Nella Storia degli Stati Uniti, non c'è stata una sola "istituzione
particolare", ma diverse istituzioni hanno cooperato con successo a delimitare,
confinare e controllare gli afro-americani. La prima è stata la schiavitù
("chattel") come perno dell'economia delle piantagioni e base della divisione
razziale a partire dall'era coloniale fino alla Guerra Civile. Seconda viene
la cosiddetta "Jim Crow" che effettuava, a norma di legge, una discriminazione
e una segregazione "dalla culla alla tomba", rendendo stabile la società
preminentemente agraria del Sud dalla Ricostruzione fino alla Rivoluzione
per i Diritti Civili, che fece crollare questa società ben un secolo
dopo l'Abolizione della schiavitù. Il terzo espediente per contenere
i discendenti degli schiavi nelle metropoli industriali del Nord è
stato il ghetto; sorto in corrispondenza del periodo in cui gli afro-americani
si urbanizzarono e proletarizzarono nel periodo dalla "Grande Migrazione"
del 1914-30 agli anni 60, quando è stato reso parzialmente obsoleto
dalla concomitante trasformazione dell'economia e dello stato e dalle montanti
proteste dei neri contro la continua esclusione di casta, culminate nell'esplosione
delle rivolte urbane raccontate nel Kerner Commission Report (1).
Il quarto espediente, a mio avviso, è il recente complesso istituzionale
formato dai residuati del ghetto e dell'apparato carcerario a cui si è
arrivati attraverso una stretta relazione di simbiosi strutturale e sostituti
funzionali. Ci suggerisce che la schiavitù e l'incarcerazione di massa
sono collegati in modo genealogico, e non si può capire la prigione
di massa (tempi, composizioni, facilità di funzionamento, quieta ignoranza
e silenziosa accettazione dei suoi effetti deleteri) senza ritornare alla
schiavitù come punto di partenza storico con la stessa funzione.
Osservata sullo sfondo dell'intera traiettoria storica della dominazione razziale
negli Stati Uniti (riassunta nella Tavola) la "sproporzionalità" accecante
e crescente dell'incarcerazione che ha afflitto gli afro-americani durante
i tre ultimi decenni si può capire come il risultato delle funzioni
"extra-penali" che il sistema carcerario è venuto ad assumere nella
scia della crisi del ghetto e del continuo "marchio di infamia" che tocca
i discendenti degli schiavi in virtù della loro appartenenza ad un
gruppo sociale essenzialmente deprivato di onore etnico (Max Weber, Massehre).
Tavola: le quattro istituzioni speciali e le loro basi
Istituzione
|
Forma di lavoro
|
Nucleo dell'economia
|
Tipologia sociale dominante
|
Schiavitù (1619-1865)
|
Lavoro fisso non libero
|
Piantagioni
|
Schiavo
|
Jim Crow
(Sud, 1865-1965) |
Lavoro fisso libero
|
Agricolo ed estrattivo
|
Mezzadro
|
Ghetto
(Nord, 1915-1968) |
Lavoro mobile libero
|
Manifattura industriale segmentata
|
Lavoratore umile
|
Hyperghetto & Prigione
|
Lavoro fisso in surplus
|
Servizi polarizzati e postindustriali
|
Utente di welfare & criminale
|
Scheda 1
Sproporzione razziale nell'incarcerazione in USA
Tre fatti emergono brutalmente e danno la misura dell'impatto grottesco e sproporzionato che ha l'incarcerazione di massa sugli afro-americani. Innanzi tutto la composizione etnica della popolazione reclusa degli Stati Uniti è stata virtualmente "invertita" nell'ultimo mezzo secolo, andando da circa il 70% bianchi anglosassoni a metà del secolo a meno del 30% oggi. Contrariamente alla percezione comune, la predominanza dei neri dietro le sbarre non è un modello di vecchia data, ma un fenomeno recente, che ha il 1988 come punto di svolta: si tratta dell'anno in cui, l'allora vicepresidente George Bush, pubblicò il suo famigerato messaggio detto "Willie Horton" durante la campagna presidenziale, dove si ritraevano immagini sinistre di neri violentatori di bianche, come emblematiche del contemporaneo "problema del crimine", tanto che l'anno dopo i maschi afro-americani diventavano la maggioranza nelle prigioni dell'intero paese (a). Per di più, tra il 1976 e il 1994, anche se la differenza fra la cifra di arresti tra bianchi e neri è stabile, con la percentuale dei neri oscillante tra il 29% e il 33% per tutti gli arresti per crimini contro la proprietà, e tra il 44% e il 47% per reati violenti (b), invece il gap tra bianchi e neri incarcerati è cresciuto rapidamente negli ultimi venticinque anni passando da 1 a 5 nell'85 al circa 1 a 8 di oggi. Questa tendenza è più impressionante se si pensa che è avvenuta durante un periodo in cui un numero significativo di afro-americani è entrato e ha fatto carriera nei ranghi della polizia, nei tribunali e nelle amministrazioni penitenziarie e proprio quando le più palesi forme di discriminazione razziale comuni negli anni '70 sono state fortemente ridotte se non addirittura soppresse (c). Infine la probabilità di accumulare "il tempo delle condanne", durante la vita, in una prigione federale o di stato, basata sulle percentuali di incarcerazione dei primi anni 90 è del 4% per i bianchi, del 16% per i latini e di uno sconcertante 26% per i neri (d). Stando alla percentuale di incarcerazione se ne deduce che la maggioranza degli afro-americani (sotto)proletari scontano una condanna che va da un anno a diversi anni (in molti casi diverse condanne) in qualche momento della loro vita adulta con tutto quello che comporta di disgregazione familiare e dissesti occupazionali e legali, incluso la decurtazione dei sussidi sociali, l'esclusione dai diritti civili e la temporanea o permanente esclusione dal diritto al voto. Si pensi che nel 1997 in tutto il Paese, circa un nero su sei era escluso dalle votazioni perché si era reso reo di qualcosa e a più di un quinto di questi era proibito votare in Alabama, Connecticut, Florida, Iowa, Mississippi, New Mexico, Texas, Washington e Wyoming. (e) 20 Dunque, dopo soli trentacinque anni dal Movimento per i Diritti Civili che fece finalmente conquistare il diritto di voto agli afro-americani, un intero secolo dopo l'Abolizione, questo diritto è stato tolto dal sistema penale attraverso disposizioni legali di dubbia validità costituzionale e che violano in molti casi (in particolare per quanto riguarda la perdita del diritto al voto) le convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate anche dagli Stati Uniti.Note
a) David Anderson, Crime and Politics of Hysteria, New York 1995
b) Michael Tonry, Malign Neglect, Oxford 1995, p. 64
c) Alfred Blumstein, "Racial Disproportionality of US Prisons Revisited", University of Colorado Law Rewiew, vol. 64 1993, pp. 743-60; ma da vedere anche la forte contro-argomentazione di David Cole, "No equal justice", New York 1999.
d) Thomas Bonczar e Allen Beck, "Lifetime Likelihood of Going to State or Federal Prison", Bureau of Justice Statstics Special Report Washington, BJS, Marzo 1997, p.17; per un'analisi stato per stato vedere Marc Mauer, "Racial Disparities in Prison Getting Worse in the 1990s" Overcroeded Times, vol.8, n.1, Febbraio 1997, pp.9-13.
e) John Hagan e Ronit Dinowitzer, "Collateral Consequences of Imprisonment for Children, Communities, and Prisoners", in Michael Tonry and Joan Petersilia, eds. Prisons, Chicago 1999, pp.121-62; e Jamie Fellner e Marc Mauer, "Losing the Vote: the Impact of Felony Disenfranchisement in the US", Washington 1998.
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Reperimento di manodopera e divisione sociale
Le prime tre "istituzioni particolari" e cioè la schiavitù,
il Jim Crow e il ghetto hanno in comune il fatto di essere tutti e
tre mezzi di reperimento di manodopera e ostracismo sociale nei confronti
di un gruppo escluso ritenuto non assimilabile a causa del triplice marchio
indelebile che si porta dietro. Gli afro-americani, sono arrivati in schiavitù
nella terra della libertà, di conseguenza erano privi del diritto di
voto nella sedicente culla della democrazia (fino al 1965 per i residenti
degli stati del Sud). Inoltre, per mancanza di una chiara affiliazione nazionale
erano senza onore etnico. Ciò significa che non erano nel fondo della
scala sociale, ma che ne erano proprio fuori ab initio (3).
Creazione della razza e morte sociale
La schiavitù, il cosiddetto "Jim Crow" e il ghetto sono istituzioni
tese a "creare la razza", cioè non si limitano a riprodurre divisioni
etno-razziali in qualche modo già esistenti ed indipendentemente da
loro, piuttosto, ognuna produce o contribuisce a produrre queste divisioni
grazie al retaggio di demarcazioni e disparità di potere proprie del
gruppo e in ogni epoca le inserisce in una sua costellazione di forme materiali
e simboliche. E tutte hanno coerentemente dato colorazione razziale al confine
arbitrario che separava gli afro-americani da tutti gli altri, negando attivamente
che le loro origini culturali fossero da ricercare nella storia e attribuendole,
invece, ad una fittizia necessità biologica. La particolarissima concezione
di "razza" che ha inventato l'America, in pratica unica al mondo per rigidità
e consequenzialità, è il risultato diretto della drammatica
collisione tra schiavitù e democrazia come modi di organizzare la vita
sociale dopo che è stato stabilito che la schiavitù era la più
grande forma di precettazione della manodopera e di controllo nelle colonie
sotto popolate in un sistema pre-capitalistico di produzione. Il Jim Crow
rielaborò il confine razziale tra schiavi e liberi in una rigida separazione
di casta tra "bianchi" e "Negri" - comprese tutte quelle persone notoriamente
di ascendenza africana per quanto minima - che infettò ogni interstizio
del sistema sociale postbellico nel Sud. Il ghetto, a sua volta, impresse
questa dicotomia negli schemi di riassetto spaziale e istituzionale delle
metropoli industriali. Tanto che sulla scia delle "rivolte urbane" degli anni
sessanta, che in realtà furono ribellioni contro la separazione di
casta e la subordinazione di classe, i termini "urbano" e "nero" divennero
quasi sinonimi sia ufficialmente che nel parlare quotidiano. E la "crisi"
delle città venne a significare la continua contraddizione tra il tenore
competitivo ed individualistico dell'American life, da un lato, e la
continua esclusione degli afro-americani dall'altro (26).
Con il nuovo secolo, è compito della quarta "istituzione speciale",
nata dalla contiguità dell'iperghetto con il sistema carcerario, rimodellare
il significato sociale di "razza" in accordo con i dettami dell'economia liberalizzata
e lo stato post-Keynesiano. L'apparato penale è servito a lungo da
complice della dominazione etno-razziale aiutando a stabilizzare un regime
sotto attacco, oppure ad appianare lo iato tra due successivi regimi: così
i "Codici Neri" della Ricostruzione erano serviti a tenere a bada la manodopera
afro-americana dopo la fine della schiavitù, mentre la criminalizzazione
delle proteste per i diritti civili nel Sud negli anni '50 aveva mirato a
ritardare l'agonia del Jim Crow. Ma il ruolo dell'istituzione carceraria
oggi è diverso poiché, per la prima volta nella storia degli
USA, è stato elevato al rango di macchinario principale per la "creazione
razziale".
Tra gli effetti molteplici della fusione tra il ghetto e la prigione in un'unica
estesa maglia carceraria, forse il più ricco di conseguenze è
il rinvigorimento pratico e il consolidamento ufficiale della secolare associazione
tra negri e criminalità, violenza e devianza. Con il ritorno di mitologie
alla Lombroso sull'atavismo criminale e la vasta diffusione di metafore animali
in campo politico e giornalistico (dove abbondano menzioni di "superpredatori",
"branco di lupi", "animali", e simili), la massiccia super incarcerazione
dei neri ha fornito un potente salvacondotto per " usare il colore come indice
di pericolosità". (27)
In anni recenti, i tribunali hanno coerentemente autorizzato la polizia ad
usare la razza come "segnale negativo di rischio crescente di criminalità"
e studiosi giuridici si sono precipitati a sottoscrivere come "un adattamento
razionale alla demografia del crimine", reso saliente e verificato, per così
dire, dall'aumentare dei neri nella popolazione delle prigioni, questa pratica,
però, comporta grosse incongruità dal punto di vista della legge
costituzionale. In tutto il sistema di giustizia criminale urbano, la formula
"giovane + nero + maschio" è ora apertamente equivalente a "probabile
causa" giustificativa dell'arresto, dell'interrogatorio, della perquisizione
personale e della detenzione di milioni di afro-americani ogni anno.
Nell'era delle politiche mirate "di legge e ordine" su linee razziali e del
loro corrispondente sociologico in cui la carcerazione di massa avviene secondo
le stesse linee, l'immagine pubblica imperante del criminale non è
quella del "monstruum" con caratteristiche intrinsecamente differenti dalle
nostre", ma quella del mostro nero, man mano che i giovani afro-americani
della "città interna", sono venuti a personificare il mix esplosivo
di degenerazione morale e disordine. La fusione tra neri e crimine nella rappresentazione
collettiva e nella politica di governo (l'altro lato di questa equazione è
la fusione fra neri e welfare) così riattiva la "razza" dando
legittimo sbocco all'espressione dell'animus anti-nero sotto forma di pubblica
vituperazione di criminali e prigionieri. Come sottolinea lo scrittore John
Edgar Wideman:
È ritenuto rispettabile coprire di pece e poi di piume i criminali, sostenere che bisogna rinchiuderli e buttare via la chiave. Non è razzista essere contro il crimine, anche se il criminale archetipico nei media e nella pubblica immaginazione, quasi sempre ha la faccia di "Willie Horton". Man mano, "urbano" e "ghetto", sono divenuti parole in codice per indicare dei posti orribili dove risiedono solamente i neri. Rapidamente anche la parola prigione ha cambiato significato nello stesso modo razzista (28).In vero, quando "essere un uomo di colore di una certa classe economica e di un certo milieu sociale è equivalente ad essere criminali agli occhi pubblici", essere processati dal sistema penale è equivalente ad essere nero, e "scontare la pena" dietro le sbarre significa allo stesso tempo "marcare la razza". Avendo assunto un ruolo centrale nel governo post-Keynesiano di razza e povertà, trovandosi agi incroci del mercato liberalizzato del lavoro a basso costo, essendo un apparato rimodernato di "stato sociale - lavoro sociale" designato a sostenere l'impiego saltuario, e le vestigia del ghetto, lo straripante sistema carcerario degli Stati Uniti è divenuto di per se un ingranaggio cardine di produzione simbolica. Non è solo l'istituzione preminente che serve a dare significato e rinforzare il colore nero, come è stata la schiavitù nei primi tre secoli della storia degli Stati Uniti. Proprio come la schiavitù causava la "morte sociale" dei prigionieri africani importati e dei loro discendenti nel suolo americano, anche l'incarcerazione di massa porta alla morte civile di quelli che ha catturato espellendoli dalla compagine sociale (30). I carcerati di oggi sono in questo modo l'obiettivo di un triplice movimento di reclusione ed esclusione:
Scheda 2
Clinton "prende orgogliosamente di petto l'abuso e la frode" dei carcerati
(discorso del sabato alla radio del Presidente Clinton, 25 Aprile 1998. È disponibile nel sito web della Casa Bianca)Buongiorno. Questa mattina vorrei parlare della maniera in cui stiamo lavorando per ridare agli americani fiducia nel nostro governo nazionale, nei nostri sforzi per sostenere la Protezione Sociale ed altri sussidi vitali prendendo di petto la frode e l'abuso.
Per 60 anni, la Protezione Sociale ha significato molto più che un semplice numero di identità su un modulo per le tasse, perfino di più che un assegno mensile nella cassetta della posta. Ha riflesso i nostri più profondi valori, i nostri doveri verso i nostri genitori, gli uni verso gli altri, verso i nostri figli e nipoti, verso chi è colpito dalla sfortuna, verso chi merita una vecchiaia dignitosa, verso il nostro ideale di America unita.
Per questo, qualche tempo fa, mi sono turbato scoprendo che molti carcerati, esclusi per legge da molti sussidi federali, continuavano a incassarli. In realtà li ricevevano illegittimamente soprattutto perchè ottenere informazioni aggiornate sui criminali è molto difficile in una nazione con più di 3.500 prigioni. Ma grazie ad una cooperazione senza precedenti tra governo federale, statale e locale, e a nuovi programmi incentivanti, ora stiamo terminando il lavoro.
L'Amministrazione della Protezione Sociale ha prodotto un programma di dati continuamente aggiornato che ora copre più del 99% di tutti i carcerati, la più grande lista informativa della storia sulla nostra popolazione carceraria. E, cosa ancora più importante, l'Amministrazione della Protezione Sociale sta usando questa lista con grande efficacia. Alla fine dell'anno passato abbiamo sospeso i sussidi a più di 70.000 carcerati. Ciò significa che nei prossimi 5 anni avremo messo da parte 2,5 miliardi di dollari - 2,5 miliardi di dollari! - dei contribuenti che andranno a beneficio delle nostre famiglie di onesti lavoratori.
Ora, partendo da questo successo dell'Amministrazione della Protezione Sociale, potremo proteggere contribuenti dalle frodi dei carcerati. Tra poco io firmerò un memorandum esecutivo che invita i Dipartimenti del Lavoro, degli Affari dei Veterani, della Giustizia, dell'Educazione e dell'Agricoltura a usare strumenti tecnologici competenti per migliorare i loro sforzi e cancellare dalle loro liste i carcerati che ricevono sussidi come veterani, o tessere alimentari, o altre forme di beneficio federale che la legge non consente.
Ci aspettiamo che questa operazione su vasta scala da parte delle nostre agenzie farò risparmiare ai contribuenti milioni e milioni di dollari, in più rispetto ai miliardi che abbiamo risparmiato con il nostro impegno contro le frodi alla Protezione Sociale Vi assicuriamo chi ha commesso crimini contro la società non avrà l'occasione di commettere anche crimini contro i contribuenti. Il popolo americano ha il diritto di aspettarsi che il proprio governo nazionale sia sempre in guardia contro ogni tipo di danno, di frode e di abuso. È nostro dovere usare ogni potere e ogni strumento per eliminare quel tipo di frode. Dobbiamo assicurare al popolo americano che i suoi contributi per la Protezione Sociale e gli altri dollari delle tasse finiscano a beneficio di chi lavora sodo, sta all'interno delle regole, e ha, per legge, il diritto di riceverli. Questo è esattamente ciò che stiamo cercando di fare.
Grazie per l'ascolto.
Dall'altro lato di questa linea si trova un ambiente istituzionale diverso da ogni altro. Basandosi sulle sue famose analisi dell'Antica Grecia, lo storico classico Moses Finley ha introdotto una proficua distinzione tra "società con gli schiavi" e "autentica società di schiavi" (33) Nelle prime, la schiavitù è solo uno dei diversi modi di controllo del lavoro e la divisione tra schiavo e uomo libero non è impermeabile né assiale all'intero ordine sociale. Nell'altra, il lavoro degli schiavi è l'epicentro della produzione economica e della struttura di classe, e la relazione schiavo - padrone procura il modello secondo il quale sono costruite o distorte tutte le altre relazioni sociali, tanto che ne viene toccato ogni angolo della cultura, della società e dell'io. L'astronomico numero dei neri in case di detenzione e il crescente saldo innesto dell'iperghetto con il sistema carcerario suggerisce che, data l'adozione dell'incarcerazione di massa da parte dell'America come una singolare politica sociale per disciplinare i poveri e frenare quelli privi di onore, gli afro-americani di ceto basso ora vivono, non in una società con prigioni come i loro compatrioti bianchi, ma nella prima autentica società prigione nella storia.
Fonte: New Left Review (Gennaio/Febbraio 2002). Traduzione
di Susanna Angeleri per Reds
(luglio 2003)
Note
(1) Vedi, rispettivamente: Kenneth Stampp, "The Peculiar Institution:
Slavery in Ante Bellum South", New York (1956) 1989; Ira Berlin, "Many
Thousands Gone: The First Two Centuries of Slavery in North America",
Cambridge, MA 1998; C.Vann Woodward, "The Strange Career of Jim Crow",
New York 1998; Allan Spear, "Black Chicago: The Making of Negro Ghetto, 1890-1920"
Chicago 1968; Kerner Commission, 1968 "Report of the National Advisory Commission
on Civil Desorders", New York [1968] 1988
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(2) Vedi il mio "Crime et Chatiment en Amerique de Nixon
et Clinton", Archives de politique criminelle, vol. 20, pp. 123-38;
e "Les Prisons de la misere" Paris 1999, pp.71-94
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Tra i gruppi considerati non assimilabili, la popolazione negra è di gran lunga la più numerosa. I negri non hanno, come i giapponesi e i cinesi, una nazione politicamente organizzata e una propria cultura fuori dall'America a cui fare ricorso. Diversamente dagli orientali, nei negri è attaccata una memoria storica di schiavitù e di inferiorità. È più difficile per loro rispondere ad un pregiudizio con un pregiudizio, come possono fare gli orientali, e considerare se stessi e la loro storia superiore a quella dei bianchi americani e le loro recenti conquiste. I negri non hanno queste corazze di rispetto di sé. Sono imprigionati nel modo più indifeso in una classe subordinata, classe di popolo ritenuta priva di passato culturale e supposta non essere in grado di avere un futuro culturale.Gunnar Myrdal, "An American Dilemma: The Negro Problem and Modern Democracy", New York [1944] 1962, p.54; 20
(4) Seymour Drescher e Stanley Engermann, A Historical
Guide to World Slavery, Oxford 1998
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(5) Gavin Wright, The Political Economy of the Cotton
South, New York 1978; Peter Kolchin, American Slavery: 1619 - 1877,
New York 1993
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(6) "Slavery, Race and Ideology in the United States
of America" NLR 1/181 May-June 1990
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(7) Il termine proviene da un repertorio de canzoni-danza
"Jumping Jim Crow" rappresentato la prima volta nel 1828 da Thomas
Dartmouth Rice, un popolare attore itinerante considerato il padre dello spettacolo
di varietà "black-and-white", vedi Woodward, Strange Career of Jim
Crow
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(8) Neil McMillen, Dark Journey: Black Mississippians
in the Age of Jim Crow
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La legislatura del Mississippi arrivò al punto di mettere fuorilegge il patrocinio dell'uguaglianza sociale tra neri e bianchi. Una legge del 1920 condannava ad una multa di 500 dollari e sei mesi di prigione chiunque "trovato colpevole di stampare, pubblicare o far circolare argomentazioni a favore dell'uguaglianza sociale o del matrimonio interrazziale"McMillen, Dark Journey, pp. 8-9
(10) St.Clair Drake and Horace Cayton, Black Metropolis:
A Study of Negro Life in a Northern City, New York [1945] 1962, vol I
, pp.112-28
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(11) Black Metropolis, vol 2, p. xiv
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Questo era il senso della Campagna per la libertà di Martin Luther King nell'estate del 1966 a Chicago: cercava di applicare al ghetto le tecniche di mobilitazione collettiva e disobbedienza civile usate con successo per attaccare il "Jim Crow" nel Sud, per svelare e protestare contro la vita che i neri erano condannati a fare nel Metropoli del Nord. La Campagna per far diventare Chicago una città aperta rapidamente spezzata da una incredibile repressione, condotta da 4.000 Guardie Nazionali.Stephen Oakes, Let Trumpet Sound: a Life of Martin Luther King, New York 1982
(13) Thomas Byrne Edsall e Mary Edsall, Chain Reaction:
the Impact of Race, Rights and Taxes on American Politics, New York 1991;
Jill Quadagno, The Colour of Welfare: How Racism Undermined the War on
Poverty, Oxford 1994; Katherine Beckett and Theodore Sasson, The Politics
of Injustice, Thousand oaks 2000, pp. 49 -74
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(14) Dal 1975 la popolazione carceraria degli USA è
diminuita costantemente per circa due decine d'anni per arrivare alla cifra
più bassa di 380.000 carcerati. I più grossi analisti della
questione carceraria, da David Rothman a Michel Foucault ad Alfred Blumstein,
erano unanimi nel predirre la imminente marginalizzazione della prigione come
un'istituzione di controllo sociale o, nella peggiore delle ipotesi, la stabilizzazione
del confino penale ad un livello storicamente moderato. Nessuno aveva previsto
la rapida crescita che ha quadruplicato a più di due milioni nel 2000
anche se il livello del crimine è rimasto stagnante
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(15) Vedi il mio "Gutting the Ghetto" per un riassunto storico
del significato di "ghetto" nella società americana e nelle scienze
sociali, che porta alla diagnosi della espurgazione curiosa di razza dal concetto
espressamente forgiato ad indicare il meccanismo di dominazione etno-razziale,
che lo lega all'interesse cambiante delle elites sul nesso tra povertà
ed eticità nelle metropoli. In Malcom Cross e Robert Moore, eds, Globalisation
and the New City, Basinstoke 2000
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(16) Max Weber, Economy and Society, Berkley 1978,
p.935
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(17) Louis Wirth, The Ghetto, Chicago 1928
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(18) Flesh and Stone: The Body and the City in Western
Civilization, New York 1994
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(19) Black Metropolis, vol.2, p.xiii
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(20) Descrivendo il London's Bridewell, lo Zuchthaus
di Amsterdam e L'Ospedale generale di Parigi, Georg Rusche e Otto Kirschheimer
mostrano come lo scopo principale della casa di correzione fosse rendere il
potenziale lavorativo dei delinquenti socialmente utile "forzandoli a lavorare
sotto stretta sorveglianza nella speranza che una volta rilasciati avrebbero
ingrandito volontariamente il mercato del lavoro". Punishment and Social
Structure, New York 1939. p. 42; per le prigioni moderne vedi Pieter Spierenburg,
The Prison Experience, New Brunswick, NJ 1991
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(21) "La derive penale" Esprit 215, Ottobre 1995
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(22) Una più ampia discussione di questa "micidiale
simbiosi" tra il ghetto e la prigione nell'era del dopo diritti civili è
raccontata nel mio "Deadly Simbiosis", Punishment and Society, vol.3,
no. 1, pp. 95 - 134
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(23) Questo non è un discorso retorico: il tasso
annuale di mortalità per i detenuti raggiunse il 16 per cento nello
stato del Mississippi degli anni 1880, dove "non un solo detenuto prestato
viveva abbastanza da poter scontare una condanna di dieci o più anni".
Centinaia di bambini neri, molti dei quali non raggiungevano nemmeno i sei
anni di età, erano prestati dallo stato ai piantatori, uomini d'affari
e finanzieri, per lavorare duramente in condizioni che perfino alcuni nobili
del Sud trovavano vergognose e "al di sotto delle condizioni umane". Vedi
David Oshinsky, Worse Than Slavery: Parchman Farm and the Ordeal of Jim
Crow Justice, New York 1996, p.45
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(24) Alex Lichtenstein, Twice the Work of free Labour:
The Political Economy of Convict Labour in the New South, London and New
York 1999, p.195
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(25) Vedi il mio Les Prisons de la misere, Paris
1999, pp. 71 - 94. Una testimonianza di esperti presentata alla House Committees
on the Judiciary and Crime durante la discussione del Prison Industries
Reform Act del 1998 legava in modo esplicito la Riforma dello Stato Sociale
al bisogno di espandere il lavoro dei privati nelle prigioni.
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(26) Due indicatori sono sufficienti a mettere in luce l'ostracismo nei confronti degli Afro-Americani nella società USA. Sono il solo gruppo ad essere "ipersegregato", con isolamento spaziale spostato dal macro livello dello stato e della contea al micro livello della municipalità e dintorni così da minimizzare i contatti con i bianchi lungo tutto il secolo. Vedi Douglas Massey e Nancy Denton, American Apartheid, Cambridge 1993; Douglas Massey e Zoltan Hajnal, The Changing Geografic Structure of Black-White Segregation in the United States, Social Science Quarterly, vol.76 no. 3, Settembre 1995, pp.527- 42.
Sono banditi dall'esogamia ad un grado sconosciuto in qualsiasi altra comunità, non con lo stesso livello della crescita recente delle famiglie cosiddette multirazziali, con meno del 3 per cento di donne nere sposate con non neri, in paragone con la maggioranza di donne ispaniche ed asiatiche.Kim Da Costa, Remaking the Color Line: Social Bases and Implications of The Multiracial Movement, Berkley, PhD Dissertation.
(27) Randall kennedy, Race, Crime and the Law, New
York 1997, pp.136 - 67
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(28) John Edgar Wideman, "Doing Time, Marking Race" The
Nation, 30 ottobre 1995
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(29) "Doing Time, Marking Race"
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(30) Orlando Petterson, Slavery as Social Death,
Cambridge, MA 1982
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(31) Josh Page, "Eliminating the Enemy: A Cultural Analysis
of the Exclusion of Prisoners from Higher Education" MA paper, Departement
of Sociology, University of California, Berkley
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(32) Jamie Fellner e Marc Mauer, Losing the Vote
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(33) "Slavery", International Encyclopaedia of the Social
Sciences, New York 1968
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