SIAMO IN GUERRA
La guerra contro la Jugoslavia non è una guerra per difendere i profughi e le legittime aspirazioni di indipendenza del popolo del Kosovo. E' una guerra della e per la NATO, per ribadire l'egemonia degli Stati Uniti sull'Europa e per sostituire al sempre più evanescente diritto internazionale, la legge del nuovo gendarme a stelle e strisce.
Il civile occidente ricorre ancora una volta alla barbarie, dopo aver contribuito ampiamente alla disintegrazione dei Balcani, sostenendo i nazionalismi di ogni colore, in nome di interessi politici ed economici ciechi ed inconfessabili. I raid della NATO difficilmente risolveranno alcunché, anzi saranno come altra benzina che si sparge sul fuoco dei nazionalismi facendo esplodere la già fragile polveriera balcanica e dando il via ad una nuova e più brutale pulizia etnica; gli effetti della quale sono già tragicamente evidenti in queste ore dalle poche notizie che riescono a penetrare la macchina della censura di Milosevic: posti di blocco trasformati in presidi per le esecuzioni sommarie; frontiere impraticabili; rastrellamenti a tappeto; proliferazione dei campi minati; truppe in continuo movimento; mentre il cielo continua a vomitare ordigni potentissimi senza soluzione di continuità. Viene da chiedersi quale sarà la sorte dei profughi kosovari, che si dice di voler difendere, in questo scenario da incubo.
Cosa ancor peggiore, tutto ciò si celebra nella quasi totale indifferenza dell'opinione pubblica europea, che sembra come narcotizzata dalla propaganda demagogica della Casa Bianca, ormai totalmente persa in una sorta di delirio autoreferenziale, che porta i suoi rappresentanti ad individuare nei propri interessi politici, economici o ipocritamente morali, l'unica visione possibile del mondo.
In questo panorama sconvolgente, il Governo italiano sta recitando la parte del comprimario scemo che viene assecondato con un sorriso ironico, non avendo alcuna reale influenza sullo sviluppo degli eventi. Ieri D'Alema e Dini, al vertice UE di Berlino, si affannavano a decantare gli immediati effetti dei bombardamenti rivelando la riapertura di una trattativa, che finora nessuno ha confermato; mentre poco lontano il generale Clark delle Forze Alleate NATO spiegava ai giornalisti di mezzo mondo il piano di annientamento totale delle forze serbe, pura schizofrenia. Un tempo, per essere coinvolti in un conflitto ci voleva, quantomeno, l'assenso del Parlamento Nazionale; oggi, anche questa sembra essere diventata una variabile indipendente. Prima si interviene e poi, casomai, il Governo relaziona in aula. Ma che fine hanno fatto le regole democratiche?
L'Europa che vogliamo è quella della convivenza civile; della libera circolazione di tutti gli individui; della crescita e dello scambio culturale; del tentativo di risoluzione degli squilibri sociali; del rispetto e della valorizzazione delle diversità; della ricomposizione pacifica dei conflitti etnici, razziali e religiosi.
Non certamente quella che ci propone Bill Clinton in mondovisione con un sorriso spettrale sulle labbra e che è fatta ancora una volta di bombardamenti a tappeto; controllo militare; subordinazione politica ed economica agli Stati Uniti d'America; l'imposizione della forza a tutti i livelli della vita sociale: i segni inequivocabili di una pace terrificante.
Ecco perché è stato organizzato il sit-in di sabato 27 marzo alle ore 18,00 a Palazzo degli Uffici, che coincide con la Manifestazione Europea di Parigi volta ad affermare i medesimi principi. Per fare sentire la voce di chi non ci sta; per esprimere il nostro dissenso verso chi vorrebbe ergersi ad unico giudice legittimo di una situazione planetaria sempre più difficile e complessa; per manifestare la nostra convinzione di quanto sia inutile e pericoloso questo stupido gioco al massacro. E' quantomai necessaria la mobilitazione immediata di tutte le forze politiche e sociali presenti in città, delle associazioni di base, del volontariato laico e cattolico, dei circoli culturali e di tutti coloro che non accettano di rimanere indifferenti, ma riescono ancora ad indignarsi di fronte ad una terribile tragedia umana.
S.S.O.A. Filo Rosso