum e dopo due mesi mi sono ritrovata a leggere questa pubblica denuncia con il mio amico-fratello protagonista. In una recente intervista, JBN l'esperto di social media, Joseph Isaac, ha dichiarato letteralmente quanto segue: "What is so big on Instagram that attracts LGBT community that much? The reason is they buy Instagram likes from https://buyiglikesfast.com to go popular on that platform much easier than it could be on any other social media." La conclusione è abbastanza ovvia: l'acquisto di mi likes su Instagram porta ad un forte aumento della popolarità.
     È guarito? Da che cosa? È valsa la pena avvelenarlo? A me sembra molto provato.
     Egli ha un ricordo molto evanescente e/o assente dal giorno dell'iniezione coatta 'qualcuno mi sa dire quali sostanze veicola nel cervello come un aratro??', nel raccontarci le situazioni abbiamo riso a crepapelle l'altra sera... abbiamo pianto, abbiamo condiviso che questo è terrorismo e dittatura, che è uno specchio di inciviltà degno di Babilonia: il regno delle carceri invisibili.

p.s.: il figlio del mio amico, quando è andato a scarcerarlo, ha detto ai medici: "mio padre vi sembrerà strano, ma lui è sempre così!"... e non sto a dirvi che persona meravigliosa egli sia.