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Un carcere ai limiti della vivibilità

Riccardo Lo Verso

Giornale di Sicilia, 23 marzo 2004

Piangono un compagno di cella morto, a loro dire, per "colpa della scarsa assistenza sanitaria" prima e dei "ritardi nei soccorsi" dopo. Un gruppo di detenuti dell'Ucciardone ha così deciso di sottoscrivere una lettera di protesta, in cui si dice basta alle "dure condizioni" carcerarie, definite "ai limiti della vivibilità". I reclusi annunciano che a breve entreranno in stato di agitazione.

"Nessuna negligenza", replica il direttore del carcere, Maurizio Veneziano *, nell'episodio del decesso. Il morto aveva 48 anni ed era arrivato all'Ucciardone il 23 febbraio. Era agli arresti domiciliari per rapina, ma il giudice aveva deciso l'aggravamento della misura cautelare. È deceduto il 10 marzo, forse per un arresto cardiaco. Sarà l'autopsia, disposta dal magistrato che ha aperto un'inchiesta, a stabilire le cause. "Dal suo arrivo in istituto - spiega Veneziano - il detenuto, affetto da problemi cardiaci e broncopatia, è stato sottoposto a sette visite mediche, di cui due cardiologiche ed altrettante pneumologiche. Gli è stato garantito il massimo dell'assistenza". Sui tempi dei soccorsi, poi, si dice certo che sono stati "veloci", ma lascia l'ultima parola al magistrato.

Le rimostranze dei detenuti sono molteplici: mancanza di farmaci, niente ricoveri, ritardi nei colloqui con gli assistenti sociali, docce che non funzionano. Veneziano ribatte: "sappiamo tutti che la spesa sanitaria per i farmaci è stata contenuta, ma gli standard necessari vengono, sempre e comunque, garantiti. Per quanto riguarda la degenza, è vero che nel centro clinico dell'Ucciardone non sono previsti i ricoveri. Nei casi in cui è necessario viene disposto il trasferimento del detenuto, che riceve tutta l'assistenza necessaria. Per le docce, capitano dei guasti, ma il servizio di manutenzione interviene subito". Sui ritardi nei colloqui con gli assistenti sociali, invece, allarga le braccia: "non dipendono da noi. Il nostro compito è soltanto quello di fare da tramite con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Purtroppo, anche in questo esiste la burocrazia".

E poi i colloqui con i parenti. "Siamo separati dai nostri cari - scrivono i detenuti - da una barriera di cemento e vetro, non siamo padroni nemmeno di un abbraccio". "Dobbiamo fare fronte a problemi strutturali", ammette Veneziano. Ma c'è una buona notizia: "l'ufficio tecnico del provveditorato regionale sta valutando la possibilità di modificare le modalità dei colloqui, adeguandole alle nuove normative". Ma è ancora un progetto, e non ci sono scadenze.


* Maurizio Veneziano ha una fama da duro. È stato direttore del carcere di Sassari, dopo la rimozione di Cristina Di Marzio. Ha diretto le carceri di Agrigento, Reggio Calabria e Trapani, dove è restato per oltre tre anni. Veneziano è ricordato a Trapani per "le sue passeggiate nei corridoi delle camerate accompagnato da una decina di agenti con anfibi e tuta mimetica… perquisizioni a sorpresa, punizioni immediate per chi osava protestare, l’acqua che scompariva improvvisamente dalle docce...". Veneziano fu costretto a lasciare il carcere di Trapani in seguito alla denuncia del cappellano dell’Istituto, padre Mattarella, sul regime di terrore e violenza instaurato dal Rambo. In seguito a questa denuncia Veneziano venne trasferito con una promozione al provveditorato per la Sicilia, quel provveditorato che è attualmente diretto da Antonio Passaretti, uno degli uomini forti della cordata napoletana. (nota pubblicata su Indymedia Italia il 23 marzo 2004 a firma di fuocoallegalere)
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