IPERMERCIFICATI...
Iper...Standa, iper...mercati, iper...produzioni, iper...rincoglioniti!!!
Possibile che una iper-costruzione sia capace di sconvolgere completamente le secolari abitudini e ritmi di vita dei calabresi? In tutte le megalopoli del mondo affiorano i mostri giganteschi del "Tutto compreso nel prezzo", ma sinceramente nella piccola e tranquilla cittadina di Cosenza non ne avevamo proprio bisogno: prodotti alimentari, prodotti igienici, scatolami, hostess-promoter, abbigliamento, elettrodomestici, automobili, panchine parcheggio, fast-food, incontri casuali e appuntamenti... Cosenza come Milano, Roma, Parigi, New York, Tokyo: modernità a tutti i costi, globalizzazione...OMOLOGAZIONE.
Dove stanno andando a finire i piccoli spacci alimentari, i mercatini, i gourmet, i venditori ambulanti che ci svegliavano coi loro megafoni gracchianti e che a tutte le ore del giorno passavano strombettanti con i loro furgoni? Uomini e donne in via d'estinzione.
Ma queste isole del consumismo dietro la promessa del "Trovituttoesubito" nascondono in realtà molti cadaveri in putrefazione: i prodotti alimentari di cui ci cibiamo non hanno più niente della genuinità a cui siamo stati abituati; basterebbe riflettere sui diversi tipi di conservanti di cui sono zeppi i cibi in scatola, le salse, la pasta semi-cotta, il latte, i dolci, e tutta una serie di alimenti di cui noi non conosciamo nè la provenienza, nè tantomeno i modi e i tempi di preparazione; per non parlare dei nuovi incubi generati dai cibi manipolati geneticamente.
A cosa stiamo abituando i nostri corpi? Quante tradizioni alimentari e di vita stiamo perdendo per star dietro ai falsi risparmi di tempo e soldi? I centri commerciali ci allenano a consumare di tutto e di più, eclissando i prodotti locali, che stentano a trovare spazio negli scaffali, dove imperano invece i prodotti delle multinazionali, che campano sullo sfruttamento di uomini, donne e bambini, e sui disastri ambientali (vedi Nestlè e MacDonald's, ad esempio). Anche il nostro desiderio di incontrarci e socializzare che ha conosciuto le piazze, i cortili, e le strade della città come luoghi privilegiati di ritrovo, oggi viene mercificato e rinchiuso in questi giganteschi containers, mentre il resto della città è abbandonato all'esclusione, alla desertificazione e alla cementificazione.
Questi colossi del commercio e dell'efficienza accumulano miliardi sul lavoro part-time, precario, ultra-flessibile e ultra-sfruttato di giovani impiegati, costretti a fare straordinari per campare alla giornata.
Non facciamoci abbindolare da questa fiera di luci...
E ricordiamoci soprattutto che esiste tutta un'altra ricchezza, e tutto un altro tipo di consumi, qualitativamente migliori, che ci fanno guadagnare in termini di piacere e salute.
Anche l'irruzione delle tute bianche all'ipermercato rappresenta un modo per dire che molte di queste ricchezze, usi e costumi meridionali, capacità manuali e intellettuali diverse, ma anche la qualità della vita e dei rapporti umani, vengono resi invisibili dalla corsa sfrenata al denaro e al consumo.
Oggi in molte città italiane, migliaia di disoccupati, artisti, precari, immigrati, studenti, donne e uomini, indossano la tuta bianca per rendere visibili queste e ad altre contraddizioni, con un minimo comun denominatore: la necessità di un reddito garantito a tutti i disoccupati e i precari, in una società in cui il lavoro è sempre di meno, e sempre meno garantito.
Comitato d'azione disoccupati e precari "'Nstisti ca esisti" / Rete delle tute bianche