UNIVERSITÀ' = TOTALITÀ'
Il lavoro svolto in tre mesi di occupazione, che hanno visto la realizzazione di assemblee e dibattiti, ci ha convinto in maniera sempre più forte di aver costruito forse l'unico pretesto, sicuramente il più originale, per il confronto su tematiche tanto contraddittorie e così poco dibattute. Quello che vorremmo far capire è che non costituiamo e non ci sentiamo di costituire un mero problema di ordine pubblico; rappresentiamo semplicemente la contraddizione interna al concetto di Università, come viene intesa e come invece viene vissuta.
Non è per niente casuale che il teme dibattuto nella prima uscita pubblica del Filo Rosso: "Dall'edilizia selvaggia all'idea di campus: quale socialità?", che non voleva solo far risaltare l'inadeguatezza dello sviluppo architettonico dell'Ateneo rispetto alla socialità (vedi asse attrezzato), ma attraverso un'analisi di tipo più prettamente sociologico, mirava in termini costruttivi ad evidenziare la necessità di avere spazi autogestiti dagli studenti.
In questo ci riferiamo all'accezione più alta del termine "Università" che deriva dal latino "Universitas-Universitatis" che vuol dire "Totalità". Infatti crediamo che la presenza attiva durante le iniziative, di studenti, docenti e abitanti del territorio, faciliti quell'idea di globalità e di organicità, che dovrebbe trovare il suo habitat naturale proprio all'interno di una realtà quale quella universitaria.
Le numerose iniziative realizzate ci hanno visto impegnati in un lavoro collettivo faticoso e scrupoloso attraverso il quale sono emerse attitudini, capacità creative e cognitive diverse. Le differenze ampiamente esplorate e analizzate hanno costituito sempre un punto di forza del collettivo che in modo dialettico ha cercato di sintetizzare le diverse esperienze e formazioni culturali nel pieno rispetto delle soggettività. I momenti trascorsi insieme in un ambiente adibito a sala studio, hanno favorito lo sviluppo di un'idea centrale, a nostro parere, che è quella di un sapere interdisciplinare. Gli scambi culturali che avvengono abbattendo le barriere dettate dall'età e dai corsi di studio diversi, vanno nella direzione di una formazione intellettuale ad ampio spettro.
Dibattere il tema dell'AIDS, a seguito di uno spettacolo teatrale di una compagnia che ha trovato il luogo per provare la "performance" proprio all'interno dello spazio occupato, o commentare insieme a tanta altra gente e ad altre realtà politiche che agiscono sul territorio, alla presenza di molti docenti di diversi aree culturali, i temi trattati da un regista del cinema indipendente (Grifi), sono tutte prove tangibili di un sapere informale che non disdegna i canoni cattedratici, ma che restituisce potenza al linguaggio e all'espressività sempre più in sordina, in una società dall'individualismo esasperato e dalla forte incomunicabilità.
Storicamente le Università hanno goduto di maggiori garanzie di libertà rispetto al territorio circostante. In tal senso va inteso il limite posto alle forze dell'ordine di intervenire per motivi di natura politica all'interno dell'Ateneo, previa autorizzazione del rettore della stessa. In un contesto storico nel quale si progetta la politica di autonomia delle Università, diventa fondamentale interrogarsi sulle potenzialità insite in tale prospettiva futura. Se di Autonomia si parla, a nostro parere, è necessario sviluppare la capacità e la maturità politica per superare le contraddizioni interne, senza far ricorso ad organi esterni al nostro Ateneo. Tale aspetto costituisce un elemento di notevole spessore nel percorso di formazione del cittadino: la politica ridiventa l'arte del progettare insieme la vita della collettività. Ma Università significa anche "volano" dello sviluppo culturale della società; diventa centrale, pertanto, realizzare una piena con il territorio. A tal fine servono i dibattiti politici, le rassegne cinematografiche o le rappresentazioni teatrali, e perché no, le feste serali, alle quali attività hanno risposto diverse centinaia di persone, e non solo studenti universitari.
Ben vengano, allora, altri mille collettivi come il Filo Rosso, che prendendo coscienza delle proprie esigenze riempiano i molteplici spazi che tuttora sono inutilizzati. E' paradossale non riconoscere la legittimità della riappropriazione di un minuscolo spazio laddove sono state costruite strutture dipartimentali sproporzionate ed il problema pare essere quello della piena utilizzazione di spazi sempre più ampi e sempre più vuoti. Ci sembra infine assolutamente ingiustificabile che queste riflessioni vengano offuscate dall'argomento della "illegalità".
La nostra occupazione non è soltanto un momento di lotta che rivendica una migliore qualità della vita universitaria per tutti gli studenti, ma è una concreta elaborazione ed offerta di servizi e di attività che l'Università fino ad ora non è stata in grado di attuare. Il problema che noi poniamo si configura allora come problema di negoziazione con le autorità accademiche, non certo come problema di ordine pubblico.
Nonostante la rigidità dimostrata dagli organi amministrativi, il collettivo Filo Rosso è disposto a costituire un comitato di gestione, a partire proprio dai nomi dei 18 compagni/e denunciati/e.
S.S.O.A. FILO ROSSO
marzo 1996