I soprusi in Iraq sono gli stessi che vengono praticati nelle carceri Usa.
Il 30 aprile, il presidente degli Stati uniti George W. Bush ha condannato gli abusi nelle carceri irachene e coloro che li hanno perpetrati. «Non è così che ci comportiamo in America», ha detto. Eppure il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha denunciato l'esistenza di abusi «sistematici». Amnesty International parla di uno «schema di tortura». Ma anche se un rapporto militare ha descritto «gli abusi criminali sadici, sfacciati e senza freni» sui prigionieri iracheni, nessuno finora ha osato paragonarli agli abusi ben documentati che l'America infligge ai suoi stessi cittadini, né analizzare i fattori che determinano gli abusi sia negli Usa che all'estero. «Cinque anni fa - recitava un articolo apparso il 28 dicembre 2003 sul Los Angeles Times - dopo che la California era stata travolta dagli scandali sulle carceri, con racconti di secondini che aizzavano i detenuti organizzando dei `combattimenti tra galli' umani per poi sparargli uccidendoli, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dello stato si è impegnato a modificare le sue procedure». L'articolo era intitolato «Nonostante le promesse dello stato, la riforma evita le carceri» e illustrava un atteggiamento consolidato nelle istituzioni di acquiescenza nei confronti degli abusi salvo poi, quando scoppia uno scandalo, pronunciare frasi di circostanza in cui ci si dice offesi e si promettono riforme.
L'Army Times - un giornale indipendente molto letto in ambienti militari - ha chiesto la rimozione di alti ufficiali del Pentagono, sostenendo che «pur iniziando con i sei soldati messi sotto accusa, le responsabilità si estendono a tutta la catena di comando fino ai gradi più alti della gerarchia militare e alla sua leadership civile».
Analogamente, l'articolo del Los Angeles Times affermava che una corte federale Usa sta esaminando delle accuse secondo le quali il capo dell'amministrazione penitenziaria californiana e i suoi collaboratori al massimo livello avrebbero «fermato le indagini interne». Il caso ha visto la soppressione di prove contro «secondini brutali».
In fondo a questa logica c'è il presupposto che le vittime degli abusi abbiano fatto qualcosa per meritare il trattamento illegale e disumano loro inflitto. E coloro che da tempo denunciano questi episodi, fanno notare che molte vittime di abusi nel circuito carcerario americano sono di solito percepite così come un tempo erano percepite le vittime di stupro: si pensa che abbiano fatto qualcosa «per meritarselo».
Secondo un articolo apparso il 19 dicembre 2003 sul Washington Post, un rapporto dell'ispettore generale del Dipartimento della giustizia ha rivelato che alcuni detenuti stranieri fermati dopo l'11 settembre furono «scagliati contro un muro» dalle guardie. L'articolo spiega inoltre che, nel video di questi episodi, «non risultava che i detenuti avessero provocato o attaccato le guardie».
Nel 1998, Human Rights Watch ha prodotto il rapporto «Shielded from Justice» («Difendersi dalla giustizia») sugli abusi sistematici compiuti in tutto il paese dalle forze di polizia Usa. Il rapporto rivela una violazione imperante della «fiducia del pubblico», unita a sistemi «carenti» nel chiedere conto delle responsabilità individuali, e a una leadership «tollerante». Ciò permette alle forze di polizia americane di commettere reati «impunemente» in tutto il territorio nazionale.
Il caso più famoso negli Usa, un episodio grave quanto quelli in cui sono stati sodomizzati i detenuti iracheni, ha riguardato Abner Louima. Nel 1997, Louima fu sodomizzato con uno spazzolino del water. Lo spazzolino, coperto di sangue e feci, fu poi usato per spaccargli i denti davanti. Quando la polizia di New York cominciò a indagare, si disse che l'episodio era «auto-inflitto», tuttavia in seguito l'ufficiale Justin Volpe si dichiarò colpevole.
Il più recente articolo di denuncia di una condotta simile è stato pubblicato dal Minneapolis Star Tribune del 7 novembre 2003. Stephen Porter ha accusato la polizia di «averlo violentato con l'impugnatura di uno spazzolino del water». Secondo l'articolo, un testimone conferma il racconto di Porter.
Il rapporto di Human Rights Watch affronta anche la «ripetuta pratica della tortura da parte della polizia di Chicago». La tecnica preferita è l'elettroshock, a cui si aggiungono bruciature ai detenuti. «Shielded from Justice» cita specificamente un caso di elettroshock applicato «alla testa e ai genitali». Il rapporto osserva che dopo che la città «ha accolto la denuncia del tredicenne Marcus Wiggins», gli avvocati che rappresentavano il ragazzo hanno fornito documenti riservati della polizia che fornivano ulteriori prove per supportare la denuncia di torture. La città di Chicago alla fine ha riconosciuto che si è verificata una «tortura pianificata».
Se i media americani hanno riferito l'uso di cani e minacce armate contro i detenuti iracheni, un servizio di Cbs News del 7 novembre 2003 ha descritto in modo dettagliato un raid antidroga della polizia presso la Stratford High School a Goose Creek, South Carolina. Gli studenti sono stati costretti a «stendersi a terra» e sono stati minacciati con «fucili alla testa e un cane poliziotto». Si noti che nel raid, effettuato in uno stile da commando, secondo la Cbs la droga non è stata trovata, ma il preside della scuola ha «difeso» la drammatica operazione.
Per quanto riguarda le accuse secondo cui alcuni detenuti iracheni sono stati cosparsi con sostanze chimiche ricavate da lampade rotte, il 20 marzo 2004 il New York Times ha riferito il caso di un ufficiale di polizia che ha spruzzato «pepper spray» (un potente irritante chimico usato dalla polizia) nella bocca di un uomo. L'uomo è morto mentre era «in custodia» dopo essere stato fermato per errore. Episodi minori di uso scorretto di «pepper spray» vengono denunciati continuamente.
Per quanto riguarda lo stupro di un giovane iracheno detenuto, è frequente che vengano denunciati casi di violenza sessuale da parte delle forze di polizia statunitensi. Si noti che una parte di esse vedono una guardia di sesso maschile aggredire una collega. Per quanto riguarda la violenza sessuale sui giovani, il 25 giugno 2003 una notizia dell'Associated Press iniziava con l'osservazione che «nel corso dell'ultimo, anno almeno una dozzina di adolescenti assegnati a lavorare presso i dipartimenti di polizia nell'ambito del programma Boy Scouts' Law Enforcement Explorers avrebbero subito abusi sessuali da parte di agenti». I casi riferiti vanno da costa a costa. La notizia citava alcuni casi specifici compreso uno, avvenuto in Texas, in cui «a marzo, l'ex agente di polizia John Ross Ewing, 28 anni, è stato incriminato da un grand jury perché sospettato di avere violentato due `Explorer scouts' di 15 e 16 anni».
* Già presidente della Commissione dello stato del Connecticut
sulla responsabilità della polizia e autore di un progetto di legge nazionale
per il controllo degli abusi. In seguito a tali attività ha subito minacce
e attentati ed è stato costretto a lasciare gli Usa chiedendo asilo politico
in Svezia.
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