L'angolo della caccia alla competenza

Mistificazioni e contraddizioni dietro un concetto portante dell'intero edificio della riforma. Marzo 2001

 

Gli strateghi del ministero "cambiano il significato e l'uso delle parole sperando di cambiarci la testa". Mistificano e "usano la lingua come strumento di potere", allo scopo di convincerci della bontà e giustezza delle loro idee. Che son sì poche, ma ben confuse!


E' la bella competenza
come l'araba fenice
che vi sia ciascun lo dice
dove sia nessun lo sa

liberamente adattato da Metastasio


La parola competenza compare spesso negli ultimi anni nelle leggi e nei documenti che trattano di scuola e della sua riforma. Si parla di valorizzare le competenze acquisite al di fuori del sistema scolastico nelle leggi che prevedono il rientro nel sistema da parte di chi lo ha abbandonato
(1), poi di certificare le competenze acquisite per lo studente che abbandona la scuola (pardon, si inserisce nel sistema formativo) al termine dell'obbligo scolastico (2) o al momento dell'esame di stato (3) quando si certificano le "competenze intese anche come abilità di carattere applicativo".
Fin qui sembra di poter capire che i legislatori abbiano in mente quello che tutti pensiamo o di cui abbiamo esperienza: la formazione culturale può avvenire anche al di fuori della scuola ed essere frutto di attività anche pratiche e non solo libresche. E' al momento della formulazione dei nuovi curricoli che il concetto di competenza cambia ruolo e diventa centrale; nello stesso tempo emergono contraddizioni nella interpretazione del concetto stesso: da una parte diventa la "capacità di imparare ad imparare", dall'altra si pretende verificabilità e certificabilità ad ogni piccolo segmento dell'istruzione per permettere i passaggi "da area ad area", "da indirizzo ad indirizzo", ecc.
(4).

Qualche dubbio sulla compatibilità delle varie accezioni del termine deve essere sorto anche negli ambienti del Ministero, se viene sentita l'esigenza a livello centrale di due convegni (Frascati 1999 e Bologna 1999) (5), della costituzione di un Gruppo di studio tecnico (luglio 1999)(6) e, infine, il M.P.I. sente l'esigenza di siglare un protocollo d'intesa (7) con l'università La Sapienza per "la definizione teorica del concetto di competenza e la sperimentazione di una sua concreta praticabilità nella quotidiana esperienza delle scuole".

Il risultato del lavoro del Gruppo di studio tecnico e gli atti del Convegno di Frascati meriterebbero di essere analizzati nel dettaglio (8), ma il compito è superiore alle nostre forze (come sintetizzare una sintesi di posizioni inconciliabili?)(9) e ci limitiamo a proporre alcuni estratti per noi significativi delle incongruenze presenti nel documento.

(...) E' ben vero che la normativa in questione sembra presentare qualche discrasia. Tra gli obiettivi del presente documento c'è anche quello di ricercare una sintonia linguistica e concettuale quale supporto alla attività sperimentale delle scuole. Ad esempio, la recente esperienza del nuovo esame di Stato ha già reso loro familiare una articolazione delle certificazioni in termini di "conoscenze generali e specifiche", "competenze intese anche come abilità di carattere applicativo" e "capacità elaborative, logiche e critiche". Nell'articolo 8 e nell'articolo 13 del Regolamento dell'autonomia, l'accento batte invece sui due concetti base di "obiettivi formativi" e "competenze degli allievi". Nel dibattito di Frascati ci si è interrogati sul significato del termine competenza. Nella sostanza, esso non appare in contraddizione con il significato sotteso alla normativa relativa alla certificazione dell'esame di Stato: non sarebbe difficile, infatti, far coincidere il significato del termine capacità con quello di competenze trasversali (...)

(...) Le competenze si costruiscono sulla base di conoscenze (In questo documento le parole "conoscenza" e "contenuti" sono utilizzate in termini generali, al fine di chiarirne lo stringente, delicato e nuovo rapporto con la parola "competenza") (...).

(...) Le competenze si configurano altresì come strutture mentali capaci di trasferire la loro valenza, in diversi campi, generando così dinamicamente anche una spirale di altre conoscenze e competenze. Una specifica competenza disciplinare comporta infatti anche l'acquisizione di una forma mentis (ad esempio "saper risolvere un problema") utilizzabile nelle più diverse situazioni. In quanto tali, le competenze favoriscono la connessione in termini dialetticamente calibrati della propria duplice dimensione disciplinare e trasversale (...).

(...) Le competenze non sono date una volta per tutte. Esse hanno - al momento della loro definizione ordinamentale - una loro oggettiva natura storica e - quando vengono concretamente assunte nel processo di insegnamento-apprendimento - un ineliminabile impatto soggettivo (...).

(...) La didattica per competenze determina una trasformazione significativa di tutte le procedure valutative. Si tratta in sostanza di passare dalla tradizionale valutazione delle conoscenze in un sistema dell'istruzione chiuso in se stesso a una certificazione delle competenze in un sistema formativo integrato (...).

(...) Tale certificazione avrà come proprio oggettivo punto di riferimento il quadro (chiaro, preciso e misurabile) degli obiettivi formativi e delle competenze indicato a livello nazionale. La certificazione è tuttavia solo l'apice di un aperto e dinamico procedimento di valutazione degli esiti raggiunti dall'alunno e di autovalutazione delle metodologie didattiche attivate dal docente. In tale procedimento si è tenuti a considerare la complessità del processo di acquisizione del sapere, le differenze dei tempi e dei ritmi di apprendimento degli allievi, nonché delle loro vocazioni e delle loro attitudini (...).

(...) Abbiamo visto come il processo di acquisizione delle competenze comporti anche la costruzione di strutture mentali capaci di trasferire la loro valenza in diversi campi. Proprio a queste "stutture" si può affidare il compito di orientare gli allievi in quella sorta di flessibile rete che caratterizza sempre di più il sapere contemporaneo (...).

(...) I curricoli sono quindi chiamati ad accogliere e interpretare il flusso in continuo cambiamento delle conoscenze e delle esperienze. Essi dovranno disegnare e articolare anche una trama coerente che enuclei e colleghi le maglie concettuali dei saperi (...).

(...) Se, come si è visto, la selezione delle conoscenze si compie in rapporto alle competenze, è evidente che la definizione di queste ultime non solo implica un loro quadro compatto e coeso, ma costituisce anche un prius logico e cronologico per la procedura di articolazione dei curricoli (...).

(...) Il punto di partenza (del resto già implicito nell'art. 8 del Regolamento) non può che essere l'individuazione - in termini di osservabilità e certificabilità - delle competenze conclusive specifiche e trasversali dei cicli e degli indirizzi (...).

(...) Imparare a imparare come "competenza delle competenze" (...).

(...) Una scuola i cui curricoli si articolino su "nuclei fondanti", obiettivi e competenze appare capace di formare quella intelligenza duttile che - come si è ricordato all'inizio di questa nota - si esplica nella capacità di imparare a imparare (...).

(...) Tutte le conoscenze e le competenze maturate in età infantile o adolescenziale dovranno infatti poter essere rivisitate e sviluppate in età adulta. Ciò sarà possibile se la scuola - lungo il suo percorso di formazione - avrà fornito quegli strumenti di criticità e di decodifica propri di ogni disciplina nei quali al dunque si sostanze una sorta di "competenza delle competenze" (...).


Qualche voce critica

Mi preoccupano inoltre tutte le condizioni "al contorno" che accompagnano l'attuale riforma. Ad esempio, tutti parlano di competenze e di certificazioni di competenze; qualcuno ha visto qualche esempio? Gli stessi matematici, fra le competenze trasversali mettono "inventare" e "generalizzare". Esistono prove o test per verificare o no il raggiungimento di queste competenze? Se sì, mi piacerebbe vederle, perché non ne sono a conoscenza (10).

La "competenza" -che nella riforma sostituisce la conoscenza come punto di arrivo del processo di insegnamento/apprendimento - è, per così dire, la categoria che sul piano teorico giustifica la pervasiva mobilità del sistema e ne assicura l'attuazione su quello pratico. Non è dato di poter individuare una definizione chiara, univoca e condivisa di tale concetto (11).

L'orientamento è quello di evidenziare le competenze che gli allievi possono acquisire attraverso l'esperienza scolastica e l'incontro con le discipline.
Emerge il rischio di una sottovalutazione dell'importanza dei contenuti, cioè del patrimonio di conoscenze, contenuti, informazioni, concetti, idee, che devono stare alla base dell'istruzione scolastica. La scuola non è solo un laboratorio dove si affinano macchine cognitive artificiose, saperi procedurali; non è solo un setting di allenamento alle strumentalità; è un luogo di cultura, dove si producono cultura, memoria, identità
(12).


Note

(1) Legge n.144 del 17 maggio 1999, legge n.196 del 24 giugno 1997.

(2) Legge n.9 del 1999, legge n. 144 del 1999.

(3) Legge n. 425 del 1997.

(4) Dal Programma quinquennale di attuazione della riforma dei cicli:
La valutazione e la certificazione
Va ricordato come, al di là della sua valenza generale, il tema della valutazione acquisti uno specifico significato alla luce della necessità - prevista dalla legge di riordino - di consentire alle studentesse e agli studenti passaggi da un'area e/o da un indirizzo ad altra area e/o indirizzo, la mobilità tra scuola e formazione professionale, nonché la ripresa di studi eventualmente interrotti. Per garantire questa opportunità, i percorsi della scuola secondaria dovranno essere scanditi in modo da definire gli obiettivi specifici di apprendimento e le relative competenze. Queste ultime andranno quindi puntualmente certificate nell'ambito di un sistema di crediti e debiti formativi sia disciplinari, sia trasversali alle discipline. (sottolineatura redazionale).

(5) Il convegno di Frascati, Definire le competenze per la scuola dell'autonomia, organizzato dal Cede e dal Coordinamento per l'autonomia (cfr. Annali della Pubblica Istruzione, n.1-2, 1999 e n. 5-6, 1999) e il seminario di Bologna, (Quali competenze per i nuovi curricoli?, curato dall'associazione "Progetto per la scuola" e dal "Forum delle associazioni disciplinari" (cfr. Annali della Pubblica Istruzione, n. 3-4, 1999).

(6) Costituito con D.C.M. 12 luglio 1999, prot. 151/Cons. Il testo Competenze e curricoli: prime riflessioni (presentato nel gennaio 2000) si può trovare all'indirizzo http://space.tin.it/scuola/mbjorl/curricoli.htm.

(7) L'8 gennaio 2001 è stato firmato tra il Ministero della Pubblica istruzione e l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" un Protocollo d'intesa riguardante la definizione teorica del concetto di competenza e la sperimentazione di una sua concreta praticabilità nella quotidiana esperienza delle scuole. Le istituzioni scolastiche possono fare riferimento a questa intesa per sviluppare forme avanzate di certificazione di crediti nell'ambito dell'offerta formativa aggiuntiva dei loro curricoli. Il protocollo è valido per tre anni a partire dall'anno scolastico e accademico 2000-2001.

(8) A partire dalla premessa "La risorsa umana come risorsa strategica". Per una critica del concetto di "risorsa umana" in società che si dicono fondate sui diritti umani vedi Riccardo Petrella, La scuola in trappola, in Le Monde Diplomatique, ottobre 2000.

(9) Un tentativo di analizzarlo e di trarne un senso è stato fatto da Giancarlo Cerini, Saperi, curricolo, competenze.

(10) Anna Maria Arpinati (Irrsae ER, relatrice al convegno di Bologna) (intervento nella lista di discussione cabrinews).

(11) Fondazione Nova Spes e altri, Proposta di riqualificazione del sistema scolastico, marzo 2001, pag. 30.

(12) Giancarlo Cerini, articolo citato.